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Autore: Lady Lee    14/06/2013    7 recensioni
L'amore non è una cosa facile.
Neanche per Beast Boy e Raven, che in questa storia si accorgeranno di amare, oltre ai pregi, anche i difetti l'uno dell'altra.
Ma non sarà semplice, perchè amare è difficile, però in fondo, basta ascoltare il proprio cuore.
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Glen Miller si avvicinò a Beast Boy per scrutarlo, osservarlo.
L’impressione che ebbe il ragazzo fu quella che l’uomo stesse cercando di capire se quelle sul suo volto fossero veramente delle lacrime.
E lo erano.
Beast Boy piangeva, perché non riusciva più a reprimere la sua tistezza. Le emozioni disordinate che provava lo rendevano diverso: più mesto e inattivo, quasi fosse spento, senza la solita luce che aveva negli occhi tutti i giorni.
Stava così male per via della salute di Raven.
Era tornato a casa, quel giorno, ma non aveva parlato neanche un po’. Anche gli altri Titans erano tristi, e soffrivano.
Ma lui provava tale dispiacere da riuscire a starsene in silenzio, a non combinare, come suo solito, guai e disastri.
Poi si era recato in prigione, camminando per le strade di Jump City, rivivendo ogni momento passato al fianco di Raven; ogni gioia, ogni dolore. Ogni promessa e ogni litigio.
Per lui era come se la maga fosse ancora lì, pronta a rimproverarlo dopo una bravata, a cacciarlo dalla propria stanza.
In fondo amava quando lei era arrabbiata.
Pensava che fosse bella con quello sguardo di fuoco, ogni volta che era infuriata. E poi amava sentire urlare il suo nome per tutta la torre.
Era stato accolto dall’atmofera di tensione che c’era in carcere, dalla curiosità dei detenuti che sbirciavano cosa succedesse attraverso le sbarre.
Qualcuno di loro lo riconosceva, erano stati proprio i Titans a portarli lì.
Gli altri comunque sapevano di chi si trattasse, chiunque l’avrebbe riconosciuto. E anche a quegli uomini faceva uno strano effetto vederlo in quello stato, abbandonato alla sua tristezza.
Commenti sulla sua espressione mesta rieheggiavano nell’aria, ma Beast Boy non ci faceva caso, non se ne curava.
Da quando era succeso non gli importava più di nulla, e nulla aveva un senso. Non senza di lei.
Una volta resosi conto che quelle goccioline sulle guance del ragazzo erano delle lacrime, Miller corrugò la fronte.
-Dovrei odiarti.
Cominciò a parlare Beast Boy, con la voce fredda e distaccata.
-Dovrei odiarti, per ciò che hai fatto.
-E perché non lo fai? Perché non mi odi?- chiese Glen, colpito dalle parole del mutaforma.
Parole che, effettivamente, non avevano senso.
Lui avrebbe dovuto provare rabbia, oltre al dolore. E avrebbe dovuto odiare Miller, perché era tutta colpa sua.
Ma poi ci pensò. E forse tutto quell’odio non faceva altro che peggiorargli le cose, peggiorare la situazione e il suo stato d’animo.
Perciò ci riflettè su.
Poi arrivò ad una conclusione: non sempre dal male deriva l’odio.
Raven stava male, le avevano sparato. Glen Miller le aveva sparato.
Quindi Beast Boy stava male, a causa dell’orribile gesto di quest’uomo; che, non pensandoci, aveva premuto il grilletto della pistola con un colpo secco.
Ricordava ancora le sue lacrime disperate e le urla. E poi… l’odio.
L’odio di tutto: verso il mondo, verso le pistole, verso se stesso. Ma quell’odio faceva danni, lo faceva morire dentro. Soffocava la sua anima e le sue emozioni.
Allora si era chiesto il perché di tutto quell’odio, e se fosse davvero necessario, se fosse l’unico sentimento che provava.
La risposta fu no.
Lui era triste, addolorato, e non voleva odiare Glen Miller.
Ma come riuscire a non provare un’emozione così devastante verso una persona che gli aveva rovinato la vita? Era come dover dimenticare, e lui non voleva.
Però, aveva bisogno di un’altra cosa. Aveva altri sentimenti i quel momento, altre emozioni disordinate nel suo cuore.
-Ho bisogno di comprensione. E tu in questo momento sei l’unico capace di comprendermi.
Comprensione.
Una parola, un sentimento, un’emozione.
Qualcosa di forte, di indispensabile per tutti. Anche per Beast Boy.
Aveva bisogno di comprensione, di qualcuno che capisse veramente ciò che provava in quel momento. E, paradossalmente, l’unico che era capace di comprendere i sentimenti del mutaforma era anche l’unica causa della sua rabbia e del suo dolore.
Miller si lasciò sfuggire una risatina.
-Tu l’amavi, vero?- chiese, con la sua voce rauca.
-No, io la amo. La amavo, la amo e la amerò ancora, per sempre.
Glen poteva capirlo.
Sua moglie era morta, ed era svanito tutto. Il mondo per lui  era crollato.
La sua vita era precipitata assieme all’aereo, a Katherine, la moglie; e a Steve, il figlio.
-Anche io amavo mia moglie.- disse, mantenendo lo guardo basso. –Anzi, sai che ti dico? Hai ragione tu, giovanotto. L’amavo, la amo, e la amerò ancora.
Beast Boy si alzò dalla sedia con l’accenno ad un sorriso.
Salutò Miller con un cenno del capo e uscì dal carcere di Jump City, osservando il cielo ormai oscurato dalla notte buia.
Guardando il riflesso della Luna sull’acqua del mare, pensò a Raven.
Alla luce nei suoi occhi ametista, a quei rari sorrisi, che ogni volta che coloravano il volto della maga lo rendevano felice.
Ma ora era preoccupato per il sua salute, si domandava se ce l’avrebbe fatta.
Tristi lacrime solcavao le sue guance, un dolore profondo lo avvolse completamente, si sentiva solo e… incompreso.
Tutti soffrivano.
Starfire piangeva ogni giorno e Robin cercava di consolarla, ma forse neanche lui era sicuro di quello che diceva. “Andrà tutto bene” ripeteva, ma Beast Boy in quella situazione non ci vedeva nulla di bene.
Anche Cyborg era triste.
Ora che Raven era all’ospedale, nessuno avrebbe rimproverato il mutaforma per i suoi stupidi scherzi. Però Beast Boy non li faceva più quegli scherzi, non si divertiva a prendere in giro il robot, non giocava ai videogiochi con lo spirito competitivo di una volta.
Pensava che ormai senza Raven tutto era spento, ed era vero.
Ma il ragazzo verde si sentiva incompreso. Triste e incompreso.
Starfire aveva perso un’amica speciale, e anche Robin.
Cyborg considerava la maga una sorella minore da proteggere.
Ma Beast Boy… lui aveva perso un’amata, che era diverso.
Lui l’amava, ma non come si amano i fratelli, o gli amici, o i genitori.
Lui l’amava più di ogni altra cosa.
Lui l’amava, e non poteva sopportare che stesse male.
Lui l’amava, e non poteva impedire alle lacrime di lasciare segni sulle proprie guance.
Così, nel silenzio di una notte buia, un ragazzo con il cuore infranto si aggirava per le strade di Jump City piangendo.
Un ragazzo che aveva bisogno di essere compreso.
“Ho bisogno di te.” Sussurrava, mentre la luna pallida risplendeva nel cielo.
Aveva bisogno della sua amata.
Aveva bisogno della sua Raven.
  
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