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Autore: SummerRestlessness    11/06/2013    13 recensioni
Catherine, detta Cate, riceve un messaggio nel bel mezzo della notte da qualcuno di cui non si libererà tanto facilmente... e di cui forse non vorrà liberarsi.
“W-hazzaaaaaa” diceva semplicemente il primo. Non avevo idea di cosa volesse dire. "Hazzaaaa dove sei?" recitava il secondo. Era forse un modo di dire o di salutarsi? Mah. I messaggi continuavano sulla stessa linea di… pensiero, se così si poteva dire.
“Hazza?!?!?”
“Rispondi, cretino xD”
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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10. Pictures


Quando finalmente arrivai nel corridoio che dava sul mio appartamento, vidi l’ultima cosa che mi sarei aspettata al mondo. Chelsea stava seduta per terra a gambe incrociate, appoggiata esattamente alla mia porta. Quando mi avvicinai alzò gli occhi su di me, felice e quasi pronta a farmi le feste come un cagnolino che accoglie il suo padrone. Si alzò in fretta e si scrollò dai vestiti della polvere immaginaria.

«Oh, eccoti finalmente!» esclamò allegra con noncuranza «Quella stronza della tua coinquilina non mi ha fatto entrare…!» aggiunse sperando in una mia battuta solidale sull’inutilità sociale di Sasha. Inutile dire che non fu accontentata.

«Eccoti finalmente?!?» sbraitai sbarrando gli occhi «Mi hai abbandonata nel bel mezzo del nulla e ti lamenti pure perché ci ho messo troppo ad arrivare? Cos’è successo? Perché non rispondevi al telefono?»

«Sei arrabbiata?» fece lei sorpresa e quasi delusa più che in tono di scusa. Non potei fare a meno di spalancare ancora di più gli occhi per il suo comportamento. Se non fossi stata così stranita dalla sua reazione estremamente grottesca anche per una come lei, sarei scoppiata a ridere.

«Chelsea, certo che sono arrabbiata!» esclamai spossata. Non sapevo più cosa dire, sembrava che fossi io quella pazza.

Aggrottò le sopracciglia: «Non hai chiamato Louis?» chiese con aria innocente, come se davvero non capisse perché non ero felice come una pasqua.

«Cosa c’entra adesso Lou… oh.»

All’improvviso capii tutto. Mi diedi della stupida. Come avevo fatto a non capirlo prima? Eppure Chelsea la conoscevo bene, sapevo di cosa era capace. Sapevo che avrebbe fatto di tutto per il mio bene, anche qualcosa che andasse contro ogni buon senso, anche…

«Chels, dimmi che non l’hai fatto di proposito.»

«Te lo potrei anche dire…» iniziò lei guardando altrove con un sorrisino stampato su quella faccia da schiaffi. Il senso di colpa non le si addiceva proprio, e infatti non ne vedevo traccia.

«Dimmi che non mi hai di proposito abbandonata nei boschi per via di un tuo stupido piano» quasi la pregai, alzando la voce.

«… ma sarebbe una bugia» concluse lei sovrapponendosi alla mia frase e confermando la mia ipotesi.

Stetti in silenzio per qualche secondo a fissarla senza parole. Era folle.

«Sarebbe potuto passare un maniaco! Avrei potuto perdermi nei boschi e non tornare mai più! O essere schiacciata da un tir mentre tentavo di tornare a piedi!»

«Hai tentato di torn…?» iniziò a chiedere lei quasi come se niente fosse, ma la zittii subito, urlando: «No che non ho tentato di tornare a piedi! Come ti viene in men…»

Mentre cercavo di capire come funzionasse la mente contorta della mia amica, scoppiai a ridere. Sì, esatto, a ridere. Come una pazza, come lei, dal nulla, scoppiai a ridere senza motivo. Cioè, il motivo ce l’avevo. In fondo, sì, Chelsea era folle; ma era fantastica. Cosa potevo dirle per quello che aveva fatto? Mi aveva fatto passare una serata “alternativa” con Louis e per questo non potevo che ringraziarla. Certo, avrei avuto da ridire sui suoi modi decisamente poco ortodossi, ma era il risultato che contava, no? Ero felice, non potevo non ammetterlo, e non avevo alcuna voglia di essere arrabbiata con lei. Anche perché, come al solito, non ci sarei riuscita per più di cinque minuti.

Perciò continuai a ridere e la mia migliore amica mi seguì a ruota, mettendomi un braccio sulle spalle mentre aprivo la porta con le chiavi ed entrando con me in casa.

***

Poco dopo, sdraiata a pancia in giù sul mio letto con le gambe che dondolavano per aria, mi chiese: «Quanto tempo ci hai messo a chiamarlo?»

In piedi davanti a lei, quasi a disagio nella mia stessa camera da letto, feci spallucce: «Cinque minuti, credo. Ho dovuto prima riprendermi dallo shock di essere stata abbandonata!» esclamai tirandole un cuscino azzurro in piena faccia.

«Uhm, pensavo peggio» rispose lei senza scomporsi, con aria da grande analista del mondo e della vita. Ridacchiai.

«Ti è passata un po’ di paura?» mi chiese poi mordendosi l’interno della guancia, guardandomi con gli occhi limpidi e seri che aveva solo quando si preoccupava per me.

Spostai il peso da un piede all’altro e portai le mani dietro la schiena, appoggiandomi al muro: «Paura di cosa?»

Sbuffò: «Ne abbiamo già parlato… Di lui, di» abbassò la voce, quasi non volesse spaventarmi «innamorarti».

Sventolai una mano come per scacciare un insetto fastidioso e lei sbuffò. Intanto però la mia mente aveva iniziato a vagare. Forse era vero quello che diceva Chelsea; forse, come nei migliori romanzi rosa da quattro soldi, anche io avevo paura di innamorarmi. Eppure, come potevo io farmi tutti quei problemi se Louis, che aveva affrontato dei problemi reali nella vita, non se li faceva? Come potevo io essere così codarda, senza mai essere stata abbandonata da nessuno, senza aver avuto nella mia vita alcun trauma di grossa entità, mentre lui sembrava così aperto a buttarsi a capofitto in tutto?

Proprio in quel momento il mio telefono, appoggiato sulla scrivania nera, trillò. Feci appena in tempo ad afferrarlo con un scatto felino, prima che Chelsea se ne impossessasse a sua volta. Lessi il nuovo messaggio che era appena arrivato:

“Domani sono impegnato tutto il giorno sul set di un photoshoot per una rivista” scriveva Louis. Mi chiesi perché mi aveva scritto questa cosa. Forse per avvertirmi che non ci saremmo potuti sentire? Provai un moto di delusione e la testa mi girò per un attimo. Tutta colpa della mia dipendenza da lui.

Il cellulare suonò di nuovo. Aprii il secondo sms mentre Chelsea sbuffava per il fatto di non essere inclusa in quello che stava succedendo. Mi godetti ancora per un attimo il fatto di avere questo potere su di lei, come una piccola vendetta per il suo tiro mancino di quel pomeriggio. Quando lessi il messaggio, però, non potei fare a meno di rivelare quello che provavo con un sorriso felice. In quel momento, per me, quelle erano le due parole più belle del mondo.

“Vuoi venire?”

Non sapevo cosa pensare né cosa fare: ero felice che mi avesse invitata, ma quello per me era un salto nel vuoto e una parte di me aveva ancora paura. Sarei stata in un ambiente che non conoscevo, attorniata da persone che non conoscevo e da… pop star internazionali, sola. Be’, non proprio sola. Ricordandomi un paio di occhi blu dolci e insolenti, decisi: per una volta, mi sarei buttata a capofitto.

***

«Vieni, ti presento agli altri!» disse Louis semplicemente. L’edificio dove si sarebbe tenuto il photoshoot da fuori era decisamente anonimo e insospettabile. Quando avevo parcheggiato all’indirizzo che mi aveva indicato Louis via sms avevo riguardato più volte il foglietto sgualcito sul quale l’avevo appuntato, per essere sicura. L’avevo poi chiamato e lui era venuto all’ingresso a prendermi, salutandomi con uno dei suoi sorrisi calorosi che mi aveva subito fatto tremare le gambe.

Dentro, l’atmosfera era decisamente diversa. Tutto era bianco e ampio: le pareti, i pochi mobili moderni in plastica lucida, i teloni tirati sui muri, i diffusori di luce e addirittura qualche persona, vestita da capo a piedi con abiti candidi. Tutti gli altri sembravano invece indossare solo indumenti neri e in entrambi i casi tutte gli esseri umani presenti si muovevano in modo concitato per il grande open space, portando fotografie o apparecchi strani da una parte all’altra o parlottando tra loro o da soli, probabilmente al cellulare tramite bluetooth.

La scena era surreale per me che non avevo mai assistito a niente di simile. Dovevo avere la bocca spalancata per la confusione quando Louis mi propose di portarmi a conoscere “gli altri”, cioè i suoi compagni della band. Insomma, gli One Direction al completo.

«Cosa?» borbottai presa alla sprovvista «No, io...» non feci in tempo a finire la frase, perché Louis mi prese per mano e mi condusse in uno stretto corridoio deserto e poi, dopo aver bussato senza ottenere risposta, in una stanza sulla porta della quale era affisso un foglio con la scritta “1D – Sala relax”.

Non mi resi nemmeno conto di quello che stava succedendo fino a quando non mi ritrovai davanti i quattro ragazzi, tutti insieme. Sbarrai gli occhi. Chelsea non mi avrebbe parlato mai più. E avrebbe maledetto a vita il professore che le aveva fissato un esame “che non poteva saltare pena la bocciatura”, testuali parole, proprio quel giorno.

«Ragazzi», fece Louis cercando di attirare la loro attenzione «Questa è Catherine» disse semplicemente, indicandomi con le mani e facendo una specie di inchino da paggio di corte. Nonostante la situazione leggermente tesa, non potei fare a meno di pensare a quanto adoravo il modo in cui pronunciava il mio nome.

«Cate» lo corressi con un sorriso «Ciao» dissi poi in direzione di tutti, alzando una mano e sventolandola come avrebbe fatto una bambina di due anni. Ma che problemi avevo?

Il ragazzo che avevo imparato a riconoscere come Liam, che stava giocando a un videogioco con Niall su un divano dall’aria vissuta, si alzò e venne a porgermi la mano, tra gli insulti poco raffinati dell'altro che era rimasto da solo a gareggiare sulla sua auto da corsa.

«Piacere, Liam» disse con un sorriso a dir poco caloroso e una salda stretta di mano. Non aveva nemmeno considerato la possibilità che io conoscessi già il suo nome o comunque era stato così gentile da non dare per scontato che io sapessi chi era.

«Ciao» riuscii a mormorare. Louis probabilmente stava pensando che fossi imbarazzata perché mi trovavo nella stessa stanza con cinque popstar internazionali, in realtà era solo che ero davvero timida con le persone che non conoscevo. Soprattutto, però, incontrare per la prima volta i suoi amici, persone così importanti per lui, era una grande fonte d'ansia per me. Evidentemente però si era accorto di qualcosa, così mi mise una mano su un fianco e il calore della sua stretta mi tranquillizzò un poco. In quel momento Harry, il riccio dagli occhi verdi che fino a poco prima stava in piedi vicino alla finestra, guardando fuori con aria pensierosa, sgambettò verso di me sistemandosi i ricci con una mano e con un sorrisone esclamò: «Ciao, io sono Harr...»
Non riuscì però a finire, perché il sempre raffinato Niall, con qualcosa che sembrava un mezzo panino in bocca, si avvicinò furtivamente e gli diede uno spintone. Poi, offrendomi la sua mano al posto di quella dell’altro, sbiascicò: «Ehuskjsdli, Cajdksjdkfjte!»
«Cosa?» feci io ridendo di gusto.
«Quante volte ti ho detto» disse Louis con tono fintamente arrabbiato da madre severa, dandogli poi uno scappellotto «di ingoiare prima di parlare!»
«Ehe» ridacchiò Harry «"ingoiare", eheh...»
Liam scosse la testa e disse nella mia direzione: «Devi scusarli, non sono sempre così...»
«E invece sì» mi sussurrò Louis nell'orecchio, facendomi al tempo stesso ridere per la battuta e rabbrividire per la sua vicinanza, di cui non mi ero accorta.

«Ripeti*» esclamò poi ad alta voce con lo sguardo a mezz’aria. Prima che potessi dire qualcosa, Liam intervenne: «Devi scusarli, non sono sempre così…»

«Ripeti urlando» fece Louis di nuovo mentre lo guardavo sempre più confusa e Liam ripetè sempre la stessa frase a voce più alta, quasi gridando e scoppiando poi a ridacchiare di gusto come un bambino insieme a Niall. Louis alzò un sopracciglio e lo indicò con una mano, come per provare un punto: «Te l’ho detto che sono sempre così… tutti» fece poi indicando in particolare Liam che continuava a sbellicarsi ormai da solo.
Louis si guardò un po’ intorno, poi esclamò ad alta voce: «Invece quel maleducato che non si è nemmeno degnato di alzarsi dal divano è Mr. Zayn Malik».
Il ragazzo scuro di carnagione seduto sul divano di pelle nera, che riconobbi come il cantantucolo preferito di Chelsea, distolse un attimo lo sguardo dal cellulare, fece un mezzo sorriso e disse: «Ehi».
In quel frangente riuscii solo a pensare quanto Chelsea avesse ragione, era veramente bello, bello da togliere il fiato. Sembrava quasi un effetto ottico, ma era come se i suoi occhi brillassero di luce propria.
«Eh...» mi richiamò alla realtà Louis, fissandomi attentamente con gli occhi blu più penetranti del solito. Già, Zayn era bello, ma Louis era davvero un’altra cosa.

«Devi scusarlo, Catie» continuò calcando stranamente sul mio nome «Deve avere una delle sue crisi premestruali.»
A quelle parole Zayn sembrò riscuotersi un attimo e, alzandosi finalmente ma comunque pigramente dal divano, venne verso di noi, assumendo un’espressione vivace e facendo una linguaccia a Louis: «'fanculo, Tomlinson».
Poi mi porse la mano con un sorriso cordiale, completamente diverso dallo sguardo assorto o truce – non avrei saputo dirlo - di poco prima: «È un piacere» disse, e sembrava intenderlo davvero.

***

«Mi sono piaciuti i tuoi amici» dissi sorridendo al pavimento quando io e Louis fummo di nuovo soli in quella specie di camerino collettivo, stavolta nella seconda stanza, quella con uno specchio enorme che occupava quasi un’intera parete. Louis mi aveva spiegato che avevano dato loro anche dei camerini separati, uno ciascuno, ma loro preferivano sempre dividerne uno in cinque, facendo casino e buttando vestiti qua e là. Poco prima, i ragazzi si erano diretti sul set, rincorrendosi e facendo a gara a chi sarebbe arrivato prima alla sala in cui effettivamente avrebbe avuto luogo il photoshoot.

«Sì», disse lui alzando un sopracciglio «soprattutto Zayn!»

Il suo tono però non sembrava nervoso, ma piuttosto tranquillo, addirittura divertito, come se trovasse la cosa buffa.

«Ma cosa dici?» gli risposi comunque. Non pensavo di essere stata così palese nelle mie reazioni.

«Sei tipo rimasta incantata a guardarlo con la bocca aperta...» fece lui ridacchiando e imitando quella che secondo lui era stata la mia faccia da pesce lesso.

«Io non sono...» iniziai a dire, ma lui mi interruppe subito: «Non fa niente, Catie. lo so che fa questo effetto, ho anch'io gli occhi...» disse facendomi l’occhiolino e guardandomi con… affetto? Il suo sguardo era così morbido che non pensai ad altro se non a sciogliermici dentro.

Mi riscossi, combattiva: «Be' in ogni caso non sembravo interessargli molto!»

«Ah!» sbottò lui «Non posso credere che ci sia cascata anche tu...!» ridacchiò «Quello che hai visto, il fatto di ignorarti, quell' "ehi" scocciato alla james dean... È tutta scena. È tutta una recita da bello e impossibile. Tutti gli hanno appioppato questa etichetta e ormai non credo più nemmeno che lo faccia apposta, neanche se ne accorge...» spiegò gesticolando.

«Oh», feci io, senza parole, appoggiandomi al bancone che stava davanti allo specchio.

«Già, “oh”» continuò lui sempre sorridendo lieve «Ma non so se hai notato il suo cambiamento quando poi ha sentito il tuo nome»

Be’, aveva senso. In effetti quando Zayn aveva capito chi ero, “Catie”, come aveva sottolineato Louis, aveva cambiato improvvisamente umore. O strategia.

«In effetti, qualcosa ho notato» ammisi fissando il pavimento.

Lui sospirò, come se avesse dovuto già fare quel discorso milioni di volte a milioni di persone: «Zayn può essere tutto quello che vuoi: vanitoso, sì; saccente, certo; sciupafemmine… in un certo senso; quello che è sicuro è che è un grande amico» scosse le spalle e io ancora una volta rimasi sbalordita dal modo semplice e onesto con cui rivelava i suoi sentimenti.

Poi aggiunse, a mo’ di spiegazione: «Non ruberebbe mai la ragazza che interessa a uno di noi».

Rimasi un momento sconcertata dal significato delle sue parole.

«Quindi… c'è una ragazza che ti interessa...?» feci incerta, a metà tra lo scherzo e la voglia di capirci qualcosa.

«Sì, in effetti...» fece lui abbassando gli occhi e avvicinandosi a me. Ormai ero praticamente seduta sul bancone, su cui erano esposti in bella mostra una quantità esagerata di prodotti per i capelli. Quando fu vicinissimo a me, tanto che potevo sentire il calore del suo corpo, Louis allungò un braccio dietro di me. Mi aspettavo di sentire il suo tocco caldo sulla schiena, invece Louis riportò il braccio davanti con qualcosa in mano e con aria trionfale esclamò: «Eccola! La cercavo da un sacco di tempo!»

Misi a fuoco e vidi che quella che mi stava sventolando sotto il naso era una rivista colorata con Harry in copertina. Poi, Louis si allontanò e mi sorrise malefico, facendomi pure l'occhiolino. Mi allungai verso di lui e gli diedi una leggera pacca su un braccio: «Stupido idiota...»

«Ehi ehi ehi» fece, cambiando tono e diventando improvvisamente serio «Dottor Stupido Idiota. Alla laurea ci tengo» aggiunse scoppiando poi a ridere sguaiato.

«Ah, Tomlinson» mormorai io in un sospiro, scuotendo la testa, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.

***

Rimasi a guardare tutto il photoshoot, che durò qualche ora. Di tanto in tanto Louis mi chiedeva da lontano se andasse tutto bene e io annuivo contenta. Era effettivamente un piacere guardarli. Louis saltava da tutte le parti, facendo disperare truccatori e fotografi; faceva piccoli scherzi ai suoi compagni e aveva addirittura fatto ridere Niall, che si agitava visibilmente quando doveva stare fermo in una posa per più di due minuti, durante la parte del servizio dove dovevano essere fotografati uno a uno. Erano piccole cose che magari non tutti notavano, ma che mi avevano fatto capire quanto Louis fosse attento, premuroso, generoso e leale, nonostante l'apparenza da eterno Peter Pan.

Poi, vedendo Louis posare per le sue fotografie in solitaria, mi ricordai della prima volta in cui avevo visto una sua immagine, su Internet. Mi ricordai dell’impressione che mi aveva lasciato, del suo sguardo che mi era rimasto così impresso, quasi come se in fondo sapessi che FG era lui. Ora potevo affermare con sicurezza che i suoi occhi dal vivo erano ancora meglio, o peggio, dal mio punto di vista. Avevano quella stessa vitalità, quell'elettricità che si notava anche in fotografia… moltiplicate per mille. Tutto questo, sommato alla sua voce, roca e al tempo stesso acuta, che mi faceva venire voglia di chiedergli di cantare qualcosa ogni volta che apriva bocca. E poi il suo accento, che diventava più marcato quando era agitato per qualcosa; il suo sottolineare alcune parole con l'intonazione; il suo saltare qualche consonante qua e là. Osservandolo da lontano dovetti ammettere con me stessa che tutto di lui mi piaceva e che non potevo proprio farci niente. Mi piaceva persino quella sua aria quasi saccente, con gli occhi attenti e accesi, come se sapesse qualcosa che nessun altro sa. Come un folletto che conoscesse il segreto del bosco incantato.

***

Finito il servizio, Louis corse verso di me, un sorriso stampato sul viso stanco: «Vieni in camerino...»

Mi prese per mano di nuovo e mi condusse nella stanza di poco prima, cambiandosi poi velocemente dietro un separé. Scacciai immediatamente il pensiero poco platonico che lui fosse lì a pochi passi da me, praticamente nudo, dietro uno stupido strato di stoffa.

Fui sollevata quando lo vidi uscire, completamente vestito.

«Cosa vuoi fare, ora?» chiese.

«Non sei stanco?» gli domandai di rimando, leggermente preoccupata.

«Un po'...» ammise con un sorriso sincero, senza vergogna. Dio, quanto mi piaceva.

«Potresti accompagnarmi a casa...» dissi allora con fare allusivo. Oh mio dio, cosa stavo facendo? Da dove mi era uscita quella frase? Forse era stato il suo modo trasparente di ammettere che era stanco, forse i suoi occhi sempre azzurrissimi ma meno sfrontati del solito...

Stavo per sdrammatizzare quella mia uscita, aggiungendo «Certo, sempre se non sei qui con quel simpatico fuoristrada giallo…», ma lui mi precedette.

«Non so se mi va...» rispose con un tono superbo, al tempo stesso scherzoso e malizioso, sorridendo e facendo crollare tutti i miei castelli mentali. Be', non tutti: lo adoravo anche così.

«Uhm» feci spavalda, voltandomi e andando verso la porta «allora forse potrei chiedere a Zayn...»

Sorrisi perfida, ma dentro di me speravo che non se la prendesse.

«Vieni qui, stupida» disse con una dolcezza disarmante, nonostante quell’appellativo. Mi raggiunse con un passo e, prendendomi per una mano, mi fece girare e mi tirò a sé. I nostri corpi si scontrarono e combaciarono in modo perfetto. Per qualche secondo non facemmo altro che fissarci, gli occhi di entrambi sorridenti e lo stomaco sottosopra. Poi lui si chinò su di me e mi baciò dolcemente.

 

 

 

 

 

 

* Il gioco del “repeat” è una cosa che fanno Louis e Liam (e qualche volta anche gli altri) ogni tanto durante le interviste, per cui quando uno lo dice l’altro deve ripetere l’ultima frase che ha pronunciato. Il “repeat” può anche diventare più complicato quando si aggiungono delle condizioni, tipo “repeat yelling” e cose così. È una cosa per cui, da idioti quali sono, ridono tantissimo.

 

 

 

 

 

 

 

N.d.Summer

Dunque. Iniziamo dalle cose importanti. Intanto abbiamo superato le 100 ricordate/seguite/preferite, il che mi dà una gioia immensa!!! Non potete immaginare cosa voglia dire per me se una mia storia piace almeno un po’ (perché so cosa vuol dire per me quando una storia piace a me). Quindi. Vi ho promesso che vi avrei preparato una sorpresina e in realtà la sorpresina potrebbe essere anche questo capitolo, visto che, inZomma… direi che QUALCOSA finalmente succede!
Ma visto che quello era già previsto, volevo donarvi… *rullo di tamburi* una mia traduzione di una fic (Ziam con accenni di Larry) che ho ADORATO letteralmente settimana scorsa e che ho deciso di tradurre perché è veramente TROPPO PERFETTA. TUTTAVIA è lunga 8000 parole, perciò è ancora in lavorazione e ho preferito finire il capitolo di NS prima. [Se non vi piacciono le slash (o le Ziam… no questo mi rifiuto di considerarlo :P), ehm, mi spiaceeee! Se invece vi piacciono… aaaah aspettate e vedrete!] Magari sarà pronta per quando arriveremo alle 100 recensioni, CHISSÀ! ;) HINT HINT

Con questo passo e chiudo e vi ringrazio per le recensioni della volta scorsa e vado a dormire che sono stancaaaaaa

Baci, Sum

 

 

   
 
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