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Autore: Rebi_    14/06/2013    0 recensioni
Emma ed Alessandro e il suo gruppo di amici si incrociano per una serie di eventi casuali, lei timida e lui scontroso, poi un giorno un fatto sorprendente inonderà la loro vita.Due caratteri del tutto diversi e incompatibili ma con un sogno in comune. Riusciranno a realizzarlo?
N.B questa storia è una storia a quattro mani scritta con @lucy square5
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I.
 
La campanella era suonata e tutti ormai erano usciti dalla classe, solo Emma si era trattenuta per riordinare libri e quaderni nella borsa, non sopportava le pieghe nei quaderni. Richiamata dalle bidelle, uscì dall'aula, si mise le cuffie della musica nelle orecchie e si incamminò verso casa. Tirava il vento, un vento freddo e fastidioso che scompigliava i rossi capelli ricci della ragazza fermati da un ferma coda argentato. Vide più in là il ragazzo misterioso che poco prima aveva travolto nel sua furia impetuosa, aveva una cera non del tutto serena. Chissà qual è la sua storia,pensò. Vide che un foglio gli era volato a terra, cercò di avvisarlo ma il ragazzo dal maglione blu entrò in macchina e se ne andò. Decise di raccoglierlo e lo lesse : “Ho mollato” : subito una serie di pensieri gli passarono per la mente ma non riuscì a darsi una risposta, cosa significava quella frase? Quella frase intristì la mente di Emma, decise che glielo avrebbe riportato l’indomani.
Arrivò a casa più tardi del solito e aprendo la porta fu travolta dalle urla della madre. “Emma, ti sembra questa l’ ora di ritornare?' 'Dove sei stata?' 'E togli quelle cuffie” Decise di ignorarla e si diresse in camera. Posò la borsa sulla sedia e i libri che teneva in mano sulla scrivania. La sua attenzione ritornò su quel foglio: era a quadretti, strappato sicuramente da un quaderno e la scritta sicura e pesante: chiunque avesse scritto quella frase aveva utilizzato un pennarello indelebile nero.
Chiunque avesse scritto quelle due righe doveva essere capito perché non è facile alzarsi la mattina e vivere quella vita che magari non ti piace ma devi andare avanti per tutte quelle persone che non ce l’hanno fatta. D’un tratto si senti partecipe della tristezza di quel ragazzo, si sentì come se avesse vissuto quel momento anche lei, come se fosse stata con questa persona.
I suoi pensieri vennero interrotti dal suono del computer, lo accese e vide che un suo amico gli aveva scritto su Facebook “Ei E. come stai?”. Decisi di non rispondergli perché aveva ben altro a cui pensare ora, decise di andare da suo padre a domandargli quale storia si celasse dietro quella calligrafia, andò nello studio del padre e gli domandò”Papà, potresti dirmi qualcosa in più su questa calligrafia?”.
Il padre, un uomo sulla cinquantina, un uomo dalla solarità inusuale. Emma lo chiamava il sole perché non c’era mai un istante nel quale il viso non mutava espressione.
“Dunque, è una scrittura sicuramente femminile, la persona deve essere molto riservata perché vedi chiude molto le lettere ma soprattutto non lascia troppi spazi vuoti tra le parole. Chi è che ha scritto queste parole?”
“Niente papà, grazie mille.”
“Emma, Emma aspetta, potrebbe essere un segnale pericoloso, dove l’ hai trovato? Emma non scappare” urlò il padre preoccupato dall'atteggiamento sfuggente della figlia. “Emma ritorna quì disse perentoria la madre che aveva origliato la conversazione. “Mamma smetti di impicciarti di cose che non ti riguardano”strillò la giovane infastidita dall'invadenza della madre. “Chi ti ha dato quel foglio? L’ hai scritto tu? Rispondi! Sei la solita codarda che non affronta le difficoltà” Sbraitò la donna. “Lasciami in pace, io non ho scritto nulla, parlavo con papà non con te! Fatti gli affari tuoi! La madre colpita dalle parole della figlia la colpì sul viso. “Ti odio mamma” disse Emma correndo in camera sua sbattendo la porta!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
II.
 
Si Svegliò. Guardò il calendario:era il 2 dicembre; subito gli ripiombarono i ricordi, quei ricordi che ti pervadono la mente che non se ne vanno più. Quel 2 dicembre di due anni fa, quel stramaledettissimo giorno. La chiamata. Il panico. I pianti. L’angoscia.
Lo ricorda bene quel giorno Ale perché era la prima volta che in 17 anni della sua vita che si era commosso. Quel giorno non sarebbe stato come tutti gli altri, sarebbe stato troppo duro da affrontare quel immenso dolore che da anni accompagnava la sua solitaria indole. Rovistò tra i libri ma non trovò quel foglio, dov’era? Subito si precipitò in cucina ma non lo trovò neanche lì, quel foglio non era un semplice foglio ma era il modo per rimanere ancorato a quel passato che piano piano se ne stava andando.
Ritornò in camera, mise nello zaino i primi libri che trovò sulla scrivania e uscì. Mentre usciva la sua attenzione si soffermò sul casco metallizzato sopra la mensola. Erano due anni che il suo motore era riposto in garage, coperto da un lenzuolo rosso per quale motivo la madre aveva deciso di tirarlo fuori di nuovo? “Mamma, cosa ci fa il casco in camera?” urlò con voce spezzata. “E’ ora di andare avanti Alessandro, smetti di sentirti in colpa, non avresti potuto salvarlo” disse amorevolmente la donna accarezzando i capelli del figlio. “Fanculo” rispose il giovane allontanando la madre con una spinta e uscendo di casa. Accese una sigaretta e si incammino, sarebbe dovuto andare a scuola ma i programmi cambiarono.
Fece due passi e decise di andarsene per qualche ora; girando per la città si ritrovò sempre in quel solito posto: al cimitero. Decise di entrarvi e trovò la tomba sempre lì; c’era stato qualcuno perché vi era un mazzo di girasoli profumati. Si sedette accanto alla tomba di Albe, il suo grande amico, l’amico delle bravate, quello che ti entra dentro e che non se ne va più, l’amico che conosci da sempre, quello con il quale da piccolo scambiavi le carte Pokemon. L’amico che sa tutto di te, vederlo lì suscitava in Ale una rabbia unita ad una tristezza lacerante. Erano passati due anni ma è come se ogni giorno fosse il 2 dicembre. Ogni giorno moriva la sua anima e con essa la speranza di poterlo riabbracciare, prima di addormentarsi pensava che Alberto potesse riaprire quella porta che sempre apriva per smuovere Ale dalla sua pigrizia e dirgli “Ei Ale guarda sono qui, bella lì, era solo un scherzo.”. Tuttavia quella era pura immaginazione, il dolore che provava nessuno lo sapeva neanche la sua amata madre, era un dolore talmente forte, impossibile da descrivere; gli mancava il suo fratello, l’amico di sempre.
“Albe, hai visto, sono tornato, volevo mostrarti questa foto. Ti ricordi? Era il giorno del tuo compleanno e lì inventammo la nostra prima balla” Si strofinò le lacrime che gli stavano solcando il viso e proseguì “Albe perché te ne sei andato? Mi manchi da quel giorno nulla è più come prima. Perché? Albe devi tornare ti prego. Il tuo ricordo mi fa morire ogni volta, non mi perdonerò mai per non essere arrivato i n tempo. Ci rivediamo presto”.
Mise la foto vicino alla foto della lapide e se ne andò con le lacrime che ormai inondavano il suo volto.
Guardò l’orologio e vide che erano soltanto le 8:30 uscì dal cimitero e decise di andare a scuola per parlare con i professori di un’idea che gli era balzata in mente: indire una giornata in ricordo di Albe. Entrò in classe e si sedette al solito posto guardò accanto a se e vide che il posto vicino era vuoto, quello di Albe che nessuno aveva mai osato occupare.
L’atmosfera che si respirava in classe era insolita, una cappa di tristezza aveva investito la 5F, tutti sembravano pensare a quel maledetto giorno dove nessuno lo aveva potuto salvare.
Al termine della giornata scolastica Ale cercò l’attenzione degli amici e prese la parola “Ragazzi avevo pensato di indire la giornata in ricordo di Albe. Che ne dite?”
“Sisi” rispose Fra, l’amico di Ale ed Albe.
“Che sciocchezza è questa?” disse con tono acido la sorella di Albe.
“Ma a te chi ti avrebbe chiesto nulla?” sbottò Ale infastidito dall’invadenza della ragazza. Non aveva mai dimenticato la sera del 2 dicembre 2011 quando Anna entrò in camera sua accusandolo di aver ucciso il fratello. Era talmente sconvolta tanto da arrivare a denominandolo “Drogato”. Da quella sera non le rivolse più la parola al contrario della giovane che non perdeva occasione per insultarlo e ricordargli che Albe era morto. Come se non lo sapesse già da sé, come se non si sentisse già abbastanza in colpa e come se il dolore non fosse già abbastanza pesante da sopportare.
“Lasciala perdere Ale, dai almeno oggi” disse sottovoce Fra.
“Non sei benvoluta Anna! Vattene” disse un ragazzo in prima fila.
Se ne andò stizzita e amareggiata.

                                                                       III.

Avevano deciso! Sarebbero andati tutti nel posto in cui erano soliti incontrarsi sere e pomeriggi di qualsiasi giorno della settimana. Era la loro seconda casa, lì se ne passano delle belle:si litiga, si ride, ci si bacia, ci si innamora, si fa l'amore. Era il luogo dove nessuno veniva giudicato o escluso, si poteva essere se stessi fino in fondo.
Era un parco dietro a un piccolo bar abbandonato che pochi conoscevano. Quel parco li aveva visti crescere: li aveva visti falsificare le giustificazioni, assistito alle grandi liti finite in risse. Aveva amato uno per uno tutti i ragazzi di Via Matteotti. Ora si stringevano tutti attorno al secondo anniversario della morte di Albe. Decisero di fare uno striscione da appendere nel loro parco che portava la frase 'Vivi dentro di noi,non ti abbiamo dimenticato’.
Ad Ale infastidiva la curiosità dei giovani. Non sopportava tutte quelle frasi strappate da canzoni o racconti scritti nella bacheca di FB di Alberto. Loro non sapevano nulla di lui,non lo conoscevano neppure di vista ma la loro ipocrisia era disarmante.
Sulla via del ritorno, assorto nei suoi pensieri scorse da lontano un gruppo di ragazzine che sghignazzavano e pensò tra sè e sè “Loro sono ancora in grado di ridere”. Era tanto tempo che non rideva di gusto e pensare che era sempre stato un ragazzo estroverso,la morte dell’amico aveva portato via anche la sua allegria,gli aveva portato via tutto,persino la gioia di vivere. Rimase colpito dalla più gracile ed estranea al gruppo, sembrava si annoiasse pur essendo attorniata da 5 amiche. Quando si avvicinò a loro smisero di parlare e la rossa sussultò all'improvviso poi si infilò il suo cappuccio come per difendersi da qualcosa. Ale la guardò, proseguì disinteressato per la sua strada. Si trovò davanti alla casa di Alberto e decise che era ora di affrontare i suoi fantasmi che da ormai 2 anni non lo facevano dormire. Suonò il campanello con incertezza sperando che nessuno rispondesse.
”Chi è?”
”Sono Ale”
”Ciao Ale sali pure” rispose la madre di Albe
Entrò in quella casa che sapeva ancora dell'amico, le pareti trasudavano ricordi, ricordi di una vita spezzata troppo prematuramente. La camera era tappezzata di foto: era come ritornare indietro nel tempo, come se fosse ancora accanto a lui.
”ciao Alessandro, da quanto tempo” interruppe i suoi pensieri la madre dell'amico.
”Scusa Angela se non mi sono fatto vivo prima, ma è stata dura”
”Non devi preoccuparti. E’ difficile per tutti. Raccontami un po' di te. Sei cresciuto, cosa ti è successo in questi anni?”
Un sorriso si stampò sul viso della smunta madre di Albe. Era una bella donna, consumata dal dolore. Era evidente che piangeva notte e giorno lo si poteva notare dai celesti occhi che si erano gonfiati e arrossati,la morte del figlio aveva assorbito la sua anima.Le aveva portato via tutto, non si dava pace,non riusciva a trovare una spiegazione possibile che potesse dargli pace.
“Sto provando a rifarmi una vita Angela, ma è difficile. Lo sogno tutte le notti. Se solo fossi andato con lui quella sera” singhiozzò Ale. “E’ tutta colpa mia, era il mio migliore amico e come sempre ho messo prima me stesso” continuò.
“Alessandro non permettere che i sensi di colpa ti uccidano. Non farlo te lo chiedo per favore. Alberto è morto, non per colpa tua, perché i fiori più belli se ne vanno sempre prima. Lui non vorrebbe vederti così. Vivi per lui” rispose la donna commossa.
“E’ morto.E’ morto! Come è possibile? Perché? Aveva solo 17 anni. Non è giusto” urlò agitato il ragazzo alzandosi dalla sedia.
“Ora ti mostro una cosa però devi tranquillizzarti” disse Angela. Sembrava stesse rassicurando suo figlio, ogni volta che lo guardava sembrava che Alberto rivivesse in Alessandro, da lì Angela capì che Alberto non era morto ma in realtà non se ne era mai andato, era rimasto vivo in tutti i ragazzi di via Matteotti ed in particolare in Alessandro.
“Va bene” esclamò Ale.
Angela prese una lettera dal cassetto della credenza e disse “Tieni questa lettera, riordinando le cose di Alberto ho trovato questa e credo che tu debba conservarla.”
Alessandro prese quel foglio di carta, lo riconobbe: era il foglio da disegno di Alberto. Era un ottimo disegnatore, si dilettava soprattutto a fare delle caricature dei professori e strappava sempre un sorriso alla classe nei momenti più bui e tristi. Aprì la lettera e la lesse.
“Ciao Ale,
è strano scriverti una lettera, non so perché lo sto facendo ma c’è sempre una prima volta!:D Pensavo a quante ne abbiamo passate, a quante tipe abbiamo fatto stare male (che primati!).
Forse ti ho scritto questa lettera per ringraziarti di tutti quei momenti passati assieme, delle litigate, delle scazzottate fatte per litigarsi le tipe, di tutti quei silenzi che valevano più di mille parole, di tutte quelle volte che hai fatto da mediatore tra me ed Anna. Grazie Ale,grazie di tutto, mi dispiace di non riuscire spesso a dirti queste cose.
Ti voglio bene, Ale “
 
Un senso di leggerezza e malinconia pervase Ale, un grande sorriso illuminò il suo vlto, è come se aspettasse da sempre questa lettera. Abbracciando Angela è come se si liberassero di tutte quelle ansie, paure e frustrazioni.
“Grazie Angela” disse Alessandro.
“Grazie a te, grazie di farlo rivivere sempre! Sei un figlio per me”.
“Angela ora devo andare ma ti prometto che tornerò presto.”
“Ciao Ale, ci contro”
I due si lasciarono andare in un pianto consolatorio, si riabbracciarono e poi Alessandro se ne andò nella fredda serata.
 
IV.
 
“Forza e coraggio Emma è ora di fare latino, Tacito ti aspetta” si disse tra sé e sé alzandosi dal letto svogliata.
Erano le 9 di sera, aveva trascorso tutti il pomeriggio a leggere un libro preso in prestito la mattina stessa dalla biblioteca della scuola. Non era un libro scolastico, era intitolato “Due splendidi soli”. Affascinata dalla tolleranza e venerazione della giovane protagonista nei confronti del marito, si era più volte chiesta cosa significasse amare una persona. Nonostante avesse 19 anni Emma non aveva mai avuto un fidanzato. Si aveva avuto qualche cotta ma mai nulla di serio, non aveva nemmeno mai baciato un ragazzo.
I suoi pensieri si soffermarono su quel misterioso ragazzo visto a scuola, era il solito bello e tenebroso, attorno a lui aleggiava una atmosfera misteriosa ed Emma pensava che gli sarebbe piaciuto conoscerlo ma rimase solamente un desiderio perché probabilmente, pensò Emma, aveva già una ragazza oppure se non ce l’aveva non avrebbe potuto notare quella  piccola, goffa, rossa Emma. Riprese quel foglio e lo rilesse, voleva capire perché questa donna aveva mollato, e cosa soprattutto aveva lasciato.
Lo rimise al suo posto, spense la luce e andò a dormire siccome domani avrebbe dovuto affrontare l’interrogazione di fisica.
 
 
 
 
V.
 
DRIN,7:30.
“Emma veloce sei la solita pigrona” disse la madre alzando la tapparella. “Io oggi vado a Milano per lavoro ti ricordi?Emma,Emma?”
“Si mamma” urlò alzandosi indispettita dal letto. “Devo andare a prendere Tommaso all’asilo, fare la spesa, portare la nonna dal dottore” continuò scocciata.
“Dimentichi la cena”
“Poi altro?Sei odiosa”
“Non ti permettere..”
Indossò i jeans che trovò nell’armadio, una felpa con il cappuccio rosa e le all star bianche, era pronta per uscire di casa.
Uscì di casa correndo perché era tardi e probabilmente non avrebbe incontrato il ragazzo per riconsegnargli il foglio. Arrivò alle 8:00 e vide il ragazzo con una che parlavano , sembravano molto in confidenza, tentennò, non seppe cosa fare, se andare da lui o attendere la fine della giornata. Prese coraggio e si avvicinò ai due ragazzi,attimi di paura pervasero Emma e una scarica di adrenalina investì il corpo di Emma poi la razionalità subentrò e disse:” Credo sia tuo que3sto” sussurrò Emma al ragazzo.
“Chi saresti tu?” con tono saccente lui.
“Sono Emma, questo ti è scivolato ieri”.
“Fatti gli affari tuoi”.Glielo strappò dalle mani e se ne andò con fare scosciato lasciando Emma basita e con la convinzione che in realtà fosse stronzo. Emma voleva solamente essere gentile e cortese ma quel ragazzo non le aveva dato modo di spiegarsi.
Entrò in classe ed era piuttosto nervosa a causa della reazione di quel cafone che le aveva rovinato la giornata e le aveva fatto dimenticare dell’interrogazione di fisica.Subito il professore la riportò con i piedi per terra urlandole “Martinelli si accomodi alla cattedra”
“Cosa”sussurrò Emma.
“Martinelli ha sentito, venga su.!”
“Si..”
“Dunque, mi parli della termodinamica”
“La termodinamica studia le leggi con cui i sistemi scambiano energia con l’ambiente. Vi sono due principi delle termodinamica, il primo determina la conservazione dell’energia mentre il secondo è composto da tre enunciati..”
Emma venne interrotta dal bussare alla porta, entrò un ragazzo; Emma lo riconobbe:era il cafone di questa mattina.
“Salve prof!Mi ha portato la verifica?”
“Foschi ma le pare che mi debba interrompere. Si, è qui, adesso gliela mostro, è andato bene, cosa le è successo?Si è fatto la ragazza?”
La classe scoppiò in una grassa risata.
“Prof anche io posso essere bravo, non trova?”
“Adesso se ne vada che devo interrogare la povera Martinelli!”
“Vado vado, ciao ragazze”
Emma con un imbarazzo alquanto visibile continuò la sua interrogazione e portò a casa un meritato 7. Uscì dalla classe per prendere un po’ di respiro. Appena uscita sentì una voce dire “Martinelli!”, si girò per vedere chi fosse ma non riuscì a vedere perché si era dimenticata di mettersi le lenti a contatto quindi si fermò e si avvicinò al ragazzo il quale proseguì dicendo “Martinelli, grazie per il foglio e scusa per questa mattina”
Emma lo riconobbe, era il ragazzo di quella mattina, arrossì, cercò di dire qualcosa ma uscirono solamente qualche sillaba poi si concentrò e rispose “Eeh, di niente!” e corse in bagno per riprendere un colore del viso normale.
 
 
VI.
 
Quando il tram frenò bruscamente Ale venne distratto dai suoi pensieri. Quella strana ragazzina aveva un certo non so che, però sembrava così timida e strana. Mentre apriva il cancello di casa si rese conto che qualcuno lo stava aspettando seduto sul gradino davanti alla porta di casa. Era Anna, aveva il casco di Albe in mano e piangeva,piangeva a dirotto.
“Mi dispiace Ale, mi dispiace per tutto” singhiozzò.
“Alzati” disse perentorio il ragazzo.
“Perché sei qui?So che ti dispiace Anna”continuò.
“Sono due anni che non mi do pace.Era la mia metà,l’unica persona che mi apprezzava per quello che sono e se ne è andato. Non doveva andarsene, quell’idiota. Ora mi ha lasciato sola.
“Non sei sola Anna”disse Alessandro porgendole un fazzoletto. Le faceva pena, era una diciottenne distrutta dalla morte del fratello. Povera Anna,lei non aveva proprio nessuno. Era rimasta sola. Anna scappò perché il dolore faceva troppo male da sopportare e la figura di Alberto le si era stampata in mente, prese il motore e se ne andò tra la nebbia che rendeva talmente scura la città da non distinguere bene i singoli edifici, ed era proprio quello lo stato d’animo della ragazza: scuro come quella giornata.
Ale entrò in casa, andò in camera, prese il PC  e sprofondò nel divano. Aprì facebook e trovò la richiesta d’amicizia: era la Martinelli, un sorriso illuminò il volto di Ale. Un senso di appagatezza nacque in Alessandro, forse la chiacchierata con Angela o forse l’incontro con quella ragazza gli avevano infuso una voglia di vivere e di ricominciare, una voglia di rifarsi una vita,era il momento di far rivivere Alberto eliminando tutti qui silenzi e quei pianti che avevano tempestato gli ultimi due anni della sua vita.
Suonò alla porta Francesco, dovevano incontrarsi con tutti i ragazzi di via Matteotti al solito posto per ricordare Albe.
Prese il giubbotto, mise il tabacco in una tasca dei pantaloni verde scuro e uscì.
“Alessandro dove vai?”domandò la madre.
“Esco mamma!”rispose.
“Ciao Francesco, mi raccomando fate attenzione”
“Tranquilla mamma non facciamo la fine di Albe”rispose con tono sarcastico.
Incamminatosi i due amici per strada si accesero una sigaretta e decisero di fermarsi al bar a bere una birra per allontanare la tensione del momento.
“Dai Fra una bella vodka liscia!”
“No Ale, dobbiamo andare!”esortò l’amico.
“Io mi faccio una vodka!Dai che vuoi che sia!”
“Poi guido io”disse Francesco.
Dopo un bicchiere seguì una birra e poi un’altra ed un’altra ancora ed infine Alessandro si alzò ma era troppo ubriaco per poter stare seduto su di una moto,traballando si mise il casco e disse a Francesco :”Ei bello ora andiamo da Aberto!”
“Tu così non vai da nessuna parte, tu ora te ne vai a casa e ti fai una dormita.”tuonò Francesco.
“Tu innanzitutto ti fotti, io faccio quello che voglio.”
“Tu sei un gran egoista, pensi che solamente tu soffri per la sua mancanza?Mi fai uno schifo immondo,razza di uomo che non sei altro.”
“Parli tu che ti sei rifugiato dalla tua fidanzatina”
“Ora basta me ne vado e tu arrangiati!”urlò Francesco lasciando sul ciglio della strada Alessandro e sgommò con la moto.
Alessandro camminò un pochino ma un senso di nausea pervase le membra, si accovacciò e vomitò nel giardino accanto al bar, urlò :”Hai visto Albe,guardami!Questo è il modo con il quale ti saluto. Guardami, mi hai lasciato qui, siamo due egoisti del cazzo. Mi hai abbandonato, io sono qui, e tu dove sei?Dove?”
Si stese per terra per contemplare meglio il cielo, quel cielo che gli aveva strappato via il suo migliore amico, quel cielo che sembrava impassibile al suo dolore. Iniziò a piangere come se fosse l’unica cosa da fare per liberarsi di quella gabbia che si era costruito giorno dopo giorno e che dentro di essa vi era una belva ormai intontita dal dolore la quale non riusciva più a scappare via. Gli si annebbiò la vista,pensava di stare per morire così almeno il dolore che provava avrebbe allentato un po’ la stretta, poi si senti le gambe molli urlò aiuto e subito accorse una ragazza dai capelli rossi, una bellezza quasi eterea, tornò in se e la riconobbe. “Ma lei Martinelli non ha nulla da fare nella sua vita invece che pedinarmi?”sbottò il ragazzo.
“Mamma mia che acidità.Addio Foschi!”
“No aspetta devi aiutarmi, ho fatto una cazzata.. ma cosa vuoi saperne tu,visino d’angelo, dei problemi esistenziali, la tua mammina ti coccolerà come un pascià.”
“Non ho tempo da perdere con uno stronzo come te.”
“Ma cosa ne sai chi sono io, non conosci neanche il mio nome. Devi tapparti quella bocca.” E le tirò uno schiaffone che risuonò nella silenziosa Padova. Emma rimase impietrita dalla violenza di quel ragazzo, non capì come mai ce l’avesse così tanto con il mondo.
“Qual è il tuo problema?Sei un ragazzo non capito?”disse la ragazza cercando di utilizzare quanta più rabbia avesse in corpo.
“Ma cosa ne sai di me, io ho una storia e anche abbastanza complicata,mi hanno portato via una parte di me e ora sono qua con te a parlarti di fatti che neanche dovrebbero interessarti. Dovrei essere in un parco a ricordare il mio migliore amico e invece sono qui ubriaco a parlare di fatti che neanche ti riguardano.”
Impaurita scappò via, nonostante sentisse chiamare il suo nome. Era talmente sconvolta che quando smise di correre si accorse che casa sua si trovava dall'altra parte della città. Si sedette su una panchina ansimando, tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e si accorse che era mezzanotte e due minuti. La madre l’avrebbe sicuramente messa in punizione ma Emma aveva bisogno di rimanere sola. Alzò gli occhi verso il cielo e scoprì un cielo colmo di stelle. Persa tra i pensieri e ricordando ciò che era successo qualche ora prima Scorse all'improvviso una stella cadente, chiuse gli occhi e... “vorrei tanto essere felice”.
Le stelle le ricordavano quando era piccola e la nonna le raccontava che se mai si sarebbe sentita sola avrebbe potuto osservare le stelle e pensare a lei e l’avrebbe aiutata a superare qualsiasi difficoltà, ora come non mai si sentiva sola non credeva più nella persona che era e si domandava se avesse sbagliato a raccogliere il foglio caduto al ragazzo, non sapeva più come comportarsi con gli altri.La sua timidezza le rendeva impossibile allacciare rapporti tuttavia avrebbe avuto bisogno di una persona che l’avrebbe rincuorata, necessitava di una parola amica, di qualcuno che l’abbracciasse e la facesse sentire protetta e non giudicata: aveva bisogno di un amico, di quella metà a cui Foschi ne era stato privato. Rivolse gli occhi al cellulare e decise di chiamare casa per avvisare che avrebbe tardo, si sarebbe inventata una scusa sperando di essere graziata questa volta;il padre si offrì di venirla a prendere.Il viaggio in automobile fu il più silenzioso della sua vita, era evidente che entrambi nascondevano un lieve malessere ma cercavano di camuffarli attraverso fugaci sorrisi. Emma si ricordò immediatamente dello schiaffone subito e si mise il cappuccio per evitare un interrogatorio un volta arrivata a casa tuttavia il padre intuì un certo imbarazzo nella figlia e gli domandò quale fosse il problema ma la ragazza disse che aveva litigato con un’amica e desiderava solamente coricarsi poiché era parecchio stanca, il padre si accontentò di questa semplice spiegazione e finalmente arrivarono a casa.
Emma sgattaiolò in camera, si tolse il cappuccio e vide un enorme pesto in prossimità della guancia ma decise che ci avrebbe pensato l’indomani dunque si andò a letto.
 
 
 
 
 
 
VII.
 
Emma si svegliò e sentì un fortissimo dolore alla guancia destra, si guardò allo specchio e vide che il pesto si era ingrandito allora decise di prendere correttore e fondotinta affinché celasse il pesto che oramai era diventato verde;l’effetto era ridotto ma pur sempre si accennava un enorme gonfiore della pelle e un leggero rossore.Andò di sotto in cucina e subito la madre si accorse del gonfiore e disse:”Ma Emma che hai combinato?”
“Ah mamma stanotte ho battuto la faccia nel comodino e mi è diventato così, ho messo un po’ di correttore!”
“Amore sei sicura?Questo mi sembra più uno schiaffone.”
“Si mamma davvero,ora scappo che mi vedo con Eleonora.Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io!”
E si dileguò trascinandosi con se lo zaino che aveva preparato la sera prima, pensò a come fosse possibile che un uomo potesse essere violento con una donna, la violenza deve essere bandita su chiunque. Stava per odiare colui che poco tempo prima la affascinava, era un amore malato, un amore impossibile.
Arrivò davanti a scuola e si senti una stretta fortissima ai fianchi, si girò ed era il suo amico di sempre:Federico.
“Eilà, da quanto tempo!Come mai non mi hai risposto ai continui messaggi?”disse l’amico.
“Scusa Fede ma ho avuto un po’ di cose da fare,mi faccio perdonare, dimmi come!”
“Ma cos’è sto schiaffone qua che hai sul volto?”
“Ma .. niente Fede!”
“Tu le balle non le sai raccontare,adesso mi spieghi bene!”
“Davvero non è niente.”
“Le opzioni sono due o sei masochista oppure c’è un lui di cui non mi hai parlato!”
“E’ una storia molto lunga, non è il luogo adatto per parlarne ci vediamo questo pomeriggio così ne parliamo?”
“Va bene, facciamo da me?”
“Va bene, ci vediamo dopo che ora si entra!”disse schiva la ragazza.
“Ok.”
“E fammelo un abbraccio!”
Si strinsero in un abbraccio breve ma intenso, pensò che probabilmente era lui la casa che stava cercando, il rifugio che la sera prima aveva cercato.
Poco più in là Emma vide il ragazzo che ieri le aveva tirato lo schiaffo,subito si fece più restia e se ne andò subito ma il ragazzo si avvicinava a lei tuttavia Emma non volle fermarsi,le aveva fatto male e in cuor suo non c’era il desiderio di sentire cosa aveva da dire.
“Aspetta Emma” disse il ragazzo rincorrendola
”Lasciami in pace, per favore”rispose impaurita
”Sei proprio una bambina” urlò Alessandro andandosene.
Girato l'angolo Emma scoppiò in lacrime. Non era pronta per sopportare una situazione così importante. Non c era nulla da fare, non riusciva a comunicare con Alessandro. Da un lato lo affascinava ma dall'altro era disgustata dai suoi modi burberi e talvolta violenti.
”Emma, che ci fai qui da sola? Alzati dai” disse dolcemente Francesco porgendo le una mano
”No davvero, vai via” rispose coprendosi il viso e tirando le ginocchia verso il petto
”Ti puoi fidare di me, lo so che è stato Ale a ridurti così”
”Non è vero, ho sbattuto nel comodino stanotte” singhiozzò la giovane con il viso nascosto
”Vieni con me in cortile dai” la convinse fra
Emma si alzò senza dire nulla e segui il ragazzo. Tra i corridoi tutti la guardavano con compassione e lei per evitare pettegolezzi di ogni genere si tirò su il cappuccio.
Arrivati in cortile si sedettero su un muretto e Francesco iniziò a comporre una sigaretta. Emma rimase in silenzio . Si avvicinò Alessandro minaccioso verso i due “Con lui parli? Ti è venuto a salvare dal mostro cattivo?”disse sarcastico.
“Piantala di fare l’egocentrico Alessandro, te ne devi andare perché se no ti gonfio!”
“Non ho mica paura di te sai!”
“Alessandro aria per cortesia!”
Alessandro gli cacciò un pugno in pieno volto proprio come voler confinare il suo territorio, Emma rimase impietrita, non capiva da dove venisse tutta quella violenza e chi fosse quel ragazzo che era venuto poco prima.
“Ale ma che cazzo fai?Sei impazzito”gridò Anna.
“Qua il pazzo sono io solamente perché mi ubriaco per ricordare il nostro amico!”
“Alessandro andiamocene via dai!”disse Anna ad Alessandro.
“Me ne vado me ne vado,ma non finisce qui!”minacciando Francesco.
I due se ne andarono e rimasero Emma e Francesco.
“Scusalo quando deve affrontare una perdita fa così,diventa egocentrico e aggressivo. Io sono Francesco comunque.!”
“Emma.”
“Ci starai scambiando per una gabbia di matti ma in realtà non siamo così folli. Come stai?Ti ha dato proprio una bella botta!”
“Simpatico il tuo amico, mi ha fatto un gran male.”
“Scusami davvero,è colpa mia se l’hai visto solo ieri sera ma si era ubriacato e dovevamo andare ad un commemorale del nostro migliore amico. Di ridurti così” disse togliendole la mano dal viso
Emma indietreggiò. Aveva paura del contatto con un ragazzo. Lei non aveva mai avuto un ragazzo. Non si era mai innamorata. Non aveva mai abbracciato nessuno a parte Fede. Ma Fede era il suo migliore amico, non le avrebbe mai fatto del male.
“Martinelli, Comandini cosa ci fate fuori alle 8.45? Devo andare a chiamare il preside?”strillò la bidella. Una signora sulla cinquantina, rotonda, che aveva il brutto vizio di farsi gli affari di tutti gli studenti spargendo consigli inopportuni. “Aspettiamo la campanella dai, non diamo fastidio a nessuno” la supplicò Fra
”In classe” tuonò
I due ragazzi allora scesero dal muretto rientrarono.
”Grazie”balbettò Emma.
'Figurati, ci vediamo all'intervallo' rispose il giovane correndo in classe.
All'intervallo? Si domandò Emma tra sé e sé mentre camminava per il corridoio.Nessuno si era mai interessato a lei oltre  Fede, attese l’intervallo con ansia ed infine arrivò l’attesa pausa. Non era ancora del tutto certa di andare poiché sospettava che potessero essere uno scherzo di cattivo gusto forse voluto dallo stesso Alessandro tuttavia decise di recarsi comunque in cortile perché tanto non aveva nulla da perdere.Lo vide, seduto sul muretto, fece cenno ad Emma di avvicinarsi e così fece.
“Sei una ragazza carina,sai!”
Emma arrossì e disse:”Ma tu da quanto lo conosci Alessandro?”
“Da diverso tempo e ti posso dire che è un bel cazzone ma al tempo stesso ci tiene alle persone.”
“Ah, ho proprio visto...”
“Hai un bel caratterino, mi piaci!”
“Oh ma stai nel tuo per favore, hai la morosa.”
“Osta ma cosa vuoi che sia, una in più o una in meno.”
“Te non ti preoccupare, comunque perché mi hai chiamata?”
“Così per fare due chiacchere, dai ora ritornando seri volevo ancora scusarmi per ieri Alessandro non è così, l’hai beccato in un periodo un po’ brutto per tutti noi, molto di più per lui perché il nostro amico era un po’ come un fratello..” la voce gli si fece sempre più calante finché dovette interrompere il discorso per non far emergere la sua debolezza.
“Ma cosa è successo, se si può sapere?”
“Due anni fa il nostro migliore amico fu investito da una macchina, lui era in motore. Era macellato, coma farmacologico e da lì, beh nessuno più l’ha visto riaprire gli occhi. E’ancora lì immobile su di un letto d’ospedale perché nessuno ha il coraggio di farlo morire..”
“Dio,mi dispiace. Scusa per la mia ironia,scusami tu.”
“Tranquilla è un mostro con il quale prima o poi dobbiamo farci i conti, tutti sappiamo che non c’è più tanto che gli abbiamo fatto una lapide ma il corpo dentro non c’è. E’ paradossale vero?Eppure ci siamo fermati tutti al due dicembre, scusa forse a te non interessa neanche..”
“Ma cosa dici,mi interessa perché fino a qualche minuto fa era ingiustificabile l’aggressività del tuo amico e anche la tua voglia di parlarmi.”
Un attimo di silenzio piombò sui due ragazzi poi Emma proseguì “Non ti conosco eppure mi sembra di conoscere la vostra storia da sempre,scusa per la mia invadenza forse non avrei dovuto domandarti nulla.”
“Non sei affatto invadente e poi dopo quel bel segno che ti ritrovi in faccia è il minimo” la tranquillizzò il ragazzo
”Ancora voi due?'”Interruppe una voce di lontano la chiacchierata dei due. Era Alessandro.
”C'é qualche problema?”disse Francesco dopo aver acceso la sigaretta
”Denunciami daii” urlò il ragazzo a pochi centimetri dal viso di Emma. Il suo alito sapeva di birra unito a fumo. Ancora non era del tutto sobrio. “Dai, hai 19 anni, vai dai carabinieri così mi sbattono dentro”continuò con tono arrogante.
”Vattene Ale, basta” lo spinse Fra
”Nessuno é qui per giudicare la tua azione”borbottò Emma timidamente.
”Non voglio la pietà di una bambina che non sa nulla dalla vita” rispose il ragazzo.
Turbata dall'atteggiamento di Ale, Emma corse via. “Scappa scappa frignona” gli urlò mentre se ne andava.
Come mai Foschi ce l’aveva così tanto con lei?Nessuno se lo sapeva spiegare neanche l’amico di sempre Francesco, se Alessandro costruiva un pezzo di casa immediatamente era capace di buttarlo giù con un solo soffio.
“Ma che hai si può sapere?Se sei arrabbiato con il mondo perché devi essere arrabbiato anche con lei?Che ti ha fatto?”insistette Francesco.
“Ha violato la mia privacy!”
“Ti violo io il tuo cervello se non smetti di fare il coglione.E’ meglio che ti fai sparire sta faccia da fallito perché non se ne può più!”
“I falliti siamo tutti noi che non sappiamo accettare la morte di Albe,non solo io.”
“Siamo falliti si ma se non parliamo se tu non parli con noi come facciamo a ritornare come prima?”
“E io che diavolo ne so.”
“Lo vedi, sei il solito.Ti nascondi sempre, quando si parla di te te ne vai!Sei proprio maturo quando fai così.”
Alessandro se ne andò ferito dalle parole di Francesco, ferito dalla verità, capì che realmente non riusciva a reagire da solo che nonostante le belle parole le gambe gli tremavano ancora e il cuore gli sussultava ancora quando sentiva parlare di Alberto, perché si forse era morto, non sapevano se realmente fosse morto perché era ancora attaccato ad una spina e i dottori non avevano mai parlato di morte cerebrale.C’era una speranza?Nessuno si era aggrappato a quella speranza, nessuno tranne Francesco che in cuor suo sperava in un risveglio dell’amico, sperava che potesse tornare perché senza di lui tutto era difficile.
 
 
VIII.
 
 
Mentre riordinava libri di scuola e appunti della mattina, Emma ripensava alla chiacchierata con Francesco. Era stato davvero gentile a raccontarle la causa del comportamento così violento dell'amico. Un trillo su fb la fece tornare sulla terra. Era Francesco.”ehi, ti va di venire con noi al parco oggi pomeriggio?” Non stava forse esagerando con tutta questa confidenza? Era una sensazione mai provata fino ad ora. Nessuno aveva mai provato interesse nei suoi confronti. Nessuno l'aveva mai invitata fuori il pomeriggio. Ed erano i ragazzi di Via Matteotti. Tutti avrebbero voluto far parte di quel gruppo così unito e saldo. Nulla avrebbe mai potuto distruggere quel profondo legame che c'era fra di loro.
”Devo studiare francese, mi dispiace” rispose Emma sperando che non insistesse a lungo
”Smetti di fare la preziosa dai, Ale non c’ é tranquilla” 
”Davvero sarà per un'altra volta” 
”Va bene, allora tra 20 minuti io, Jack e la Mag veniamo a prenderti in macchina, ti abbiamo incastrato”
“Tra una mezz’oretta va bene?Perchè devo andare a prendere mio fratello dall’asilo.”
“Si certo, non darci buca però!”
“Nono,a più tardi J “
“ J ciao bella!”
Corse all’asilo a prendere suo fratello poi ritornò a casa, era in ritardo, come al solito, doveva però fare presto perché di lì a poco sarebbero arrivati.Prese le prime cose che gli capitarono in mano razzolando nell’armadio, si truccò e proprio in quel momento si ricordò che doveva portare il piccolo dalla nonna,ma come avrebbe potuto fare.Era impossibile arrivare dall’altra parte della città in cinque minuti ed essere in orario. Suonò il campanello “Oddio no,sono già arrivati!” rispose al campanello, era la nonna! “Ciao amore,sono venuta a prendere Tommaso.”
“Ma non te lo dovevo portare io?”rispose perplessa la ragazza.
“Per fortuna che hai solamente 19 anni,voglio vedere cosa farai alla mia età.Ti ho detto che sarei venuta io da voi perché volevo portarlo in piscina!”
“Oddio è vero, me ne ero completamente dimenticata. Ti apro sali.”
La nonna salì prese con se il piccolo,preparò le ultime cose ed uscì.
“Aah nonna io ora esco quindi quando torni apri tu se non sono ancora tornata.”
“Dove vai?”
“Nel parco con amici.”
“Mi raccomando stai attenta.”
“Tranquilla,ciao nonna!Ciao Tommi!”
“Ciao dada.”disse il fratellino.
Si sedette nel divano perché tutta quella frenesia le aveva portato un po’ di trambusto poi suonò di nuovo il campanello,si guardò allo specchio e vide che la maglia era macchiata di frutta,suo fratello doveva avergli sporcato la maglia mentre lo imboccava.Rispose al citofono “Chi è?”
“Sono Fra,scendi.”
“Dammi cinque minuti.Sali se vuoi.”
“Nono ti aspetto qui fuori.”
“Ok.Arrivo subito.”
Si infilò nell’armadio cercando qualcosa che non sembrasse né troppo serio e né troppo sportivo, siccome la scelta si era ridotta optò per una felpa non aveva tempo di stare a pensare cosa mettersi.Si mise la felpa e uscì di casa.
“Ciao,scusa per il ritardo ma mio fratello mi aveva imbrattato la felpa.”
“Tranquilla,si va?”
“Andiamo.”
 
“Dai sali in macchina signorina” la invitò Fra.
Emma tentennante aprì la portiera posteriore sinistra e non appena si allacciò la cintura una biondina tutta pepe disse:” ciao Emma! che bello che sei venuta, mi fa davvero piacere conoscerti” “Anche a me” rispose timidamente.
”Ciao, io sono Jack” disse un ragazzo tutto capelli. Era buffissimo con quella chioma scura tutta riccia.
“Ha preso la patente due giorni fa e ora fa da tassista a tutti” lo prese in giro Fra.
“Basta che non mi faccia morire” disse Emma sarcastica
Stranamente era a suo agio. Quella strana combriccola seppure strana era riuscita a far uscire quel lato peperino di Emma che la caratterizzava.
”Simpatica la rossa” disse Jack divertito dall'ironia della ragazza.
'Pensa che la rossa si è presa un bello schiaffo in faccia da quell'idiota di Foschi' disse irritata la ragazza accanto a Emma.
”Mag non iniziare dai” cercò di fermarla Jack.
”Inizio eccome Giacomo. E' un pazzo. A tutti manca Albe. Non può pretendere che tutto il mondo comprenda i suoi atteggiamenti. Deve andare avanti e piantarsela di trattare le persone in base a come si sveglia alla mattina”. Era decisamente alterata.
Nel frattempo Emma si era sentita chiamata in causa, quasi come se si sentisse in colpa. Aveva quindi come faceva di solito alzato il cappuccio, come se volesse scomparire. Quando sentì in sottofondo senti una canzone che la faceva impazzire. 'Alza alza per favore' sbottò
”Ti piace Avicii rossa?”disse Jack stranito
”Lo amoooo”
”Allora vediamo la rossa cantare a squarciagola, caricaa”la prese in giro Fra.
“Non vorrei sfondare i vetri di questa macchina.”Disse scherzando Emma.
“Peggio di te Meg non c’è nessuno.”Disse Jack.
“Oh ma te non ti smentisci mai!”
Ad un tratto videro un pazzo buttarsi nel bel mezzo della strada,era Alessandro.
“Oh ma che cazzo fa?”urlarono Meg e Jack.
“Tira giù il finestrino Fra.”disse Meg.
“Cosa vuoi fare?”gli domandò.
“Te tiralo giù.”
“Ok.”
“Ooh gran pezzo di uomo cosa vuoi fare?No perché se vuoi morire ti fracasso io quell’ammasso di materia grigia che ti ritrovi.”
“Oh bella gallinella,torna da dove sei venuta.Torna dai borghesi.”
“Eh tu torna dal porcile”
“Eii state calmi “disse Francesco.
“Oh Jack accosta un attimo”disse Meg.
“Va bene.”
Scesero tutti tranne Emma che nel frattempo si mise il cappuccio in testa per non farsi riconoscere.
“Oh ma che problemi hai Foschi?”urlò Francesco.
“Nessuno.”
“Si vede come non hai problemi.”commentò Meg.
“Statti zitta bella biondina.”la zittì Alessandro.
“Ad un'altra cazzata e sei fuori dal gruppo Alessandro,hai oltrepassato il limite.”disse Francesco.
“E tu Jack stai muto come al solito?”disse Alessandro.
“Sto muto si perché se no ti prenderei a cazzotti.”
“E dai vediamo.”
Giacomo gli sferrò un destro che gli fece perdere l’equilibrio e cadde a terra,non era mai stato così violento Jack, forse la morte di Alberto aveva mutato tutti chi in un modo e chi in un altro. Alessandro non era più in grado di reagire, sapeva solamente mostrare il lato peggiore di se mentre Francesco si era chiuso in se stesso non era più il buffone di turno e invece Jack non era più il ragazzo calmo e pacato di sempre anzi era sempre irrequieto, i toni della sua voce si facevano talvolta pesanti e accesi. Mentre per quanto riguarda Margherita non si riusciva più a comprendere chi realmente fosse,mascherava tutti i suoi sentimenti in battutine acidi e talvolta pungenti. Tutto il gruppo di via Matteotti era cambiato, nessuno era come prima tuttavia Emma stava portando una ventata di leggerezza e freschezza e ciò iniziava a notarsi in Francesco che iniziava a diventare più allegro e non più l’ombroso e scontroso che in questi due anni aveva preso il sopravento.
“Foschi alzati e vieni con noi dai” disse Jack porgendogli una mano. Alessandro senza pronunciare parola si alzò e diede una pacca sulla spalla a Jack. Aveva bisogno di quel cazzotto. Aveva bisogno che qualcuno gli sbattesse la realtà in faccia da farlo cadere a terra. Perchè dentro di sè sapeva che comportandosi cosi non avrebbe fatto altro che allontanare tutti. Non aveva la forza di alzarsi da solo. Aveva bisogno dei suoi amici.
”Ma che cazzo fai Jack” disse Mag stupita
”Stai al tuo posto Margherita” rispose duro il ragazzo. Mentre salivano in macchina in silenzio Ale si rese conto che c'era Emma seduta sul sedile posteriore. “E lei cosa ci fa qui?” chiese a Fra
”E' nostra amica, impara ad accettare le scelte degli altri Alessandro” rispose
”Spero di non turbare la tua anima”disse Emma irritata dal comportamento del ragazzo.
“Devo sedermi dietro vicino a lei?” chiese.
”Puoi sempre andare a piedi se no” rispose innervosita “e comunque ho un nome: Emma, piacere'”
”Ahah la rossa ti da del filo da torcere Foschi, io che pensavo fosse timidina”sbottò Fra
“So già come ti chiami” disse il ragazzo
“Ecco allora utilizzalo.”
Restarono in silenzio finché non arrivarono a destinazione.Il viaggio sembrava più lungo del solito, l’allegria era stata portata via da un muro di freddezza molto tangibile.Scesero tutti tranne Emma che aspetto l’uscita di Alessandro, improvvisamente non lo poteva più vedere i suoi atteggiamenti erano fastidiosi, doveva smuoversi se non desiderava essere emarginato dal gruppo,pensò Emma.
“Ma come sei bellina”disse con tono di sfida Alessandro sfiorandogli i capelli.
“E tu no,per niente.Sopratutto quando fingi di essere superman.”
“Senti bella,non mi conosci.”
“Senti bello non rompermi,aria.”
“Smettila Ale dai fastidio.”disse Fra.
“Dai Emma vieni qua, facciamo un giro.”disse Mag.
“Arrivo.”
“Non ascoltare Ale quando fa così,è solamente uno stronzo.”
“Si ma non capisco perché lo faccia.!”
“Non lo capiamo neanche noi,l’unica cosa che possiamo provare a comprendere è il fatto che Albe fosse molto legato con Ale e quindi è quello che sembra ne abbia risentito di più ma in realtà ci stiamo male tutti.”
“Ma posso chiederti una cosa?”
“Certo.”
“Ma c’è una minima speranza che possa ritornare?”
“Chi Albe?Pochissime.”
“Siete andati a trovarlo?”
“Noi mai ma qualche volta Fra ci va,Ale penso ci vada spesso ma non ce lo vuole dire.”
“Ah,scusa non sono affari miei.”
“Tranquilla,prima o poi dobbiamo parlarne tutti assieme.”
“Ma com’è nato questo gruppo?”
“Oh,Fra,Ale ed Albe sono sempre stati legatissimi da piccolissimi e arrivati alle superiori sono sempre stati invidiati da tutti, sono tre gran bei ragazzi e poi soprattutto molto popolari.Spesso si riunivano qua per skeatare un pochino e parlare,poi quando Jack si trasferì qua iniziò a legarsi con Ale e di lì è venuta l’idea di fondare una sorta di gruppo.”
“E tu?”chiese curiosa Emma.
“Beh,ero la ragazza di Ale un tempo poi quando ci siamo mollati decisero che sarei dovuto restare nel gruppo, ricordo che Albe e Jack insistettero molto perché io restassi.”
“Che bello!Infatti siete sulla bocca di tutti cioè siete molto invidiati.”
“Aah guarda per quello che facciamo”scoppiò in una grande risata.
“E tu? Ti ho visto poco in giro per i corridoi' chiese Mag
”Io non amo molto parlare di me' rispose Emma
”Oddio scusami, non volevo'
”Ma figurati. Più che altro sono così anonima che non saprei cosa raccontarti di me'
”Anonima?'
”Palllaaaa' urlarono i ragazzi
E una palla da calcio colpi il viso di Emma. Tutti accorsero verso le ragazze. “Emma stai bene? Scusami” disse Fra mortificato.
”Tutto ok” rispose la giovane un po' frastornata
”Ti accompagnò a bagnarti il viso, vieni ti aiuto io”disse dolcemente Mag
Non appena si alzò, iniziò a vedere tutto doppio e cadde a terra.
Quando riaprì gli occhi, vide su di se tutti i ragazzi di Via Matteotti. 'Emma ci sei? Oddio chiamiamo un'ambulanza' disse Mag terrorizzata
”Macchè ambulanza, è solo la botta” controbatté Fra
”Ehi, ci sei?'disse Ale stranamente tranquillo, accarezzandole la guancia, proprio dove c'era in livido. 'Sii' rispose con un filo di voce
”Aiutiamola ad alzarsi” disse Jack preoccupato
”Vuoi andare a casa?” Chiese Mag
”No! Voglio un gelato” sbottò Emma
”Oh santo cielo! La rossa ha le voglie come una donna incinta”disse divertito Jack
”Ma che gelato sia” continuò il ragazzo. 
”Deve farsi perdonare” disse ironico Fra
”E per che cosa?” Disse ingenua Emma
”Emmaaa”urlarono in coro i ragazzi e finirono con una grassa risata. Era proprio strana quella ragazzina dai capelli rossi. Era appena svenuta a causa di una pallonata e se ne era già dimenticata. “Signorina posso aiutarla?”Disse Fra prendendola in braccio
”Guarda che le sue gambe funzionano” disse Ale disturbato dalla cortesia dell'amico.
“Sto bene,sto bene.”
“Dio guardati,sembra che ti abbiano pestata.”disse Mag.
“Fammi vedere.”disse Emma.”Oddio ma ho un pesto enorme!”
“Ti vado a prendere del ghiaccio,se no domani non ci vedi.”disse Ale con una strana cortesia.
Tutta quelle attenzioni la mettevano a disagio tuttavia apprezzava che qualcuno la accettasse per com’era,lunatica e molto timida.Nel frattempo Jack e Meg parlottavano tra di loro ma Emma non riuscì a sentire tutto,riuscì solamente ad intuire “sono i soliti.”
Arrivò Ale con il ghiaccio e gli porse il ghiaccio dicendogli :”Tieni,mettitelo su”
“Ale,sei esperto di queste cose vero?Tutte le scazzottate che ti sei preso!”disse Fra scherzando.
“Eeh si, dovrò pur tenere alto il mio titolo!”
“Lo andiamo a prendere o no sto gelato?Ho fame.”disse Emma.
“Carina la ragazza.”affermò Fra.
“Non flirtare con me,sono uno spirito libero.”
Tutti si misero a ridere come non facevano da tempo.
Salirono sull’automobile di Jack e andarono nella solita gelateria di sempre quella sotto casa di Alberto,era la prima volta che ci tornavano tutti assieme quella volta però sentirono una sensazione nuova quasi come se con loro ci fosse Albe.
Scendendo dalla macchina Emma inciampò in un gradino ma riuscì seppure con un'eleganza degna di un elefantino a rimanere in piedi. I ragazzi scoppiarono a ridere nuovamente “ma Emma” disse Fra ridendo
”C'era anche prima lo scalino eh” disse Ale con sarcasmo passandole davanti
'Simpatico il ragazzo oscuro ' rispose Emma stizzita
”Cioccolato e pistacchio” chiese gentilmente alla gelataia la ragazza
”Ma che guasti sono?” Disse Fra prendendola in giro
”Dei gusti fantastici”rispose la ragazza
Quando tutti ordinarono il proprio gelato andarono a sedersi nei divanetti. Mag vicino ad Emma e i tre ragazzi di fronte. “Che buono questo gelato” sbotto Emma
”Povera, domani mattina datti un po' di correttore valà, se no ti scambiano per una ragazza malmenata” disse Mag
”Beh in effetti qualcuno l'ha menata”intervenne Fra spavaldo
”Non mi sembra il caso” disse Jack rivolgendo uno sguardo all'amico
”Io vado” disse Ale evidentemente turbato e chiamato in causa
”No veramente rimani” disse Emma dolcemente
Era la prima volta che gli rivolgeva parola senza sarcasmo o cattiveria. “No davvero vado”
“E dai resta!”invitò Mag ad Ale.
“No gente scusate ma devo proprio andare,mia mamma non si è sentita bene oggi.” Liquidandosi freddamente,baciò sulla guancia Mag e diede una pacca sulle spalle ai ragazzi e ad Emma.
“Ciao bèl”disse Fra.
Lasciarono che Alessandro si allontanasse dal gruppo e Mag disse :”Ma come mai tutto d’un tratto s’è fatto strano?”
“Non saprei.”disse Fra.
“Seguiamolo.”disse Jack.
Entrarono in macchina e seguirono da lontano Alessandro,passarono casa sua,casa di Francesco e tutte le case dei suoi amici fino ad arrivare dall’altra parte della città.“Perché va in ospedale?”disse Mag.
“Io lo so dove sta andando.”disse Fra.
“E dove?”chiesero tutti stupiti dell’illuminazione dell’amico.
“Da Albe.Nessuno della sua famiglia sta male.”
“Volete che entri io dentro?Male che vada gli dico che sono lì per farmi controllare il volto.”si propose Emma.
“No dai.”disse Fra.
“Ma dai lascia che vada.”disse Mag.
“Vado,ci vediamo dopo.”
 
 
 
IX
 
Alessandro entrò in terapia intensiva,chiese all’infermiera dove fosse la stanza di Alberto,era la numero 200.Vi si recò, vide Alberto pieno di tubi con la testa ancora fasciata, il volto era gonfio, gli era cresciuta un po’ di barbetta sul mento e i capelli li aveva corti proprio come l’ultimo giorno che l’aveva visto.Lo ricorda bene Ale perché era andato da lui la sera dell’incidente per parlargli della litigata che aveva fatto con la fidanzata ma Ale non gli aveva dato molto ascolto perché pensava che tanto si sarebbe risolto tutto,Alberto uscì di casa sconvolto ancora con gli occhi gonfi poi la chiamata.Gli attimi di panico,la corsa in ospedale e la speranza che si fa sempre più un lumicino fioco sul far della sera. Un groppo gli saliva nella gola ma non voleva piangere anche quella volta voleva essere forte e far vedere ad Albe che doveva essere forte anche lui per tornare da loro. Appoggiò nel comodino i guantoni da calcio di Alberto che usava sempre durante le partitelle, erano autografate da Lionel Messi,il suo giocatore preferito. Si sedette e iniziò a parlare con una calma quasi innaturale, sembrava fosse felice Alessandro di essere lì,come se potesse parlare con l’amico.”Ei ciao Albe,lo sai che ho conosciuto una ragazza?Si chiama Emma, è una tipa tosta, sai come piacciono a me.Vorrei tanto che tu potessi vederla,anzi credo che tu la stia vedendo,l’altro giorno le ho dato uno schiaffone perché voleva sapere di te.Ma cosa vuole sapere lei di te,non ti ha mai visto.Poi ci sono Fra,Jack e Mag che soffrono come cani per la tua mancanza, c’è Fra che si è chiuso in se stesso, Mag è diventata più acida del solito e Jack,beh lui sta diventando aggressivo. Poi c’è tua madre e tua sorella, non si sono mai ripresi dopo quella nottata. Nella tua stanza è tutto come lo avevi lasciato,ti stiamo tutti aspettando?Quando torni da questo tuo viaggio?Ci manchi,mi manchi tanto frate’, non c’è giorno nel quale non penso a te. Devi tornare hai capito?”
Nel corridoio c’era Emma che stava ascoltando,quelle parole,le parole di una persona così fragile che in realtà si voleva mostrare duro la fecero riflettere su quanto quei ragazzi dovevano essere aiutati,a quanto bene dovevano volersi a vicenda. Si sentì parte di quella grande famiglia, di quel grande dolore che aveva colpito i ragazzi.
“Alberto ci conto nel tuo ritorno eeh,ora devo andare.Ti voglio bene.”
Mentre usciva dalla stanza vide da lontano Emma che accortasi del suo arrivo aveva allungato il passo. Decise di far finta di nulla. Quando Emma ritornò in macchina disse agli amici di affrettarsi poiché il ragazzo stava giungendo.
”Veloce veloce' urlò Emma “Sta arrivando” continuò entrando in macchina.
”Sta male vero?” chiese Mag
”Da morire! Non vede l'ora che torni, gli manca terribilmente.E’ da capire il suo atteggiamento. Io sono nuova di questo gruppo, però davvero voi siete i suoi amici, lui ha un enorme bisogno del vostro sostegno, della vostra forza” rispose Emma.
'Ehi, ma è tardissimo, io devo tornare a casa' esclamò la ragazza
'vado a piedi, faccio prima, tanto abito dietro l'angolo' coninuò scendendo dalla macchina
'Ma sei sicura?' chiese Fra preccupato
'Si certo! Grazie mille di tutto'
”A domani Emma'”disse Mag
Tornata a casa si stese sul letto e chiuse gli occhi. Che giornata dannatamente entusiasmante. Non aveva mai avuto dei veri amici. Non si era mai sentita accettata da nessuno. Nemmeno dalla sua famiglia.
Accese il computer, entrò su Fb e un messaggio privato la attendeva.
”Lo sai che non si spiano le persone?”
“Non ti stavo spiando,ero lì per una persona.”
“Non sono nato ieri,ti ho vista.”
“Eravamo preoccupati per te..”
“Grazie, ma non ce ne era bisogno.”
“Sei un gran orgoglioso,lasciatelo dire.Ti devi fidare dei tuoi amici.”
“Lo faccio già.”
“Ma non fino in fondo,si vede quanto ci stai male se no non mi avresti tirato un pugno!”
“Scusa per il pugno.”
Sentì una botta enorme proveniente dalla finestra –si sarà schiantato un uccellino,pensò-  poi dopo qualche istante sentì un altro colpo.Aprì la finestra e vide che Francesco era lì.
“Ei scendi giù un momento.”
“Ma cosa ci fai qui?”
“Scendi che te lo spiego.”
Emma rimase sorpresa da quella visita inattesa, pensò che si stava mettendo in un bel guaio, ma in un guaio che ti da tante soddisfazioni e gioie. Scese giù ma si accorse che era in pigiama,si infilò le prime cose che trovò sul divano di casa ed uscì.
“Vedo che sei diventata una fricchettona”disse scherzando Fra.
“Oddio,no. Ero in pigiama allora mi sono messa le prime cose che ho trovato in casa ed erano evidentemente di mio padre.”
“Ma cosa ci fai in pigiama alle sei del pomeriggio?”
“Cavoli miei.”
“Mi scusi signorina.”
“Ma che ci fai qui?”
“Niente,passavo di qui e volevo salutarti.”
“Ma tu non sei normale comunque.”
“Se disturbo vado.”
“Resta.”
“Volevo solamente dirti che sei piaciuta a tutti,solitamente Mag è un po’ stizzosa quando si parla di far entrare ragazze nel gruppo ma sta volta le stai molto simpatica.”
“Ah bene, sono stata bene con voi oggi.Davvero, pallonata a parte.”
“Eehm,lasciamo stare va.Va un po’ meglio?”
“Si un pochino.”
“Dai ora vado che passo da Ale a vedere come sta,a domani.”
“Ciao.”
Dopo un momento di imbarazzo generale la ragazza andò da Francesco e la abbracciò poi si sciolsero immediatamente ma quell’abbraccio le servì per sentirsi accettata,per sentirsi voluta ma soprattutto per riacquistare quella fiducia in se stessa che aveva perduto tempo fa, si era rinchiusa in se stessa e in quell’abbigliamento mascolino per cercare di passare il più inosservata possibile ora si sentiva un'altra, si sentiva Emma Martinelli e non più una ragazza rossa,ora si sentiva la rossa.
“Ciao bella a domani.”disse Francesco,volatilizzandosi in un momento.
Ritornò su e iniziò a preparare la cena. 'Dada, ti aiuto' disse il fratellino 'vieni Tommy aiutami a lavare le verdure' disse prendendolo per mano
Dopo aver sparecchiato e messo a letto il fratello andò in camera e iniziò a studiare latino. Mentre ripeteva le 'Metamorfosi' di Apuleio le squillò il cellulare. Era Fede. Oh dannazione, si era dimenticata dell'appuntamento di oggi pomeriggio. 'Fede scusami tantissimo, ho avuto da fare con Tommy' disse Emma rispondendo al cellulare
'Emma ma come hai potuto?' 
'Scusami, recuperiamo domani?'
'No! Io non sono il tuo tappetino! Sei uscita con i ragazzi di Via Matteotti. Sono molto più divertenti di me'
'Federico smettila, mi è solo passato di mente' 
'Bene, allora ciao'
'No aspetta' disse mortificata. Ma Fede aveva già buttato giù. Come aveva fatto a dimenticarsi? Era stata una giornata così piacevole che non poteva non finire con qualche intoppo. 
Decise di mandargli un messaggio prima di andare a letto dove si scusava terribilmente di nuovo. 'Ehi fede, domani mattina andiamo a scuola assieme? Scusami tantissimo per oggi. Spero mi perdonerai. Notte E.'
Andò a letto ma non riusciva ad addormentarsi per il male alla guancia ma soprattutto per il gran senso di colpa,si girò decine di volte per cercare di prendere sonno ma non ci riusciva, andò in cucina a bersi un bicchiere di latte,andò nella stanza dei suoi per vedere se avevano rincasato e allora decise di andare da Federico perché sapeva che questa volta l’aveva fatta grossa e che non gliela avrebbe fatta passare liscia.Si mise le scarpe,prese su le chiavi e andò da lui, iniziò a tirare dei sassi alla finestra ma non si svegliò,finchè non si accese la luce del comodino,aprì la finestra ma quando Fede vide che era Emma richiuse la finestra.
“Fede dai vieni giù,ti prego.”sussurrò Emma.
“Vattene a casa.”sussurrò Federico da dentro casa.
Decise di tornare a casa anche perché faceva un certo freddo con il pigiama,mentre stava tornando a casa inciampò in una radice dell’albero –Ma perché tutte a me capitano- disse Emma tra se e se –sono proprio una sfigata-, poi si rialzò e sentì dei passi iniziò ad accelerare il passo perché non era stata un’ottima idea aggirarsi in pigiama da sola all’una di notte, poi sentì “Emma ma che ci fai in pigiama e per di più all’una di notte?che sei diventata scema.”rimproverò Francesco.
“Mi hai fatto prendere un colpo,non si sbuca alle spalle a quest’ora!”
“E non si gira da sola a quest’ora.”
“Che fai mi pedini?”chiese indispettita la ragazza.
“Ma va,torno adesso a casa,sono stato da Ale.”
“Aah, e come sta?”
“Ci sono stati momenti migliori.. Ma che cosa è successo?”
“Guarda lasciamo stare..”
“Ti accompagnò a casa, non si sa mai” disse Fra
”Guarda che non sono una bambina, sono in grado di badare a me stessa” rispose Emma stizzita.
“allora ciao” disse il ragazzo leggermente offeso. “No scusami, davvero non volevo è che ho litigato con il mio amico, andava tutto così bene” continuò Emma scoppiando in lacrime
“ehi rossa, finché non smetti di piangere io non ti parlo”disse scherzoso il giovane 'sono una frignona lo so” rispose Emma asciugandosi il viso “mi sono dimenticata che oggi pomeriggio dovevo uscire con lui! Come ho fatto? Sono proprio una ragazza stupida” “ehi guarda che colpevolizzandoti non risolverai nulla. Bella ci sarà rimasto male ma vedrai che gli passerà” le consigliò.
“Non mi perdonerà questa volta,te lo dico io.”disse scoraggiata la ragazza.
“Se ti vuole realmente bene tra un po’ tornerà,lascia che si sbollisca un po’.”
“Speriamo bene va là,ma è normale che mi faccia così male?”
“Cosa?”
“Il cervello”disse ironica Emma.
“Chee?”rispose perplesso il ragazzo.
“La guancia,stupido.”
“Sii è normale,se fosse stata una carezza avrebbe fatto meno male,cosa dici?!”
“Ma come sei simpatico,guarda che se non fosse stato per te starei benone!”
“Carina lei.”
“Sono arrivata.”
“Dormi adesso,non farti tutta la città a piedi!”
“Spiritoso,buona notte,grazie di tutto!”
“Ma di che,buona notte Emma a domani!”
Aprì la porta senza fare rumore,dormivano tutti,nessuno l’aveva sentita.Si tolse il cappotto e le scarpe,si mise sul divano perchè non voleva farsi sfuggire quel momento di sonno che le era preso,si addormentò immediatamente come una bambina,finalmente era riuscita a dormire dopo tante nottate trascorse in bianco a causa dei troppi pensieri che le attanagliavano la mente.
 
 
 
X.
 
“Emma tesoro,svegliati,è ora.”le sussurrò il padre.
“Ancora cinque minuti.”
“E’ tardi sveglia.”
“Arrivo.”
“Ma che hai fatto alla guancia?”le domandò insistentemente il padre.
“Mi hanno tirato una pallonata ieri a scuola,ma non mi fa male,ci ho messo subito il ghiaccio.”
“Dio mio,neanche tuo fratello si fa un roba del genere.Vai su e mettiti la crema,quella per le contusioni.”
Andò in bagno, si guardò allo specchio:era assolutamente spaventevole,aveva un livido viola che sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro.Si mise tutto il correttore che aveva in casa ma nonostante questo si vedeva ancora,si andò a cambiare e poi scese per fare colazione.Terminata la colazione uscì sperando che l’amico gli avrebbe rivolto la parola, passò davanti a sua ma non era lì ad aspettarla come solitamente faceva allora suonò il campanello domandò a sua madre dove fosse e lei gli rispose che oggi non sarebbe andato a scuola a causa di un lieve malessere. Emma sapeva che non era per quella ragione che restava a casa,dopo ogni litigata lui restava a casa per non vederla perché se no gli avrebbe fatto l’altra guancia nera,andò a scuola più triste e malinconica di sempre,il suo flusso di pensieri negativi venne interrotto dal baccano che vi era davanti alla scuola.
“Ei Emma,come stai?”disse Mag.
“Non è giornata gente.”
“Che succede?”
Intanto l’avevano raggiunte Francesco e Giacomo.
“Guarda,ho litigato con il mio migliore amico perché ieri mi sono dimenticata di andare con lui e per di più non si è presentato a scuola oggi.”
“Tira brutta aria.”disse Francesco.
“Pessima aria direi.”
Suonò la campanella. 'Io entro in classe' disse Emma affranta
'Ci vediamo alla ricreazione bella' disse Mag
'Ehi' disse Fra rincorrendo la 'ricordati quello che ti ho detto ieri sera, tranquilla, e sorridi' continuò
'Ci proverò, a dopo' rispose dandogli una pacca sulla spalla.
Aveva ragione Fra, piangersi addosso non avrebbe risolto nulla.
Entrò in classe e si sedette al solito posto. Peccato che questa mattina il banco accanto al suo fosse vuoto. Quando si comportava in quel modo Fede si dimostrava un vero immaturo quando si rifiutava di chiarire con lei.
”Buongiorno ragazzi” disse il professore di matematica
”Martinelli nessuno le ha insegnato l'educazione” disse irritato l'insegnante
”Scusi professore” rispose la ragazza alzandosi.
'Martinelli vuole essere interrogata' chiese con sarcasmo
'In realtà prof non sono riuscita a capire perchè la funzione n 526 non è continua?' disse con furbizia. Sapeva che il professor Pasi adorava le alunne curiose e interessate.
Durante la lezione, affacciandosi dalla finestra notò che Ale era in giardino, stava fumando una sigaretta e aveva la musica nelle orecchie. Pensò che sarebbe potuta uscire e andare da lui. “E se mi tratta male?” penso tra sè e sè. Aveva una paura terribile che la cacciasse dicendo che doveva farsi gli affari suo.
”Prof posso uscire che non mi sento bene?” chiese con un filo di voce. Fin da piccola se l'era sempre cavata con le bugie
”Certo, mi raccomando, se hai bisogno chiedi con la bidella” rispose preoccupato.
Mentre percorreva il corridoio che portava al giardino, sentì che le gambe le tremavano. Ma che diavolo le stava succedendo. “Emma un po' di coraggio su” pensò.Passò davanti alle macchinette per il cibo si sistemò i capelli e scese in cortile, il cuore le batteva a mille e le tremavano le mani da tanto che era agitata,si fermò un istante per riprendersi e poi riprese.Proprio nell’istante in cui avanzò, Alessandro si voltò verso di lei.
“Ei ma cosa ci fai qui?”chiese il ragazzo con una strana ma piacevole cortesia.
“Ti ho visto che eri qui tutto solo e volevo chiederti come stai.”
“Così.”
“Mi dispiace,se vuoi parlare io ci sono.”
“Grazie ma non me la sento.”
“Tranquillo. Andiamo?”
“Dove?”
“A scuola,e dove se no.”
“Ooh ma sei proprio una rompi palle”disse scherzando il ragazzo.
“La prossima volta me ne sto su.”
“Dai che scherzo!Ooh ma sei permalosina.”
Arrossì un poco e poi per mascherare il suo imbarazzo si mise su il cappuccio.
“Dai che scherzo,fammi vedere la guancia.Come va?” Ale le tirò giù il cappuccio,le sfiorò la guancia come se dovesse cogliere il fiore più bello del giardino dell’Eden e non dovesse rovinarlo. Stava nascendo una strana armonia , si stavano scoprendo piano piano . L’imbarazzo tra i due era notevole perché non sapevano oltre quel muro di insicurezza cosa si celasse, Alessandro non capiva cosa si celasse dietro quei comportamenti schivi della ragazza mentre Emma temeva che la sua invadenza disturbasse il ragazzo, volevano prima studiarsi per poi chissà un giorno volersi bene.
“Dio ma è gonfissimo.”continuò il ragazzo.
“Mi fa un pochino male in effetti.”
“Ma ci hai messo il ghiaccio?”
“Eehm.”
“Emma, peggio delle bambine sei.”
“Non è vero.”
“Dai andiamo che se no ci cacciano fuori.”disse Ale mettendogli un braccio attorno alle spalle di Emma e fecero qualche metro poi il ragazzo ritrasse il braccio come se avesse violato qualcosa di prezioso.
“Che palle, io non ne ho voglia di entrare' disse Emma spontaneamente
”Ehii, Signorina perfettina non è affatto da te dire una cosa del genere' rispose Ale stupito
”oh si hai ragione, è che sono così stanca di studiare' si lamentò
”Oh povera ragazza studiosaa' la prese in giro
”La ragazza studiosa se ne va' disse irritata
”No aspetta, usciamo?'chiese 'ti portò in un posto meraviglioso' continuó
”Smetti di prendermi in giro' disse stizzita
”Va bene, scusami per l'invadenza'
”Ma no” rispose. Ma Ale era già andato. Come era strano quel ragazzo. Gli corse in contro e lo prese per un braccio dicendogli :”Se mi aspetti esco da scuola dopo il primo intervallo.”
“Va bene,ti aspetto fuori.”
“Cosa fai?tu entri ora?”chiese dolcemente la ragazza.
“Si.”
“A dopo.”
Salì le scale e si recò in classe con una insolita felicità,il ragazzo iniziava ad intrigarla,non capiva cosa ci fosse in lui ma quei suoi modi talvolta burberi talvolta dolci la attiravano e poi voleva capire chi fosse realmente Alessandro Foschi se il ragazzo violento oppure il ragazzo dolce ed insicuro.
“Martinelli,tutto a posto?”domandò il professore.
“Non proprio ma continui la lezione.”
Trascorsero le due ore con troppa lentezza ma il suo pensiero era proiettato all’incontro con Alessandro,Emma fantasticò un po’ su quale potesse essere il luogo fantastico di cui il ragazzo le aveva accennato prima:pensò a tanti luoghi ma non lì sentì consoni all’indole di Alessandro.Al suono della campanella firmò il libretto delle giustificazioni e lo porse al professore.
“Martinelli esce per motivi personali?Che le è capitato?”
“Questa notte non sono stata troppo bene ed ora mi si è ripresentato il mal di pancia e ho anche un pochino di nausea. Mi scusi per l’interruzione di questa mattina.”
“Non si preoccupi,vada a casa e si riposi.”
“Arrivederci prof.” E aggiunse “Ciao a tutti.”
Si fermò in bagno per sistemarsi un poco i capelli e il volto immacolato tuttavia intaccato da quell’enorme pesto violaceo che non dava segno di volersene andare, si mise il suo solito cappuccio affinché nessuno le avrebbe fatto nessuna domanda indiscreta circa il suo pesto.
“Eii Emma dove vai?”chiese Mag.
“Vado a casa,non mi sento troppo bene.”
“Cos’hai?”
“Un gran mal di pancia e mal di testa.”
“Dove te ne vai.”chiese Francesco che intanto aveva raggiunto le amiche.
“A casa non mi sento troppo bene!”
“Vuoi che ti accompagni?”
“Nono tranquillo,faccio due passi e intanto vado dal dottore.”
“Va bene,stai attenta va là.”
“Si mammina.”disse scherzando Emma.”Ciao ragazzi ci vediamo domani.”
“Ciao,riprenditi.”dissero in coro i ragazzi di via Matteotti.
Uscì da scuola senza nessun intoppo,andò nel posto dell’incontro ma non lo vide.Pensò che gli aveva dato buca,aspettò dieci minuti ma di Alessandro non ce ne era nessuna traccia, il giardino si era svuotato perché la ricreazione era terminata,finalmente dopo ben venti minuti di ritardo uscì dalla scuola Alessandro.
“Scusa il ritardo ma ho dovuto fare l’interrogazione di Filosofia e quella strega mi ha trattenuto un po’ di più.”
“Com’è andata?”
“8!”
“Eilà,abbiamo tra di noi un genio.”
“Osta,non credo proprio.”
“Dai va là, dove mi porti.”
“Passiamo prima da casa che devo prendere il motore!”
-Il motore?-pensò Emma. –Ma non ha il terrore di quel coso?E’ proprio strano-
“Scusa?”
“Si il motore.E’ ora di ricominciare!Non posso stare qui a piangermi addosso quando i miei amici stanno cercando di vivere.”
Emma lo abbracciò fortissimo come se fosse una persona che non vedeva da molto tempo,lo abbracciò per fargli sentire che lei ci sarebbe stata per lui, lo abbracciò per dirgli quanto fosse coraggioso a riprendere in mano proprio quel motore che due anni fa aveva strappato la vita al suo migliore amico,lo abbracciò perché non desiderava altro.Si sentì immediatamente parte di un unico tutto,si sentì in simbiosi con Alessandro, con il suo dolore e con il suo nuovo inizio. Restarono abbracciati per qualche istante che sembrò ad Emma un’ eternità poi Alessandro ruppe il silenzio dicendo :”Vogliamo andare?”
“Andiamo!Ma come faccio con il casco?”
“Penso di avercelo,almeno che tu non abbia un testone enorme.”
“Dio mio ma sei sempre più simpatico tu.”
“E tu sei sempre più permalosa.”
“Senti chi parla.”
“Ti scandalizza andare in due in bici?”domandò il ragazzo.
“Nono.”
“Dai allora mettiti dietro nel porta pacchi.”
“Agli ordini capo.”
“Parto”
“Che male.”
“Lamentati un’altra volta e ti faccio scendere al volo.”disse scherzando Ale ed Emma si ammutolì.
Quel breve tragitto in bici per Emma fu una boccata di vita nuova, finalmente si sentiva una ragazza nuova, i ragazzi di via Matteotti le avevano portato quella gioia di vivere nonostante avessero perso il loro più grande amico,erano delle persone fantastiche.
Arrivarono a casa e Alessandro andò a prendere il motore e i caschi,ne diede uno ad Emma e l’altro se lo mise addosso.
“Me lo legheresti per favore.”
“Devo proprio fare tutto io qua!”
“Guarda faccio da sola!”disse irritata Emma.
“Ma vieni qua testina!”
Dopo averle legato il casco con un'insolita dolcezza tirò fuori le chiavi tentennante. Si fermò. Appoggiò le braccia sulla sella del motore e iniziò a fissare il vuoto. Rimasero 10 minuti in silenzio. Emma non sapeva che cosa fare. D'altronde, lo conosceva solo da qualche giorno. Non aveva la forza di sostenere una situazione cosi difficile e complicata. Alessandro non accendeva quel motore da più di due anni. Prese coraggio, appoggiò la sua mano su quella del ragazzo e disse “Ehi, lo so che è difficile”
”No non lo sai” rispose freddo “Questo motore ha il sapore di Alberto” continuò “Vattene, vattene di qui” urlò slacciandosi il casco e lanciandolo dall'altra parte della cantina.
Emma rimase impietrita dalla reazione del giovane. Non riusciva a proferire parola. “Hai capito? Te ne devi andare Emma” urlò nuovamente avvicinandosi al viso della ragazza
'Scusami' disse correndo via con gli occhi colmi di lacrime.
Come aveva fatto a fidarsi di lui. Dopo lo schiaffo e le innumerevoli volte che le aveva risposto in modo maleducato. Era evidente che non fosse il ragazzo per lei. Anche se quando stava con lui il tempo sembrava passare come non mai. E poi provava quella strana sensazione di tremolio alle gambe. Non era ansia da interrogazione. Quando teme un brutto voto solitamente si morde il labbro superiore, non trema.Si allontanò da quella casa maledetta, da quel ragazzo che maledettamente gli era entrato dentro, si era fidata troppo presto di quell’essere che non sapeva altro che offendere le persone per riprendersi la dignità di vivere.Corse più forte che poteva finchè il fiato gli permise di respirare, si sedette su di una panchina e prese il cellulare,digitò il numero di Federico ma ancora una volta era troppo bambino per non risponderle, era troppo poco uomo e molto bambino ma aveva bisogno di lui più che mai,aveva bisogno del suo migliore amico,quello che non aveva bisogno di insultarlo per farla stare bene,quell’amico che c’è sempre e che nella sua assenza nonostante tutto le voleva ancora un bene dell’anima.
“Devo parlarti,sto male.”scrisse Emma a Fede.
Dopo qualche minuto rispose:”Dove sei?vengo a prenderti. F.”
“Davanti a casa tua esci.”
Non riuscì a trattenere le lacrime che ormai le stavano vacillando,si sentiva piena di rabbia e tristezza.Pianse come solo una bambina sa fare poi si calmò un secondo,vide l’amico arrivare e si sentì finalmente parte di qualcuno,parte della vita di qualcuno.
“Dio che hai fatto?”chiese l’amico,preoccupato.
“Scusami,scusami davvero.Ale è uno stronzo.”
“Ma cos’hai fatto nel volto?”
“Spallonata”
“Adesso ti calmi e mi racconti!”
Si asciugò il volto e continuò:”Oggi mi aveva invitato Alessandro in un posto,siamo usciti da scuola poi quando è stato il momento di partire mi ha urlato di andarmene.Io non lo capisco,prima sembra carino poi una stronzo colossale.”
“Ma io se lo becco giuro che lo faccio nero.”
“Ma cosa vuoi te !”
“Te non ti preoccupare.E quel pesto?”
“Mi hanno tirato una pallonata!”
“Non ti posso lasciare una giornata da sola che guarda come ti riduci.”
“Fatti abbracciare!Ti voglio bene!”
“Chee?”
“Ho detto che ti voglio bene!”disse piano la ragazza.
“Oddio è tardissimo, devo andare a casa se no mia mamma si accorge che non sono andata a scuola” disse Emma agitata.
”Ci sentiamo E.' disse il ragazzo “A domani” continuò
Mentre si affrettava a tornare a casa, vide di lontano Fra.
”Fa che non mi vede, fa che non mi veda” pregava tra sè e sè
”Emmaa, non dovresti essere a casa? non stavi male?” chiese preoccupato
”Maledizione' disse la ragazza a denti stretti
”Siiii dovrei' continuò con lo sguardo abbassato
”stavo andando in farmacia' si inventò
”In farmacia?' chiese stranito 
”Ho finito l'aspirina e i miei non sono in casa” rispose
”Ma non ce ne è una di fianco a casa tua? domandò
”siiii, ma è chiusa”
Non riusciva più a mentire. Non a lui. Era speciale. ad un tratto sfinita dalla mattinata scoppiò in lacrime
”Emma stai male? Emma che fai?” disse abbracciandola.
”Ti ho mentito, scusa, faccio schifo' singhiozzò
”Mi hai mentito?' 
”Sii'
”Sei un uomo? non ti chiami Emma? sei una spia della cia?' disse ironico 
Emma scoppiò a ridere.
”Oh signorina sono riuscita a farti sorridere. Lo so che sei uscita con Ale da scuola”
”Te l'ha detto lui?” chiese la ragazza 
”Vi ho visto quando uscivate dal cortile. Perchè non me l'hai detto? Guarda che non avrei fatto nulla per impedirtelo” disse chiaramente
'Non so perchè l'ho fatto!E' complicato da spiegare! Sono una stupida'
“Cos’è successo?”
“Sembrava che stesse andando tutto bene e invece come al solito ha rovinato tutto”disse tra le lacrime.
“Ooh,calmati!”disse abbracciando il ragazzo.
Il respiro le si faceva sempre più faticoso,le lacrime non volevano cessare e nonostante ci fosse Francesco con lei ancora aveva un’ansia che si poteva percepire a distanza.
“Mi ha urlato di andarmene!”
“Adesso però ti devi calmare,poi ne parliamo bene!”
Il respiro stava riprendendo regolarità ma le lacrime no,le lacrime scendevano a fiumi, erano lacrime di rabbia, facevano male ad Emma quelle lacrime perché erano segno di un’altra sconfitta. Non voleva essere uno straccetto da essere utilizzato ogni qualvolta lo si desiderasse, voleva essere trattata come tutte le altre ragazze.
“Ok.Ora penso di esserci.”
“Allora da quello che ho capito dovevate andare in un posto poi però lui ti ha gridato di andartene?”
“Si,c’è.. aveva preso il motore poi ad un tratto mi ha detto che sapeva di Alberto e poi se ne andato piangendo”
“Io quello lo meno.”disse agitato il ragazzo.
“No vi prego non voglio più essere causa di nessun litigio forse è meglio se non ci frequentassimo più,io e voi!”
“Ooh,ma cosa dici? Cosa dici,tu non te ne vai hai capito?Ale si scazzerà!Non voglio sentire più questi discorsi,ci conosciamo da poco tempo e non voglio che tu te ne vada!Mi hai capito?”
“Si,grazie di tutto Francesco. Grazie di esserci stato l’altra sera e grazie di esserci anche adesso.”
“Ma di che Emma,non mi devi ringraziare di nulla anzi ti volevo ringraziare a nome di tutti perché ci stai facendo rivivere e ci hai fatto parlare di cose che prima non ci sognavamo neanche di farlo e sai a cosa sto facendo riferimento.E chissene frega di Alessandro Foschi,è un bambino che deve ancora crescere per certi aspetti e se lui ti tratta male trattalo anche tu male poi vedrai che si calmerà.”
“Veramente di cuore grazie!”
“Non voglio sentire un altro ringraziamento!”disse scherzando Fra.
“Ok capo!Ora vado che se no mia mamma si insospettisce!Ci sentiamo!”
“Va bene.Ciao Emma, a presto!”
Francesco si avvicinò e le tolse il cappuccio e le diede un tenero bacio sulla guancia e aggiunse :”Non ti devi vergognare di te stessa,questo cappuccio tiratelo giù!Non essere timida perché non lo sei!”e se ne andò.
Tornò a casa leggermente più sollevata. Non fece in tempo ad aprire la porta che la madre era li ad aspettarla.
”Ti sembra questa l'ora di rientrare?” disse in maniera fintamente pacata.
”Ehm” tentennò Emma “Mi sono inchiacchierata con Fede, dai mamma" rispose dirigendosi verso la sua stanza.
L'ultima cosa che voleva era litigare con la madre perciò chiese più volte scusa e si offrì di sparecchiare e giocare con il fratello prima di andare a studiare.
Quando ritornò in camera decise che era arrivata l'ora di studiare. Erano tre giorni che non combinava proprio nulla. Controllò il cellulare e vide tre messaggi. Era Mag che le chiedeva se le andava di passare il pomeriggio con lei.
”Come diavolo fa a sapere il mio numero?” si chiese tra sè e sè
”Scusa Mag, ma domani ho l'interrogazione di filosofia, proprio non riesco. E.”
Probabilmente era troppo presto aveva paura di legarsi troppo alle persone. Aveva paura che se ne andassero. Tutte se ne erano andate. Tranne Fede. Però è come se le fosse sempre mancata quell'amica speciale che sa tutto di lei, che capisse ogni suo sguardo e necessità. Quella a cui si dicono i segreti. Emma non aveva mai avuto una migliore amica. Anzi, l'aveva avuto qualche anno prima, poi a causa di uno stupido malinteso lei se ne era andata. E quante lacrime aveva versato. Da quel momento si era chiusa a riccio. Pensava che stando da sola nessuno avrebbe potuto farle male.
”Emma, ti cercano al citofono” disse la madre
”E chi è?” chiese correndo verso la porta
”Ehi Emma sono Mag, vieni giu dai!"
”Non hai letto il mio messaggio? Non posso domani ho l'interrogazione di filosofia” disse dispiaciuta
”Daii Emma, mi fa piacere” la scongiurò
”Mi metto le scarpe e scendo”
Le faceva cosi tanto piacere che qualcuno la cercasse, che qualcuno l'apprezzasse per quello che realmente era che non riuscì a dire di no.
  
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