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Autore: Miriel_    27/12/2007    4 recensioni
Renèe telefona a Charlie per parlare di una questione importante...di che si tratta?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dunque, questa breve ff l'ho ideata per il concorso di Twilight indetto dalla fazi...è un pò diversa, perchè ho scelto come protagonisti i genitori di Bella, che, personalmente, non ritengo brillanti, ma hanno il loro fascino...perciò ecco qui a voi.
ah! dimenticavo...è ambientata prima che Bella arrivasse a Forks, come si può intuireleggendo...






...TELEFONATA...

«Pronto? Charlie?»
Mi irrigidii non appena riconobbi quella voce.
«Renée?». Mi aveva sempre fatto quell’effetto la sua voce, sin dalla prima volta in cui la sentii. Tutt’ora, nonostante non fosse più mia moglie, avvertii dei brividi lungo tutta la schiena e la gola mi si seccò.
Che stupido, mi dissi. Ormai era finita.
«Ciao» la sua voce si calmò, diventando più profonda, ma allo stesso tempo giocosa. Tuttavia avvertivo una nota di nervosismo.
Credo che sapesse della mia sofferenza nel sentirla. Dovermi chiamare le aumentava il senso di colpa.
«Ciao» risposi io titubante, poi mi schiarii la voce, come per darmi un tono. Per dimostrare la mia incorruttibilità e freddezza.
Stupido, mi ripetei, non ci cascherebbe mai.
Un silenzio imbarazzante calò sulla nostra conversazione pittusto scarna.
Tuttavia non volevo farla sentire in colpa. O per lo meno non troppo.
«Come stai?» le chiesi lentamente.
Non rispose. Evidentemente era assorta nel suo mondo fantastico e semplicistico.
Cascò dalle nuvole. «Ah, cosa?». Come immaginavo.
Sospirai ripensando a quella sua caratteristica. Forse era di quella che mi ero innamorato.
Di nuovo il silenzio s’impadronì della conversazione.
Percepivo che c’era qualcosa, forse grave.
Renée non mi aveva mai chiamato per chiacchierare o per parlarmi delle sue nuove avventure nella calda Phoenix. Mi chiamava solo per nostra figlia, Bella.
Ebbi un colpo al cuore. «E’ successo qualcosa a Bella?». Conoscendo la capacità di mia figlia di attrarre disgrazie, me la immaginavo in ospedale, travolta da un grosso camion, coperta di bende; oppure rapita da uno sconosciuto che richiedeva un riscatto.
Renée scoppiò a ridere. «No, non preoccuparti. Nessun incidente mortale o alcun rapinatore». Tirai un sospiro di sollievo. «Però è proprio di lei che vorrei parlarti». La sentii sospirare.
Allontanai un momento il telefono, allungandomi per prendere una sedia dal tavolo della cucina. Mi accomodai meglio, togliendomi anche gli stivali.
«Okay, dimmi pure». Iniziai ad osservare le venature del tavolo, cercando di rilassarmi.
Iniziò tentennando: «Beh, ecco…sai che a Settembre mi sono sposata con Phil, no?». Emisi un suono indecifrato, per farle capire che mi ricordavo. Phil. Quel giocatore di baseball. «Beh, sai anche che è un giocatore professionista. Cambia squadra di continuo…». Mi stavo perdendo nel discorso. Sapevo che era una sua tattica per evitare l'argomento che le premeva.
«Renée, cosa c’entra Bella?».
Sospirò di nuovo. Il momento cruciale era arrivato.
Il mio pessimismo si ritrovava a fare i conti con un’imminente partenza per l’Africa, o per l'Europa. Non avrei mai più rivisto Bella. L’avrei persa per sempre.
Cercai di scacciare questa prospettiva orrenda, ma era più forte di me.
Chiusi gli occhi, pronto per la frase che avrebbe distrutto ancora di più la mia vita.
«Bella vuole venire a stare da te» proferì Renée.
Ero già pronto alla disperazione totale, quando il mio cervello registrò quelle parole.
Rimasi scioccato. Bella? Da me? Impossibile, mi dissi.
«Sei sicura? Non è possibile. Insomma, Bella odia Forks!». Mia figlia aveva ereditato l’odio per questa città da sua madre.
«Già, non ci credevo neanch’io quando me lo ha detto! Dice che si vede benissimo che io vorrei seguire Phil in trasferta, ma allo stesso tempo restare con lei. Così preferisce venire da te. Dice che sarebbe meglio per tutti».
«Ah, ecco…» non seppi come continuare. Ero felice! Per la prima volta mia figlia preferiva venire a stare da me, nella mia città!
Però capivo che Renée non l’avrebbe lasciata andare tanto facilmente: aveva bisogno di Bella, senza di lei sarebbe stato tutto più difficile.
«Charlie, ti prego, parlaci tu con lei! Io ho provato a farle cambiare idea, ma sai quanto lei possa essere cocciuta! Sembra irremovibile…».
La mia felicità si spense. Dunque avrei dovuto convincerla a non stare con me. Come avrei potuto? Era una sua scelta.
«Renée calmati. Io non posso convincerla se lei ha già scelto».
La sentii cercare di trattenere le lacrime. «Io non ce la faccio senza di lei!».
Sospirai. «Posso capirlo, Renée. Ma, pensaci, è grande ormai. Ha già diciassette anni. Tra due anni andrebbe comunque all’università».
«Appunto, tra due anni! Non ora!». Emise un sospiro. «Immagino che non le parlerai, vero?».
«Voglio bene a Bella quanto gliene vuoi tu. Potrei mai convincerla a non stare da me?».
«No, certo che no» disse con la voce roca. «La terrai con te,allora?». Sembrava quasi una promessa.
«Ma certo. Mi fa piacere che voglia passare un po’ di tempo con me».
Renée sospirò di nuovo, ma l’immaginai sorridere alla cornetta. Un sorriso triste. «Allora prenoto il volo. Ti farò sapere la data e l’orario, okay?».
«Va bene» dissi, cercando di non farle notare troppo la mia felicità.
Feci per riattaccare, ma udii ancora la sua voce. «Ah, Charlie!»
«Si?».
«Grazie». Riappese, senza attendere una mia replica.
Ero felice, come non lo ero da tempo. Bella sarebbe venuta da me! Finalmente avrei avuto l’occasione per fare il padre a tempo pieno. E la cosa mi metteva in subbuglio.
Tuttavia, una nota di malinconia mi pervase: sapevo bene quello che avrebbe passato Renée senza sua figlia accanto. Sarebbe stato come avere un grosso vuoto dentro di sé, dal quale non avresti potuto fuggire facilmente. Ma lei aveva Phil, almeno.
Accesi il televisore, per guardare una partita. Mi accomodai sul divano con una lattina di birra, ma non riuscivo a concentrarmi.
Spensi l’apparecchio e mi affrettai a raggiungere il telefono. Composi il numero della centrale di polizia, sicuro che avrei trovato ancora qualcuno lì.
Dopo diversi squilli rispose un mio collega. «Centrale di Polizia di…».
«John, sono io, Charlie. Che ne dici di organizzare una battuta di pesca per questo fine settimana?». Attesi la risposta. «Ah, indovina! Mia figlia viene qui a Forks per un po’!».
Dovevo dirlo a qualcuno infondo. Altrimenti, ne ero sicuro, non sarei riuscito a contenere la mia felicità.





scusata ma non riesco a specificare che questa storia è completa...quindi mi spiace ma non ci sarà un seguito!
  
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