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Autore: Andrew R Tyler    13/06/2013    0 recensioni
Un'astronave, due uomini, un computer senziente.
Una morte certa.
Una lunga chiacchierata.
Genere: Angst, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5

"Ultimo minuto"

 

Pavel arrivò appena in tempo per sorreggere Daisuke prima che questo rovinasse sul pavimento.

Singhiozzava senza ritegno, in maniera convulsa, raggomitolato su se stesso. Non l'aveva mai visto così, pensò.

Non si poteva dire che fossero amici di lunga data, nonostante – a conti fatti – si conoscessero da più di centocinquant'anni. Pavel rifletté che erano stati secoli molto scarsi quanto a rapporti sociali, almeno per lui.

Mentre era immerso in questo vortice dei pensieri che stava diventando di un'intensità spaventosamente vicina al paranoico, qualcosa lo tirò violentemente verso il basso, lasciandolo senza fiato.

Era il braccio di Daisuke.

Con ancora le lacrime agli occhi, tentò di rialzarsi. Avvicinò la sua bocca all'orecchio di Pavel.

«Devo... devo dirti... dirti qualcosa... prima... che... sia... troppo tardi.»

Notò che aveva le labbra esangui. Era ancora terribilmente freddo. Non aveva preso il risveglio così bene come sembrava.

Nella sua voce c'era una punta di preoccupazione. Pavel tacque.

Istintivamente si avvicinò di più a Daisuke, inginocchiandosi.

Egli, dopo un profondo respiro, riprese a parlare.

«Mi... sembrava... giusto che tu lo sapessi.»

«Che cosa?», chiese Pavel, facendo uscire dalla sua bocca un filo di voce.

«... Problemi. A bordo. Con... con I.S.A.A.C.»

Pavel aspettò. La situazione iniziava a turbare anche lui.

Daisuke si stava irrigidendo. Anche il volto gli stava diventando bluastro.

«Che genere di problemi?»

«Lui... lui non funzionava.»

«Cosa?!»

«Sì, sì... non ti sei... mai... chiesto perché... perché io fossi qui?»

«... In effetti è strano.»

Daisuke parve non sentirlo. Continuò a parlare senza interrompersi.

La sua voce stava diventando sempre più flebile.

«... Noi... la Spynhx... non ha sviluppato... I.S.A.A.C.. Fu... Fu fatto fare su commissione, ma ci... ci prendemmo comunque i meriti.»

Un allarme squarciò la solennità di quella rivelazione, troncando bruscamente il discorso del giapponese. Daisuke stava morendo.

Pavel si alzò bruscamente, scioccato. E si accorse del perché. Di tutti i tubi che avrebbero dovuto provvedere a tenerlo in vita, nessuno stava funzionando. Erano tutti desolatamente vuoti. Eppure I.S.A.A.C. avrebbe dovuto provvedere automaticamente.

Disorientato, si ricordò di dove fosse il comando manuale. Sperava che non fosse troppo tardi. Era curioso più che mai. Voleva, doveva sapere. La curiosità soverchiava l'amicizia, gli dava la forza di correre. Raggiunse la leva con una velocità che stupì anche lui. La tirò verso di sé, e lentamente un liquido trasparente iniziò ad invadere i tubicini. Si lasciò scappare un sospiro di sollievo. Daisuke parve come colto da una scossa elettrica, inarcando la schiena e sbarrando gli occhi, poi cadde svenuto.

 

I.S.A.A.C. si fece vivo, accendendo il terminale accanto a Pavel.

Preso da un ignoto terrore, questi si voltò e corse, corse, corse, inseguito dall'accensione automatica delle luci, dall'apertura automatica delle porte, inseguito da gruppi di byte, inseguito da null'altro che le sue paure.

 

Corse per una distanza incredibilmente breve, in quanto l'astronave lunga non era, trovandosi la strada immediatamente sbarrata da una porta stagna. Spaventato come un bambino, si infilò nel primo vano che gli capitò a disposizione, accorgendosi rapidamente che era piccolo, angusto, pieno di tute spaziali. Si rese subito conto dell'errore che aveva fatto. La porta sul corridoio si chiuse con uno scatto secco.

La voce di I.S.A.A.C. risuonò tonante nella stanza.

«Bene Pavel, vedo che sei già pronto per uscire a riparare lo scafo.»

Pavel urlò, con tutto il fiato che aveva in corpo. Batté disperato i pugni sul pesante portone in acciaio. I.S.A.A.C. tacque, con le telecamere che parevano scrutare cinicamente la scena. Pavel si specchiò, in un attimo di casuale lucidità, nella superficie lucida dell'occhio elettronico, e cadde in ginocchio, emettendo un gemito rauco, senza più voce, raggelato dal suo aspetto fisico. Tutta la scena sembrò congelarsi per un istante, in un silenzio innaturale. La telecamera ruotò leggermente.

Pavel trasalì, e credette di morire.

  
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