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Autore: Naephilim    13/06/2013    12 recensioni
"Ma poi, due secondi, un attimo. Urla, grida di terrore. Si sentì un ringhio. Tutti correvano, il caos. Era a pochi metri da me. Un animale. No, un lupo. Un lupo alto due metri."
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi alzai frettolosamente dal letto. Mi ero addormentata come ogni santissimo giorno, dato che ormai la stanchezza iniziava a sentirsi. Mancavano meno di tre giorni alla fine di questo anno scolastico, e grazie alla mia favolosa media del sei, sarei riuscita a passare all’ultimo anno di liceo. Avrei avuto gli esami. Ma di questo poco mi importava. 
Ho dei buoni progetti per il mio futuro. Ma tornando al presente, sono in ritardo.
Mi diressi verso il bagno chiudendomi a chiave. Avevo ormai preso questa abitudine, chiudermi in bagno. Da quando Patrick, il compagno di mia madre, si era stabilito da noi, ho sempre avuto paura potesse entrare mentre facevo le mie cose. 
Sì, sono una ragazza complessa. 
Uscita, presi velocemente una canotta arancione, su cui abbinai una camicia da tenere aperta. Indossai i miei jeans blu, accompagnati dalle converse bianche. Presi lo zaino sopra la sedia, e scesi al piano terra. 
“Phoebe, non fai colazione?” mia mamma mi raggiunse mentre addentava una fetta biscottata.
“No mamma, sono in ritardo. Ci vediamo più tardi” risposi abbracciandola e dirigendomi verso la porta d’ingresso.
Uscii notando il cielo leggermente nuvoloso. Odiavo questa città. 
E’ una città triste, isolata e circondata da un bosco abbastanza terrificante. C’è sempre stata una leggenda riguardo quel bosco.
Si dice ci siano strani esseri sovrannaturali, che uccidono. Esseri pericolosi. Ma non mi è mai stato detto cosa di specifico. Non che ci creda. Assolutamente. Sono le solite storielle che si raccontano ai bambini per farli spaventare.
Non mi sono mai comunque recata nel bosco. Mi è sempre stato proibito, ed ormai è una specie di raccomandazione. 
Mai una volta che quando esco di casa mia mamma mi dica “Non andare nel bosco”. Come se mi interessasse veramente entrare in quel bosco.
Camminai per una decina di minuti prima di ritrovarmi davanti alla scuola. Tutti gli studenti con le stesse espressioni addormentate e smorte. Che consolazione. 
Entrai all’interno dell’istituto, e recandomi al mio armadietto presi due quaderni per poi entrare in classe. 
Mi sedetti in un banco in terza fila, sulla destra accanto al muro. Matematica alla prima ora. Da quando ci hanno detto gli orari mi sono sempre chiesta che idiota avesse scritto questo orario. E’ disumano mettere matematica alla prima ora.
Suonò la campanella e dopo pochi minuti entrò in classe il professor Rubert.
“Ragazzi” richiamò l’attenzione su di sé. 
“Questa sarà la nostra ultima ora di lezione” grida e salti di gioia da parte di noi studenti.
“Che ne dite di vederci un film?” propose entusiasta.
Meglio di fare matematica. 
“Che film?” La voce di Katty Jones si espanse in tutta la stanza.
Quella ragazza non riusciva a stare zitta un secondo. Non so di cosa avesse costantemente da parlare. Impressionante. 
“Allora, con me ho portato..” pausa di sospence. “Iron Man, Shreck 3 e Twilight”. Che strano che il professore riuscisse a guardare altri film che non fossero Romeo e Giulietta o I promessi Sposi.
“Iron Man andrà bene” disse sbuffando Katty.
“Chi vota Iron Man?” quasi tutti alzarono la mano.
Beh, meglio di Shreck 3 sicuramente. 
 

Dopo aver visto il film, e aver fatto due ore di fisica e una di italiano, mi incamminai nuovamente verso casa. 
Aprendo la porta venni bloccata dalle urla di mia mamma.
“Phoebe, sai che giorno è oggi?” 
Allora cervello, ho bisogno del tuo aiuto. E’ il giorno in cui è morto il mio pesciolino rosso? È il giorno in cui tornerà a casa mio fratello? È il giorno in cui non farò niente? Il mio cervello non mi aiuta.
“No.” Commentai.
“Stasera c’è la festa annuale in centro” continuò entusiasta.
No, tutto ma la festa annuale no. Una stupida festa in cui la gente ‘festeggia’ la liberazione della nostra città. Non ho mai capito da cosa è stata liberata. Dicono ci sia un consiglio di ‘fondatori’ che lo sappia. Ma, perché tenerlo nascosto? 
Ciò non toglie che trovo sia una delle celebrazioni più insulse mai viste. In pratica si festeggia tutta la sera, ci sono delle bancarelle, persone che cantano, che ballano, un po’ di tutto. Infine alle 23.00, si alza una candela accesa. È segno di chiusura di una guerra. La guerra che avrebbe dovuto ‘liberare’ la città.
“Va bene, e quindi?” domandai speranzosa.
“Tutti i cittadini sono obbligati ad andarci Phoebe” disse cupamente.
“Ok, vengo.” Mi rassegnai. Comunque mi avrebbe costretta. 
“Perfetto. Ora devo andare al lavoro. Il pranzo è sul tavolo” si congedò così, baciandomi la fronte uscì di casa.
 Addentai il panino al prosciutto sul tavolo in cucina.
Forse non era così una cattiva idea questa festa, avrebbe potuto distrarmi finalmente da tutto. Dalle persone, da mia mamma, da mio fratello..
Già, mio fratello Jacob. 
Successe tutto all’improvviso. Nessun biglietto, nessun messaggio, nessuna chiamata. Niente. Non abbiamo più saputo niente di lui. Era cambiato in quel periodo, si vedeva, ma perché aveva dovuto farci questo?
Il telefono squillò interrompendo i miei pensieri.
Lo raggiunsi e accettai la chiamata.
“Pronto?” risposi incerta
“Ehi Collins” era Ron.
Il mio pseudo ‘miglior amico’. Se così possiamo chiamarlo. Non è mai stato molto presente nella mia vita. Forse mi gira ancora intorno perché ci conosciamo dalla nascita. Non ci sarebbe altro motivo. L’unica cosa che mi ha sempre dato fastidio, è il suo chiamarmi solo per cognome.
“Cosa vuoi Ron?” risposi abbastanza scocciata.
“Ci sarai stasera?” mi chiese incerto.
“Ho altra scelta?” ironizzai.
“Non penso” concluse.
“Appunto.” Commentai.
“Ti va se ci troviamo là?” chiese.
“Si, va bene” risposi.
Tenendo il telefono tra la spalla e l’orecchio, salii le scale dirigendomi verso camera mia.
“Perfetto, ci troviamo davanti alla statua del cacciatore Braun.” Affermò.
Il ‘cacciatore Braun’ è sempre stato una specie di Dio per la gente di questa città. Si narra sia stato proprio lui a liberare la città.
Ovviamente, non si sa cosa. 
Invasioni barbariche? Invasioni di topi? Boh.
“A che ora arrivi?”
“Verso le sette e mezza”
“Okay, ciao a dopo.” Concluse.
“Ciao” Chiusi la chiamata.
Mi diressi verso l’armadio intenta a decidere cosa indossare. 
Avevo una bella maglietta da poter mettere. L’avrei abbinata ai leggins neri e alle vans blu. Perfetto direi. 
Considerando il fatto che fossero le due e mezza decisi di riposarmi. Mi sdraiai sul letto e mi addormentai.
 

“Phoebe alzati.” La voce di Patrick mi svegliò.
“Mh” mugugnai.
“Sono le sei e mezza” continuò a bassa voce, come se non mi volesse dar fastidio.
Mi alzai frettolosamente dal letto. Avevo dormito tutto il pomeriggio? 
“Hai un’ora per prepararti” concluse uscendo dalla camera.
Bene, ho un’ora per farmi la doccia, rendermi presentabile e vestirmi. Ce la farò? Non penso.
Entrai in bagno correndo e portando con me i vestiti e la biancheria intima pulita. 
Feci velocemente una doccia, senza lavarmi i capelli. Erano abbastanza puliti. Mi vestii, mi truccai e finalmente uscii dal bagno. 
“Phoebe” le urla di mia madre si facevano sempre più vicine a me.
“Dimmi mamma” le risposi urlando anch’io in modo che mi sentisse.
“Ti muovi?” mi chiese con un  tono abbastanza scocciato.
“Si, sono pronta” 
Tornai in camera dove presi la mia borsa a tracolla, dove infilai dentro il portafoglio, il cellulare ed un ombrello. Il tempo già da stamattina non prometteva bene. 
Uscendo dalla stanza chiusi la porta e scesi velocemente le scale fino a raggiungere mia madre.
“Oh finalmente” esclamò lei.
“Scusa” dissi.
“Dai andiamo” così dicendo mia madre si girò seguita da Patrick e da me verso la porta di ingresso che uscendo chiuse con due giri di chiave.
Salimmo in macchina abbastanza velocemente considerando il nervosismo di mia madre abbastanza convinta di essere in ritardo.
“Siamo in ritardo” esclamò arrabbiata premendo il piede sull’acceleratore per uscire dal parcheggio.
In meno di dieci minuti eravamo arrivati.
Un enorme parcheggio portava all’entrata annunciata da una scritta luminosa “34esima Festa Annuale”affiancata da un falco. Il simbolo delle nostra città. 
Dopo aver parcheggiato la macchina ci dirigemmo tutti verso l’ingresso. La musica era abbastanza alta e già si potevano osservare molte persone occupate nel festeggiare.
“Mamma, mi vedo con Ron” dissi mentre ci dirigevamo verso la festa.
“Va bene, ci sentiamo per telefono” concluse.
Mia madre e Patrick almeno per stasera non mi avrebbero disturbata. Grazie a Dio. Continuai camminando dritta fino alla statua.
Osservandola meglio, sembrava un pochino lugubre. Incuteva quasi paura. Ma dopotutto è solo una statua che parla di una stupida leggenda. 
A nessuno interessa, e solo i ‘fondatori’ sembrano seri su questa storiella. 
Venni interrotta da una persona con una capigliatura color carota. Ron.
“Collins” mi salutò abbracciandomi.
“Weasley” ricambiai. 
Ci conoscevamo da una vita. Andavamo a scuola assieme da quando eravamo piccoli, ma poi lui decise di lasciare la scuola ed aiutare suo padre con la sua officina.
“Bella serata vero?” disse. Sembrava un po’ imbarazzato.
“Già, hanno organizzato bene questa festa” risposi.
“Che ne dici di andare a mangiare un pezzo di pizza alla bancarella di Joe?” mi chiese “Sto morendo di fame”
“Certo” risposi poco convinta. Joe era un tipo losco, abbastanza introverso. Ma tutti lo conosceva grazie alla sua favolosa pizza.
Mangiammo tranquillamente la nostra ‘cena’ e la serata passò abbastanza tranquillamente.
 
“TUTTI I CITTADINI SONO PREGATI DI RAGGIUNGERE IL PALCO, RIPETO, TUTTI I CITTADINI SONO PREGATI DI RAGGIUNGERE IL PALCO”
Il sindaco al citofono ci avvertiva del fatto che fossero quasi le 23.00
Dunque io e Ron ci incamminammo verso il palco. 
Si scorgeva già il sindaco, e altre otto persone. I fondatori. Erano rispettati da tutti nella città, e solo loro conoscevano la vera storia. Erano tutti vestiti in modo elegante.
“Un attimo di attenzione” il primo a parlare fu il sindaco. Un tipo abbastanza grosso di corporatura, con due baffi e gli occhi azzurri. Teneva sempre con sé un bastone, ma non aveva mai avuto problemi nel camminare.
“Siamo tutti qui, per celebrare la 34° festa annuale della nostra città” si fermò un secondo e tutti quanti applaudimmo.
“Come tutti voi sapete, oggi è una giornata importante per noi tutti. Oggi è il giorno della nostra liberazione, della nostra libertà come persone libere. La giornata della fine di una guerra durata anni” Un altro applauso si espanse. 
“In segno di chiusura di questa guerra, vi prego di accendere la candela che vi verrà consegnata e alzarla verso il cielo”Concluse. 
Mi venne consegnata una candela poco dopo. La accesi grazie a Ron che mi passo con la sua candela la fiamma. Si faceva una specie di catena.
“Ed ora, alziamo la luce al cielo” disse.
Alzammo tutti le candele.
Ma poi, due secondi, un attimo. Urla, grida di terrore. Si sentì un ringhio. Tutti correvano, il caos. Era a pochi metri da me. Un animale. No, un lupo. Un lupo alto due metri. 

Hei, 
ho deciso di cambiare genere di tematica per una fan fiction.
di solito parlano di gang, ho voluto fare una cosa un po' diversa.
questo è il primo capitolo, spero vi piaccia. 
mi piacerebbe sapere il vostro parere con una recensione.
accetto tutto.
bene,
vi lascio con phoebe.
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