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Autore: germangirl    13/06/2013    12 recensioni
Un viaggio in un paese lontano.
Un invito in un luogo del cuore.
Un evento che scuote la loro vita.
Insomma, un'estate speciale.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'estate speciale'
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CAPITOLO 5 – RISE

Il cuore mi si è fermato, mi tremano le mani e ho la salivazione ridotta a zero, tanto che non riesco nemmeno ad articolare una parola e il mio interlocutore è costretto a ripetere: “Nathan, mi senti? Sono Petar Katic, il papà di Stana.”

“Sì, sì, mi scusi, signor Katic. Ha notizie?”

“Nathan, le hanno trovate. Stanno bene.”

“Dio sia lodato… grazie… grazie… dove sono? Quando tornano? Cosa è successo?” Un sorriso si apre sui volti stanchi dei miei amici, che si avvicinano a me per sentire il racconto direttamente dalla voce del papà di Stana. Metto il vivavoce per facilitare le cose.

“Erano in un campo gher, all’aperto, quando c’è stata la scossa più forte. E’ crollata solo la tenda e nessuno si è fatto male. Hanno avuto difficoltà a mettersi in contatto con l’ambasciata, ma alla fine non è successo loro nulla. Le ho sentite abbastanza tranquille al telefono. Oh, Nathan, quelle due mi faranno impazzire prima o poi!” Gli scappa un sospiro, ma percepisco anche da qui quanto sia sollevato.

“Non conosco sua moglie, ma sua figlia è un tipo avventuroso!” Non so perché, ma mi viene facile parlare con quest’uomo.

“Oh, ha preso tutto da sua madre, puoi scommetterci! Comunque, dovrebbero tornare fra pochi giorni. C’è qualche problema all’aeroporto di Ulaan Baator, ma confido che riescano a partire a breve.”

“Signor Katic, grazie, è stato gentilissimo a chiamarmi, davvero.”

“Ho solo eseguito l’ordine perentorio di mia figlia… E’ un tipino determinato, sai? Ha preso da sua madre anche la testardaggine, credimi. Comunque, ti avrebbe chiamato direttamente lei, ma non potevano occupare il telefono dell’ambasciata troppo a lungo.”

Sta bene.

E mi avrebbe chiamato.

E, non potendolo fare di persona, ha detto a suo padre di telefonarmi.

Anzi, glielo ha ordinato!

Non posso chiedere altro alla vita in questo momento. Dentro di me sento suonare una musica celestiale! Nel frattempo, Jon e Tam si scambiano un’occhiata più eloquente di mille parole. Mi affretto a salutare il signor Katic, facendomi promettere di richiamarmi non appena sa quando rientrano Stana e sua madre, mentre gli altri due sono già sul piede di guerra. Nelle ultime ore erano troppo angosciati per farmi domande sulla reale situazione che c’è fra me e Stana, ma ora li vedo intenzionatissimi ad avere spiegazioni.

“Ragazzi, dobbiamo festeggiare! Caffè, uova e bacon per tutti?” Mi sfrego le mani e mi dirigo baldanzoso in cucina, confidando che la stanchezza per la notte praticamente insonne abbia il sopravvento, ma la premiata ditta “Huertas & Jones investigazioni” non si lascia distrarre dalla mia proposta culinaria e Tam, mani sui fianchi e sguardo che incenerisce, mi apostrofa: “OK, Nathan, ora che sappiamo che Stana sta bene, vuoi avere la decenza di raccontarci come stanno veramente le cose?”

“Bro, prima avevamo altro cui pensare, ma adesso non puoi propinarmi la balla dell’amicizia. Non dopo che vi siete scambiati tutte quelle mail. Anche io e Stana siamo amici, ma mica mi scrive appena può, anche se è dall’altra parte del mondo. E non mi fa certo chiamare da suo padre…”

“E poi non credere che non mi sia accorta che hai recuperato la forma di qualche anno fa e che il tuo frigo sembra il banco di un fruttivendolo….”

Jon si rivolge a Tamala e, a sostegno della sua ultima osservazione, le fa: “Già, il signorino qui presente è venuto ad allenarsi con me tutti i giorni…” Poi si volta verso di me e continua: “E non mi dire che lo hai fatto per contrastare l’età che avanza né per motivi di salute. Forza, Fillion, su, non farci perdere tempo. Parla. Ora.”

Guardo prima l’uno e poi l’altra, come a una partita di tennis. Sotto questo fuoco di fila mi sento praticamente circondato. Farfuglio qualcosa, ma non riesco proprio a risultare convincente. Alla fine, forse per la stanchezza o per la gioia di saperla incolume, confesso loro che ci siamo baciati, solo baciati, ma mi faccio promettere solennemente che non lo racconteranno ad anima viva, anche perché altrimenti Stana-avventura-Katic potrebbe farmi fuori seduta stante, anche a mani nude.

Un paio di giorni dopo mi chiama di nuovo il papà di Stana e mi informa che lei e la mamma rientreranno negli Stati Uniti l’indomani, via Pechino, con il volo del pomeriggio. Presumo che voglia passare un po’ di tempo con la sua famiglia, ma solo il fatto di saperla sul mio stesso continente mi rasserena. Almeno potrò sentire la sua voce o leggere le sue mail… Caspita, mi è mancata davvero tanto.

Dunque, suo padre ha detto che sarebbero arrivate a Chicago a metà pomeriggio… quanto ci impiegheranno dall’aeroporto a casa? Boh, magari provo a chiamarla stasera sul tardi… sì, dai, non posso romperle le scatole, sarà stanchissima… intanto ordino qualcosa per cena, non mi va di mettermi a cucinare.

Poco dopo, suonano alla porta. Diamine, quel take-away ha un servizio davvero celere!

Vado ad aprire e invece… c’è proprio lei! Lei e il suo splendido sorriso! Ha il volto provato e sembra stanca, ma, caspita, non ho mai visto niente di più bello… La afferro e la abbraccio strettissima. Deve indossare delle scarpe basse, perché la sua testa arriva sotto il mio mento. La stringo ancora più a me, come a volermi fondere con lei. Oh, nel mio cervello si materializzano immagini assai poco caste su altri modi in cui vorrei fondermi con lei e mi trasformano in un adolescente in piena tempesta ormonale. Strano che non mi rifili un ceffone…

“Nate… non riesco a respirare…”

“Oh, Stana, scusami, è che… I thought I lost you”. Lo so, è una battuta di Beckett.

Sorride e mi risponde a tono: “Never, never” … a ruoli invertiti, mi sa che ci siamo immedesimati troppo in questo show!

La trascino dentro casa, le accarezzo le braccia, i capelli, il volto, quasi a volermi rassicurare che sia veramente qui e che non sia la proiezione dei miei desideri, e finalmente la bacio. Quanto mi è mancato il suo sapore! Dalle labbra passo al collo, mentre lei infila le mani sotto la mia T-shirt, mi sfiora il ventre e i fianchi e, improvvisamente si stacca da me.

“Nate, qui manca qualcosa…. Dov’è finita la tua adorabile pancetta? Niente più maniglie dell’amore?” Me lo dice sorridendo e mordendosi il labbro inferiore, con un’espressione al tempo stesso angelica e birichina. Caspita, quanto è sensuale quando fa così. Il bello, con lei, è che riesce ad essere sexy e buffa al tempo stesso. Non posso fare a meno di ridere e le rispondo: “Beh, ho pensato di sfruttare queste settimane per rimettermi in forma. Avevo… anzi, ho la ferma intenzione di sedurti, signorina Katic. Com’era quella mail su me, te, vasca da bagno, olii per massaggi e nessun indumento?” Sollevo un sopracciglio in modo malizioso e lei arrossisce come una bambina. Semplicemente deliziosa.

“Beh, da questi viaggi c’è sempre qualcosa da imparare…” E mi guarda in un modo che è tutto un programma. Le salterei addosso seduta stante, ma cerco di evitare di passare per un maniaco sessuale.

“Piuttosto, cosa ci fai qui? Pensavo che saresti rientrata a casa dei tuoi…”

“Non mi vuoi?” Me lo dice con il tono di una bambina taaaaaaaaaaaanto triste e facendo anche il labbrino.

“Oh, ti voglio eccome, non ti immagini nemmeno quanto ti voglio e in che modo ti voglio. Dai sediamoci, devi essere esausta. Da quante ore sei in viaggio?”

“Non ne ho idea… credo di essere un po’ stordita dal jet lag. Ma avevo voglia di vederti. Mi sei mancato, Nathan. In queste settimane io… ho pensato tantissimo a te… a noi… e…”

“Anche tu sei sempre stata nei miei pensieri. Ci sono tante cose che vorrei dirti, tante cose di cui dobbiamo parlare, ma adesso devi riposare. Forza, fatti una bella doccia, ti preparo qualcosa da mangiare e poi ti stendi per un po’. Abbiamo tutto il tempo per recuperare.” Avevo detto di volerla viziare, no? Voglio cominciare subito.

“Fai la doccia con me?” Di nuovo quello sguardo birichino. Praticamente irresistibile.

Mi mordo un pugno. “Stana Katic, benedetta donna, sei proprio un diavolo tentatore… se facessi la doccia con te non risponderei delle mie azioni nemmeno per un nanosecondo. E tu adesso sei troppo stanca. Pertanto fila in bagno, di corsa.” Le faccio anche cenno con il braccio teso e l’indice puntato.

“Non ho niente da mettere. Il mio bagaglio non è arrivato, deve essere rimasto a Pechino…”

“Trovi un accappatoio in bagno, poi puoi prendere una delle mie magliette. Ti starà un po’ grande, ma almeno ti potrai cambiare.”

“OK… vado e torno.” Le stesse parole che ha usato per salutarmi prima di partire per la Mongolia, che non è esattamente dietro l’angolo.

Ma è tornata.

E’ sana e salva.

E’ qui che sta facendo la doccia nel mio bagno (oddio, non voglio provare a immaginarmi lei, nuda, a pochi passi da me…).

Ha preferito venire da me piuttosto che andare dai suoi familiari. Il mio ego sta facendo la ruota come un pavone in amore!

Nel frattempo, il take-away che avevo ordinato è arrivato. Finisco di armeggiare in cucina e vado a vedere che fine ha fatto Stana. Dal bagno non proviene alcun rumore. Busso delicatamente alla porta, ma non mi risponde. Caspita, non si sarà mica sentita male? Entro con cautela, ma non c’è nessuno. Poi, girandomi, la vedo lì.

Avvolta nel mio accappatoio.

Sul mio letto.

Che dorme, rannicchiata, come una bambina!

Mi fermo a contemplarla per un tempo che non saprei calcolare. Secondi? Minuti? Ore? Non importa. Lo sapevo che era esausta…. E’ bellissima. I tratti distesi del volto sono perfetti. La fronte, il naso, quelle labbra…. Non riesco a non avvicinarmi a lei. Lo so che dovrei lasciarla tranquilla, ma proprio non ce la faccio a stare lontano. Mi distendo dietro di lei e, facendo attenzione a non svegliarla, metto un braccio sul suo fianco e la tengo stretta a me, affondando il mio naso nei suoi capelli. Devo avere la delicatezza di un elefante, perché lei naturalmente si accorge subito della mia presenza, si volta e mi sussurra, sempre ad occhi chiusi: “Nate, grazie per avermi aspettato…”

“Grazie a te per essere tornata da me.”

La bacio sulla fronte, sugli occhi, sulle guance e infine sulle labbra. Le sue mani mi accarezzano la schiena e scendono giù fino ai glutei. “Fillion, l’allenamento ti ha fatto proprio bene, sai?”

E con questa considerazione diamo inizio alla messa in pratica di un altro dei miei buoni propositi per quest’estate… Indovinate un po’ quale?

 

Nota dell’autrice.

Eccoci giunti al termine di questa piccola storia che racconta un’estate speciale.

In primis, grazie di cuore al mio angelo custode, che si è sciroppata tutti i capitoli in anteprima, ha sopportato tutti i miei dubbi (troppo banale? Troppo melodrammatico? Troppo film hollywoodiano? Ma sei sicura che vada davvero bene?), mi ha mandato i suoi suggerimenti e i suoi deliziosi commenti in verde e mi ha supportato per l’intera stesura, con la pazienza di una santa.

E naturalmente grazie a chi di voi mi ha regalato un po’ del proprio tempo ed è arrivato fino qui.

Baci,

Germangirl

  
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