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Autore: catnip98    12/06/2013    0 recensioni
Kate iniziava ad odiare la sua vita. Suo padre era morto, sua madre aveva il cancro, si era dovuta trasferire dalla nonna a Londra... e l'unico amico che aveva non lo vedeva da ormai da due anni. Però, proprio in una di quelle giornate piovose che lei odiava tanto, arrivò lui e come un raggio di sole le illuminò la vita.
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

 

"SVEGLIAAAAAAAAAAAAA"

Io:"NONNA, CI SENTO, NON SONO SORDA COME LE TUE AMICHE DELL'ORA DEL TÈ!"

Qualcuno entrò in camera mia e aprì le tende. La luce mi dava molto fastidio, così mi nascosi sotto le coperte, ma quel qualcuno le prese e le gettò sul pavimento.

"Kate, alzati, farai tardi!"

Io:"Sta' zitta e lasciami dormire, Amber!" Nascosi la testa tra i cuscini e cercai di riaddormentarmi.

A:"KATE, ALZA QUEL CULO E VIENI A FARE COLAZIONE!" Salì sul letto e si mise a saltare.

Io:"Ok, ok, arrivo…"

Finalmente Amber mi lasciò in pace e potei vestirmi con la calma. Mi infilai un paio di jeans, una felpa larga dei Pierce the Veil, uno dei miei gruppi post-hardcore preferiti, le Converse e scesi giù in cucina. Salutai la nonna, mangiai una tazza di cereali e mi fiondai in bagno a prepararmi. Mi lavai la faccia e mi pettinai i capelli, poi mi feci una coda alta e uscii dal bagno, mentre Amber c'entrava di corsa, sbattendomi contro.

Io:"Amber, sta' attenta…" sbuffai.

A:"Ehi, devo ancora truccarmi, ho il diritto di avere fretta!" Mi fece la linguaccia.

Io:"Ok, ma muoviti!" 

Scesi le scale, infilai il giubbotto, misi sulle spalle la cartella e salutai di nuovo la nonna.

Io:"Nonna, io vado!"

No:"Aspetta, e Amber?"

Io:"Per quanto ne so viene a piedi con Ashley."

No:"Ok, divertiti a scuola!"

Io:"Sì, certo." Come se la scuola fosse un posto divertente.

Uscii, scesi gli scalini di pietra e puntai in direzione della fermata dell'autobus. 

La casa della nonna si trovava in una via secondaria in acciottolato solo per pedoni, in mezzo tra una libreria e una rigatteria, dove si comprano robe d'antiquariato. Un bel posticino, insomma. Nel quartiere si conoscono tutti e sono tutti molto gentili e disponibili, e molte volte il panettiere o quello che vende frutta e verdura ci fanno sconti.

Uscita dalla via, percorsi il marciapiede e oltrepassai la strada fino ad arrivare alla fermata. Lì c'era un ragazzo che ascoltava musica con gli auricolari. L'avevo già visto qualche volta e lo conoscevo di vista, ma non sapevo nemmeno come si chiamasse. Era alto, magro e pieno di tatuaggi: aveva la scritta 'LOVE' sulle nocche della mano sinistra, una croce con scritto sotto 'God loves us' sulla mano destra, un ancora sul polso sinistro, un drago sul collo… e altri che non riuscivo a distinguere. Aveva un piercing sul sopracciglio e uno sul labbro inferiore. Sembrava avere la mia età, al massimo un anno in più. Aveva i capelli neri e gli occhi azzurro ghiaccio. Credo che andasse nella mia stessa scuola. Distolsi lo sguardo da lui e controllai di avere il biglietto.

"Bella felpa."

Mi voltai. Il ragazzo mi sorrideva, fissando prima me, poi la felpa.

Io:"Grazie…" mormorai, senza ricambiare il sorriso.

"Ti piace la musica punk?"

Io:"Mi piacciono tutti i tipi di musica… e sono una directioner. Ora, se vuoi giudicarmi, fa' pure."

"No, no, tranquilla… non ho nulla contro di loro> Mi fece l'occhiolino.

Mi porse la mano. Gliela strinsi, ma ancora non ricambiavo il sorriso. Prevedevo che quella sarebbe stata una giornata no.

Tyler si mise a chiacchierare con me e a farmi domande alle quali rispondevo a malavoglia, ma cercai di sorridergli e parlargli.

L'autobus arrivò dopo un paio di minuti, in ritardo come al solito. Salii e mi andai a sedere in fondo, presi gli auricolari e mi misi ad ascoltare musica. Tyler si sedette davanti con un gruppo di ragazzi, probabilmente i suoi compagni di classe.

Arrivata a scuola, andai subìto incontro a Tayla e Rachel, le uniche amiche che avevo per adesso.

Tayla e Rachel erano migliori amiche fin da piccole. Hanno personalità diverse, ma vanno lo stesso d'accordo. Sono entrambe più basse e molto più magre di me, perciò qualche volta mi sento un po' a disagio, ma la loro simpatia ricompensa tutto.

Tayla ha la pelle molto chiara. Ha i capelli biondi con le punte sfumate di azzurro e blu e gli occhi azzurri. Alcune volte è timida, ma appena entra in confidenza con gli altri si scatena. In confronto a Rachel è più magra, ma entrambe lo sono più di me.

Rachel ha i capelli fucsia -sì, avete capito bene, fucsia- ondulati e gli occhi neri. Ha le lentiggini e un piercing sulla lingua. Oltre a seguire gli stessi corsi di me e Tayla, segue anche quello di estetica e qualche volta ci fa lei le unghie. È molto estroversa e non si fa problemi a dire le cose in faccia alla gente, ed è molto trasgressiva.

Sono le uniche due con cui ho fatto amicizia da quando mi sono trasferita dalla nonna, tre settimane fa. Sono anche loro delle directioner, come me e mia sorella Amber. Andiamo molto d'accordo e di divertiamo un casino.

Dopo sette ore di scuola -che grazie alla loro compagnia sembrarono solo due-, tornai a casa. Persi l'autobus e visto che quella stupida di mia sorella non mi aveva nemmeno aspettato, me ne dovetti tornare a piedi, da sola. A circa metà strada iniziò a piovere. Sebbene mi tirai su il cappuccio, mi bagnai tutta. Sì, era proprio una giornata no.

 

Mi chiamo Kate. Ho 17 anni e mi sono appena trasferita a Londra da mia nonna con mia sorella Amber, di due anni più piccola di me.

Non amo raccontare la mia storia, e quando lo faccio cerco di non allargarmi dei dettagli, ma mi sa tanto che ora mi toccherà.

Sono nata a Mullingar e ho vissuto lì fino ai 15 anni, dopodiché mi sono dovuta trasferire in un paesino lì vicino. La mia famiglia è un disastro… almeno, mio padre lo era. Mia mamma non ha colpe, lei ci ha cresciuto e ha lavorato sodo per mantenerci. Mio papà invece… dopo un susseguirsi alcuni eventi che l'hanno psicologicamente distrutto, come il licenziamento e la morte di sua mamma, ha iniziato a bere. E tanto, anche. Ogni sera tornava a casa ubriaco e si metteva a urlare. A quell'epoca avevo 10 anni e Amber ne aveva solo 8, perciò si spaventava sempre e piangeva. Io la portavo in camera, chiudevo la porta, la mettevo nel letto, la abbracciavo e le cantavo una canzone. Non ero un granché come cantante, ma sembrava tranquillizzarla, e almeno copriva il rumore delle urla. La ricordo ancora…

"You gave me wings and taught me to fly

you said 'don't cry, baby,

it ruins your smile'

promise me we'll be together

remember, never say never"

Gliela cantavo ogni giorno, prima di andare a dormire.

Quando avevo 12 anni, mio padre è stato ricoverato in una clinica e n'è uscito un anno dopo, ma dopo sei mesi era già tornato a bere. Peggiorò sempre di più, al punto di non riconoscerci nemmeno. Iniziò a picchiare la mamma, e un giorno picchiò anche me. Mi ero messa in mezzo tra lui e mia mamma, cercando di fermarlo, e mi picchiò. Non so nemmeno se era consapevole di quello che stesse facendo. La cosa peggiore è che Amber vide tutto. Penso che se lo ricordi ancora, quel giorno.

Andò a finire che un giorno mio padre guidò in stato di ebrezza e fece un incidente. Morì sul colpo. Avevo 14 anni. 

Malgrado tutto quello che le aveva fatto subire, mia mamma pianse tantissimo. Per circa due mesi rimase senza quasi parlare e mangiare. Il tribunale ci mandava dei soldi per aiutarci a tirare avanti, ma non erano abbastanza. Dopo circa nove mesi ci dovemmo trasferire. La mamma diceva che ci trasferivamo perché non avevamo abbastanza soldi per arrivare a fine mese e che non riusciva a pagare il mutuo, ma sapevo che non era solo per quello. Troppi ricordi. Troppe lacrime. Nessuna parola.

Andammo a vivere in un appartamento in una cittadina vicino a Mullingar. La mamma lavorava nove ore al giorno, ma non guadagnava mai abbastanza, così mi misi a lavorare anch'io. Iniziai a fare la cameriera in un bar. Era un lavoro part-time, ma guadagnavo abbastanza. Anche Amber si impegnò e trovò lavoro come baby-sitter dei figli dei vicini. Tutte e tre portavamo avanti la famiglia. Era faticoso, ma ci univa.

Oltre la mia famiglia, anche la mia vita sociale era un disastro. Gli unici amici che avevo erano rimasti a Mullingar, e facevo fatica a trovarmene di nuovi. Inoltre, avevo iniziato a mangiare tantissimo. Mi aiutava a sentire di meno il dolore, ma ne procurava dell'altro. Nel giro di due mesi ero ingrassata di dieci chili. I miei compagni di scuola mi prendevano in giro. Mi davano della grassa. Mi insultavano. Dicevano che ero una poco di buono perché ero strana, indossavo sempre maglie di gruppi punk, metal e rock, avevo tanti buchi per gli orecchini (tre sull'orecchio sinistro e due sul destro) e lavoravo in un bar. Quando poi vennero a sapere del mio passato, fu un incubo. Iniziai a tagliarmi e a digiunare. Persi qualche chilo, ma rimasi comunque in sovrappeso.

Dopo un po' di tempo, mia sorella venne a scoprire che mi tagliavo, ma promise di non dirlo alla mamma. Patto di sangue tra sorelle: lei non diceva a mamma che mi tagliavo e io non dicevo che era stata lei a rovesciare il tè sul tappeto nuovo e a rompere la statuetta di cristallo che c'era in soggiorno. 

Per mesi, Amber dovette subire i miei pianti notturni e le mie insonnie. Le sono molto grata… alla fine, lei è stata quella che ne è uscita fuori più traumatizzata di tutti. A 8 anni doveva subire i litigi dei nostri genitori. A 12 è morto nostro padre. A 13 ha iniziato a lavorare. Si è presa cura di sé stessa fin da piccola. La ammiro davvero tanto. Alcune notti, quando rimanevo sveglia ad aspettare che il polso smettesse di sanguinare, si infilava nel mio letto e mi cantava la nostra canzone.

Ad agosto di quest'anno, come se non avessimo abbastanza sfortuna, nostra madre è stata ricoverata in ospedale e le hanno diagnosticato il cancro. Non riesco ancora ad accettare che tutto questo sia vero, non riesco ancora ad accettare di vederla senza capelli. Ho sempre adorato i suoi capelli, sono identici a quelli di Amber. A dire il vero, Amber le somiglia molto: hanno tutte e due i capelli lunghi, marrone scuro e coi boccoli e gli occhi verdi. Qualche volta, quando fisso Amber, mi pare di vedere la mamma, e mi viene da piangere.

Mia mamma era obbligata a stare in ospedale, così il tribunale ci affidò all'unica parente più vicina a noi ancora in vita, ossia nostra nonna (la mamma di nostra mamma). Ci siamo trasferite da lei qualche settimana fa, nella sua piccola casetta. Ci troviamo bene con lei, è simpatica e cucina benissimo, ma ci manca nostra mamma. Vorrei essere lì per poterla abbracciare e dirle che va tutto bene, anche se non è così.

 

Ero immersa in questi pensieri che quasi non mi accorsi di sbattere contro una persona. 

Io:"Mi scusi…"

"Scusa… KATE?!"

Mi voltai. All'inizio non lo riconobbi subito, dato che era tutto camuffato e aveva gli occhiali da sole, ma la sua voce mi era familiare.

"Kate, sei tu?"

Si tolse gli occhiali e riconobbi subito quegli occhi blu. Quasi non gli saltai addosso.

Io:"NIALL!!!" gridai, abbracciandolo.

N:"Shhh, sono in incognito!" Sussurrò appena, dato che lo stavo letteralmente strangolando.

Iniziai a piangere. "Dio, Niall, quanto mi sei mancato…"

N:"Anche tu… che fine hai fatto? Non ti ho più vista né sentita…"

Io:"Oh, Niall, non sai quanto mi dispiace! È solo che non ho un cellulare o un computer, e comunque non ho il tuo numero…"

N:"Non importa, l'importante è che ti ho finalmente rivista! Come mai da queste parti?"

Io:"Vivo qui adesso… lunga storia…"

N:"No, adesso me la racconti!"

Io:"Qui?"

Non era il massimo. Stava ancora diluviando ed eravamo entrambi bagnati fino all'osso.

N:"Che ne dici di venire a casa mia? Così ti asciughi i vestiti e intanto mi racconti tutto"

Io:"Va bene…"

Mi prese per mano, e io gliela strinsi forte. Non potei fare a meno di notare come negli anni la sua stretta era diventata più salda, ma le sue mani restavano morbide e calde come quelle di un tempo.

 

Suppongo che dovrei spiegarvi anche questo. Niall ed io eravamo migliori amici. Eravamo praticamente cresciuti assieme ed eravamo inseparabili. Eravamo per giunta vicini di casa, perciò ci vedevamo ogni giorno. Ci raccontavamo di tutto, perfino i nostri segreti più intimi. Lui sapeva tutto di me e io sapevo tutto di lui. Mi aveva aiutato molto a superare il periodo più duro della mia vita, e glien'ero davvero riconoscente. Sapeva di mio padre, ma non giudicava mai. Se ne stava in silenzio e mi abbracciava, piangendo con me.

Quando traslocai, persi i contatti con lui. Nè io né mia sorella avevamo un cellulare o un computer, e quando provai a telefonare con il telefono di casa mi diceva che il numero selezionato era inesistente. Senza di lui fu più dura passare gli ultimi due anni della mia vita, ma finalmente l'avevo ritrovato.

Fin da X-factor avevo seguito tutti i suoi movimenti e in seguito ero diventata anche una directioner. Lo adoravo e amavo la sua musica, ma faceva male essere consapevoli di conoscere il tuo idolo ma di non poterlo contattare o raggiungere, ed era da quando ero arrivata a Londra che l'avevo cercato dappertutto, e finalmente eccolo lì, che mi stringeva la mano.

 

La sua casa era a dir poco enorme. C'era d'aspettarselo, dato la sua fama, ma rimasi lo stesso molto impressionata. Mi portò in cucina e si mise a preparare un tè caldo, mentre mi levavo i vestiti e li mettevo sul calorifero ad asciugare.

N:"Devo coprirmi gli occhi?"

Io:"Niall, io e te abbiamo fatto il bagno assieme da piccoli, non mi cambia niente se mi vedi seminuda anche adesso."

N:"Ma quella volta era diverso, eravamo piccoli…"

Io:"A quanto pare sei ancora piccolino, tu! Quanto sarai alto, un metro e settanta?"

N:"Ehi! Nemmeno tu sei cresciuta molto! E poi è un metro e settantacinque…"

Risi. Avevo addosso solo le mutande, i calzini e la canottiera, ma non avevo freddo. C'era davvero un ottimo riscaldamento, in quella villa.

Niall si voltò e mi sorrise. "Vuoi un asciugacapelli, Kat?" Aww, si ricordava il mio soprannome.

Mi resi conto che i miei capelli erano completamente bagnati. Mi sciolsi la coda e scossi la testa come fanno i cani quando devono asciugarsi, bagnandolo tutto. "No, grazie, va bene così!"

Appoggiò sul tavolo una tazza di tè fumante. Mi andai a sedere e ci soffiai sopra. Lui si sedette di fronte a me.

Io:"Ehi, ti ricordi quella volta che ti sei ustionato la lingua con il latte caldo?"

N:"Quando poi ho fatto cadere la tazza e l'ho rotta, ma abbiamo dato la colpa al tuo gatto? Epico." Rise.

Io:"Mi sei mancato tantissimo."

N:"Anche tu… a proposito, come te la sei passata, questi ultimi due anni?"

Io:"Non molto bene… senza di te, poi, è stato anche peggio."

Gli raccontai tutto, tranne del fatto che mi tagliavo. Non l'avrei detto a nessuno al mondo. Grazie al cielo quel giorno avevo il polso coperto da braccialetti, così non si vedeva niente.

Io:"… e hanno scoperto che ha il cancro, così, dato che non può tenerci, siamo venute ad abitare qui."

N:"Oddio… non posso crederci."

Io:"Nemmeno io…" Avevo gli occhi lucidi.

Niall mi fece segno di andare a sedersi sulle sua ginocchia. Senza esitare due volte, feci come mi chiedeva. Mi abbracciò e mi asciugò gli occhi.

N:"Dai… se ti canto qualcosa, mi prometti che starai meglio?"

Io:"Può darsi…" Tirai su col naso.

N:"Ok, vediamo… ah! If I'm louder, would you see me?"

Io:"…would you lay down…" continuai.

N:"…in my arms and rescue me?"

Io:"'Cause we are…"

N:"…the same…"

Io:"…you save me…"

N:"…and when you'll leave it's gone again."

Io:"Non credo che possa aiutare, anzi mi rende ancora più triste."

Appoggiò la testa sulla mia spalla. "Ho pensato a te ogni singolo giorno della mia vita"

Io:"A chi lo dici. Mi meraviglio di come sono sopravvissuta."

N:"Non devi dire così. Tu sei una ragazza forte, lo so benissimo, puoi farcela!"

Io:"Credo che adesso che ti ho rivisto sarà più facile, d'ora in poi… spero solo di non perderti di nuovo."

N:"Non succederà," promise. "Anzi, dopo ti accompagno a casa per vedere dove abiti, così magari ti vengo a trovare."

I miei occhi brillarono e sorrisi. "Dici sul serio?"

N:"Sì… magari porto anche i ragazzi."

Io:"Per ragazzi intendi Harry Edward Styles, Liam James Payne, Louis William Tomlinson e Zayn Jawaad Malik?!"

N:"Ehm, sì."

Io:"Credo che a mia sorella verrebbe un infarto, ma sarebbe una bella sorpresa."

Rise. La sua risata era qualcosa di unico, fin da piccolo. Ed era fortemente contagiosa.

N:"Allora, lo bevi quel tè?"

Io:"Subito, capo!" Mi andai a sedere e lo bevvi tutto d'un sorso.

N:"Tu non cambierai mai," disse, scuotendo la testa.

Io:"Sai che mi piace bere le cose calde tutto d'un sorso."

N:"Intendevo che ti sei macchiata di tè."

Fissai la mia canottiera. C'era una macchia color tè. Scoppiai a ridere.

Dopo un po' i miei vestiti erano asciutti e mi rivestii.

N:"Pierce the Veil… ti piace il punk?"

Io:"Anche, ma prima di tutto sono una directioner."

N:"Oh, ma quale onore!"

Io:"Stupido. Guarda…"

Gli mostrai i miei braccialetti con il suo nome e quello degli altri, e quello con le loro facce.

N:"Wow, ammirevole."

Io:"So… andiamo in macchina?"

N:"Sì, guido io."

Io:"Oh, no!"

N:"Zitta, Kat."

Uscimmo dal retro e prendemmo una strada secondaria. In macchina chiacchierammo ancora, come una volta, come se non ci fossimo mai divisi e l'ultima volta che l'avevo rivisto era stata quando mi ha riportata a casa sopra il suo skateboard, come faceva di solito.

Parcheggiò l'auto dal lato opposto della strada rispetto alla fermata dell'autobus e mi aprì lo sportello.

Io:"Oh, qualcuno ha imparato il galateo, vedo!"

N:"Sì, ma scorreggio ancora in pubblico."

Scoppiai a ridere. "E poi sarei io quella che non cambia mai."

Lo guidai fino alla casa della nonna. Bussai, ma nessuno mi aprì, così presi le chiavi e aprii io.

Io:"C'è nessuno?"

Amber uscì dal bagno e senza nemmeno degnarmi di uno sguardo andò in camera.

A:"La nonna è a fare la spesa."

Io:"Si può sapere perché non mi ha aperto?" urlai per farmi sentire.

A:"Avevi le chiavi, a cosa ti servono altrimenti?! E perché hai fatto così tardi?"

Io:"Hai notato che abbiamo ospiti, almeno?"

Amber ricomparve sulla rampa delle scale, e sgranò gli occhi. Corse giù ad abbracciare Niall.

A:"NIALL!"

N:"Amber, quanto tempo!"

Amber era eccitatissima. Non sapevo se era perché rivedeva Niall dopo tanto tempo o perché rivedeva il suo idolo.

N:"Come stai?" 

A:"Bene, grazie, tu?"

N:"Non potrebbe andare meglio."

A:"Ci sei mancato!"

N:"Lo so, anche voi mi siete mancate tantissimo."

A:"Ehi, che ne dici se qualche volta ci vieni a trovare? Magari ci porti anche gli altri quattro…" Gli fece l'occhiolino.

Ridacchiò. "Contaci."

A:"Ok… adesso vi lascio soli." Sorrise come una deficiente.

Sbuffai. "Davvero pensi ancora che io e lui stiamo assieme?"

Fece un verso simile ad una risatina. "Non si sa mai." Corse su per le scale prima che potessi strangolarla.

Mi rivolsi a Niall. "Scusala, sai che è stupida…"

N:"Figurati, come se fosse la prima volta che qualcuno pensa che stiamo assieme."

Già, nel corso delle nostre vite, come minimo una decina di persone aveva pensato che stessimo insieme, che stupidi. Insomma, non credo che sia impossibile che una ragazza sia così amica di un ragazzo, no?

Nessuno dei due era diventato rosso, non era da noi. Niall mi sorrise e mi fece l'occhiolino. "Sì, è stupida."

A:"EHI!"

Io:"Va' a studiare, va'!"

Udii Amber sbuffare e sbattere la porta.

N:"Mi mancavano i bei vecchi tempi in cui la sfottevamo."

Io:"A chi lo dici, brò."

Ci battemmo il cinque.

N:"Senti… ce l'hai ancora?"

Anche se non aveva specificato cosa, avevo capito. Lo guidai fino in camera mia, dove mi misi a cercare dappertutto. Alla fine lo trovai: un braccialetto un po' malridotto, col ciondolo di un gufo. Me l'aveva regalato Niall per il mio decimo compleanno. L'aveva fatto lui, con le sue manine. Aveva rubato il ciondolo da sua mamma e probabilmente se le era anche prese, ma ne era valsa la pena. Era una delle cose più preziose che avessi. Gli avevo detto una o al massimo due volte in vita mia che adoravo i gufi, e lui se n'era sempre ricordato. È bellissimo quando le persone si ricordano piccolissimi particolari o cose dette una volta sola e dei quali magari nemmeno tu ricordi. Me lo infilai e lui mi aiutò a stringerlo. Era uno dei pochi regali che mi aveva fatto, ma era di sicuro più bello di tutti quelli che potessi mai sognare. Non mi interessava se era ormai malconcio e un po' sbiadito, perché voleva dire che lo avevo indossato tutto il tempo in tutto quegli anni. Quando mi ero trasferita, per non perderlo, l'avevo chiuso in una scatoletta, e solo adesso me n'ero ricordata. Vedendolo di nuovo sul mio polso, rivissi tutte le nostre avventure, e non riuscivo ancora a credere che lui era proprio lì, accanto a me.

Forse finalmente qualcosa stava iniziando ad andare per il verso giusto.

 

  
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