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Autore: laragazzache_amascrivere    11/06/2013    4 recensioni
E se Merope fosse sopravvissuta? Se Caractacus Burke le avesse dato i soldi che il medaglione valeva, e lei si fosse sistemata? Se Lord Voldemort, o meglio, il piccolo Tom, fosse stato cresciuto con più amore?
Adesso Fred, Remus e Ninfadora, James e Lily, Sirius, Malocchio, Piton, Cedric e tutti gli altri sarebbero vivi. E la storia non esisterebbe.. O sì? Oppure Tom Riddle è diventato Lord Voldemort ugualmente, perchè quello è il suo destino?
Leggendo scoprirete.
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merope Gaunt, Tom Riddle/Voldermort, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Un po' più di amore.

 

E' un viaggio nel tempo. Si tratta di tornare a cinquant'anni prima, quando ancora tutto doveva accadere; quando il seme del male non era ancora nato. Quando c'era una speranza, seppur lieve, che molte vite venissero risparmiate. Vite di cui ancora nemmeno si sospettava l'esistenza. Vite che erano ancora fantasmi, lievi sfumature di un futuro lontano.

 

Quella mattina, il sole splendeva alto in cielo, e qualche raggio riusciva persino a penetrare i folti rami della foresta che circondava la casupola, consumata e sporca. Era stranamente silenziosa, non un rumore proveniva dal suo interno, e nemmeno un sibilo. Poi, piano, la porta si aprì cigolando e un piedino, nudo e sporco, ne uscì quasi timidamente. Poi, a poco a poco, uscì anche la persona a cui quel piedino apparteneva. Merope Gaunt era finalmente libera, dopo tanto tempo. Dopo diciotto anni passati nel terrore, con il fratello fuori di senno e il padre violento e le notti passate a piangere sugli stracci che erano il suo giaciglio. Il medaglione di Salzar Serpeverde splendeva al suo collo, ma nulla in lei faceva intuire la discendenza da quel suo nobile antenato. Non era certo una bellezza, con i capelli sudici, rinsecchiti e attaccati al viso, quest'ultimo sporco e livido. E gli abiti che portava non erano certo quelli di una pricipessa, bensì di una sguattera. Ma poco di tutto questo importava a Merope Gaunt, ora che era libera di andare dove voleva. Libera di spenzolarsi dalla finestra al passaggio di un Babbano e del suo cavallo. La prima cosa che fece fu di correre al più presto lontano dalla casa che per tanti anni l'aveva tenuta prigioniera. Aveva un terrore assurdo che suo padre potesse tornare da un momento all'altro, improvvisamente scagionato. Ancora reduce della sera prima, e delle terribili maledizioni e peggiori augurii che suo padre aveva urlato contro i maghi del Ministero. Nei campi deserti inondati dal sole, potè rotolarsi nell'erba e aspirare il profumo dei fiori. Era ancora sdraiata a terra, quando un rumore attutito di zoccoli le fece mettere tutti i sensi all'erta. Era un rumore che ben conosceva, aveva passato intere giornate ad aspettare di sentirlo ancora. Si nascose tra l'erba alta, e spiò la stradina piena di ghiaia che separava quel campo fiorito dalla foresta e dalla sua casa. Lì passava un bel giovane, alto e di bell'aspetto, ben vestito fin nei minimi dettagli, accompagnato da una ragazza ben vestita anch'essa e (ahimè) molto più bella di qualunque altra ragazza del villaggio. Entrambi erano a cavallo, e ridevano sereni. Poi la ragazza, stanca, scese da cavallo, subito seguita dal ragazzo.
-Cecilia, cara, sarebbe meglio andarcene da qui. Sai, non mi sembra il caso di rovinare la quiete dei Gaunt.-disse Tom, che ancora risentiva del prurito causatogli da Orfin e le sue bolle qualche giorno prima. Ma Cecilia non lo ascoltò, anzi, si girò verso di lui, avvicinandosi.
-Suvvia, Tom, che male possono farci?
Tanto. Voleva rispondere Tom, ma si limitò ad un:
-Oh.. be'...
-E poi qui, quella sciocca pettegola di Margaret non può vederci...- insistè Cecilia, al punto che il ragazzo si arrese e la seguì nell'erba alta. Merope, che li aveva spiati fino a quel momento, li vide avvicinarsi a lei, senza però muovere un muscolo. Fu solo quando i due rischiarono praticamente di calpestarla che si accorsero di lei. La ragazza fece un balzo all'indietro, ostentando un'aria disgustata.
-Cielo, che orrore! Questa donna ha mai visto un bagno in vita sua?- strillò, divertendosi anche ad umiliarla di fronte al ragazzo. Merope si alzò in piedi e rimase come paralizzata di fronte ai due.
-Cecilia, tesoro, io ti avevo avvisato.-disse Tom, ancora più disgustato. Forse fu il modo in cui la guardava (dall'alto in basso, come se fosse uno dei serpenti di Orfin) che fece muovere Merope. La ragazza si voltò e fuggì, fino a quando non li vide più. Non si era allontanata poi tanto, in realtà, ma i due se ne erano andati. Rimase lì, finchè il sole calò ancora un po' e si fece sera. Si addormentò sotto le stelle, piena di sentimenti contrastanti. Era la prima volta che vedeva il viso di quel Babbano, di Tom, da vicino, e le era sembrato ancora più bello, anche se pieno di disgusto verso di lei. Ma non era colpa di Tom, no. Era lei che era brutta, ed era vero, lui aveva ragione. Non era colpa sua se in quel momento l'aveva guardata quasi fosse stata una malattia contagiosa, ma di lei, Merope, che era sporca, che aveva quell'aspetto così orrendo.
Il giorno dopo si lavò nel fiume. Non era un vero e proprio fiume, più che altro un canale per l'irrigazione, ma andava bene lo stesso. Tutta la fuliggine, la polvere e lo sporco accumulati sulla pelle sparirono. Ma i suoi abiti erano ancora sudici. Fu allora che scoprì di non essere poi tanto diversa dagli altri, dai suoi simili, e di aver ereditato qualcosa dal suo nobile antenato. Bastò un attimo, e davanti a lei comparve un bell'abito da signora, celeste con i pizzi ai bordi. Pochi chilometri più in là, in paese, una serva veniva sgridata per aver perso l'abito da festa della sua padrona. Merope indossò il vestito, contenta di quella nuova scoperta. Non fu difficile, poi, fare quello che fece in seguito. Un filtro d'amore, di quelli più semplici possibili. Suo padre teneva ogni sorta di erbe chiuse nell'antico forziere della loro casa. All'inizio, le delusioni furono tante. Più volte dovette buttare i risultati sbagliati di una pozione riuscita male. Ma alla fine, ci riuscì. Era un mattino come tanti, e il giovane Riddle andava a cavallo, questa volta stranamente solo, senza la sua Cecilia. Il sole era forse anche più forte degli altri giorni, e il fiume dove era solito rifocillarsi troppo lontano. Aveva sete. Tanta sete. E forse fu proprio quella sete la causa di tanti guai, di tante morti. Ma Tom Riddle non poteva resistere. La vista gli si era annebbiata, e Merope gli sembrò quasi un'apparizione. Un grande abito celeste, soffice, profumato. Una giovane donna con i capelli neri e riccioluti. Solo questo riusciva a vedere della ragazza che aveva di fronte: abito e capelli. Se avesse fatto un po' di attenzione, si sarebbe accorto della somiglianza tra lei e la ragazza che pochi giorni prima lo aveva tanto disgustato. Sicuro che si trattasse di un sogno, di un'apparizione, accettò l'acqua che essa gli porgeva. Sorrise, poi, tutto divenne buio nella sua mente. Sembrava di galleggiare, sospeso nell'aria, a pochi metri dal cielo. Lontano, molto lontano da lui, un istinto feroce gli ordinava di amare quella dea celeste.
La sua mente era stata piegata da qualcosa molto più forte di lui.

 

Mesi più tardi...

 

La giovane donna vegliava sull'uomo accanto a lei. Era l'ora in cui avrebbe dovuto svegliarlo, e dargli un'altra dose di filtro. Poi lui l'avrebbe baciata, ancora più ardente di passione, e le avrebbe detto quanto l'amava, e quanto era splendida. No. Non lo avrebbe più fatto. Non era giusto. Tom doveva avere la sua libertà. Sarebbe potuto andare al lago a pescare, e poi a cogliere qualche bacca. Non come era stato fino a quel momento; lui non poteva andare da nessuna parte se non c'era lei. Non poteva fare niente senza essere guidato da lei. E questo, a lungo andare, stanca, specialmente se si aspetta un bambino. Un bambino, già. Merope si accarezzò la pancia, affettuosa. Da lei sarebbe nata una piccola persona, tutta nuova. La prima vera persona che l'avrebbe amata, sicuramente, come nessun'altro. Non come suo padre, che l'aveva sempre trattata male. Non come Orfin, che la offendeva, la accusava, la maltrattava. E nemmeno come Tom, che altro non era che vittima di un incantesimo. Non è così, lo sento. Si disse la donna. Suo marito, l'uomo da cui avrebbe avuto un figlio, l'avrebbe amata anche senza bisogno di quel filtro, lo sapeva.
E così rimase ad aspettare che si svegliasse, per annunciargli quella notizia che la riempiva di gioia. Era l'alba, quand finalmente Tom si svegliò. E non solo dal sonno, ma dal torpore in cui era stato priginiero per giorni, mesi, forse anni. Almeno, a lui pareva così. Si guardò intorno, confuso, senza la minima idea di dove si trovasse, di perchè fosse arrivato lì. Alzò lo sguardo, e poi la riconobbe. Non portava il vestito celeste, ma un semplice abito da contadina. Era la ragazza Gaunt. Solo questo sapeva lui di lei. Indietrggiò di parecchio, finendo con le spalle contro la parete della casetta di campagna in cui avevano vissuto per mesi, lì dove era stato concepito suo figlio. Ma lui questo non lo sapeva, non ancora. Merope sorrise, e la cosa lo terrorizzò ancora di più. I denti storti, gli occhi leggermente strabici. Non era certo una bellezza.
-Tom...-disse, dolce, sporgendo la mano verso di lui.
-Non toccarmi! Non. Mi . Toccare. Ho. Detto!- gridò lui, pieno di orrore, di disgusto.
Merope abbassò la mano, delusa.
-Tom, sono io! Merope! Non ricordi? Non ricordi quanti momenti felici abbiamo passato insieme?-disse dolcemente, sperando ancora, povera illusa, che lui ricordasse. Ma il ragazzo scosse violentemente la testa. Erano stati momenti felici solo per lei; momenti di falsa felicità, pieni di illusioni. Lei non avrebbe mai avuto quella felicità, mai quella consapevolezza; la consapevolezza di essere amati.
-Cosa... che ci faccio qui? Cosa mi hai fatto, brutta strega?- esclamò il ragazzo. Merope si limitò a guardarlo, triste.
-Io non i ho fatto niente, ti ho solo...- amato. Amato, stava per dire, ma lui non gliene diede tempo. Si alzò di scatto e si mise a correre, fuori da lì, più lontano possibile, verso casa. Anche Merope si mise a correre dietro di lui.
-Tom! Aspetta, Tom! Noi avremo un figlio! Un bambino, capisci?-gridò, tirando fuori l'unica notizia che forse lo avrebbe fermato. Ma quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. L'uomo si girò verso di lei, e la guardò, pazzo di terrore, con un lampo di follia negli occhi. Forse, se l'avesse uccisa, non si sarebbe saputo niente. Un figlio, da lei, dalla ragazza Gaunt. Piuttosto la morte. Ma era troppo codardo, anche solo per disfarsi di lei. Si girò e ricominciò a correre.
Merope rimase sola. L'ultima speranza che aveva si era frantumata. A lui non interessava del bambino; a lui non interessava di lei. Fu così, che nella tristezza più assoluta, perse anche quei pochi poteri che le erano rimasti. Si asciugò le lacrime e si alzò. D'altronde, era pur sempre la figlia di Orvoloson Gaunt. I Gaunt non si arrendevano, assolutamente.

 

Anni dopo...

 

Londra Babbana. Una donna percorreva il marciapiede, tendendo per mano un bimbetto di circa dieci anni. Era un po' magrolino, smilzo. Poteva quasi sembrare un po' trascurato. Ma non lo era. Sua madre lo amava come nessun'altro al mondo. Per lei esisteva solo lui. Era bello proprio come il suo papà, da cui aveva ereditato anche il nome. Era stato doloroso, per Merope, riportare alla mente l'immagine dell'uomo che l'aveva ripudiata, assieme al suo bambino. Avere sempre davanti il viso un po' più giovane, di colui che l'aveva tanto disgustata. Ma il piccolo Tom non avrebbe ma disgustato sua madre. Aveva per lei una specie di adorazione, e guai a chi gliela toccava o a chi diceva anche solo una cosa sgradevole nei suoi confronti. In quello era molto simile ad Orvoloson. Si alterava, diventava scuro e tenebroso, quasi minaccioso, e accadevano cose terribili attorno a lui, in quelle circostanze. La madre cercava di fargli capire che era sbagliato; sbagliato appendere i bambini agli alberi a testa in giù; sbagliato costringere il bastone del vecchietto un po' scortese ad inseguirlo per tutta la strada picchiandolo sulla testa; sbagliato obbligare la cameriera strafottente a ballare il tip tap davanti alla sua padrona che subito la licenzia. Ma Tom Orvoloson non sopportava che qualcuno si rivolgesse a sua madre con il tono sbagliato, anche solo un po' insofferente. Per questo tutti, nel quartiere Babbano in cui vivevano, si tenevano alla larga da quella strana coppia di individui. Questo faceva soffrire Merope, non tanto per sè stessa, che era stata evitata per tutta la vita, quanto per Tom. Avrebbe preferito che socializzasse, ma la cosa pareva impossibile. Quella mattina, quindi, madre e figlio percorrevano il marciapiede, diretti al Paiolo Magico. Da lì sarebbero poi entrati in Diagon Alley, per comprare gli strumenti per la scuola. Quella mattina, infatti, Tom aveva ricevuto la sua lettera da Hogwarts. Merope era felicissima; per lei era un onore. Aveva sentito parlare della Scuola di Magia e Stregoneria molto spesso, quando lavorava al Paiolo Magico come cameriera. Mai si sarebbe aspettata che suo figlio sarebbe entrato in una scuola di tale prestigio. Comprarono molte cose con i soldi dei F.S.A.P. (Fondi Speciali per Allievi Poveri). Poi si sedettero a prendere un gelato da Dorian Fortebraccio, mentre il piccolo Florian, suo figlio, svolazzava attorno ai tavoli con la sua nuova scopa giocattolo.
-Oh, ti sei sporcato, tesoro.-disse Merope, e pulì la bocca del figlio impiastricciata di cioccolato. Dopo di ciò, tornarono a casa. Il primo settembre Tom partì con l'Hogwarts Express, e per lei iniziarono i giorni di solitudine. Dal momento che la scuola costava tanto, dovette trovare un secondo lavoro, più pesante del primo. Di giorno in giorno, la donna si affaticava, e si sentiva sempre più vecchia. A Natale Tom tornò pieno di allegria, di sapere e di compiti. Passarono gli anni. Tom era semrpe più stimato, tutti gli volevano bene. Sembrava andare tutto alla perfezione, nonostante Merope si affaticasse sempre di più. Finchè, un giorno, arrivò quella fatidica domanda
'Mamma, che fine ha fatto il mio papà? Perchè non è qui con noi, con me?'
Merope chiuse gli occhi. Se l'era aspettato, certo. Ma faceva sempre un certo effetto. Sorrise.
-Vedi, Tom, il tuo papà se n'è andato.
-Vuoi dire che è morto?
Merope scosse dolcemente la testa.
-No. Non morto. Solo.. è tornato a casa sua.
-Ma...-Tom era perplesso. -..perchè? Lui doveva restare con me, come fanno tutti, no?
-Be', lui... non ha avuto coraggio. Non se l'è sentita, capisci?
-No, non capisco.
-Lui.. aveva paura. Io ero una strega, e quindi..
-Aveva paura di te?
-In un certo senso.
-Ma perchè? Non vi siete sposati?
Merope non rispose. Si vergognava troppo a dirlo. Era troppo doloroso dire a suo figlio che lui non era altro che il frutto di un falso amore, di un amore che non era mai esistito.
-Ti ha ripudiata.
Queste attutite arrivarono piano alle orecchie della donna, ma veloci come una pallottola. Non rispose.
-Ti ha ripudiata!-adesso Tom stava gridando.-Ti ha scacciata, ti ha odiata! Ti ha trattato male!
Non poteva accettarlo. Nessuno poteva maltrattare sua madre. Avrebbe trovato quel Riddle, suo padre, e lo avrebbe ucciso. Ed ecco che la storia si ripete. Anni dopo, Tom Riddle era solo un ricordo sfocato, assolutamente da non associare al nome di Lord Voldemort. Chi lo avrebbe mia immaginato, che quel bambino povero e un po' ombroso, sarebbe divenuto un Mago Oscuro? Ma, attenzione, un Mago Oscuro, non Il Più Grande Mago Oscuro di Tutti i Tempi. Perchè le cose, quella notte presero una piega diversa. Quella notte di Halloween, i ricordi lo invasero. Ricordava il costume da mago che sua madre gli aveva fatto indossare tanti anni prima, nello sporco qartiere babbano in cui era cresciuto. E i dolci, appena sfornati, che Merope gli preparava sempre. Chissà dov'era, in quel momento. Decise di non pensarci. Non vedeva sua madre da tantissimo tempo, ma non era quello il momento di pensarci. Aveva una missione, lui. Arrivò alla casa, che lui ora poteva vedere grazie a quel foglietto di pergamena che gli era stato consegnato da Codaliscia. Codardo. Persino Voldemort si era indignato, disgustato, dalla codardia di quell'uomo, che aveva venduto il suo amico. Ma era questa la gente con cui si era mischiato, cosa pretendeva? Vide l'uomo con gli occhiali giocare con il figlioletto. Quell'immagine subito richiamò una parola alla mente: padre. Quel padre che lui non aveva mai avuto. Perchè quel bambino aveva un padre, e lui no? Poi vide James sorridere a Lily. Perchè quell'uomo amava la madre di suo figlio. Ecco perchè. Perchè quell'uomo amava il fatto che quel bambino fosse il frutto del loro amore. Amore. Non gli era totalmente sconosciuta, quella parola. Amore era quello che sua madre aveva per lui. 'Ma con mia madre sono stati tutti talmente ingiusti' si disse. E adesso anche lui era ingiusto con lei. Perchè era lì? Perchè stava per distruggere quella famiglia? Avrebbe prvocato solo dolore. Solo quello. Guardò il bambino. Era così bello, con gli occhi verdi simili a quelli della madre. Davvero avrebbe avuto il coraggio di ucciderlo? Ricordò le parole che una volta sua madre aveva pronunciato, credendo che lui dormisse:

'Sapevo che saresti simile a tuo padre. E' bello guardarti e vedere lui. Dio, che dolore sarebbe stata la mia vita senza di te.'

No. Non sarebbe mai riuscito a uccidere quel bambino. Avrebbe dato dolore alla madre. Merope avrebbe sofferto se qualcuno avesse portato via Tom da lei, proprio come Lily senza Harry. Era come fare un torto a Merope. Lui non poteva fare un torto a Merope, odiava quelli che la trattavano male. Non avrebbe distrutto quella famiglia; dopotutto, serviva un po' più di amore nel mondo. Si voltò all'improvviso, nel buio della notte, e si Smaterializzò. Tornò a casa, da Merope. Lei che gli aveva dato tanto amore.
E in quella casa, un p bambino chiamato Harry Potter crebbe, amato e curato dai genitori. Ebbe due fratelli, andò ad Hogwarts. I suoi migliori amici erano Hermione Granger e Ron Weasley. Quando crebbe sposò Ginny, la sorella. Ebbero tre figli. Il loro peggior nemico a scuola era Draco Malfoy. Fred si sposò con Angelina, e George con Cho Chang. Il loro negozio fu poi passato ai figli. E Lord Voldemort, che preferì chiamarsi Orvoloson Gaunt, abolendo quel Tom tanto odiato, sposò una donna di nome Bellatrix Black, da cui ebbe una figlia che chiamò Merope. Assieme al cognato Lucius e al nipote Draco aprì un negozio in Nocturn Alley, che passò poi alla figlia. E tutto ciò, senza cicatrici, nè Alastor Moody falsi, e nemmeno Ordini segreti e Eserciti di Presidi. Ma con un po' più di amore nel mondo.

 

 

*Spazio autrice*

E io, che dovrei studiare per i miei pallosissimi esami, ho passato un pomeriggio intero a scrivere questa what if. Voglio proprio sapere cosa ne pensate, lasciate un po' di recensioni, mi raccomando! :)

Per alcuni chiarimenti:

Caractacus Burke qui è più generoso, quindi dà più soldi a Merope in cambio del medaglione e lei riesce a sopravvivere;
la gelateria, nei libri di zia Row, è di Florian Fortebraccio, ma qui è ancora piccolino, perchè Voldemort è un po' vecchiotto è.è 'è da dire che anche così però, ci perdiamo un po' di cose. Per esempio Harry non è poi così famoso, e poi non c'è l'Ordine della Fenice, nè l'Esercito di Silente, ma i Malandrini sono tutti vivi. Anche Codaliscia, sì -.-
E niente, un bacio e un zuccotto di zucca a voi! :)

  
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