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Autore: White Dreamer    11/06/2013    4 recensioni
“Perché non te ne vai in Camerun a trovate i tuoi amici scimpanzé?”
“Tu neanche sai dov’è il Camerun”.
Il tic all’occhio si aggravò. “Potresti insegnargli a fare una messa in piega alla Elvis. Ma ti sei visto allo specchio? Sembri essere stato appena fulminato da un’onda energetica”.
Il moro sospirò, massaggiandosi le tempie. “Cielo, pure nerd”.
“Ha parlato l’emo represso. Hai in programma un harakiri questa settimana? Quanto costerà un set di coltelli firmato Chef Tony? Se vuoi mi sobbarco la spesa”.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Note iniziali: Mia prima AU di Naruto. In un mondo utopico-mitologico dove i nostri beniamini non sono ninja tagliagole ma studenti universitari.
Mi scuso in anticipo per eventuali errori.
 
Disclaimer: I personaggi non mi appartengono (ma sto persuadendo Kishimoto a vendermeli). E non scrivo a scopo di lucro.
 
 
 
 

Destino e' quando hai fatto di tutto verso una persona o una cosa,
e alla fine non la ottieni,
ma ottieni l'opposto di quello che volevi.


Jim Morrison 

 
 


Naruto, dopo aver zuccherato in modo diabetico il suo primo caffè mattutino, sbadigliò languidamente. Erano le undici, ancora in coma profondo. Fra dieci minuti sarebbe passato al farmacologico, non appena il potere divino della caffeina avesse fatto effetto.
Chi è che diceva che le vacanze ti ritempravano lo spirito? Sicuramente una Sciuramaria appassionata di yoga. Poi c’entrava sicuramente il fatto che andare a dormire alle cinque del mattino dopo avere, in ordine cronologico, bevuto - non andare a chiedere cosa - fumato - ancora non fare domande - e fatto sesso -non si ricordava neanche con chi - ci stava un onesto dolore alla scatola cranica e fitte in parti non ben precisate del corpo.
Ma che diavolo, era giovane e aveva il dovere morale di divertirsi, non era un guru attempato andato lì per cantare alle palme.
“Naruuuto”. Il ragazzo alzò lo sguardo trovandosi davanti una nuvoletta rosa. “Tesoro, ieri ti ho perso di vista, sei sparito e…ma cosa sto qui a lamentarmi, poffarbacco! Devo assolutamente comunicarti una notizia straordinaria, epica, fantasmagorica, della quale si parlerà nei prossimi secoli dei secoli, Amen”.
La ragazza si sedette sulla sedia di legno chiedendo poi alla cameriera del bar un caffelatte.
Sospirò afflitto. Chiedendosi perché la sua amica, dopo una notte di baldoria era sempre così prolissa - non che lui non lo fosse, ben inteso, ma sicuramente non con ore di sonno arretrato.
La giovane incrociò le dita e accavallò le gambe. Buon Dio, se era nella sua posizione da Regina d’Inghilterra doveva aspettarsi un sermone di quelli tosti. “Ieri ho trovato l’amore della mia vita”.
Punto. Il ragazzo alzò un sopracciglio. Stava per commentare quella sparata galattica, quando lei riprese l’orazione. “Tu non hai idea Naruto. Davvero non ce l’hai. Cioè, io ero lì, con il mio Martini, quando un dio greco, ma che dico nordico, ma che dico era, era…il David di Michelangelo del duemila. Anzi di più. Esiste qualcosa di più? Si, ieri ne ho avuta la conferma. Orca maremma, sto rivalutando il concetto di figo”.
E continuò così, riempiendo di elogi il suddetto tizio, manco fosse il figlio dello Zar. Naruto da parte sua, se ne stette zitto, girando pigramente il cucchiaino nel caffè, stroppicciandosi ogni tanto gli occhi ancora leggermente rossi.
La sua migliore amica si era presa un colpo di fulmine. Niente di nuovo. In università ne aveva in media uno al mese. Con tutte quelle scosse elettriche si chiedeva a volte se c’era un qualche pericolo di morte prematura.
“C’è l’ha un nome quest’ottava meraviglia?”. E a quel punto il verde degli occhi della ragazza s’infuocò. “Ora di racconto. Insomma io ero lì, ad ammirarlo e rimirarlo, e a un certo punto una sciacquetta occhialuta è spuntata dal nulla e si è attaccata al suo braccio. Lui ovviamente se l'è scrollata di dosso. Quelle extensionrosse non si potevano proprio guardare”.
Naruto non commentò il fatto che lei andava in giro provando a passarsi per rosa naturale.
Il timbro di voce della ragazza si fece angosciato “Ho distolto l’attenzione solo per qualche secondo. Tutta colpa della marmotta panzuta che si faceva spazio tra la gente, un elefante in una cristalleria”.
Il giovane perse il filo per qualche secondo. Marmotta? Poi si ricordò della mascotte del locale. Quale mente depravata avrebbe mai scelto come costume di scena - da far indossare a un povero mentecatto - un animale del genere in una località marittima? Per di più in piena estate.
“Quando l’ho cercato tra la folla non l’ho più visto. E cavoli, non potevo lasciarmelo scappare. Lui sarà colui con cui farò tanto, tanto, tanto sesso. Con cui avrò figli, nipoti e pronipoti. Con cui mi sposerò. Ah Naruto mi fai da testimone?”.
Il ragazzo si chiese per un attimo perché avesse elencato per prima la futura prole e poi il matrimonio con il dio vichingo. Ma erano dettagli, conoscendo poi il carattere impulsivo dell’amica non se ne curò più di tanto.
Ignorando la domanda sulle sue future nozze d’oro, la invitò a continuare.
“Ah si, dicevo. Non vedevo più il mio bello, ma la racchia era ancora lì e…insomma sono andata a parlarle. Non guardarmi così, quando c’è di mezzo l’amore della tua esistenza, del tuo futuro prossimo, non si può non attaccar bottone.
Mi sono presentata. A quanto pare l’extension ambulante – suddetta Karin – fa la bagnina ed è amica del mio bellissimo, intelligentissimo, altissimo, purissimo, levissimo, studente all’università di Tokio, Sasuke Uchiha”.
Neanche al principe del Galles hanno dato nomi così altisonanti e allo stesso tempo così infinitamente idioti.
“Ovviamente ha chiesto spiegazioni per il mio interessamento. E io…, bè lo sai che l’anno scorso ho fatto quel corso di pronto soccorso”.
Naruto se lo ricordava fin troppo bene. Era stato quando Sakura e Ino dopo aver visto per circa la trentacinquesima volta Pearl Harbor, avevano deciso che se non fossero riuscite a laurearsi in giurisprudenza avrebbero fatto le infermiere in qualche campo di guerra americano o in qualche accademia militare americana (l’importante è che ci fossero americani).
Linea di principio: i giapponesi ci fanno schifo e non ce ne frega niente se non siamo patriottiche.
Così avevano fatto un corso serale di sei mesi da crocerossine con tanto di mini-diploma annesso. Erano così commosse ed entusiaste dopo averlo ricevuto che si erano attaccate al televisore per vedere per la trentaseiesima volta il famigerato film.
Sakura prese respiro. “Ho chiesto se c’era bisogno di un aiuto bagnino. Piantala di fare facce da pesce lesso, sono seria. L’università inizierà fra più di un mese, un lavoretto estivo non guasterebbe. E se riesco a fare conoscenza con la sciampista posso stare vicino a Sasuke senza sentirmi una stalker”.
 
Giusto, il dio vichingo che beveva acqua minerale e aveva un corpo da guerriero spartano.
 


 

Tre giorni dopo Naruto conobbe Sasuke Uchiha, con tutta la corte dei miracoli al seguito. Perché indubbiamente il soggetto più singolare della comitiva era un ragazzo alto due metri circa, spalle ad armadio e sguardo vacuo, tale Juugo. Quando fecero le presentazioni, il gigante commentò il colore dei suoi capelli, uguale al piumaggio del serinus canaria.
Se non fosse stato uno studente di veterinaria a fare quel commento avrebbe fatto dietrofront, abbandonando Sakura a quei malati sociali. Ma data la situazione trovò semplicemente la cosa molto, molto inquietante.
Il secondo elemento del gruppo gli saltò direttamente addosso. Sghignazzando felice - di cosa poi non era dato saperlo - chiedendogli se voleva fare un giro in moto d’acqua. Suigetsu lavorava con gli altri come guardaspiaggia. Ma dov’era finito, in una miniserie di Baywatch? E Karin sbuffando gli disse che non poteva di certo usare mezzi riservati al personale con il primo decolorato che passava.
Perse dei punti a menzionarlo così, ma dato che pareva l’unica con un minimo di buon senso tra quei matti, la lasciò stare. Inoltre non voleva iniziare una guerra sulla natura aliena dei suoi capelli - non era colpa sua se era biondo pannocchia.
E poi ovviamente arrivò lui. Il brillantissimo, l’elevatissimo, il lungimirante e Dio solo sa cos’altro, Sasuke Uchiha (Sakura gli aveva affibbiato così tanti appellativi altisonanti in quei giorni che ci aveva fatto il callo).
Alla fine curioso lo era pure diventato. E non solo perché in fatto di sesso non era per niente schizzinoso - e andava con chi gli pareva - ma perché, santo cielo, se era davvero tutta sta bellezza voleva ben rimirarlo anche lui - e magari chiedergli che acqua minerale beveva.
Gli si presentò davanti un cadavere impettito. Capelli sparati in aria, espressione da schiaffi, sguardo tagliente. Un povero stronzo insomma. Oddio, che avesse un bel viso era pure vero, ma era così pallido e i capelli e gli occhi così neri che più che valorizzarlo gli davano un aspetto malaticcio.
Quando parlò, ascoltò il timbrò della sua voce, profonda, decisa, musicale. L’unico tratto che avrebbe potuto interessarlo, se non fosse che, quando capì il senso compiuto di quelle parole, ringhiò furioso.
“Si lo so di essere bello e con un QI di 140. E si lo so che sei brutto come la fame e con il cervello di una cocorita. Quindi stai in pace, non voglio sapere come ti chiami”.
E tirò dritto. Tirò dritto. Il fottutissimo principino del Galles con un palo su per lo sfintere. Tirò dritto e Naruto fece tre lunghi respiri per assicurarsi che nella furia del momento non prendesse un sasso da terra e lo tirasse dritto sull’encefalo di quel pezzente montato.
Non c’era voluto un minuto per capire che Sasuke Uchiha era l’essere vivente più odioso del pianeta terra (ma anche dell’intera galassia).
 


 

Sebbene il biondo sperava di non rivedere mai più quel tizio millantatore e cadaverico (lo avrebbe volentieri lasciato a un calcio rotante di Chuck Norris) il fato bastardo aveva deciso di accanirsi su di lui.
Difatti lo incontrò meno di quarantotto ore dopo.
Sakura aveva trovato il suo lavoro part-time, ma la situazione generale non era facile. Karin infatti si era resa conto che la rosa aveva delle mire su Sasuke e quindi la fantomatica amicizia che doveva nascere si era trasformata ben presto in uno scannamento continuo sul posto di lavoro. Juugo era indispettito con Sasuke perché aveva messo in dubbio l’intelligenza delle cocorite, animali molto perspicaci. Suigetsu era depresso perché la rossa lo sgridava sempre e andava dietro al moro - ma questo da tempi immemori.
Sasuke, mostrava come al solito la sua glaciale superiorità a tutto quello che lo circondava, anche con le occhiate offese dell’ornitologo e gli occhioni acquosi e tristi dell’altro.
Naruto in tutto ciò era andato a portare il pranzo all’amica (lo avrebbero fatto santo un giorno o l’altro), sperando intanto di non incontrare la comitiva di Baywatch con costumini rossi in tinta con il gommone di salvataggio.
L’afa di mezzogiorno era soffocante. Provò a farsi aria con il bento, ma la calura peggiorava. Dopo essersi assicurato il sostentamento giornaliero dell’amica, aveva intenzione di stare in acqua per le successive due ore.
Alzò gli occhi e lo vide – lo squilibrato complessato. Appoggiato alla torretta di avvistamento. Niente costumino rosso attillato con cui sfotterlo purtroppo. Indossava una maglietta bianca con scritto bagnino a lettere cubitali. Con la testa del cazzo che si ritrovava probabilmente avrebbe voluto scriverci Sono il re del mondo, baciatemi il fondoschiena.
Lui avrebbe optato per un più originale Sono un coglione montato, abbiate pietà di me.
Si avvicinò guardingo. Come diavolo era possibile che fosse così pallido e allo stesso tempo facesse un lavoro che lo obbligava a stare di media otto ore sotto il sole per settimane? Protezione 75+ anti sole-acqua-rughe-cancro alla pelle-attacchi alieni?
Lo vide ghignare, strafottente. “Guarda, la mogliettina è arrivata giusto per il pranzo”.
E poi la gente si chiede a cosa sono dovuti certi attacchi isterici fulminanti. Gli venne un tic all’occhio. “Ciao stronzo, perché non te ne vai in Camerun a trovate i tuoi amici scimpanzé?”
“Tu neanche sai dov’è il Camerun”.
Il tic all’occhio si aggravò. “Potresti insegnargli a fare una messa in piega alla Elvis. Ma ti sei visto allo specchio? Sembri essere stato appena fulminato da un’onda energetica”.
Il moro sospirò, massaggiandosi le tempie. “Cielo, pure nerd”.
“Ha parlato l’emo represso. Hai in programma un harakiri questa settimana? Quanto costerà un set di coltelli firmato Chef Tony? Se vuoi mi sobbarco la spesa”.
Prima che Sasuke gli potesse rispondere, magari informandolo che per un suicidio rituale servivano lame appropriate a doppio filo, riprese a fare ben uso delle corde vocali.
“E se devo dirla tutta non sono solo i tuoi capelli ad essere inquietanti. Sei cereo - latte rancido per intenderci. Hai il naso piatto e quando cammini tendi verso destra. Sei così insopportabile che pure la tua spina dorsale si è afflosciata. Probabilmente ti reincarnerai in formichiere”.
L’altro alzò un sopracciglio. “Tu puoi stare tranquillo. Nella catena alimentare non ti classificheresti neanche a formica. Moscerino, to’. Spetasciato sul parabrezza di un’auto mezz’ora dopo”.
Naruto chiuse i pugni, digrignando i denti. Stava per tirare un pugno allo zigomo sinistro del villico quando Suigetsu entrò in scena.
“Ciao bello. Che fai qui? Vuoi che chiami la tua ragazza?”.
Dio ce ne scampi. Era la sua migliore amica, una sorella acquisita. Non ci vedeva loro due pomiciare insieme. Espresse a parole il concetto.
Il moro sogghignò. “Posso comprenderla. L’idea dello scambio di saliva con un tipo come te deve atterrire a tal punto che il solo pensarci porterebbe alla caduta precoce dei capelli”.
“Tu sicuramente sei sulla buona strada. Fra un paio d’anni ti toccherà fare il riporto, guarda vedo già lì la stempiatura”.
Suigetsu non aveva ben seguito quello scambio di battute, tuttavia approfittò dell’attimo di silenzio-omicida creatosi dando vita a frasi senza filo logico. “Cavoli quindi va dietro pure lei a Sask’è. Lo sospettavo. Non che io sia pratico sulla fedeltà di coppia.
Vabbè non ha importanza…porca trolla Saskè che diavolo fai alle donne? Spargi i tuoi feromoni sensuali-aggressivi-compulsivi e le fai prostrare ai tuoi piedi. Se avessi le tue capacità potrei crearmi un harem in ogni continente”.
I bulbi oculari di Naruto stavano per uscire dalla scatola cranica. Di che diavolo cianciava? Il cadavere lì presente era un affronto al genere maschile. Non c’era nient’altro da dire. Altro che acqua minerale in bottiglia, quello lì doveva bere direttamente dall’abbeveratoio dei maiali - con tutto il rispetto per i maiali.
Sasuke sbuffò, spassionato.
Suigetsu si rivolse al biondo “Oi amico, non è che mi daresti qualche consiglio sul gentil sesso? Questo tipaccio qui non mi è di grande aiuto”.
“Davvero non credo che questo gonzo decolorato possa darti dei consigli di seduzione. Se vuoi di cucina. Come puoi vedere la signorina a portato da mangiare al mariti…”.
Non seppe come accadde. Fu una specie di riflesso condizionato. Aprì il bento e ne lanciò il contenuto sulla stempiatura immaginaria del corvino.
Fu quello il momento in cui Naruto Uzumaki vide per la prima volta un espressione che non fosse totale menefreghismo sulla faccia dell’Uchiha. Uno spettacolo tutto da gustare. Il suddetto aveva occhi e bocca spalancati. Vagamente simile all’ Urlo di Munch.
La salsa di soia stava colando da una ciocca. Il riso era sparso un po’ ovunque, in parte sul naso. Un wurstel a forma di polipo era in pendenza sulla capoccia.
Nonostante tutto quel bendiddio alcune ciocche svettavano ancora in verticale, intrepide.
E a quel punto il biondo si girò a 180 gradi e a passo marziale intraprese la strada di ritorno. Sentì vagamente le rise sguaiate di Suigetsu, ma non ci fece caso più di tanto. Il ronzio rabbioso che aveva nelle orecchie era abbastanza.
Dopo qualche minuto un accenno di sorriso venne a crearsi sul volto.
Gli alieni potevano pure tenersi i loro segreti sulla vita eterna. Non c’era voluta una settimana per capire che la vista di un Sasuke gocciolante con un polipo in testa non aveva prezzo.


 

Si aspettava che in meno di mezza giornata Sakura si presentasse con mattarello da casalinga in mano pronta a pestare l’uomo che aveva osato ricoprire di salsa barbecue il futuro padre dei suoi cinque legittimi e bellissimi figli.
Non che fosse disposto a strisciare, chiedendo pietà, per quel damerino, ma i terrificanti cazzotti della rosa erano conosciuti in tutto il campus universitario.
Le sue ansie si rivelarono – grazie a Dio - senza fondamento. Quando la ragazza rientrò in appartamento, non sembrava sotto nessun tipo di furia omicida. In realtà non si lamentò neanche della mancata consegna del pranzo al sacco.  La sua testa era da un’altra parte. Straripante di arcobaleni, lune di miele in crociera, case con piscina e neonati più pallidi di Casper.
Naruto sperava con tutto il cuore che quella sbandata finisse nelle prossime due settimane. Se fosse finito “imparentato” con quello lì, sarebbe morto di sincope prima dei trent’anni.
Quella sera informò l’amica che a causa dell’esplosione simultanea di forno, fornelli, microonde e frullatore, non sarebbero stati in grado di cucinare i pasti per i prossimi giorni. Era quindi infattibile la consegna a domicilio sul posto di lavoro (se non santo, voleva almeno essere beato).
Non aveva intenzione di sprecare altre parole con quel demente profondo.
La ragazza gli rispose con un cenno vago. Le sue fantasie erano passate dalle tutine per bebè a scene a luci rosse. Sasuke le stava divorando la bocca e con una mano le sfilava il reggiseno. Si erano scordati i preservativi.
Il biondo la lasciò demoralizzato alla sua agghiacciante visione.
 


 

E il destino - si proprio lui, il boss bastardo e infame - si rimise in mezzo.  
Stava facendo jogging. L’acqua gli lambiva sporadicamente i piedi, con il sole del tardo pomeriggio che andava a creare riflessi rossastri.
Immerso nei suoi pensieri non si era reso conto che era nei pressi della postazione di avvistamento della rosa e degl’altri pazzoidi in costume.
Se avesse tirato dritto non si sarebbero minimamente accorti della sua presenza.
Attenuò la corsa, sentendo degli schiamazzi. Urla femminili ben più alte di qualche decibel, furono la causa della sua curiosità – o infima stupidità.
S’incamminò verso la piccola folla che si era raggruppata vicino al gabbiotto. Una signora paffuta teneva stretto tra le braccia un cagnolino tremante. Il biondo alzò un sopracciglio, ad occhio e croce era un barboncino. Non che ne fosse sicuro, non era un cinofilo e con tutta quell’acqua che gli grondava fuori poteva anche essere cocker con troppa crema solare.
La povera bestiola era completamente pressata nell’abbracciato della donna, che più che rassicurarlo lo stava sistematicamente soffocando.
“Signora non lo tenga così stretto, non respira”. La padrona non sentì ragione. “Che dite, non lo vedete? Il mio povero, povero Mammolo è spaventato a morte. Cucciolo mio non farmi spaventare più così capito?”.
Annoiato spostò lo sguardo dal canide alla fonte delle urla. Si perché il fitto vociare non era proveniente dal piccolo affollamento intorno al cane asmatico, bensì a qualche metro più in là.
Sakura e Karin camminavano angosciate intorno al ragazzo moro, seduto mollemente. Purtroppo lo riconobbe subito. Aveva uno sguardo perso, l’espressione sofferente. Sembrava non accorgersi della piccola apocalisse intorno a lui.
“Sakura presto la cassetta del pronto soccorso!”. La rosa nascose un singhiozzo, impaurita. “Si certo vado subito”.  La vide correre disperata verso il gabbiotto, entrando e sparendo così alla vista.
Si avvicinò totalmente rilassato al ferito, che emanava depressione da tutti i pori. “Che succede?”. Il giovane si rianimò e lo trafisse con i suoi pozzi scuri. Sakura arrivò prima che i due potessero cominciare a scannarsi. “Sono qui Sasuke, andrà tutto bene!”. Incominciò a rovistare nella valigetta.
Naruto in realtà, mica aveva capito che problema avesse il degente, a parte il pallore. Ma quello lì era il fratellastro di Edward Cullen - senza brillantina a portata di mano.  Insomma, a meno che non avesse un’emorragia interna, gli sembrava tutto nella norma.
La rossa, che aveva perso la sua aria da so tutto io, rispose alla sua domanda silenziosa. “Sasuke è stato ferito!”.
La guardò negl’occhi pieni d’ansia e commentò, in pace con se stesso. “Ah si? E dove?”. Allungò il collo, ignorando le frecciate assassine dell’altro, ma non trovando alcun segno di ferita.
Sakura tirò fuori un tubetto di gel. Si animò “L’ho trovato! Tranquillo Sasuke, il bruciore passerà subito”.
Bruciore?E a quel punto lo vide – l’arrossamento lillipuziano sul piede sinistro. E non ce la fece. Provò a contenersi, ma la risata sgorgò fuori come acqua corrente. Quale essere vivente di sesso maschile può distruggere così la sua dignità?
Quelle due del resto stavano interpretando la parte delle crocerossine in maniera più che egregia, assistendo il valoroso soldato sul letto di morte.
Sakura che aveva terminato la medicazione si voltò, indignata. Sembrava stesse per piangere. “Naruto! Ti pare il momento? Santo cielo, sei proprio senza cuore!”
Il ragazzo provò a spiegare la situazione alla poveretta. La quale doveva avere del fumo davanti agl’occhi, o forse erano i famosi feromoni di Sasuke che rendevano ogni donna del pianeta sua schiava personale.
“Sakura è una puntura di medusa. Di medusa capisci? Non è finito sotto una mina antiuomo, è una semplice reazione cutanea”.
Un improvviso abbaiare attirò l’attenzione dei quattro. Il cane sgusciò via terrorizzato dalle persone presenti, avvicinandosi a loro sbuffando.
“Stammi lontano orrendo coso peloso”. Sasuke espresse bene la sua opinione su quella specie di Canis lupus familiaris.
Sakura ripresa dal momentaneo spavento, sfarfallò le ciglia. “Sask’è sei stato così coraggioso. Non è vero Karin?”.
Lei annuì, per una volta d’accordo su qualcosa. “Un vero uomo”.
Il biondo voleva far notare alle presenti che in quel momento il loro eroe era l’essere vivente meno virile del circondario, ma il ragazzo lo precedette, borbottando. “Se sapevo che la cosa informe che stava affogando era quel botolo di pelliccia me ne sarei ben stato a riva”.
La proprietaria riacciuffò la palla di pelo, che rispose uggiolando.
“Grazie per aver salvato il mio Mammolo, vi sarò eternamente grata”. Guardò il giovane aitante con sguardo trasognato.
Uchiha pheromonesalla riscossa! Naruto dovette constatarlo, funzionavano proprio.
La gente cominciò a disperdersi, e anche la signora se ne andò con il barboncino depresso in braccio, il quale continuava a dimenarsi.
Sarei quasi tentato di pensare che avesse optato per il suicidio. Con un nome assurdo del genere poi che razza d’identità puoi costruirti?
Le due ragazze, che ancora vezzeggiavano il loro amato con parole dolci, presero a raccontare la sua fantomatica avventura.
Non che fosse sta gran storia. Il prima citato Mammolo si era allontanato dalla riva, avventurandosi in acque perigliose. La padrona aveva cominciato a chiedere aiuto e il valoroso bagnino, toltosi la maglietta, mostrando così i suoi addominali da sogno, si era buttato e aveva nuotato alacremente fino al cucciolo in fin di vita. Durante la traversata di ritorno era stato ferito dall’infima medusa ma lui non aveva esitato, continuando a nuotare fino a riva.
Una storia di coraggio, perseveranza e amore per gli animali.
Se non fosse che Sasuke avrebbe volentieri strozzato l’esserino impaurito una volta a terra. L’intenzione di usarlo come salvagente dopo averlo acciuffato, c’era stata.
Quando si dice che in tutte le storie c’è un fondo di verità. Lì proprio non ce n’era, neanche a guardare col binocolo.
Il gonfiore al piede dell’Uciha si affievolì. Il ragazzo provò a muoverlo, mugolando. Ovviamente le giovani presero a confortarlo materne. Dovevano tornare al lavoro, così ordinarono al mai-utile-Naruto di tenere compagnia a quella perla d’infinita saggezza.
Che cavolo.Se ne sarebbe andato ugualmente, alla facciaccia di quelle due. Lo avrebbe vituperato solo per qualche minuto.
Si sedette a due metri dall’altro, se gli arrivava un pugno voleva avere il tempo materiale per evitarlo.
Restarono in silenzio per qualche minuto, ma ovviamente quella finta pace non poteva durare a lungo.
“Perché non ti metti a fare qualche castello di sabbia? Anche se sinceramente l’idea mi inquieta.
Quando ti laureerai in architettura per piacere fammelo sapere. Così posso rimanere informato dei progetti che ti verranno affidati. Un palazzo costruito da te ha la possibilità di rimanere in piedi, quanto un pollo ce l’ha di imparare a volare”.
L’interpellato incrociò le braccia. “Come sai quale università faccio?”. Probabilmente non sa neanche come mi chiamo.
“Me lo deve aver detto Juugo, dopo aver commentato il color canarino morto dei tuoi capelli”.
Adesso lo ammazzo.Assottigliò gli occhi chiari “Ha parlato quello che ha i capelli a culo di papera”.
Sasuke ringhiò. “Perché non vai a scavarti una buca e ti seppellisci dentro?”.
“Lo farò, magari mi faccio aiutare dal caro Mammolo. Incido pure la tua lapide se vuoi. Sasuke Uchiha. Perso abilità recettive a sei anni. Scollegamento totale del proprio encefalo a tredici. Morto per shock anafilattico, grazie allo straordinario intervento di Sua Grazia Serenissima, Madame Medusa”.
Il proprietario della targa commemorativa provò ad allungare una mano per prendere direttamente il collo di quell’impiastro sociale.
Naruto si scostò, alzandosi in piedi, ghignando. L’altro provo a imitarlo ma un gemito di dolore lo fece desistere tornando seduto. Piantò allora gli occhi scuri a terra, non degnandolo di uno sguardo.
Il biondo fece qualche passo verso di lui. Pure il sostenuto faceva. “Chiedo perdono per la mia insolenza Sua Signoria, vuole che le pisci sul piede?”.
Il ferito non seppe bene che rispondere, forse varie sequenze di bestemmie che avrebbero fatto svenire il Papa. Guardò il nemico come se gli fosse spuntata una seconda testa.
Sorrise, tronfio. Che se la vedessero quelle due pazze con quello lì. Lui aveva chiuso. Piantò in asso l’invasato, riprendendo la sua attività.
Lui magari potevano farlo santo, ma quella medusa dovevano proclamarla Regina dei Mari e Dea in Terra.



 
 
Non si salvò una seconda volta dalla furia di Sakura. Quando lo trovò gli piantò giù un sermone infinito. Il succo era che doveva vergognarsi di aver lasciato un ferito senza assistenza e che doveva andare a porgere le sue scuse.
Cosa che Naruto non avrebbe mai fatto. Neanche se Alien voleva conquistare la terra e la fine del mondo era vicina.
Borbottò qualche assenso, giusto per farla stare buona, ma la cosa finì lì.
 
Fu qualche sera dopo che rincontrò la ciurma di salvataggio. Si trovava nel locale della marmotta - in realtà non era quello il nome, ma la cosa era davvero troppo divertente - in procinto di ordinare da bere.
Suigetsu si presentò al bancone, saltellando. “Ciao Naruto, mi offri qualcosa?”. L’interpellato non seppe bene che fare. Se sputargli in un occhio o farlo cadere dallo sgabello.
Il giovane continuò. “Voglio giocare a Perde Chi Molla*”.
Juugo spuntò dall’altro lato, facendo venire un attacco epilettico al biondo. “Anch’io”.
“Juugo cavoli mi si è rotto un tacco”. Karin arrivò trafelata, i capelli un po’ fuori posto. Si rivolse a lui “Hai visto quella somma approfittatrice della tua amica? Non devo perderla di vista, è pericolosa”.
Quella lì ormai sembrava essersi dimenticata della sua presenza. Migliori amici un cavolo. Doveva ancora essere a casa a incipriarsi il naso.
Spiegò la situazione. “E Sasuke non è con voi?”. Meglio chiedere in anticipo le intenzioni del nemico.
“Arriva più tardi. Allora per il bere? Dai prendiamo una bottiglia di vodka che ti facciamo vedere”. Suigetsu non ascoltò neanche il suo dissenso, sbracciandosi verso il barman, felice come una Pasqua.
 
Si ritrovò seduto a un tavolo con quei tre bagnini pazzoidi a trangugiare sciottini. Perché alla fin fine c’erano solo due fantomatiche regole.
Chi stramazza per primo paga da bere a tutti (quindi non capiva perché aveva dovuto sborsare lui i danari) e chi stramazza per ultimo, o meglio, chi non stramazza può ordinare ai perdenti di fare qualunque cosa desideri (cosa poco concepibile, dato che sono già crollati).
Ovviamente fra una bevuta e l’altra Suigetsu prese a raccontare la storia della sua vita. Commuovendosi in certi punti. Quando si metteva a piangere Juugo gli passava il suo fazzoletto di Gatto Silvestro per soffiarsi il naso. Karin continuava a passarsi il rossetto sulle labbra che continuavano a scolorire. “Le labbra sono la parte più importante di una donna”.
Suigetsu che era già partito da un pezzo, commentò. “Forse perché sei piatta come una tavola”. E la ragazza, spuntando fuoco dalle orecchie, iniziò a pestarlo. Juugo, anche lui con la sbronza triste, si lamentò dell’aspetto pietoso del suo amato Silvestro – il fazzoletto.
Mezz’ora dopo erano tutte e tre collassati. Non che Naruto fosse particolarmente sveglio. Era però felice di aver vinto.
La bocca era impastata e sentiva la testa leggera. La sbronza alla fine se l’era presa anche lui. Si alzò e con fare traballante raggiunse il bancone.
“Ehi tu, hai visto i miei colleghi?”. Oh si, era lui. Lo stronzo. Vestito bene tra l’altro e meno pallido del solito. Ecco perché era arrivato un’ora dopo, era stato tutto quel tempo a passarsi il fondotinta.
“Io ho un nome sai? Brutto idiota parassssita”. L’insulto gli uscì molliccio, lamentoso.
Sasuke incrociò le braccia, guardandolo dall’alto. “Io non mi chiamo così. Perché dovrei farti il favore?”.
Il biondo non replicò. La testa era sempre più leggera e aveva sonno. Si stropicciò un’occhio, sbadigliando.
“Ho vinto a Perde Chi Stronca…no, non era…Perche Chi Trolla forse? Mah…comunque ho vinto”.
Lo vide alzare un sopracciglio di sfuggita “Capisco”. Si sistemò meglio sullo sgabello, non voleva rischiare di cadere a terra.
Incominciò a fissare il ragazzo di fronte a lui con attenzione. Aveva un bel collo l’antipatico. Lungo e fine. Non da giraffa, più da cigno. E i capelli in fondo non erano così terribili, chissà se erano setosi. Il naso era all’insù, alla francese.
Non gli aveva guardato il sedere, quello no. Un vero peccato che i costumi attillati di Baywatch non fossero più di moda.
“Posso sapere che stai facendo?”. Nei minuti in cui lo aveva scannerizzato non aveva emesso parola.
Naruto piegò la testa. “Che acqua minerale bevi?”.
Il moro boccheggiò preso in contropiede. Poco interessato alla sua espressione confusa, si alzò e con sguardo concentrato gli sfiorò l’avambraccio.
Quello fece un salto indietro, come ustionato da acqua bollente. “Che diavolo fai?”.
Immune alla sua ansia, continuò sereno. “Hai una pelle molto liscia, usi una crema particolare?”.
Sasuke spalancò gli occhi. Rispose scocciato “Non uso nessuna fottuta crema di bellezza. La mia pelle è normalissima”.
Lui rispose, cocciuto “No. No, hai davvero una bella pelle”. Lo guardò in faccia. Lì la cute era leggermente arrossata, che si fosse scottato? Anche con la crema anti attacchi alieni? La sensazione di morbidezza aleggiava ancora sulla sua mano.
“Per caso ti sei messo il fondotinta?” domandò candidamente.
La faccia del ragazzo si fece da perplessa a collerica in pochi attimi. “Non è mia abitudine massacrare di botte un ubriaco, ma se mi dici un’altra cosa del genere distruggo quel tuo faccino da ritardato”.
Naruto alzò le spalle, mortificato. “Era solo una domanda”. Fece un passo indietro e sentì il mondo girare. Afferrò il bancone. Diavolo, se l’era presa proprio brutta.
Si sentì chiamare. “Scusa ragazzo, sono amici tuoi al tavolo tre?”. Il barista stava preparando un Margarita. Lui annuì. “Amicissimi”. Le vertigini ripresero. Si sedette. Doveva trovare al più presto una superficie orizzontale dove sdraiarsi. Sarebbe svenuto a breve sul pavimento.
“Non possono stare lì addormentati. Svegliali e mandali a casa”.
Provò ad obbedire, incerto, ma una mano si appoggiò a una spalla, rimettendolo seduto. “Sta fermo cretino, fammi sto piacere. Vado io a svegliare gli sfaticati”.
E sparì alla vista. Il biondo sospirando appoggiò la testa al bancone. Non sapeva bene come tornare a casa. Le gambe erano instabili anche senza appoggiarle al suolo.
Si doveva essere appisolato. Una mano lo scrollò e aprì gli occhi. “Muoviti usciamo di qui, non voglio averti sulla coscienza”.
Sorrise a 350 watt. Appoggiò i piedi malfermi al suolo e si attaccò al primo sostegno che trovò, il braccio di Sasuke.
La voce dell’antipatico gli arrivò ovattata. “Mi hai preso per un alpenstock? Levati subito”.
Si sentì scrollare. Strinse di più il braccio a se, mugolando.
Accompagnato da borbottii e imprecazioni varie fu condotto fuori. La calura di quel giorno era stata sostituita da un’arietta fresca. Respirò a grandi boccate. Il locale della marmotta era davvero un forno. A proposito dov’era finita?
Prese a guardarsi intorno, frastornato.
“Stai per caso cercando il tuo cervello? Devo averlo incrociato oggi a due fermate di autobus da qui”.
Il ragazzo gli si pianto davanti, mollandogli il braccio. “Il mio cervello è appostissimo, è proprio – proprio qui. Ahi!”
Si era ficcato un dito nell’occhio. Prese a guaire, impanicato.
Il corvino sbuffò. “Non devo neanche commentare questa tua uscita. I fatti hanno semplicemente verificato la mia tesi”.
Erano sotto a un lampione. La luce intensa fu la causa dell’improvvisa lacrimazione dell’infortunato.
Il pirata mono occhio tirò su col naso. “Hai per caso Silvestro?”. Perché non si ricordava mai di tagliarsi le unghie? Si era quasi accecato.
L’altro ovviamente lo prese per svalvolato, o completamente ubriaco. “Chi?”
“Il faz-fazzoletto. Fa niente faccio da solo”. Con la manica della felpa si asciugò le lacrime. Poi si pulì il muco dal naso.
“Sei davvero l’essere vivente più disgustoso che io abbia mai visto Naruto”. Commentò lo spettatore nauseato.
Spalancò gl’occhi, dimenticandosi di respirare. “Allora lo – lo sai come mi chiamo!”.
Sasuke sbuffò tracotante. “Sai, l’associazione di un nome a una faccia è un’abilità che hanno tutti i primati”.
Sorrise estasiato. “Anch’io so come ti chiami!” Era felice. Molto. La manica della felpa era umida. Prese a fregarla sui pantaloni.
“Questo quindi ti classifica in quest’ordine di mammiferi. Il genere di appartenenza tuttavia rimane ignoto”.
Il presunto primate sbirciò l’insegna a pochi passi da lui. I numeri lampeggianti indicavano l’ora. Era tardi. Voleva - voleva andare a casa.
“Allora buonanotte”. Disse congedandosi e prendendo a camminare traballante. Non fece però che pochi metri. Si fermò e guardò la strada lastricata. A destra o a sinistra? Proprio non si ricordava.
“Di un po’, hai idea di come raggiungere casa tua?”. Il moro gli si affiancò. Fissandolo come se fosse alla presenza di qualche forma di vita inferiore.
Si grattò il mento. “E’ di là – credo”. Gli partì un singhiozzo. Oh no. Quando iniziava era impossibile fermarlo.
Lo vide massaggiarsi le tempie. “Dio, perché a me?”. Magari aveva mal di testa. Chissà se in tasca aveva qualche aspirina. Cacciò le mani sudate nei pantaloni, ma ne uscì fuori solo un chewingum usato e appiccicoso.
“Muoviti ti accompagno”. Lo afferrò per una spalla e prese a trainarlo.
S’incuriosì. “Sai dove abito?”. Cercò intanto di togliersi la gomma dalla mano, con risultati penosi.
“Il tuo tugurio è disgraziatamente vicino al mio appartamento in affitto. Qualche giorno fa la tua amica si è messa a fare la posta davanti casa. Molto inquietante”.
“E’ colpa” altro singhiozzo “dei tuoi feromoni”. Stufo della cicca che gli impiastricciava le dita, poggio sbrigativamente la mano sulla schiena del ragazzo, attaccandola al tessuto della camicia.
“Ti spiacerebbe non toccarmi? Non vorrei avere qualche reazione allergica”. Scrollò le spalle, nervoso.
“Esagerato”. Lo guardò di sottecchi. Sembrava non si fosse accorto di avere una Big Babol sulla schiena.
Il rosa della gomma gli fece pensare a Sakura. “Vuole tanti bambini sai? Con te. E credo una villa con campi da tennis” Singhiozzo. “E un gran giardino. Un giardino con pony arcobaleno”.
Gli venne mal di pancia, provò a massaggiarsi la mano con lo stomaco. Forse avrebbe vomitato.
Sasuke tremò impercettibilmente. “Con questa visione posso uccidere qualcuno”.
“Non ti piace?”. Chissà perché gli spuntò un sorriso. “Neanche un po’?”.
“Non è il mio genere, c’è troppo rosa e verde insieme. E poi le femmine generalmente sono petulanti e logorroiche. Come te per esempio”.
“Io non – “ Singhiozzo strascicato. “- sono una femmina”.
Il moro ghignò “Forse si dovrebbe dare un’occhiata ai tuoi genitali, giusto per esserne sicuri”.
Sentì le orecchie andare a fuoco. Deglutì a fatica. Prese a mordicchiarsi il labbro inferiore, agitato. Con tutto l’alcol che gli girava in corpo, aveva reazioni ben strane.
Si sentirono dei grilli frinire.
Camminavano fianco a fianco ora e Naruto era più sicuro sulle gambe. Mancavano ancora una manciata di minuti all’arrivo. Almeno adesso sapeva che quella era la direzione giusta.
Spinto da qualche controllo mentale alieno, prese a parlare. “Mi dispiasce per il polipo e per il set di coltelli di Tony e – e per la pipì sul piede”. Singhiozzo. Quando beveva si trasformava davvero in un agnellino.
Sasuke sorrise tronfio “Adoro il gioco del confessionale, continua ti prego”.
“Si – si dunque, dicevo. Per la soia, e per la lapide com-commemorativa”. Lanciò uno sguardo alla sua schiena. “E – e per la Big Babol sulla maglietta”.
“La cosa sulla…?”. Passò una mano lungo la spina dorsale. Sembrò strozzarsi con la saliva. “Brutto idiota cerebroleso. E’ una camicia di Armani questa!”. Piegò la testa all’indietro per verificare il danno.
Gli spuntò un sorriso. Era davvero buffo in quel momento. Non sembrava più un cigno. Era un lemure con la scogliosi. Singhiozzo.
Si rese conto della loro posizione. Il suo portone distanzia un centinaio di metri. Non vedeva l’ora di ficcarsi in branda, prima però voleva condividere un concetto importante con il ragazzo.
Il genio aveva ancora il collo inclinato. Le vene sulla fronte pulsavano pericolosamente.
“Sai, se non fossi un - despota tiranno con impulsi vit- vitimistici saresti davvero carino”. Si grattò il mento. “Sorridi ogni tanto. Fatti dare consigli sulle labbra dall’exens – da Karin”.
Il primate smise di dimenarsi. Sbatté le palpebre, non afferrando bene il concetto.
Lasciamo perdere. Si congedò. “Che la forza sia con te. Puoi andare in pace”.  Singhiozzo.
Camminò fine all’entrata del portone. Esplorò le tasche informi alla ricerca delle chiavi. Possibile che non avesse neanche un’aspirina?
 

 
Dieta a base di unghie.  Battito cardiaco accelerato. Aumento della salivazione. Sudori freddi. Il quadro clinico della settimana. Una tredicenne alla sua prima mestruazione insomma.
La cosa era parecchio stana. Parecchio. I sintomi erano iniziati giovedì mattina.
 
Legge universale in vigore dopo il Big Bang: Se forme di vita a base di carbonio si accingono a bere liquidi alcolici in gran quantità, accadrà qualcosa d’imprevisto.
 
E lui si ricordava tutto. Proprio tutto. Dal chewingum sul groppone del principino – Dio che goduria – alle scuse distruggi dignità e amor proprio. Tanti saluti alla sua virilità maschile.
E ovviamente la sua sparata finale. Carino. Lo aveva definito carino. Poco importava la frase filosofica e sfrangimaroni in mezzo.
Carino – Come cazzo gli era venuto in mente una cosa del genere?
 
Lo aveva evitato come la peste dopo quella sera. Non mancava molto alla fine delle vacanze, e lui se ne stava barricato in casa a causa di un stupido gioco, inventato da stupidi bagnini, amici di uno stupido emo invasato, vestito da damerino e ricoperto di fondotinta.
Che se lo tenesse Sakura. Era imbufalito a livelli stellari. Ed era stufo, stufo marcio. Dei continui sproloqui sulla bellezza, intelligenza, prestanza del giovane.
E la cosa che lo seccava più di tutte è che c’era una parte di lui che lo pensava. Non era d’accordo sull’intelligenza, quella no. Per quanta riguarda il resto invece – si.
 Sotterrò la testa sotto il cuscino. Meglio morire soffocati, che contemplare l’immagine di un Sasuke a petto nudo e pantaloncini attillati.
Gli aveva lobotomizzato il cervello. Non si poteva cambiare così da un giorno all’altro. Lui lo odiava. Punto. Erano così incompatibili che, il solo pensiero di stare con lui in una stanza chiusa, gli faceva nascere il desiderio di evocare il fedele Tony e comprargli un set di coltelli, fissando un suicidio per il tardo pomeriggio.
Il caldo lo stava fluidificando. Con uno sbuffò uscì da quel groviglio di coperte. Necessitava di una sana scopata. Afferrò il BlackBerry.

 
Aveva incontrato Izumi all’inizio di luglio ed era rimasto stregato dai suoi occhi magnetici.
Qualche anno più grande di lui, appena laureato in marketing management, musicista, fumatore di cannabis 23 ore su 24. Un tipo apposto insomma.
Suonava la chitarra in un locale lì vicino. La sua carisma e le sue idee sulla società moderna lo avevano ipnotizzato, intappolato e legato con nodo scorsoio.
Non che lui non lo volesse. Nel paio di volte che si erano visti era stato un amante eccezionale. Perfetto per sfogarsi ed eliminare fastidiose immagini di bagnini che improvvisamente lavorano in una spiaggia di nudisti – ergo niente costume.
 
La prestazione fu fantastica, celestiale. Se non fosse che, al momento dell’orgasmo i suoi pensieri vagarono ben oltre quella stanza.
 La maschera inespressiva di Sasuke completamente trasformata. Stravolta dal piacere con gli occhi puntati su di lui, possessivi. L’immagine gli si piantò nella retina. Ed esattamente due secondi dopo venne con un grido liberatorio.
 
I classici convenevoli furono sbrigativi e terminata la vestizione se la filò. La strada di ritorno fu percorsa a rotta di collo.
Doveva davvero – davvero preoccuparsi. Neanche il sesso riusciva a liberarlo da quei pensieri malati. Era spacciato.
Arrivato a casa, afferrò il barattolo di Nutella sulla credenza. Si sedette quindi sul divano, accendendo la televisione. Kill Bill, perfetto. Un po’ di splatter avrebbe alleviato la frustrazione, doveva solo immaginare il moro al posto dei cadaveri senza testa.
 
 

 
 

E arrivò il giorno in cui la compagnia di Baywatch dovette andarsene.
Lo sapeva perché la sera precedente mentre lui era lì a mangiarsi le mani come al solito, Sakura aveva organizzato una veglia funebre.
Partivano un giorno in anticipo per evitare la coda di rientro della domenica.
 
Quella mattina la ragazza lo buttò giù dal letto all’alba, lui che avrebbe volentieri continuato a dormire. Finalmente il suo incubo a occhi aperti stava per finire.
Lungo il tragitto verso il parcheggio dovette passarle una decina di fazzolettini. Sembravano stessero andando a un funerale. Prese a guardarsi le Nike scolorite.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma un nodo alla gola gli stava bloccando la salivazione. Un magone del tutto insensato, inutile.
Accidenti, era tutta colpa dell’Uchiha e dei sui feromoni. Lo avevano infettato.
Arrivati al parcheggio, Sakura si staccò dal suo fianco, raggiungendo la compagnia.
Le valigie erano già pressate nella jeep. Juugo stava chiudendo il bagagliaio.
Suigetsu lo raggiunse. Abbracciandolo di slancio, commosso. “Amico, mi mancherai. E’ così ingiusto che frequenti qui l’università”.
Non seppe bene come, ma finì per abbracciarlo stretto. Dopotutto triste lo era anche lui, non era senza cuore come quel moro cerebroleso.
Si staccò a fatica e Juugo gli offrì una mano. “Arrivederci allora”. Dopo qualche frase di commiato, una chioma nera spuntò alle sue spalle.
Si voltò e incrociò quei pozzi neri. Trattenne il fiato, la trachea non voleva collaborare.
Quanto. Era. Bello.Sobbalzò impercettibilmente al pensiero, oh cazzo. Dio misericordioso ti prego no. Non farmi questo.
Deglutì e si schiarì la gola. “Allora – allora ciao”. Allungò la mano.
Per un’attimo pensò che non l’avrebbe afferrata, ma pochi secondi e le loro dita erano unite. “Hai le mani sudate idiota”. La voce era rigida, inespressiva. Il solito insomma.
Ma che ho fatto per meritarmi una tortura del genere.Inghiottì acido “Si bè, anche tu”. Non era vero, la sua mano era calda, non umida. Era liscia. La sua pelle lo era.
Il contatto finì e il biondo distolse lo sguardo. Basta, finiamola qui. Vattene e non tornare.
Sembrò leggergli nel pensiero perché si girò e insieme agl’altri due s’incamminò verso la vettura.
Andava bene così. Le cose sarebbero andate a posto. Vide Sakura salutare il suo Superman in costume, avvilita.
Uno stormo di gabbiani volò sopra le loro teste. Occhi azzurri li seguirono.
Sospirò lentamente. Pensa, niente più battute di cattivo gusto. Niente più ansia e sudorazione incontrollata. Salivazione e battito cardiaco nella norma.
Niente più sguardo freddo. Sguardo che trafiggeva. Che guardava dentro.
Che lo leggeva e lo studiava come una belva feroce.
Sguardo che ora era rivolto a lui. Lo fissava e continuò a farlo. Non seppe per quanto, perché prima che si girasse, i suoi piedi di mossero.
Marciò verso di lui. Una furia assassina – o passione incontrollabile – lo colse.
Sbraitò. “Oh al diavolo!”. Non sapeva se gl’altri erano già in macchina. Non gli importava delle loro reazioni. Della reazione di Karin, né quella di Sakura. Il suo obbiettivo erano quelle labbra e le avrebbe raggiunte.
La portiera anteriore era mezza aperta, ma quanto, prendendolo per il bavero, lo sbatté contro la macchina, si chiuse.
Il suo profumo gli arrivò dritto al cervello. Sibilò “Brutto bastardo”. E gli ficcò la lingua direttamente giù per l’esofago, prendendo possesso della sua bocca. Se doveva mandare a puttane la sua dignità, almeno voleva farlo con stile.
Forse in quel momento erano in funzione leggi fisiche più grandi di lui, un intervento divino. Fosse stato per lui, la saliva con quello lì non l’avrebbe mai scambiata.
Accadde il miracolo, Sasuke rispose al bacio. Gli afferrò i capelli spingendo la lingua all’interno, con una furia che aveva un retrogusto di resa.
Sentiva la necessità impellente di toccarlo, di accettarsi che fosse reale. L’altro agì per lui, abbassando le mani sui suoi fianchi e tirandoselo addosso.
Scosso dal desiderio di avere di più e ancora e per sempre, passò una mano tra i capelli e affondò le dita tra le ciocche nere. Erano setosi, e morbidi e belli. Ed era partito per la tangente ormai.
Il genio mugolò. E usò quel decimo di secondo per prendere fiato, respirando nella bocca dell’altro. Per riprendere l’uso della lingua subito dopo.
Era un bacio violento, pieno di rabbia e incomprensione.
Non erano fatti per stare insieme. Erano opposti in tutti i sensi, agli antipodi.
Erano una calamita, il polo positivo e il polo negativo.
 
Ti odio, con tutto il cuore. Come osava fargli provare quelle emozioni. Controllare il suo umore in quel modo.
Quella mano calda continuava a tenerlo pressato, muovendo le dita lungo la colonna. Ed era così meraviglioso, così eccitante il suo tocco.
Il fischio compiaciuto di Suigetsu e la sua successiva sghignazzata, fu smorzata dal lamento di Sakura e dal grido isterico di Karin.
Juugo sospirò. “Partiremo stasera” commentò profetico.
 Provò a terminare il bacio, ma l’Uchiha ringhiando lo riacciuffò, ribaltando le posizioni e facendolo sedere sul cofano.
Ridacchiò internamente per quella foga. Non aveva alcuna intenzione di protestare.
Aprì le gambe, passando le braccia dietro al suo collo e stringendolo, forte. Il gemito che seguì, lo fece eccitare a livelli stratosferici. Se lo stronzo non si dava una calmata sarebbero finiti a fare sesso su quell’automobile. Il punto era, sarebbe stato un male?
I presenti erano tutto maggiorenni. E – e poi chissene frega dei presenti francamente.
Era lì, con la lingua e le mani da piovra di Sasuke. Schiacciato su una vettura in una posizione indecente. Ed era felice. Dopo cinque giorni di ansie e paure.
Era quello il posto giusto.
“Sask’è, io te l’avevo detto. Vero che lo avevo Juugo?”. Il ragazzo sgomitò contro l’amico, che rispose annoiato. “L’avevi detto”.
Finalmente il moro decise di staccare la lingua, ma non mollò la presa, continuando a stringerlo.
Naruto aveva spazio sufficiente per guardarlo negl’occhi. Sbatté le palpebre. “Detto cosa?”.
“Stai zitto idiota, davvero, non parlare che è meglio”. All’apparenza sembrava serio, ma una fossetta traditrice al lato destro della guancia lo smascherò. Stava sorridendo. Impercettibilmente certo, ma sorrideva.
Si chiese se sarebbe mai riuscito a capire il contorto carattere di quel ragazzo.
 
Lo imitò, sereno. Lo aveva baciato. Solo questo importava al momento.
Sasuke si staccò, prendendolo per un braccio.“Cambio di programma ragazzi, si parte domani”.
 Quattro voci protestarono all’unisono. Due erano isteriche, una era annoiata, l’altra era divertita.
L’Uchiha alzò la mano, imperioso, zittendoli all’istante.
Il biondo assottiglio gli occhi. Pomposo principe del Galles arrogante.
“E che nessuno entri in camera mia per le successive otto ore, anzi facciamo fino a domani mattina”.
Naruto voleva protestare. Il suo corpo necessitava un apporto piuttosto alto di calorie. Non era certo il suo schiavo sessuale personale.
Prima che esprimesse le sue opinioni, venne strattonato in avanti. Sasuke a grandi falcate imboccò la strada del ritorno con lui appresso.
Udì da lontano l’urlo di Suigetsu che informava il corvino di essersi dimenticato il lubrificante in appartamento.
 
 
Rimasero muti per tutto il tragitto. Il corvino mostrava un ghigno famelico.
Sospirò, dimenticando per un attimo la nera figura di fianco a lui. Si chiese quale sarebbe stata la nuova ubicazione del suo letto – Sakura lo avrebbe fatto dormire sul pianerottolo.
Già si vedeva un senzatetto, capo dell’associazione Studenti Affamati & Co.
Ma era davvero importante, quando stava per fare sesso selvaggio – e probabilmente fantastico – con il ragazzo lì presente?
Rimaneva comunque uno stronzo galattico. L’ho trainò per tutto il tragitto senza degnarlo di uno sguardo e quando arrivarono alla porta d’ingresso lo sbatté sull’uscio facendogli produrre un gemito di dolore. La maniglia di ferro era andata a cozzare sul lato destro della schiena.
Ringhiò in protesta. L’altro sornione prese possesso della sua bocca con una mano che trafficava in tasca. La lingua gli stava esplorando il palato.
Era tentato di mordergliela quella navicella spaziale, almeno si sarebbe goduto il guaito di protesta.
Odioso, sfacciato, figlio di un Alien con problemi di forfora e…
“Merda le chiavi!”
…e patologicamente ritardato.
Ma dico, controlla di averle prima di trasportare un tizio a scopare nel tuo appartamento, per Dio!
Approfittando del fatto che lo aveva mollato - e poteva tornare a fare uso di tutte e due le braccia - lo spostò di lato, mostrando così la serratura.
Chiese con tono stranamente professionale – come se il ragazzo al fianco non gli avesse appena fatto un endoscopia alla cavità orale - se avesse una forcina.
Seguì il tono tracotante del genio “Sicuro, già che ci sono ti passo il decolorantel’Oréal capelli biondo smorto che ho in tasca, non so tu, ma io vedo la ricrescita”.
E Naruto – anche se aveva tutte le sacrosante ragioni per arrabbiarsi – gli rise in faccia. Per la seconda volta da che si conoscevano.
Certo, la vista di un Sasuke sofferente per l’orrenda deturpazione che sfregiava la sua perfezione era uno spettacolo unico – sia lode a Sua Grazia Medusamon!
Ma non avrebbe rinunciato per nulla al mondo a quella sfacciataggine che lo caratterizzava. Senza di quella d’altronde sarebbe stato solo un cadavere con tendenze emo.
Quindi – dato che alla sua morte lo avrebbero santificato – si munì di pazienza e, ignorando gli strepiti del moro, lo portò a casa sua.
Il genio commentò l’orrenda carta da parati, le dimensioni ridicole dell’appartamento e le sue basse conoscenze sull’igiene personale.
 
Quando raggiunsero il letto stavano ancora litigando.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice
Ho voluto lasciare un finale aperto - se si può definire così.
Non so se essere soddisfatta o no di questo lavoro. Mi rendo conto che lo stile di scrittura non è dei migliori, ma ciò messo il cuore.
Sarei felice di avere la vostra opinione in merito.
 
 
* Gioco epico. Dal film Pearl Harbor - ma non centrano gli alcolici xD


  
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