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Autore: _justjuls_    14/06/2013    2 recensioni
Non so se ti è mai capitato di sentirti diverso; non uguale ai ragazzi e dalle ragazze della tua scuola, e magari ti hanno insultato, solo perché non sei come loro.
Beh, se sei mai stato in questa situazione, allora saprai come mi sono sempre sentita. Sono dislessica, iperattiva, con un disturbo da deficit dell’attenzione, insomma, non male per una matricola al primo anno di liceo. Scusa, non mi sono ancora presentata: mi chiamo Aurora Chord e in effetti sono diversa.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VENGO RICONOSCIUTA 

La mattina seguente la luce filtrata dalla finestra mi svegliò. Mi misi seduta lentamente sul letto cercando di non fare rumore. Mi guardai attorno e notai di essere l’unica sveglia nella cabina. Osservai l’alba dalla finestra che mi stava accanto, ed era stupenda: Nel cielo si mischiavano rosso fuoco, arancione e giallo tenue, in un’atmosfera dorata. Quello spettacolo mi ricordò mia madre che ogni volta che ne aveva l’occasione mi accompagnava a vedere l’alba al porto di Baltimora, e mi raccontava del giorno della mia nascita. Anche se eravamo a kilometri e kilometri di distanza riuscivo quasi a sentire la sua voce, la stessa che mi raccontava la medesima storia da anni.
 
Il giorno della tua nascita l’alba era ancora più bella di questa, di così ne avevo viste solamente due volte in tutta la mia vita. La prima volta fu quando conobbi tuo padre: Il cielo sembrava prendere fuoco e mi comunicava serenità. Lo incontrai una mattina d’estate, quando ebbi voglia di fare due passi. Camminavo con le cuffie nelle orecchie e il Walkman in una mano, quando distrattamente mi scontrai con lui che aveva appena parcheggiato la sua ferrari rosso fuoco. Aveva dei bellissimi capelli ricci e degli occhi dorati, e mi offrì la colazione. Parlammo tutta la mattina e ci conoscemmo meglio. Da quel giorno in poi ci incontrammo tutte le mattine fino al giorno della tua nascita, eravamo innamorati. Quando uscimmo dall’ospedale tuo padre venne a trovarci a casa, dove insieme decidemmo di chiamarti Aurora in onore di quelle bellissime aurore viste insieme . Stette con noi ma dopo pochi mesi partì per l’Afghanistan, dove morì pochi anni dopo.
 
L’unica variante che avrei aggiunto alla storia e che mio padre non era veramente un marine, e non era morto, anzi, era immortale.
Quella mattina il Sole era una palla infuocata che si rifletteva sul laghetto del Campo dove una canoa era già al largo. Su di essa un uomo biondo e bello sui trent’anni, mi stava fissando. Non appena incrociai il suo sguardo sfoggiò un sorriso ed ebbi appena il tempo di sbattere gli occhi che lui era sparito.
Chi era? Cosa voleva da me? Aveva un’aria vagamente familiare, ma non riuscii a mettere a fuoco il suo ruolo nella mia vita.
Distolsi gli occhi dalla finestra, dove il panorama era cambiato ed il Sole era già alto. Brad era sveglio e mi stava guardando dal letto opposto al mio. —Sveglia anche tu? —sussurrò piano. —Si, da un poco più di un ora ormai, — risposi — Che ore sono? — Chiesi.  Con la furbizia stampata in volto tirò fuori il mio Ipod da sotto il mio cuscino e schiacciò il tasto home. — Sette e mezzo. — Rispose ridendo. Presi subito il mio zaino e cominciai a rovistare nelle tasche in cerca di qualcosa che invece era nelle mani del mio amico. — E tu come hai fatto a prenderlo? — chiesi scioccata. — Te l’ho detto, mio padre è il dio dei ladri — Rispose Brad. — Comunque ci chiameranno a momenti, è meglio prepararsi. — Mi lanciò l'Ipod e una maglietta arancione come quella dei ragazzi del campo che presi al volo e riposi con cura nello zainetto. — Non vorrai farti trovare con il pigiamino con stampate delle mucche volanti. — Aggiunse.
Presi lo zainetto, mi alzai cercando di fare meno rumore possibile ed andai in bagno per cambiarmi.
Mi lavai il volto, mi pettinai e raccolsi i miei capelli castano chiaro in una coda.
Quando aprii la porta e mi trovai Brad davanti e sobbalzai facendo un passo indietro. Con un sorriso imbarazzato mi fece cenno al bagno con la testa. — Dovrei cambiarmi anch’io. —Disse.
—Ma certo, fai pure —Dissi. — io ho finito. — aggiunsi.
 Cinque minuti, dopo tutta la cabina era sveglia e suonò il corno. Gli ultimi ritardatari si infilarono i vestiti più velocemente possibile, e tutti insieme seguimmo Brad in mensa per la colazione.
Ci sedemmo al tavolo, e delle ninfe ci servirono la colazione. Nella mia mente ci fu come un flash. Dov’era Rose? Era da quando ero entrata nella cabina undici che non la vedevo più. Mi versai il latte nella tazza e ci buttai dentro dei cheerios che cominciai a mangiare con uno sguardo assente, ed ero talmente presa dalle mie domande da non notare che tutti mi stavano fissando. Sulla mia testa era comparso un simbolo dorato, era un arpa: Ero appena stata riconosciuta.
Tutti i ragazzi del campo applaudirono, specialmente dal tavolo di Apollo si sentirono esulti e mani battute sul tavolo.
Chirone mi si avvicinò, mentre il Signor D. se ne stava al suo tavolo, svaccato bevendo diet coke e borbottando tra sé.
— Bene Rory, anzi, molto bene, ora puoi trasferirti definitivamente nella cabina sette. — Disse
sorridendo. E dopo la colazione Brad mi accompagnò nella cabina undici a prendere la mia roba e mi restituì l’Ipod che mi aveva ri-rubato. Lo presi e mi misi a ridere.
Ci incamminammo verso la cabina sette e Brad si fece triste. —Così un’altra se ne va… — Esordì. Io abbassai lo sguardo e sorrisi, non riuscivo a trattenere le risate.  — Saremo solo a trenta metri di distanza, non è la fine del mondo! — dissi. Sul volto di Brad si abbozzò un sorriso. —Si, ma è il principio che conta, ogni nuovo arrivato se ne va sempre via, e ogni volta ci rimango male. — disse. — Ti annoierai senza di noi, vero? —Aggiunse. — Un sacco… morirò di noia — risposi ridendo. Lui ricambiò il sorriso e ormai eravamo arrivati all’entrata della mia nuova cabina. —Ciao, ci vediamo dopo durante l'attività. — Disse Brad, e alzando la mano in segno di saluto se ne andò. Un ragazzo atletico con i capelli biondi e gli occhi dorati mi aspettava davanti alla soglia . —Benvenuta tra i figli di Apollo, Rory! — Esordì il ragazzo. — Io sono tuo fratello Ray, il capo cabina. — Aggiunse sorridendo. Io ricambiai ed entrai nella mia nuova casa.
La facciata della cabina era strutturalmente uguale a quella della undici: Una scalinata che conduceva all’entrata della casa e  due colonne opposte che sostenevano il portico e un timpano. Le decorazioni però erano differenti: Sinuose righe musicali uscivano da un’arpa situata sopra l’uscio della porta, e si intrecciavano sulle colonne ramate che staccavano dall’insieme dorato della cabina.  Sul timpano era scolpito un Sole e sopra di esso si trovavano due archi da caccia opposti muniti di freccia. L’interno era ancora più incredibile: Il colore non era così forte, al momento era azzurro come il cielo senza nuvole.  —Cambia in base alle fasi del giorno, — Disse Ray, come se mi leggesse nel pensiero. —Di giorno è azzurro come il cielo estivo, di notte è blu come un cielo stellato, mentre all’alba e al tramonto prende il colore del cielo, ovviamente senza la stessa luce, altrimenti ci sveglieremmo sempre all’aurora.— E detto questo mi sorrise. Come accadde nella casa dei figli di Ermes, anche qui tutti si presentarono, ma stavolta ricordai tutti i nomi dato che erano meno ed era sicuro che fossero i miei fratellastri e le mie sorellastre. Parevano molto simpatici; loro erano in cinque e con me facevamo sei figli di Apollo; Io, Ray, Sky (Skyler), Zane, Will e Jess.
—Ah, già dimenticavo… Scegli il letto che preferisci.— Mi invitò Ray. Ed io scelsi il letto accanto alla finestra, nella speranza di potermi gustare l’alba per tutta l’estate per sentirmi più vicina a mia madre.
Avevo appena messo piede nella mia nuova casa.
 


*SPAZIO AUTRICE*
Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi invito caldamente a RECENSIRE! Adoro le recensioni :3 detto questo, alla prossima ! ;)
con affetto,

               Juliet_Mellark
  
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