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Autore: Johnswriter    13/06/2013    0 recensioni
Questa è la storia di un ragazzo di nome John, che racconta la sua adolescenza, quello che ha vissuto e quello che sta vivendo nella sua età di maturazione. John è un adolescente un pò diverso da tutti, dove la pensa in modo strano ed i suoi ricordi son stati traviati da esperienze. E' incline a raccontare un pò tutto della sua vita e del mondo che gli gira intorno. Buona lettura!
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Le luci della città si spegnevano, ed io ero più spento delle luci. Di cosa avevo bisogno? Forse di scrivere musica? Ma in quel momento, scrivere non mi faceva bene. Invitai i miei amici a casa, magari per una pizza e una birra e qualche film. Verso le 21:00 vennero tutti e solitamente quando i miei amici vengono a casa mia, possono fare quel che vogliono. La serata inziò e finì bene, come sempre. Alla sera, mi collegai al pc ed a vari social. Ma sentivo che qualcosa non andava. Mi sentivo strano, forse spento. Niente aveva senso in quel momento per me. La felicità mi sbalzava in corpo, spariva, poi ritornava. Non ero mai stabilmente felice. La musica era l'unica cosa che mi aiutava a sognare ed a emozionarmi ancora in quel momento, nessuno ci riusciva, lei si. Non sono mai stato il tipo che ascolta musica troppo pesante. Si dice che una persona si può riconoscere dal tipo di musica che ascolta, beh allora io non ero una persona soltanto, ma diverse. C'erano momenti dove l'alternative rock mi faceva bene, e in certi momenti avevo bisogno di ascoltare il pop. Avevo bisogno di avere un profilo twitter che rispecchiasse il mio umore, avevo bisogno di scrivere. Perché è bello quando si è adolescenti e sognare di fare tutto. Io sognavo di fare lo scrittore, il cantautore, lo sceneggiatore e il regista. Ma nella vita non puoi diventare tutto, sopratutto nella società d'oggi. Ma intanto acculturavo la mia passione, imparavo sempre nuove cose. Mi definivo diverso dagli altri, ma mi accorsi che ero uguale. Le amiche mi dicevano che ero diverso, avevo qualcosa in più. Ma non ero io, non era il mio carattere, erano le mie abitudini strambe, forse non conformi agli altri adolescenti. Abitudini di donna, carattere di donna, eppure non ero omosessuale e tantomeno ero cresciuto in un ambiente di donne. La mia famiglia è di 5 maschi e una sola donna. Le mie abitudini, il mio modo di pensare, il mio modo di vestire era diverso, ma solo perché non sentivo il bisogno di avere uno stile. Oggi ci si veste non per coprirsi, anzi quel verbo non esiste più, ci si veste per apparire. Ed io ero l'ultima persona che voleva apparire. Mi annoiava uscire in quella città, dove non c'è qualcuno diverso, dove puoi aprire una conversazione e sentirti soddisfatto di aver parlato con quella persona poco dopo. No, era una città dove niente era diverso, tutti avevano il complesso del dio, vestivano come modelli di Abercrombie e imitavano personaggi della camorra. Il loro carattere era impostato, quando li vedevi, già sapevi tutto di loro, anche se non li conoscevi. Magari tra quelli, c'era chi la pensava un pò più diversamente. Se gli passavi vicino, ti prendevano in giro e se li rispondevi, dovevi per forza prenderti a botte con loro. Ma prima la mia città era bella, era accogliente, adesso non si riconosce niente più. Tutto è cambiato. Appena esci, devi stare attento, e devi camminare con la paura di essere rapinato, ammazzato o coinvolto in una sparatoria. Condizioni sociali pessime, questa è la mia città. Ed io, non avevo bisogno di questo, non avevo bisogno di essere giudicato per quello che faccio, non avevo bisogno di essere picchiato perché ascolto musica diversa dal solito, non avevo bisogno di questa società. Non avevo bisogno di tutto questo. Se esci vincitore da una battaglia, le ferite riemergeranno sempre, anche se non vuoi. Attraverso le persone, spuntano i tuoi ricordi, le tue vecchie paure. La paura di non essere accettato, la paura di non essere bello abbastanza, la paura di mostrare il tuo fisico ad altri. Le chiamerei fobie, fobie di vita. Conviverai per sempre con questi brutti ricordi, che speri diventeranno ricordi e insegnamenti da dare ai tuoi prossimi. E farai tesoro di tutte le volte che qualcuno ha stentato un complimento. I giorni passavano e io li passavo, chiuso in casa e suonando. Le lacrime, della solitudine, erano finite. Mi restava soltanto la mia chitarra come amica, sentivo gli altri come se fossero il nulla per me. Come sentirsi quando ci si sente dannatamente soli? Non mi ritengo un filosofo di vita, non mi ritengo un saputello di tutto e di tutti, non è colpa mia se ormai riesco a capire le persone all'istante per quello che sono. Non è colpa mia. La voglia di evadere da tutto, di lasciare tutto e andare via. Andare via, dalla quotidianetà, dall'ignoranza della gente, dall'ipocrisia, dal caos cittadino. Dagli amici che vanno sempre in una sola direzione, dall'amore che non porta a niente ma soltanto alle delusioni e alla sofferenza, dalla famiglia che urla dalla mattina alla sera, dalla scuola che giudica il tuo futuro, da tutto. Volevo vivere solo di musica, sognavo di diventare una star e andarmene finalmente da tutto, ma poi scopriì che non si poteva vivere di musica. Cosi scelsi di mettere la musica al centro del mio vivere, prima di tutto e di tutti. Le uniche persone che ti fanno stare bene, sono i tuoi idoli. Quando ascolti la loro musica, ti rispecchi in essa, e ti sale quella voglia di diventare come loro. Ora non è cambiato niente, ma qualche persona si. Ho poche persone nella mia vita, tutto il resto è solo merda. Le persone, almeno quelle che ho conosciuto, sono tutte pronte a parlare senza guardare, senza magari sapere che la persona che sta giudicando ha un cuore. Tutto è cambiato, dalla scuola alla famiglia, non sono cambiati i problemi e lo stress. Ci sono stati periodi dove l'unico luogo dove potevo rilassarmi era il cesso di casa mia, facevo una doccia per qualche oretta, e sentivo soltanto l'acqua e i miei pensieri fiatare. Ero e sono stanco di scendere per le strade di questa città e vedere sempre le stesse faccie di cazzo di sempre. Percorrere quelle strade, restare scandalizzato da quel che si vede per qualche oretta, tornare a casa e ciao. Non penso che un adolescente "consapevole di se stesso" voglia questo. Ma io penso che anche se realizzi i tuoi sogni, non sarai felice lo stesso, almeno non stabilmente. L'alcohol, il fumo, la popolarità, l'essere al centro dell'attenzione, le donne, i likes sui social, niente ti rende felice, niente può farti stare bene. Fai la miglior vita di tutti, ma non sei felice. I ragazzini della mia città facevano questo. La moda gli era andata alla testa. Il Sabato sera puntualmente, tutti andavano a delle feste organizzate in "locali" per ricevimenti, o magari se possiedevi un garage oppure uno scantinato, allestivi il tutto la. L'unico scopo era baciare qualche ragazza, magari se te la scopavi era il tuo giorno fortunato, ubriacarsi e il giorno dopo parlarne con i tuoi amici. Questo era il divertimento delle famose feste. Io l'ho provato, per una o due volte, ma non ci trovavo niente di bello. Sarò strano, ma non mi suscitava niente. Proprio dentro, non provavo niente.
   
 
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