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Autore: Cruel Heart    13/06/2013    3 recensioni
“Avril! Avril!”
Eccolo, lo sento.
“Sei qui…” mormoro appena.
“Sì, amore, sono qui, sono qui…”
“Ti amo…” ho solo la forza di dirgli.
Poi, finalmente, il buio cala su di me.
*********
Una ragazza con una corazza forte e menefreghista, ma con un'anima fragile e bisognosa d'amore, si trasferirà in una città che odia, con la madre di cui non ha notizie da dieci anni, e il nuovo patrigno.
Le sue giornate saranno una battaglia continua, sia a casa, ma soprattutto a scuola.
Cosa succederà, se incontrerà un antipatico testardo e strafottente?
Cosa succederà, se quel ragazzo capace di tenerle testa, sarà un biondino con uno skate?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok. Eccomi qua.

Scusate se non sono riuscita ad aggiornare prima,ma ho avuto un po' da fare in questi giorni,e mi è mancato il tempo.

Comunque,molte emozioni in questo capitolo,davvero.

Armatevi di fazzoletti,ne avrete bisogno ;)

Al prossimo capitolo.

~~~~~~~~~~

Sono le undici di sera.

Guardo fuori dalla finestra,e osservo il panorama della piccola cittadina di Napanee.

Il vento crea un fruscio appena udibile,e scuote le foglie seccate dall'autunno,facendole cadere e depositare sulla strada,formando così un manto di piccole macchie rosse,gialle e marroni.

Tutto intorno a me è immobile.

Ed è allora che capisco quanto il mondo possa rimanere così,statico e fermo,mentre le persone che lo abitano conducono una vita così veloce e frenetica...

Come mai non si riesce a trovare un equilibrio? Sono le persone ad essere troppo veloci,o è il mondo ad essere troppo lento per loro?

Non credo di saperlo,e forse non lo saprò mai.

Ritorno sul mio letto e mi porto le ginocchia al petto.

Quante persone saranno sveglie a quest'ora come me?

Quante non riusciranno a prendere sonno per i loro problemi o semplicemente per insonnia?

Quanti invece stanno dormendo,conducendo la loro solita vita di sempre?

Improvvisamente,sento una strana morsa allo stomaco.

Invidia,penso.

Invidia,per le persone che conoscono già il loro futuro.

Invidia,per le persone che domani si sveglieranno e niente sarà cambiato nelle loro esistenze.

Ma soprattutto,invidia per tutte quelle persone che si sono addormentate,sorridenti,semplicemente perchè sono felici.

Penso a tutte le emozioni che provo. Tristezza,rancore,paura,ansia,rassegnazione...

Penso a quello che mi aspetta,e sento tutto,tutto tranne felicità.

Perchè mi stanno facendo questo?

Perchè,invece di pensare al mio benessere,fanno di testa loro e mi costringono a fare cose che non voglio assolutamente fare?

Un singhiozzo mi scuote da dentro,facendomi stringere ancora di più attorno alle mie gambe.

Ripenso alla prima volta che mio padre mi regalò lo skate.

Ripenso quando mi regalò la chitarra,e suonai il mio primo brano,Can't Stop Thinking About You,per lui.

Ripenso alla volta che mi sorprese durante la mia prima gara clandestina,e nonostante tutte le sgridate,i rimproveri e le punizioni che mi beccai,sorrido ancora al ricordo.

Vengo scossa soltanto da singhiozzi molto forti,ma le lacrime non vogliono ancora fuoriuscire liberamente.

Fa male non riuscire a piangere quando vorresti.

Stendo le gambe sotto le coperte e mi giro sul fianco sinistro,cercando di addormentarmi,nonostante i singhiozzi.

Sto quasi per riuscirci,ma un ultimo pensiero mi trafigge la mente.

La mia unica figura genitoriale negli ultimi 7 anni è stato mio padre.

È stato lui che mi ha fatto sia da padre che da madre.

Dov'era quando avevo bisogno di lei?

Come farò quando dovrà essere lei la mia prima fonte di sostegno?

Ed è così che,fra i singhiozzi che mi scuotono il petto e le lacrime che viaggiano libere sul mio volto,che,finalmente,metto fine alla mia tortura personale,e mi addormento.

***************

"Av...ehi,Av...sono le sei,svegliati...dobbiamo preparare la valigia e andare all'aeroporto."

Mio padre mi parla piano all'orecchio,scuotendomi per farmi svegliare.

"Ok,ok,ora mi sbrigo"dico,prendendo la valigia da sotto il letto e iniziando a sistemarla.

Vado verso il mio armadio e incomincio a prendere i vestiti più indispensabili. Non sono molti,perchè se c'è una cosa che non ho mai avuto,quella è la passione per la moda.

Finisco di prendere quei pochi abiti che avevo deciso di portarmi,quando mio padre decide di parlare.

"Ehm...io vado a prendere una cosa...tu continua pure a sistemare la tua valigia"

"Ok" mormoro appena.

Scende velocemente,e mi lascia da sola con i miei pensieri.

Prendo tutto,oggetti di prima necessità,libri,spartiti,e decido di non rinumciare alla mia amata chitarra.

Mi chiedo solo se potrò portare anche la mia stella...

"Ehm...sorpresa!" dice mio padre,facendomi sobbalzare.

Viene verso di me con un pacco regalo...e dalla forma,capisco subito che è...

"Oh,papà...un altro skate no!"

"Aprilo"

"Papà..."

"Fallo"

"Ma..."

"ORA!"

Scarto la carta regalo con cura,facendo attenzione a non rovinarla.

E quello che vedo...mi lascia con le lacrime agli occhi.

"Oh,papà..." gli corro incontro,e lo abbraccio con tutta la forza di cui sono capace.

"Grazie,davvero..."

"Beh...non è niente,sul serio. Gli ho solo dato una sistemata e gli ho aggiustato anche le ruote,sia quelle anteriori che quelle posteriori. Così potrai fare tranquillamente delle gare clandestine anche a Los Angeles" dice,strizzandomi l'occhio.

"Questo...questo significa...che posso portarlo con me?'

"Ma certo,non ti lasciarei mai senza il tuo coso a due ruote"

Ridiamo insieme,e quando finisco di prepararmi,prende la mia valigia e scende al piano inferiore,aspettandomi in macchina.

Beh,ci siamo...

È il momento di dirci addio,Napanee.

Grazie per avermi accolto con il tuo vento che mi scompigliava i capelli,con la tua aria fresca che mi accarezzava il viso,con il tuo clima fresco e frizzante,che mi accoglieva all'inizio di un nuovo giorno.

Grazie. Di tutto.

Scendo velocemente le scale con la mia chitarra in spalla e il mio skate in mano,pronta a salire in macchina.

Un'ora dopo siamo arrivati al Pearson,a Toronto,ed è da qui che prenderò quel maledetto aereo che mi porterà verso la mia destinazione finale,Los Angeles.

"Beh...siamo arrivati..." dice mio padre,in evidente imbarazzo.

"Già" rispondo io,non essendo da meno.

"Ehm..ecco,non sono un grande fan degli addii,quindi...prendo i tuoi bagagli e ci vediamo al check-in,ok?"

"Si,va bene" dico,e lo vedo avviarsi dentro l'aeroporto.

Sento che però manca qualcosa.

Non voglio lasciarlo così,senza avergli detto almeno due parole.

Non voglio che finisca così,tra noi due.

Prendo un foglio e una penna,tutto quello di cui ho bisogno, e gli scrivo un biglietto.

"Beh papà,lo sai che non sono mai stata molto brava con le parole,quindi non aspettarti molto da quello che ti sto scrivendo.

Voglio dirti grazie,grazie e ancora grazie,per tutto quello che hai fatto per me dalla mia nascita e che,sono sicura,continuerai a fare per me.

Io sarò sempre la tua piccola,dolce e ribelle bambina,quella stessa bambina che ha suonato per te,e quella stessa bambina che ti ha fatto quasi venire un infarto durante la prima corsa.

Così voglio che mi ricordi.

Invece,tu per me,sarai sempre il mio caro e vecchio papone Jean-Claude,quello che si fumava una sigaretta mentre leggeva il giornale la mattina,quello che lanciava commenti aspri verso la televisione,soltanto perchè non capiva come le pubblicità trasmesse potessero essere così assurde,e quello che la mattina si alzava tardi,perchè la sera prima si era scordato di mettere la sveglia.

Così è come ti ricordo,e come ti ricorderò per sempre.

Semplicemente,il mio papone.

Ti voglio bene.Avril."

Con le lacrime agli occhi,metto il bigliettino sul sedile della macchina,e mi dirigo velocemente verso il check-in,dove abbraccio mio padre,promettendogli di stare attenta in ogni situazione e di chiamarlo in ogni situazione appena avessi avuto bisogno di lui.

Supero il check-in,e mi dirigo verso l'aereo.

Entro e mi sistemo subito nel mio posto accanto al finestrino.

È comodo,penso...

Un'improvvisa ondata mi travolge, e sto quasi per addormentarmi,quando sento una vibrazione del mio cellulare.

"Grazie,mi hai fatto commuovere. Anch'io ti voglio bene. Papà"

Ed è allora che,mentre spengo il cellulare e mentre un misto di riconoscenza e gratitudine pervade dentro di me,mi addormento.

   
 
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