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Autore: Malicesora    12/06/2013    0 recensioni
e se tutti sbagliassero? se la genialità non fosse solo essere intelligenti o acculturati ma fosse anche ciò che gli psicologi chiamano "devianza"? Gea Davidson non lo sa, ma cerca di scrivere tutto, in maniera sconnessa, per trovare il filo che la accomuna con la realtà che lei ritiene giusta.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Tutti i grandi geni in realtà sono fuori di testa? Se così fosse potrei essere quasi un mezzo genio. Forse le persone troppo intelligenti hanno una sorta di necessità di limitare il proprio intelletto e vivono in un altro mondo, un mondo ideato dalle loro allucinazioni, dalla loro distorsione o, come me, dalle loro utopie.

Mi chiamo Gea Davidson e, al contrario di quanto il mio nome possa suggerire, sono italiana. Si, vabbè, non proprio italiana. Diciamo che durante la seconda guerra mondiale il mio bisnonno si è invaghito della mia bisnonna. Non appena ha saputo che era incinta, se ne è tornato in America e da quel giorno nessuna ha più saputo nulla. Mio nonno ha preso il suo cognome che è poi passato a mio padre e da lui a me.

Ma torniamo alla genialità. Mi dicono tutti che ho un'intelligenza fuori dalla norma, ma sinceramente non ci credo molto. Sarà che penso fuori dalle regole, che rompo gli schemi predeterminati dagli adulti, che ho la mia visione della vita, ma dopo tre anni di bocciatura alle superiori dubito delle mie capacità intellettive.

Sono sicura di non essere schizofrenica, o quasi sicura, perché le mie allucinazioni sono differenti e non sento le voci, o meglio, sento rumori e versi, ma non dall'esterno: sono nella mia mente.

Ho passato alcune notti d'inferno ultimamente a causa di alcune allucinazioni: la prima notte sentivo rumori e brusii strani provenire dalla camera di mia madre. Vedevo una luce verdolina provenire dal corridoio che porta alle camere e delle ombre che si proiettavano sulla parete alle mie spalle. Ero bloccata, paralizzata dalla mia fantasia sul divano. Non riuscivo nemmeno a muovermi per avvicinare il cellulare e puntare la luce verso camera di mia mamma per vedere cosa ci fosse, anche se sapevo benissimo che era tutto nella mia testa e che non avrei trovato nulla. Mi mancava il respiro, i muscoli erano contratti, il cuore martellava e le vene cercavano di scoppiarmi nella testa. Riempita di non so quale sprazzo di coraggio, sono corsa in camera di mia mamma dopo una buona mezz'ora di paralisi. “Se ne sono appena andati” pensai “hanno sentito che mi alzavo ed hanno tagliato la corda”. Più cercavo di dimostrare a me stessa che ero una creatura razionale e che tutto quello che avevo sentito era pura immaginazione, più il mio subconscio urlava dal terrore. Mi coricai accanto a mia madre, cercando di proteggere la schiena contro la sua, raggomitolando le gambe al petto e stringendo la testa fra le mani.

La seconda notte ero a dormire con mia madre nella speranza che la mia mente bacata non avrebbe partorito nulla in un luogo sicuro, e invece ecco di nuovo un'altra allucinazione schifosamente realistica: sentivo e vedevo millepiedi viscidi che salivano lentamente lungo il mio braccio sinistro. Cercai di trattenermi, ma quando arrivarono al gomito dovetti strofinare forte il braccio per scacciarli, ma non se ne andavano. Cominciarono a salirmi dalle dita dei piedi, con le loro esili zampettine e la pelle che rilasciava una mucosa simile a quella dei pesci. “Non urlare, forza Gea, stai calma. Sono solo nella tua testa, se non li vedi non ci sono, sono solo nella tua testa!”. Piano piano cominciarono a ridiscendere la gamba dopo aver superato il ginocchio e sparirono. Mi raggomitolai di nuovo.

La terza notte, di nuovo sul divano, vidi cani morenti che sanguinavano dalle zampe, dall'addome e dalla bocca, distesi lungo il pavimento del salotto, che mi guardavano implorando aiuto. Ci vollero quattro shottini di grappa per farli andare via e crollai schiacciata dal torpore dell'alcool a stomaco vuoto.

Ora sono quattro giorni che non vedo nulla e non sento nulla. Comunque le visioni sono rare e mi ricordo che l'ultima volta che le ho avute è stato quasi due anni fa dove un uomo in nero con un cappello cercava di soffocarmi con la mano destra coperta da un guanto bianco mentre con la sinistra teneva un coltello a serramanico all'altezza del mio occhio destro.

In molti crederanno che io sia pazza, ma non è vero: la mia fantasia lavora troppo, solo questo. Non sono come Donnie Darko, non ho nessun coniglio gigante visionario che mi ordina cosa fare, non ho amici immaginari, non ho le allucinazioni durante il giorno. Solo la sera e la notte.

I rumori ripetitivi, lenti, più lenti del ticchettio di un orologio, persistenti, assordanti. Tonf, tonf, tonf. Oddio, quelli mi uccidono. Mi fanno entrare in una sorta di trance, quasi non respiro, qualcosa mi passa davanti agli occhi, so che vedo qualcosa, ma quando mi riprendo sono solo colori confusi, come quando guardiamo dal finestrino del treno oggetti posti vicinissimi ai binari. Colori, luce, movimento; il tempo accelera quando vado in trance e al mio risveglio è troppo veloce per essere rivisto correttamente. Non lo controllo, li odio quei movimenti lenti e persistenti. Solo il portale della follia.

Ma non sono pazza: nessuno crede che io lo sia, io credo di non esserlo. Ma c'è qualcosa in me, quel qualcosa che mi spinge ad isolarmi di punto in bianco quando sono in gruppo con gli altri senza un motivo logico, quel qualcosa che mi chiama senza voce e senza corpo, quel qualcosa che mi sale lungo la spina dorsale e mi entra nel cervello attraverso il midollo. Ma che cos'è? Se qualcuno lo sa che me lo dica.

Il mio braccio sinistro è un cimitero di lamette, il ricordo perenne di ogni momento di buio. Non lo faccio nella disperazione, lo faccio consapevolmente, invasa da un malato furore di vedere e bere il mio sangue. Solitamente tengo questo impulso sotto controllo, ma ogni tanto un crack dentro di me fa trasparire quella Gea malata, folle, pervasa dagli istinti. La stessa Gea che mi spingeva ad allontanare e ferire le persone. La Antigea.

E se invece vedessi le proiezioni di un'alta dimensione? Magari quelle ombra, quelle figure che vedo ogni tanto nella notte sono esseri e persone di un universo parallelo, forse intravedo attraverso degli squarci dello spazio-tempo. In questo caso la fisica spiegherebbe tutto. Ma come spiegare quei rumori indistinti della notte? Ecco, li sento anche adesso. Entrano dalle dita, salgono lungo i nervi e si annidano nella schiena, alla base del collo, li sento strisciare dentro di me come se fossero petrolio. Neri, più neri della notte. Forse sono solo matta da legare. O forse sono ancora in tempo a cancellare questi miei svarioni.

  
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