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Autore: KatnissClaire_Somerhalder    14/06/2013    0 recensioni
Quattro vite che si incontrano, quattro persone che sono "diverse", perchè non amano allo stesso modo degli altri.
Un racconto sulla dipendenza affettiva, contro il razzismo, i preconcetti e le ingiustizie sociali.
NB. QUESTO RACCONTO È DI PROPRIETÀ DI UNA MIA CARISSIMA AMICA CHE, NON AVENDO EFP, MI HA DATO IL PERMESSO DI PUBBLICARLO.
Copyright © 2013.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DIVERSO MODO DI AMARE, STESSO MODO DI DIPENDERE.

“Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare”.
                                 George Bernard Shaw                                                 



Diverso modo di amare, stesso modo di dipendere.
Una bottiglia di champagne e un buffet dopo uno spettacolo.
Strana cosa la dipendenza. Essa comporta alterazioni davvero importantinel comportamento di qualsiasi essere umano. La dipendenza inoltre, puòessere dovuta a diversi fattori. Ognuno di noi, in ogni caso, ne soffre.È come la dipendenza dal cibo o dal giusto mix tra bibita e pietanza.
Ladipendenza peggiore però, a mio avviso, è la dipendenza affettiva. Essacrea nel soggetto emozioni, sentimenti e comportamenti che possonoridurlo emotivamente ad un burattino nelle mani della persona amata.
Davide la dipendenza affettiva la conosceva bene, come conosceva bene lapassione per la cucina. Davide dipendeva da Matilde e Stefano; c’eranomomenti in cui arrivavano a fondersi nei respiri, negli sguardi. Sguarditalmente profondi che nessuna persona “normale” sarebbe mai riuscita acomprendere. Sguardi che, penetranti com’erano, talvolta, facevanorabbrividire. Davide fin da piccolo tendeva a distinguersi tra gli altri:mentre gli altri bambini correvano nel prato dell’asilo e rincorrevano lapalla, o si divertivano ad alzare il vestito delle bambine, lui preferivaraccogliere i fiori da donare alle maestre o alle sue compagne. Alcuni sidivertiva ad infilarseli nella maglietta. Dopo di che osservava chel'accostamento dei colori non stonasse e fosse perfetto. Preferiva starecon le femmine, piuttosto che con i maschi, li trovava “volgari” all’età
di tre anni. Tutte le volte che passava davanti ad un negozio, osservavai completi sui manichini e se qualcosa stonava, verso gli otto anni,entrava nel negozio e rimproverava le commesse, che, sbalordite dal suosenso estetico così accentuato ed incantate dalla sua bellezza dibambino, cambiavano immediatamente il look. Da adolescente, quelle stessecommesse chiamavano il ragazzo per l'assemblaggio dei manichini. Davidesi perdeva in mezzo ai vestiti, alla musica o ai libri, era il suo mondo.
A sei anni sapeva suonare il pianoforte perfettamente a orecchio.Chiunque lo sentisse cantare ne rimaneva incantato. La cosa chemaggiormente colpiva, oltre all'abbigliamento perfetto, era la
sensibilità di Davide. La sua empatia rasentava il paranormale. Capiva la tristezza altrui e subito se ne appropriava, proprio come se quel doloregli appartenesse, poi, con grazia solitamente tipica del mondo femminile,abbracciava l'amico che soffriva e asciugava le sue lacrime, poi lobaciava in fronte. Lo faceva con chiunque soffrisse, anche con chi gliaveva recato dolore.
La bontà e sensibilità erano infatti spesso mal viste dai compagni, chebullavano Davide e non lo rispettavano. Spesso si divertivano apicchiarlo e, a palla avvelenata, quando lo colpivano si assegnavanodieci punti a testa. Davide ne soffriva moltissimo, ma da liceale si reseconto che quella dei bulli non era forza, era paura, paura e invidia. Alliceo poi, le cose cambiarono, anche se permaneva l'invidia di una partedel gruppo maschile per il ragazzo più corteggiato da tutte le ragazzedella scuola, fin dalla scuola materna. Tutte rimanevo sbalordite dalladolcezza di ogni movimento che Davide eseguiva, da ogni completo cheindossava, da ogni pettinatura che faceva, da ogni sincero sorriso osguardo che faceva e da ogni nota che cantava. Alle medie sul diariospesso disegnava abiti. Prima di ogni ballo scolastico dispensava parerisu che abito indossare ad ogni ragazza, cosa che faceva terribilmenterabbia ai morosi di queste, che vedevano “la femminuccia” perennementecircondato dalle loro bellissime ragazze, che preferivano la suacompagnia alla loro.
Dietro alla sua gentilezza, Davide nascondeva però un percorso interioremolto difficile e pesante. Erano anni che si sentiva sempre sbagliato,sempre fuori posto. A diciassette anni, Davide si rese conto di esseredavvero diverso.
“A me piacciono i maschi come agli altri piacciono le ragazze”, disse aigenitori. Davide era figlio di un noto avvocato, uomo davvero amabile,dolce e premuroso verso ogni esigenza del figlio. La madre era una donnasensibile, intelligente e innamorata del proprio marito. Faceva la cuoca,o, come la definiva sempre il figlio, “l'artista di cucina” per la mensadei poveri. Forse era per questo che Davide amava così tanto cucinare equalsiasi cosa avesse a che fare con la gastronomia o la cucina ed eracosì sensibile verso determinate tematiche.Quando percepì l'omosessualità del figlio, la coppia lo accettò. Deciseroperò di mandarlo da una psicologa, così da assicurarsi che il bambino nonsviluppasse odio verso se stesso o il mondo, che non vivesse questo comeun'ingiustizia. Davide iniziò presto con l'auto analisi e i percorsi  interiori, ma crebbe forte. Non ebbe mai paura di mostrarsi per quelloche era, anche perché era uno dei ragazzi più belli di tutto il paese.
Occhi azzurri, capelli mossi e castani, fisico perfetto e statura alta,carattere splendido: l'uomo perfetto che ogni donna desidererebbe.
Matilde era sempre stata una bambina sveglia e spigliata, con due occhigrandi color nocciola, a cerbiatto, con espressione davvero viva efurbetta.Fin dalla scuola materna era definita “strana”. Invece di giocare con lebambine, preferiva passare le giornate da sola sul palco della scuola,immaginando ed insegnando situazioni straordinarie o recitando le fiabeche il padre le raccontava tutte le sere prima che si addormentasse.Matilde aveva una vera passione per la recitazione. A sette anni il padredecise di iscriverla all'accademia di musica ed arti drammatiche. Unavolta maggiorenne, Matilde venne notata da un critico accademico che laselezionò subito per la sua accademia. Matilde fece carriera da attrice,di fama internazionale. Fin da piccola, quando si esprimeva, pareva giàessere un'adulta per via del suo linguaggio forbito. Matilde era unabambina molto simpatica e precoce, di un umorismo fine, non comune. Nonera infatti spesso capita da i suoi coetanei, che la isolavano. Il trattoperò in assoluto più distintivo in Matilde era il feeling che riusciva acreare con i bambini, mentre con le bambine non riusciva proprio adandare d'accordo. Sembrava quasi la spaventassero, le volesse evitare atutti i costi. Alle elementari, il gioco preferito di Matilde era ilcalcio. Si divertiva a vestire da maschiaccio e a vincere ogni partita.L’attore non sta sulla luna, è dentro ognuno di noi, basta solo tirarlofuori. Era una fredda serata del 2001, Matilde aveva diciannove anni equella sera recitava in uno dei teatri più importanti di Parigi il famosodramma di Shakespeare “una notte di mezza estate”.
Un buffet, una bottiglia di champagne. Una vita che si chiarisce e duevite che si incontrano.
Uno sguardo penetrava gli occhi di Matilde quella sera tra il pubblico,uno sguardo che rivoluzionò la considerazione che Matilde aveva di sestessa. Uno sguardo che mise in crisi ogni certezza. Ludovica, vent'anni,ragazza di una bellezza sconcertante, proveniente da un'illustrefamiglia parigina, promettente giovane regista, rimase incantata daMatilde. Osservava la bellezza dei suoi occhi, l'armonia del suo fisicoperfetto, la passione sfolgorante che le brillava negli occhi. Tutto lesembrava essere perfetto. Ludovica era diversa, amava in modo diverso, equella sera due mondi si incontrarono irrimediabilmente. Due modi ugualidi amare si completarono. Matilde notò in mezzo al pubblico Ludovica.Ultima poltrona a destra, poltrona verso le colonne. I suoi occhi verdied i suoi capelli biondi perfetti fecero capire a Matilde perchè negli
ultimi anni non aveva mai avuto una relazione stabile con un ragazzo. Leragazze la spaventavano perchè lei non provava sentimenti “normali” versodi loro.
Una bottiglia di champagne finita nell'intervallo ed un piatto diescargot, un buffet offerto al pubblico.
Le mani delle due ragazze si incontrarono, come si incontrarono di nuovoi loro sguardi in mezzo agli sguardi di un'intera folla. Unapresentazione frettolosa e passionale, una fuga tra la folla. Matildescappò fuori dal teatro, sconcertata da quello che stava provando:sudava, il cuore le batteva fortissimo e tremava, il respiro era mozzatoin gola, non riusciva a respirare. Un groviglio di pensieri sullabellezza e l'incanto le riempivano la testa. Aveva la nausea, e non eracerto colpa del cibo e dell'alcool. Una voglia irrimediabile di stareaccanto a quella ragazza appena conosciuta la faceva palpitare. Ludovicala seguì. Un bacio rubato. Ludovica afferrò Matilde per un braccio e, nonappena la diciannovenne rimase incantata, Ludovica le strappò un baciopassionale. In quel momento Matilde capì chi era, capì perchè in tuttiquesti anni si era sempre sentita fuori posto e dannatamente sbagliata.Ludovica sussurrò un “per sempre” nelle orecchie di Matilde tenendole lamano. La ragazza non aveva la forza di parlare. Fece cenno affermativo conla testa, diede a Ludovica un biglietto da visita con i suoi numeri ditelefono. Le ragazze sorrisero. Mai Matilde si era sentita più felice emai aveva visto più sicurezza in una ragazza. Una voce angelica provenivadai camerini esterni, dietro al teatro. Matilde ne venne immediatamentecatturata e si diresse verso la sala prove.Un piatto di pasta all'italiana, un pianoforte che suonava ed unabottiglia di vino rosso su un tavolino.Un ragazzo dal viso angelico stava suonando “it's all coming back to menow”, canzone preferita di Matilde. “Se Dio potesse cantare avrebbe lavoce di quel ragazzo”, pensò incantata la ragazza. Prese il calice daltavolo, versò il vino e si avvicinò al pianoforte. Iniziò a cantare. Trai due ci fu subito intesa.
“Davide, piacere. Sono italiano, di Milano, ma canto nella Music ArtsAccademy di New York, e recito anche. È un'accademia di famainternazionale. Domani abbiamo lo spettacolo qui”.
“Lo so. Piacere, Matilde. Sono italiana, di Mantova, ma recito e cantonella Music Arts Accademy di New York. Spesso ci rechiamo qui intournees. Parigi è una città talmente romantica, e per certi tipi didrammi, opere o musical è l'ideale. Qui tutto profuma d'amore”. Disse laragazza.
Davide bevve un bicchiere di champagne.
Due vite parallele trovarono il loro perfetto complemento inquell'incontro. I due ragazzi capirono di poter lavorare insieme. Nelgiro di un anno i due abitarono insieme. Davide e Matilde diventaronomigliori amici, si dicevano tutto. Avendo lo stesso modo di amare, i duesi capivano a sguardi. Entrambi con la passione per la cucina e con igenitori con la stessa professione, ma invertite: Davide aveva il padrecuoco, e la madre avvocato. Matilde il contrario esatto. Il loro legameera talmente forte da leggersi nel pensiero, due sensibilità fuse ecomplementari, due caratteri che si completavano alla perfezione. Davideera sognatore, Matilde tendeva a tenere sempre troppo i piedi per terra.Entrambi con un grande talento ed una grande passione per la musica e ilteatro.
Ludovica e Matilde stavano ormai insieme da un anno, italianaanche lei, Ludovica si era comunque recare anche lei in America, a NewYork per studiare e perchè era stata assunta in uno studio di regia ecinema. Matilde iniziò a capire cosa significasse dipendereaffettivamente da qualcuno, da qualcuno che se manca ti toglie il fiato.Matilde era come condividesse l'ossigeno vitale con Davide. Con Ludovicacondividevano gli stessi occhi, gli stessi sensi. Senza Ludovica, eracome se Matilde perdesse tutta la sua abbagliante luce. Senza Davide nonpoteva esistere. La stessa cosa valeva per il ragazzo.

Febbraio 2002: Grand Operà di Parigi. Prove per il musical “Il fantasmadell'opera”. Davide e Matilde erano i protagonisti, sala prove.Una bottiglia di champagne e delle crepes sul pianoforte dove Davide
suonava.Matilde cantando, muovendosi, la fece cadere. La bottiglia di champagnediffuse i suoi pezzi di vetro per tutta la sala. Le crepes di Davideribaltate a terra. I ragazzi interruppero le prove per pulire. MentreMatilde si dirigeva per andare a prendere i detersivi e l'occorrente perpulire, venne catturata da Ludovica che entrava correndo, con un sorrisogigantesco nell'edifico. Afferrò la fidanzata per il bacino, l'alzò e leurlò: “Faccio un film! Giro un film! E tu e Davide, alunnidell'accademia, sarete i protagonisti!”. Le ragazze dimenticarono dellepulizie ed uscirono felici dall'edificio. Davide rimase nella sala ediniziò a pulire con la scopa, cantando, con in mano il suo calice delvino rosso preferito dalla migliore amica.
Un vetro nella mano.Un ragazzo dall'aria misteriosa entrò nella sala. Notò immediatamente la sofferenza negli occhi di Davide. Una goccia di sangue cadde sulpavimento. I loro occhi si incrociarono timidamente. Davide abbassòsubito lo sguardo. Il bicchiere gli cadde e si frantumò, il rosso delvino si fuse perfettamente con il sangue di Davide sul pavimento. Ilragazzo corse ed afferrò la mano di Davide, estrasse velocemente il vetrodalla mano di Davide, a cui scese una lacrima. Il ragazzo estrasse unafasciatura dalla tasca dai suoi jeans attillati e medicò la mano diDavide, che ringraziò a mezza voce. Dopo di che, il ragazzo estrasse unfazzoletto ed asciugò le lacrime di Davide, con la stessa dolcezza eraffinatezza con cui lui lo era solito fare. Un abbraccio seguì lepresentazioni.
“Stefano, piacere. Italiano, recito in accademia anch'io, ti ho sempreammirato. Tu sei Davide. Sono il ragazzo di Matilde nel musical, il tuorivale, fantasma. Spero però di non esserlo nella vita perchè miprocurerebbe molto dolore”.
Davide non ebbe la forza per rispondere. La mano gli tremava forte, ilcuore palpitava, i respiri si fecero sempre più veloci. Tachicardia.Appena Davide si riprese e fu in grado di rispondere, presentarsi, i duepulirono tutta la sala insieme e cantando. Dopo di che Davide chiamòMatilde che rientrò in sala, diede la notizia del film a Davide,contentissimo, e le prove ricominciarono. Stefano aveva un fascinostraordinario, con una bellezza calda, neolatina. La sua famigliaproveniva infatti da Buenos Aires, ma si era poi trasferita in Italia, aRoma. Stefano parlava quindi quattro lingue perfettamente: inglese,francese, spagnolo e italiano.
Lavorando insieme, i due si conobbero profondamente, da subito ebberointesa. Davide rimaneva incantato dalla voce di Stefano, dal modospontaneo in cui Stefano passava da una lingua all'altra. Stefano avevaventuno anni, Davide diciannove. Una sera i due furono chiamati in unlocale di New York come ospiti d'onore per cantare, con Ludovica eMatilde.Hot dog all'americana e champagne.Davide esagerò. L'odore di alcool che emanava Davide dava fastidio aMatilde, che lo portò in bagno. Davide non stava in piedi. Una volta inbagno, il ragazzo non rispondeva più alle domande che gli faceva Matildedopo averlo obbligato a bere caffè con sale e limone per tenerlo svegliomentre il ragazzo aveva la testa sulla tazza del water del locale. Davideguardò Matilde, lo sguardo assorto nel vuoto, le pupille si ribaltarono.
“Stefano”, urlò piangendo la ragazza dal bagno. Il ragazzo lasciò latastiera a Ludovica che improvvisò una presentazione del suo film e siprecipitò in bagno. Le pupille di Davide ferme. Il ragazzo sembrava privo
di sensi, ma muoveva le dita. Stefano afferrò Davide in braccio e loportò immediatamente in macchina. 150 chilometri orari su una stradasecondaria di New York che portava dall'Arts Caffèe all'ospedale. Davidevenne subito ricoverato per coma etilico. Matilde era dovuta rimanere allocale con Ludovica. Ogni minuto mandava un messaggio a Stefano persapere l'andamento della salute di Davide. Un senso di vuoto e mancanzanel petto. Stefano rimase tutta la notte accanto al letto di Davide,guardandolo, facendogli dei ritratti. Sì, Stefano aveva la passione ancheper la pittura! Come hobby infatti talvolta vendeva dei quadri ad amici
ed amici di parenti. Era bravo.Davide si riprese dopo la notte. I medici dissero che non fu solol'alcool. Fu una congestione, il ragazzo aveva mangiato troppo, avevapreso freddo ed era sottoposto a troppo stress lavorativo. Dissero cheentro il pomeriggio sarebbe stato dimesso e che si sarebbe ripreso, mache doveva riposare.Davide, mezzo addormentato, ancora per metà privo di sensi, chiamò ilnome Matilde, cercava disperatamente la mano della ragazza.
“Ci sono qui io amore. Non avere paura, non è niente, basta champagneperò” sussurrò Stefano nell'orecchio a Davide.
Davide palpitava. Non aveva la forza di rispondere, ma capìperfettamente.Stefano si avvicinò al viso di Davide, gli accarezzò i capelli e lo baciòdolcemente.Incontro perfetto di due labbra, incontro perfetto di due mondidestinati ad unirsi con un brindisi di spumante.
“Questo è il primo bacio in cui sento i fuochi d'artificio come nellefiabe della Walt Disney in cui la principessa alza sempre la gamba. Sonoinnamorato di te Davide. Spero riuscirai ad accettarlo. Inoltre, le tuelabbra sanno delle migliori pietanze che un cuoco italiano possa maicucinare” sussurrò Stefano dolcemente accarezzando la testa del ragazzo.
Davide sorrise.Un bacio rubato a Stefano. Un’altra dipendenza affiorò alla coscienza.Gli occhi profondi e scuri di Stefano, la sua pelle avorio ed i suoiricci neri erano per Davide irresistibili.
“Sei tu la mia principessa, anzi, il mio principe. Ti amo anch'io, scemo,e non ho paura di dimostrarlo. Adesso però sono geloso di Matilde quandola dovrai baciare sul palco domani” replicò il diciannovenne.
“Èsolo lavoro, lo sai amore. Poi siamo tutti impegnati” –fecel’occhiolino -“Adesso dormi”- continuò. Gli baciò la fronte. Davideubbidì all’istante.
Al pomeriggio tornarono insieme e Davide si era ripreso perfettamente.
Gennaio 2003: il bilocale divenne un appartamento in centro a New York.Giovani attori straordinari di fama internazionale se lo potevanopermettere.
Lavorando tutti e quattro insieme, le coppie erano ormai diventateinseparabili. Ludovica e Stefano diventarono migliori amici edindivisibili. Respiravano davvero tutti insieme, in perfetta sincronia.
La loro sensibilità accentuata aveva finalmente trovato la suadimensione. Erano felici, e si amavano, nel modo più sincero esistente.L'omosessualità non è una malattia, una cosa che rende “mostri”, è solouna caratteristica individuale, un modo di amare che si ha dentro e chenon è sbagliato, è solo diverso, ma non per questo inferiore o daeliminare. Ognuno dovrebbe essere libero di scegliere le strade dapercorrere in piena libertà e senza essere etichettato. La dipendenzaaffettiva è come un filo che ti lega alla persona amata, che rafforza ilsentimento, ma che lo rende anche altamente e costantemente doloroso,investito di un’empatia e di un’intensità eccessive.

Parigi, 14 Marzo 2005: set del film di Ludovica, modernizzazione deldramma operistico “Madame Butterfly”: scena finale. Un tragico evento.Proprio quando tutto sembrava perfetto, quando Davide e Stefano avevanodeciso la data delle nozze in Spagna, a Madrid, quando il film stavaandando alla perfezione, così come la vita sociale degli attori, Matildesentì un senso di vuoto nel petto, quel senso di vuoto simile a quandoDavide aveva rischiato la vita per coma etilico e congestione.Adesso però quel senso di perdita era totale. Matilde stava recitando, maguardò disperatamente tra la folla, verso la telecamera. Ludovica non
c'era. Matilde udì il suono delle ambulanze, vide Stefano piangere,Davide corse verso Matilde piangendo. Nel petto una sensazione di vuoto,di perdita straziante. Davide non fece in tempo a dare spiegazioni allamigliore amica che la fidanzata aveva avuto un infarto.Il ragazzo sentì il fiato mancare, la felicità che sentiva l'abbandonò,così come per due lunghi minuti l'ossigeno non gli invase i polmoni.Osservava il sangue disperdersi per il palcoscenico. Sentì le ultimeparole soffocate: “ti amo Davide. Per sempre. Sarai sempre il miomigliore amico. Devi andare avanti, ma non con me. Tu hai Stefano, saròsempre con te, ricordatelo”.
Osservava gli occhi spenti di Matilde, ogni gioia di vivere li avevaormai abbandonati. Gli occhi spalancati sembravano implorare aiuto, colmidi lacrime, lo sguardo fisso su un punto, nel vuoto. Ad un tratto, potéavvertire la sua disperazione, come se la sua anima si fosse trasferitanel corpo di Davide, poi per Matilde fu buio per sempre. Quelladisperazione nel petto non l'abbandonò più.

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