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Autore: Hazza_Boo    12/06/2013    4 recensioni
Voglio raccontare una storia su Harry e Louis un pò diversa dal solito. Una storia che parte tutta della genialità della mente di Liam, un vecchio scienziato, e dalla sua brama incontrollata di scoprire l'amore. Una vita spesa nel cercare di creare l'amore e la felicità per poi ritrovarla in quei due suoi robot. Musica dell'amore, un folletto, uno scienziato, due cuori che battono all'unisono, la felicità creata dall'unione di Harry e Louis.
[tratto dal testo]«Non vi lasciate mai, miei cari. Quando vi ho creato per sbaglio i vostri cuori sono nati difettosi: l’uno batte insieme all’altro. Se uno smette di battere allora anche l’altro smette di battere»
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Non so che altro scrivere nell'introduzione. Non trovo un modo adatto per descrivere la storia. (verde. Larry. Fantasy)
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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note: è una storia un pò folle e particolare, penso. Quindi perdonate questa scemenza che ho scritto. E chiedo scusa per gli errori, so che ci sono ma rileggendo di fretta non ci ho fatto caso. Mi ha ispirato la canzone dei Linkin Park "Numb" e curiosa sono andata a cercare cosa significa. Numb vuol dire "intorpidito", e intorpidito significa "temporaneamente privo di sensibilità e di mobilità" (secondo il dizionario di italiano online). Tra una cosa e l'altra mi è venuta in mente questa storiella e ho deciso di metterla giù su una pagina word. Ditemi che ne pensate, perchè ho seriamente bisogno di consigli. 

NUMB

 

Intorpidito. [in-tor-pi-dì-to] agg.
1 Temporaneamente privo di sensibilità e di mobilità
2 Temporaneamente privo della normale vivacità, reattività

 
 
C’era una volta, in un tempo lontano, nel piccolo paesino di Dragonfly, un vecchio scienziato. Il suo nome era Liam. Viveva da solo in una torre di pietra nel cuore della Foresta delle Farfalle, un bosco vasto che confinava con il piccolo villaggio di Dragonfly, e che lo separava dal resto del mondo. Nessuno vi aveva mai messo piede e chi l’aveva fatto non era più tornato indietro. Era un posto maledetto ed oscuro. Si narrava perfino che molto tempo prima vi abitava una strega dagli occhi rossi come tizzoni ardenti. La leggenda diceva che la strega avesse trovato Zayn, un cavaliere vagante nel bosco una notte, e l’avesse portato con sé nella sua torre. Da lì non vi uscì mai più. Si sparse voce che dall’unione dei due fosse nato un bambino, Liam. Un bambino che aveva una mente potente e particolare, capace di fare difficili calcoli fin da piccolo, capace perfino di creare le più strane invenzioni. Di notte lo si sentiva piangere, di tanto in tanto. Ma nessuno l’aveva mai visto. Un giorno scoppiò un incendio nel bosco, venne raso tutto al suolo tranne la torre. La strega ed il cavaliere morirono. Si trovarono i loro corpi carbonizzati abbracciati sotto una vecchia quercia. La gente del villaggio per rispetto li seppellirono sotto quello stesso albero, ma del bambino nessuno trovò nulla.
Con il passare degli anni il bosco tornò a gremire di alberi e piante, più selvagge e malefiche di prima. La punta della torre sbucava tra quella nera vegetazione. Ora il bosco non era più solo spaventoso e pericoloso, ora emanava un’insolita atmosfera di tristezza e dolore. Nel cuore della notte, a volte, si sentivano delle urla di sofferenza. Gli abitanti del villaggio non si addentrarono mai in quella selva, ne restarono fuori e pian piano tutto si zittì. Dopo anni e anni il bosco sembrava del tutto disabitato. E di Liam non si seppe più nulla. Alcuni pensavano che fosse ancora vivo, nascosto nella sua torre, altri pensavano che fosse morto in qualche modo pietoso. Rimasero nei dubbi i paesani e non misero piede nel bosco, il quale divenne solo un ammasso di alberi e vegetazione decadente, tetra e spaventosa, colma di animali inquietanti e costanti pericoli.
Nella torre, in realtà, viveva ancora qualcuno. Il bambino che la strega ed il cavaliere tanto avevano provato a salvare durante l’incendio del bosco era sopravvissuto. Il passare del tempo aveva mutato il suo corpo, gli anni gli avevano iniziato a pesare sulle spalle. Per tutta la sua vita, dopo la morte dei genitori quando era ancora un bambino, aveva cercato un modo per trovare la felicità. Nella sua mente c’erano ingranaggi che giravano continuamente, elaborando mille pensieri e calcoli. Non smetteva mai di lavorare. Lo scienziato era così desideroso di trovare la felicità e l’amore che non sentiva il bisogno né di mangiare né di dormire. Da mattina a sera, per tutta la notte, se ne stava davanti alla sua lavagna e faceva espressioni su espressioni, poi combinava qualche pozione magica, armeggiava con i suoi attrezzi ed infine, nelle notti di luna piena, si spostava all’unica finestra della torre e guardava fuori. Invecchiando nulla di tutto ciò era cambiato. Non si dava per vinto. La strega ed il cavaliere mai gli avevano insegnato cos’era la felicità e l’amore. Era cresciuto con lezioni di odio ed ingiustizia. Ma lo scienziato sapeva che c’era qualcosa di diverso, lo vedeva là fuori, quando osservava di nascosto dalla sua torre gli abitanti del villaggio. Tra loro c’era qualcosa che non aveva mai provato, ma che aveva solo letto in rari libri o che aveva sentito dire tra la gente: l’amore. Il dolore per la morte dei suoi genitori aveva tolto lui la poca felicità che aveva provato prima. Era stato privato di felicità e non aveva mai scoperto la sensazione di innamorarsi, l’affetto e l’amore. Dunque lo voleva costruire. Avrebbe ricreato in quella torre l’amore. Ci lavorava da una vita, fin da quando era un bambino. Arrivato alla vecchiaia iniziò a pensare che la sua mente non fosse così geniale come aveva pensato e che i suoi calcoli fossero tutti sbagliati. Ma una notte, mentre fissava fuori dalla finestra della torre la luna piena in cielo, gli venne un’idea.
Iniziò subito a lavorare al suo nuovo esperimento. Nei giorni a venire non smise mai di prendere in mano gli attrezzi e montare pezzo su pezzo. Spese tutte le sue poche energie in quel lavoro. La sua mente ruotava solo su quello.
Di tanto in tanto, gli abitanti del villaggio, notavano dei bagliori di luce provenire dalla finestra della torre.
Dopo mesi di lavoro, all’interno della torre, lo scienziato respirava a fatica, tenendosi appoggiato al suo bastone, con gli ingranaggi della mente che bruciavano e fischiavano. Su due tavoli l’uno accanto all’altro, separati solo da un passo o due, si trovavano due specie di robot. Ma avevano sembianze così umane che non sembravano affatto delle macchine. Lo scienziato si era fatto aiutare da Niall, un vecchio folletto che viveva tra le radici di un grande albero nel cuore del bosco, il quale gli aveva fornito tutto ciò di cui aveva avuto bisogno. Gli aveva portato cuori e cervelli umani, cuoio capelluto e abiti, gli aveva fornito attrezzatura e ingranaggi di nascosto. Lo aveva aiutato nella creazione di quei due esseri. Purtroppo, però, Niall non aveva trovato parti femminili da poter dare al vecchio scienziato, che aveva richiesto espressamente parti maschili e femminili, quindi aveva portato solo parti maschili. Il vecchio dunque era stato costretto a creare due robot maschi.
Nella sua mente l’idea era quella di creare un uomo e una donna che si potessero innamorare. Di conseguenza ci sarebbe stato amore e quindi felicità. Lo scienziato avrebbe potuto finalmente vedere realizzato l’amore, nel suo stesso laboratorio, e ammirare la felicità e la gioia. Ma ora che aveva creato due uomini temeva che non si innamorassero, che non sarebbero stati felici e tutto sarebbe andato male. Avrebbe dovuto distruggerli e rincominciare tutto dall’inizio.
Il folletto ed il vecchio scienziato rimasero tutta la notte a vegliare sui due robot, aspettando che si attivassero e prendessero vita. Speravano che tutto andasse per il meglio, ma sia Niall che Liam avevano notato che i due erano difettosi. Quello dai capelli lisci aveva il cuore che faceva uno strano rumore. Lo scienziato non aveva trovato un cuore vero per entrambi  i due robot ma solo per uno, quindi per l’altro l’aveva sostituito con una cassa che, quando veniva messa in azione, creava una bassa e lenta musica celestiale.
Fu una notte in cui, dopo tanti giorni che lo scienziato ed il folletto avevano messo in funzione i due robot, che all’improvviso si espanse nella torre una dolce melodia. Proveniva dalla cassa che un robot aveva al posto del cuore. Questo batté le palpebre e aprì gli occhi. Si guardò intorno come se conoscesse già quella vecchia torre di pietra.
«Benvenuto, mio caro» disse lo scienziato tenendosi con il bastone. Nella notte un tuonò tagliò il silenzio, il lampo che seguì illuminò il volto anziano e sorridente di Liam, folto di barba bianca e dagli occhi scuri brillanti.
Il ragazzo creato, identico ad un umano come quelli del villaggio, inarcò un sopracciglio e chinò la testa di lato, perplesso.
«Come mi chiamo?»
Il vecchio lanciò uno sguardo al folletto, il quale si drizzò a sedere su uno sgabello. «Io propongo di chiamarti Louis. Che ne dici, Liam?» fece il folletto, grattandosi la barba bionda.
Lo scienziato, nella sua postura rigida e severa, si avvicinò silenzioso al tavolo su cui era disteso il primo ragazzo.
«Ti piace il tuo nome?»
Il ragazzo alzò gli occhi per riflettere. Poi sfoderò un sorriso radioso. «Il mio nome è Louis ora»
La musica del suo cuore si espandeva nella stanza, infondendo un’atmosfera calma e serena, anche se fuori si era scatenata una tempesta.
«E tu chi sei?» domandò Louis.
Lo scienziato chinò la testa a mo’ di inchino. «Sono tuo Padre, Louis. Sono colui che ha vi ha creato» rispose con la sua voce profonda e saggia. Allora Louis lanciò uno sguardo oltre la spalla del padre e notò che nel tavolo accanto giaceva un corpo.
«E lui chi è, padre?»
Lo scienziato tossicchiò malaticcio, si voltò a fatica e sospirò fissando il corpo immobile dell’altro ragazzo. «Non so, mio caro» mormorò. «Lui è nato difettoso. Penso che non si sveglierà mai»
«Allora resterò solo per sempre?» chiese mestamente Louis.
Allo scienziato dispiaceva molto vederlo così. Scambiò un’occhiata sconfortata con il folletto, il quale si era messo a fumare dalla sua pipa. Né Niall né Liam avevano una risposta per il ragazzo. La pioggia batteva forte sul vetro e lo scienziato, con le spalle ricurve e lo sguardo torvo, si domandava cosa fosse andato male nei suoi piani. Un robot l’aveva creato, funzionava senza problemi se non fosse per la musica che la cassa al posto del cuore pompava, ma era un piacere sentirla dunque non importava. Il vero quesito era: e l’altro ragazzo si sarebbe mai svegliato? E se l’avesse fatto, poi si sarebbe innamorato di Louis?
«Padre,» lo chiamò il ragazzo. «mi sento intorpidito»
Lo scienziato lo guardò perplesso. «Non sai cosa vuol dire quella parola.» lo ammutolì.
«Sì che lo so. Nelle mie impostazioni ho un vasto vocabolo di parole e c’è anche questa. “Intorpidito, temporaneamente privo di sensibilità”. »
«Che vuol dire, Louis?» domandò perplesso il folletto.
«Significa che non provo nulla. » rispose Louis, con la sua voce soffice.
«Come temevo» sussurrò triste lo scienziato. Aveva fallito. Non avrebbe mai potuto scoprire cosa significa essere felici e amare. Sarebbe morto senza essersi tolto quei dubbi e tristemente solo.
Aspettarono tutta la notte il folletto, lo scienziato ed il ragazzo, silenziosamente, respirando a malapena, il risveglio dell’altro robot. Quando il tempo ormai aveva perso senso e la tempesta si era placata, la luna uscì dalla coltre di nuvole scure nel cielo. La sua luce inondò in fasci la stanza della torre, strisciando sul pavimento fino a raggiungere il tavolo del secondo robot. Colpì il suo viso, lo illuminò e mostrò la sua bellezza. Louis per la prima volta lo vide, perché ora non era più in ombra come durante la tempesta. Il suo cuore a cassa iniziò a battere velocemente, facendo uscire la musica celestiale più rapidamente. Il folletto si era addormentato e lo scienziato era troppo immerso nei suoi pensieri per accorgersene.
La melodia del cuore di Louis entrò nelle orecchie del secondo ragazzo, disteso immobile sul tavolo. Si infilò nelle vene vuote e le percorse tutte alla velocità della luce, alla fine raggiunse il cuore. La melodia penetrò il muscolo che all’improvviso batté. Si gonfiò e si sgonfiò una sola volta, velocemente. Qualche secondo di pausa. Nel mentre Louis scese dal suo tavolo e si avvicinò a quello dell’altro ragazzo. Gli accarezzò i capelli ricci, osservò le sue labbra piene e rosse, ammirò la sua straordinaria bellezza e la cassa pompò una musica dolce e angelica. Il cuore dell’altro ragazzo riprese a battere. Lentamente, seguendo la musica. Il sangue venne spinto nelle vene e nelle arterie. Iniziò a correre dentro di esse a ritmo della melodia del cuore di Louis. I due cuori battevano all’unisono.
Il ragazzo batté un dito sul tavolo. Poi, reazione a catena, battevano anche le palpebre sotto le quali gli occhi si muovevano, il petto si alzava e si abbassava, le altre dita delle mani e dei piedi si muovevano. Allora Louis si voltò verso lo scienziato e gridò: «E’ sveglio! Padre, vieni a vedere! Vieni!»
Liam trasalì e avanzò zoppicando con suo bastone verso il tavolo. Il ragazzo che vi era disteso respirava a fatica, aveva aperto gli occhi e si guardava intorno spaesato. Anche il folletto si era svegliato ed era accorso. Lo scienziato, il folletto e Louis si misero attorno al tavolo e restarono con il fiato sospeso ad osservare la reazione del ragazzo. Lentamente questo prese un profondo respiro e stabilizzò la respirazione. Il suo cuore batteva a ritmo con la cassa di Louis. Entrarono in armonia, i battiti del primo e la melodia pompata dalla cassa del secondo crearono una musica spettacolare. Era così bella che fece commuovere il cuore di ghiaccio del vecchio scienziato. Il folletto sorrise soddisfatto e pieno di gioia.
Liam restò a controllare con lo sguardo il ragazzo disteso. Si era calmato ed ora fissava curioso i personaggi intorno a lui.
«Ti sei svegliato finalmente!» esclamò Louis. Gli occhi profondi dello scienziato saettarono verso il volto di questo e colsero un qualcosa di nuovo. Non pareva più un robot senza emozioni, dal cuore e la mente intorpidita. Sembrava molto più umano di quanto il suo aspetto già non fosse. «Ho aspettato tutta la notte il tuo risveglio. E ho pensato a un nome da darti che ti si addicesse» proseguì Louis, prendendo la mano del ragazzo, il quale lo guardò perplesso, poi rilassò i muscoli del volto e sorrise teneramente. I due robot si stavano guardando negli occhi e sembrava che fossero da soli, in un universo tutto loro.
Il folletto notò che Louis aveva parlato solo per se stesso e sbuffò. In fondo anche lui aveva aspettato che l’altro robot si svegliasse… beh, l’aveva fatto dormendo.  Ma per non sprecare energie, ovviamente.
«Che nome hai scelto? Come mi chiamo?» insistette il ragazzo.
«Harry.» rispose Louis.
«Harry? Davvero? Che razza di nome è, ragazzo?!» sbottò lo scienziato, con una punta di acidità di troppo.
Louis nel sentire il suo tono alzarsi fece un passo indietro, lasciando la mano dell’altro ragazzo, di cui il volto si dipinse di un’espressione spaventata e smarrita.
«Non è male come nome, Liam» mormorò Niall, con la sua innata calma.
Lo scienziato sospirò, abbassò lo sguardo e voltò le spalle agli altri. Si diresse lentamente e faticosamente verso la finestra e lì, osservando fuori il paesaggio notturno, rifletté. Harry era un robot difettoso. Il suo cuore umano non funzionava come avrebbe dovuto funzionare. Inoltre Harry e Louis non avrebbero mai potuto innamorarsi l’uno dell’altro: erano due uomini, erano due robot. Non provavano emozioni, erano… intorpiditi.
Sulla spalla del vecchio uomo si posò una mano. Si voltò e notò che l’aveva affiancato Niall.
«Liam, guarda là» gli disse.
Allora il vecchio scienziato si voltò. A pochi metri di distanza Harry si era messo seduto sul tavolo e parlava e sorrideva con Louis. Sembravano andare d’accordo.
«Forse il tuo esperimento di ricreare la felicità e l’amore funziona»
«Non può funzionare, Niall» fece Liam avvilito, scrollando le spalle e allontanando la mano del folletto. «Sono due uomini»
«Ma che importa? In qualche modo riusciranno ad amarsi»
«Ma non sono altro che due corpi senza anima» il tono del vecchio era spento, rassegnato. Davanti a lui i due ragazzi stavano imparando a conoscersi, scambiandosi le informazioni che avevano nel loro database.
«Non senti anche tu questo suono?» domandò Niall. «Il cuore di Harry batte insieme a quello di Louis. Non è difettoso, mio caro scienziato, è semplicemente amore»
Lo scienziato scosse la testa. La sentiva anche lui la melodia che proveniva dai cuori artificiali dei due ragazzi. Ogni volta che si guardavano negli occhi si faceva più allegra e veloce. Liam li osservò ancora a lungo, restando in silenzio e riflettendo. Dopo parecchie ore Harry sembrava diventato un prolungamento di Louis: facevano gli stessi movimenti senza accorgersene a volte, sembravano potersi leggere nella mente, sembravano conoscersi da una vita.
Il vecchio aveva una mente geniale da scienziato. Sapeva fare calcoli e creare nuove invenzioni, aveva tante idee fantastiche e riusciva a trasformarle in realtà, poteva risolvere qualsiasi problema matematico, anche il più difficile, aveva una logica che nessun altro poteva avere. Eppure c’era una cosa che non era mai riuscito a capire: l’amore. Viveva di cifre e numeri, amava complicarsi la vita con espressioni e quesiti, ma non sapeva calcolare l’amore e la felicità. Le emozioni erano per lui il problema più difficile a cui si fosse mai trovato davanti. Non sapeva come risolverlo. Non sapeva come trovarlo e come affrontarlo.
Ma era davanti a lui: Harry e Louis, i due robot non erano più intorpiditi ora. Si guardavano con occhi dolci e innamorati che lo scienziato non avrebbe mai potuto capire. Ed il folletto aveva proprio ragione: non erano difettosi, funzionavano perfettamente. Erano semplicemente innamorati. Lo scienziato aveva dunque trovato l’amore e quindi la felicità, dato che Harry e Louis erano felici se stavano insieme. Eppure nonostante il suo esperimento fosse andato a buon fine lo scienziato non riusciva ancora a capire. L’amore, l’amore, l’amore… l’aveva tanto bramato, aveva lavorato una vita intera per crearlo per poi accorgersene che non si era mai innamorato, che non l’aveva mai provato. Lo stava semplicemente osservando. Osservare l’amore? Quante volte l’ha fatto, mentre spiava la gente del villaggio esibirsi in tutti i tipi di amore possibile: fraterno, paterno o di due ragazzini innamorati? Ora lo scienziato si sentiva più vuoto e solo che mai.
«Dai, dai, ti prego, padre, posso chiamarmi Harry?» lo pregò.
Lo scienziato roteò gli occhi e sospirò. «E va bene. E’ un nome orrendo, ma se a Louis piace così tanto allora accetto»
Louis sorrise radioso, mormorò un veloce ringraziamento al vecchio e abbracciò Harry. Lo scienziato non lo diede a vedere, però stava sorridendo.
Nei giorni a venire fece alcuni controlli. Prima prendeva Louis da solo e gli chiedeva  «Ti senti intorpidito?» la riposta era sempre positiva. Faceva la stessa domanda anche a Harry e la risposta era sì. Poi prendeva Harry e Louis insieme, li metteva vicini e chiedeva di nuovo a loro «Vi sentiti intorpiditi?»
I due si guardavano negli occhi, un sorriso sbocciava spontaneo sulle loro labbra e rispondevano: «No, non siamo intorpiditi»
Lo scienziato notò che quando erano da soli e distanti si sentivano intorpiditi, non provavano emozioni ed i loro cuori battevano piano, la melodia usciva lenta e malinconica da quello di Louis. Quando i due ragazzi erano vicini i loro cuori battevano insieme, erano felici e si creava un’atmosfera di serenità e amore intorno a loro. Presto divennero inseparabili, si tenevano per mano e, di nascosto, si lasciavano qualche veloce bacio per paura che lo scienziato potesse arrabbiarsi del loro legame.
Liam scrisse sul suo diario che l’esperimento era andato a buon fine: i due robot si erano innamorati. Ora aveva visto e osservato l’amore e la felicità. Ma nulla in fondo era cambiato: perché non era lui che provava quelle emozioni. E capì che nessun esperimento o calcolo mai gli avrebbe fatto provare felicità se non quei due ragazzi davanti a lui che si guardavano dolcemente.
Harry e Louis divennero come dei nipoti o dei figli per lo scienziato. Si accorse che quello che provava per loro era amore, un amore paterno ma pur sempre amore. E quando li vedeva felici insieme era felice anche lui. In fondo, tutto sommato, il vecchio scienziato aveva capito cos’era l’amore e l’aveva anche provato nei confronti delle sue creazioni. Capì che Harry e Louis si erano innamorati non perché lui aveva inserito nelle loro menti meccaniche l’ordine di innamorarsi, ma per un errore che aveva compiuto mentre li stava costruendo. Anche se certe cose non si possono proprio capire…
Da quando i cuori di Harry e Louis avevano iniziato a battere all’unisono, da quando l’amore dei due ragazzi colmava la torre, il bosco era come rinato: alti alberi dalle foglie verdi e sane, animali come gufi e cervi, lucciole di notte, funghi, more e mirtilli, e tanti fiori profumati. Si respirava odore di nuovo. C’era vita e serenità. Anche il villaggio sembrava più tranquillo e allegro.
Lo scienziato visse gli ultimi suoi anni di vita insieme a Harry e Louis ed il piccolo folletto. Quelli divennero la sua famiglia. Sul letto di morte si fece promettere da Niall di badare sempre e aiutare i due, e dai ragazzi di amarsi sempre ed incondizionatamente e, soprattutto, fece loro una raccomandazione: «Grazie a voi ho scoperto cosa significa amare e cos’è la felicità: voi siete la mia felicità. Non vi lasciate mai, miei cari. Quando vi ho creato per sbaglio i vostri cuori sono nati difettosi: l’uno batte insieme all’altro. Se uno smette di battere allora anche l’altro smette di battere»
A volte gli abitanti del villaggio udivano una strana melodia provenire dalla torre. Era bella, dolce e delicata, quasi commovente. I paesani la chiamarono: musica dell’amore. Fino a quando quella musica avrebbe suonato, - la musica creata dal battere all’unisono dei cuori di Harry e Louis-, l’amore avrebbe regnato nel bosco e nella torre. E Harry e Louis si amarono incondizionatamente e vissero felicemente per sempre.
 

FINE

  
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