Primo capitolo...a voi!
James attraversò di corsa il corridoio senza degnare di uno
sguardo le persone che, cercando di scansare la sua folle andatura, si
gettavano a ridosso dei muri. La borsa gli sbatteva contro il fianco
provocandogli una fitta acuta e i capelli, scesigli sulla fronte, si muovevano
al soffio dell’aria contro il viso. Si fermò, infine, davanti ad una porta di
legno scuro. Guardò l’ora da un grande orologio posto in alto, davanti a lui:
ritardo pari a venti minuti. Una ragazza passò dietro di lui e, sorridendo ammiccante,
attraversò sculettando il resto dell’ampio corridoio. James, osservandola e
valutando attentamente, alla fine ricambiò il sorriso, un po’ avvilito. Sapeva
che le ragazze ne andavano matte. Quella svoltò in fondo verso sinistra e,
memorizzando a mente, bussò allora al pesante uscio. Una voce sottile da dentro
gli intimò di entrare.
La donna era volta di spalle, i capelli raccolti e annodati
elegantemente sul capo, le braccia conserte dietro la schiena, la gonna lunga
oltre il ginocchio dritta e austera. Ripensando al soprannome che Sirius le
aveva dato, sorrise internamente: era proprio azzeccato. Si voltò al sentire lo
scatto secco della porta e, oltre le lenti abbassate sul naso aquilino, lo
fissò severa.
- Signor Potter, vedo che gli orari non sono il suo forte-
- No, infatti-
Pentendosi all’istante di quella risposta scartò di lato e
poggiò la borsa su una delle sedie disposte dinanzi il tavolo di legno scuro.
Lei, al contrario, prese posto sulla poltrona più vicina al piccolo camino in
fondo la stanza e afferrò dal tavolino rotondo una tazza.
- Venga, signor Potter, si sieda e accetti una buona tazza
di tè, in attesa della nostra ospite-
James attraversò a passi misurati e lenti lo spazio che lo
divideva da quell’antro a dir poco angusto e si sedette prendendo posto su un
puff il più lontano possibile dalla donna. Lei, senza farci minimamente caso,
versò del tè in un’altra tazza e, con un leggero tocco della bacchetta, il
ragazzo se la ritrovò a volare proprio davanti il naso.
- Zucchero, Potter?-
- Grazie, professoressa-
Due zollette si tuffarono oltre il bordo creando dei giocosi
schizzi. James, allora, afferrò la tazza e, senza bere, la tenne stretta.
Riusciva a sentire, oltre le finestre, il vento che ululava forte e gli spruzzi
di acqua che si abbattevano contro il vetro. La professoressa Harriet, al
contrario, sembrava assorta da tutt’altre meditazioni. Insegnava Difesa contro
le arti oscure da pochi mesi ma già tutta la scuola l’odiava. Il suo modo di
fare era oltremodo snervante e la sua voce poteva mandare in fumo il cervello,
se sentita troppo a lungo. Fortunatamente, James non correva questo rischio.
Lui e Sirius, durante le lezioni di Difesa, trovavano sempre qualcosa di
alternativo da fare. L’ultima volta, poi, il diversivo era stato fin troppo
interessante. Sirius era riuscito a rubare dal cassetto del custode Gazza,
mentre quello cercava un metodo di tortura lento e doloroso, qualcosa che, sul
momento, non aveva ben identificato. Quando era rientrato in sala comune,
quella sera, e aveva mostrato ai tre amici l’oggetto, James era scoppiato a
ridere seguito da Peter mentre Remus, con contegno, aveva appena accennato una
smorfia di disgusto.
- Che dici, James, troveremo il modo di utilizzarlo?-
Gli aveva chiesto Sirius unendosi al coro di risate ormai
sguaiate. James, tornando serio e offuscando la vista con un ciuffo di scuri
capelli, lo aveva fissato assorto. Infine, dopo qualche secondo, aveva sorriso
beffardo
- Io credo proprio di si-
Il giorno dopo la professoressa Harriet aveva cominciato
come ogni volta la lezione, camminando tra i banchi e parlando con quel tono di
voce civettuolo e stridulo che le riusciva tanto bene. James, sull’orlo del
sonno, aveva incitato a lungo Sirius che, alla fine, si era deciso. Dapprima
era sembrato che non dovesse accadere nulla e i due, avendo già messo in conto
quell’eventualità, si erano guardati delusi. Dopo qualche attimo, però, la
stanza si era colorata di rocambolesche figure saltellanti e urlanti. I
fantasmi usciti dalla scatola avevano preso subito vita mettendosi a girare per
l’aula con fare allegro, alcuni stiracchiandosi, altri intrattenendo vivaci
discussioni. La professoressa, senza accorgersi dapprima di nulla, si era
sentita infine chiamare. Appena voltata, dietro gli sguardi divertiti della
classe, aveva incontrato una pupilla a pochi centimetri dalla sua faccia. La
donna a cui apparteneva la pupilla fuori dall’occhio le aveva gentilmente
chiesto l’argomento della lezione ma
- Avete visto? Ve l’avevo detto che odia i fantasmi!-
In effetti, James lo aveva scoperto un giorno mentre,
intento a raccogliere i suoi libri caduti a terra, aveva visto la professoressa
intrattenere una conversazione con un altro docente e aveva udito distintamente
pronunciare da lei parole che, in seguito, le si sarebbero ritorte contro.
L’arrivo veloce del custode aveva riportato la calma. Gazza
aveva rimesso a posto ogni singolo fantasma, alcuni del tutto tranquillamente
altri con qualche sussurrata minaccia. La professoressa era stata adagiata
sulla sedia e, dopo qualche schiaffo e alcune gocce di acqua, aveva riaperto
gli occhi farfugliando di spaventosi e orribili mostri. Alcuni tra i banchi
avevano soffocato le risate ma Sirius e James si erano fissati, seri: avrebbero
riscosso la loro parte, adesso. Gazza, infatti, raccogliendo dal fondo
dell’aula la scatola che Sirius si era ben guardato dal conservare, aveva
fissato su loro occhi piccoli e crudeli, pieni di soddisfazione.
- Ecco qui il ladruncolo e il suo complice…ci sarà una bella
punizione per voi, adesso che sarò io a decidere…-
Il ghigno del custode era stato però interrotto
dall’incedere lento nell’aula del professor Vitious, l’insegnante di
incantesimi.
- Grazie, Gazza, può andare. Ci penso io, adesso-
- Ma, veramente io…-
- Vada, Gazza, vada-
Prima che l’altro potesse dire o fare qualcosa, il piccolo
docente si era avvicinato alla professoressa adesso del tutto cosciente e aveva
scambiato con lei qualche parola. Sirius era stato mandato a rimettere in
ordine alfabetico tutti i registri personali del piccolo professore di
incantesimi, grazie ad un favore che quest’ultimo aveva espressamente fatto
presente alla Harriet. Ma lui, James, doveva scontare una punizione con la
stessa, il che non lo allettava affatto. La docente fissò truce l’orologio
allorchè questo batté le dieci in punto. Si alzò sbuffando dalla poltrona e
poggiò senza delicatezza la tazza sulla scrivania.
- Vedo che in questa scuola nessuno tiene alla puntualità!-
James non rispose presuppondendo che fosse più un commento
dettato dal malumore che un’affermazione cosciente. Fu soltanto qualche secondo
dopo che la porta si aprì di scatto e, dietro un leggero profumo di pesca, una
piccola figura ne sbucò. Il ragazzo si alzò istintivamente dallo sgabello e
fissò senza dire una parola colei che, a detta della professoressa,
rappresentava un’ospite. Non gli fu difficile riconoscerla: lunghi e ricci
capelli rossi, occhi dal taglio obliquo grandi e verdi, statura minuta, sguardo
dritto e fiero. Lily Evans. Lily.
- Signorina Evans, è un piacere vederla, sebbene in ritardo-
- Mi scusi, professoressa-
- Oh, suvvia, non fa niente! L’importante è che lei adesso
sia qui. Come vede non siamo sole-
La Harriet voltò il capo in fondo alla stanza seguita a
ruota da Lily. James, come sempre gli accadeva in presenza di quella ragazza,
arrossì violentemente e si premurò di voltare la testa da un lato, per
nascondere dietro il gioco d’ombre creato dal fuoco quel rossore. Lily parve
non accorgersene neppure e riportò gli occhi verdi in quelli nocciola della
docente. Poco male, pensò James tornando a guardare il profilo della ragazza.
Se aveva intenzione di fare la sostenuta, tanto meglio. A lui faceva soltanto
più piacere. Almeno metà delle ragazze della scuola avrebbero pagato perché
James Potter le invitasse ad uscire o, soltanto, rivolgesse loro la parola. Ma
lei, Lily Evans, non aveva mai mostrato segno di averne alcun desiderio. Dalla
prima volta che l’aveva vista, però, era James a desiderarla. Quei capelli che
si arricciavano in morbide curve, le labbra carnose e rosse, il dolce pendio
dei suoi seni… tutto di lei lo faceva andare letteralmente fuori di sé. Ma, per
sua somma sventura, Lily non sembrava disposta ad assecondare i suoi voleri.
Dopo avergli rifiutato decine di volte un appuntamento, si era ritrovata a
vederlo spuntare in classe un giorno, durante lezione di pozioni. Era entrato
come nulla fosse, aveva sorriso al professore senza minimamente scomporsi ed,
infine, era salito all’in piedi sulla cattedra. Tutti gli occhi degli astanti
si erano alzati ad osservare la scena, quali divertiti, quali vacui e sognanti.
Ma lei, acuendo l’odio che provava verso quel ragazzo, aveva solo stretto gli
occhi fino a ridurli a due fessure dorate. Prima che potesse sperare che fosse
tutto un incubo e che presto si sarebbe svegliata in preda agli ansiti
concitati, lui aveva preso a parlare, fissandola dritto negli occhi. Lily,
senza volerlo, aveva sentito un brivido correrle lungo la schiena, il viso
arrossarsi. Dandosi della stupida aveva ascoltato le parole di quell’arrogante,
come amava definirlo. James ,con solennità, aveva ribadito ancora una volta
che, secondo il suo modesto parere, avrebbero dovuto frequentarsi. Le chiedeva
di uscire una volta, una soltanto con lui, e, se avesse deciso di farla finita
subito dopo, lui l’avrebbe lasciata in pace una volta per tutte. Davvero, disse
infine, scendendo dalla cattedra e avanzando tra i banchi fino a giungerle
davanti.
Davvero, Lily, una soltanto. Ti giuro che non te ne
pentirai.
Si era buscato una settimana di punizione per quello
scherzetto, ma lei, sebbene avesse dovuto ammettere che le sue parole l’avevano
scossa e che il suo sguardo per qualche attimo fremere, non aveva desistito. Non
si sarebbe mai abbassata al livello di una persona che girava tronfia per i
corridoi e se la prendeva contro chi non poteva difendersi. Lui e quel suo
gruppo di amici credevano di rappresentare delle divinità all’interno di
Hogwarts. L’unico che Lily guardava senza sdegno o ripugnanza si chiamava Remus
Lupin, un tipo riservato e dal viso sempre pallido. Non capiva neppure il
perché girasse con gli altri tre, in verità. A parte James, gli altri due
ragazzi, Peter e Sirius, non le stavano granché simpatici ma neppure li
detestava. Sirius, poi, che era il miglior amico di James, sembrava esaltato
dal commettere baldorie e stupidaggini con l’altro al seguito. Quei due erano
come ombre, dove c’era l’uno potevi stare sicuro di trovare anche l’altro.
Sirius era un ragazzo dall’aspetto piuttosto affascinante, con un lungo taglio
di capelli scuri e uno sguardo attraente e misterioso. Molte delle compagne di
Lily erano cotte di lui, che sembrava se la godesse senza però darlo a vedere.
Peter, al contrario, un ometto piccolo e con pochi capelli sulla testa, sempre
nascosto dietro la mole di uno degli amici, tra i quali, sicuramente,
prediligeva la coppia James Sirius. Gli davano fama, che lui non avrebbe mai
sognato di avere, ed erano matti da legare. Nulla importava loro, sennonché la
loro stessa amicizia. Tutto il resto poteva andare alla malora, l’importante
era affondare insieme.
Entrando nell’aula e dopo aver visto chi ne era già
all’interno non senza un moto di stizza, rimase ferma tenendo stretta al fianco
la propria borsa di intelaiatura scura. La professoressa, mostrandosi
compiaciuta dal vedere finalmente entrambi al suo cospetto, si avvicinò alla
propria sedia dietro la cattedra e prese posto. James, dalla sua parte, si
chiese finalmente cosa ci facesse Lily in quel posto. Lui c’era finito a causa
dell’innocente scherzo ai danni della Harriet, ma lei? Era una studentessa
eccellente sotto ogni punto di vista, discreta, arguta e dallo sguardo
intelligente oltre ogni dire. Passava la maggior parte delle ore da sola,
emarginata da molti a causa delle origini babbane, ma non sembrava
risentirsene. Con una sola ragazza, di nome Lucilla Erickson, aveva stretto una
reale amicizia. Lucilla era una ragazza schiva e mingherlina e James spesso le
aveva riso dietro per i suoi modi concitati e goffi. Infine, dopo aver ricevuto
un dardo di luce verde carico d’odio a causa di un commento poco carino, aveva
smesso. James conosceva ogni orario di Lily, e sapeva sempre dove trovarla. Nelle
ore pomeridiane che aveva libere riusciva spesso a scorgerla in biblioteca o
sulle rive del fiume, intenta a leggere un libro o a terminare un compito. Se
ne stava, in quelle occasioni, poggiata al tronco di un grosso albero con lo
sguardo preso dall’attività che svolgeva con scrupolo, i capelli ai lati del
viso, le gambe l’una sull’altra distese sull’erba. Era così bella che James era
capace di stare a guardarla persino ore intere senza muovere un muscolo,
cercando di intuire un solo pensiero di quelli che attraversavano la sua mente.
Oltre Sirius, Lily era davvero l’unica persona di cui gli importasse il parere.
La Harriet, tossendo impercettibilmente, riportò entrambi alla realtà con un
sussulto.
- Bene, adesso che siete tutti e due presenti, posso
spiegarvi perché vi ho convocato qui stasera. Il signor Potter sa bene il
motivo della sua visita, immagino che non ci sarà bisogno di ribadirlo
ulteriormente-
La Harriet sembrò sbiancare un poco, cosa che provocò una
risata interna a James: non vedeva l’ora di raccontare tutto a Sirius, appena
tornato nel dormitorio. Lanciò un’occhiata a Lily che, immobile, se ne stava
all’in piedi nel centro della stanza, davanti alla Harriet. Sentendosi
osservata la ragazza si voltò dalla sua parte e James, colto in flagrante, non
ebbe altro da fare che mostrarsi in ascolto e nella più completa indifferenza.
Lei non ci fece neppure caso.
- Allora, signorina Evans, il motivo della sua venuta è
molto più semplice e, se posso permettermi, onorevole-
“ E ti pareva” pensò James, affranto “ impossibile che fosse
stata convocata per qualche punizione, come me…”
- E’ stato molto arduo decidere una tipologia di punizione
per il signor Potter, e questo per svariati fattori. Se il caso fosse stato
singolo, una serata passata a scrivere del suo pentimento sarebbe sicuramente
bastata. Ma, data la continua e imperitura strafila di atti del tutto scevri di
ogni buonsenso, ho dovuto ricorrere a rimedi drastici-
La Harriet si accomodò meglio sulla grande sedia e si
sistemò gli occhiali sul naso.
- La biblioteca della scuola ha bisogno di una sistemata, e
anche urgentemente. Purtroppo il vecchio Perkins non ce la fa più da solo, e
presto bisognerà trovare qualcun altro disposto ad occuparsene, ma
momentaneamente due volontari giovani e pieni di energia mi sembrano l’ideale. Ovviamente
si potrebbe procedere grazie all’uso della magia, ma un po’ di sano lavoro non
ha mai fatto del male a nessuno, tanto meno a chi di lavoro non vuole neppure
sentire parlare-
L’occhiata fu esplicitamente lanciata al moro che,
tranquillo, ricambiò in maniera del tutto sfacciata. La Harriet, digrignando i
denti, riprese
- Il preside ha già accettato la mia proposta, quindi non ci
sarà bisogno di ulteriori spiegazioni. Il lavoro, se svolto efficientemente,
prenderà almeno una settimana, due ore subito dopo cena. Grazie ad uno speciale
permesso la biblioteca rimarrà aperta ad ore inoltrate e le chiavi saranno
affidate alla signorina Evans, che si è gentilmente offerta di collaborare a
quest’opera-
Lily sorrise ricambiando l’espressione di solida lucidità
dell’insegnante. James non sapeva se essere più orripilato o scandalizzato. Lui
in biblioteca per una settimana?! Impossibile anche solo da credere. C’era da
considerare il fattore Lily, locale vuoto, ore serali, ma, nel suo immaginario
e conoscendo il tipo, il tutto si sarebbe ridotto ad un lavoro da schiavo. E
pure in biblioteca,uno tra i luoghi da lui maggiormente evitati in quegli anni.
Chissà quante risate si sarebbero fatti i suoi amici. Sirius stava già scontando
la sua pena quella sera, con Vitious, e a lui era sembrato terribilmente noioso.
Appena avesse sentito di James, avrebbe dato un bacio al vecchio professore.
- Bene, credo che per stasera sia tutto. Domani a colazione
vi farò sapere gli orari. Una buonanotte ad entrambi. Ah, signorina Evans, può
restare un attimo?-
James, raccogliendo la propria borsa dalla sedia, uscì
dall’aula. Poggiò la schiena al muro di fianco la porta attendendo che la
ragazza ne sbucasse fuori. Sarebbe stata la settimana più nefasta della sua
vita, già se lo prospettava. E dire che ,se solo Lily si fosse convinta, quella
avrebbe potuto divenire da punizione un vero e proprio paradiso. Faceva lo
spavaldo, davanti a lei, ma in realtà sapeva benissimo che era cocciuta più di
quanto James potesse sperare di vincere. La ragazza uscì in quell’attimo dalla
porta e si diresse a passo deciso lungo il corridoio. Prima che si allontanasse
troppo, però, James la chiamò e lei si voltò.
- Evans…così lavoreremo insieme, a quanto pare-
Il ragazzo le sorrise beffardo, facendole intendere con uno
sguardo ciò che voleva immaginasse. Lily lo fissò ancora qualche secondo,
infine sistemò dietro l’orecchio un ciuffo di capelli e indurì lo sguardo.
- Non farti strane idee, chiaro? Il mio verso di te è e rimarrà
sempre solo un sentimento di disprezzo-
E sparì oltre l’angolo più buio.
Un grazie già da ora a chi leggerà
Fifi