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Autore: Deffra    14/06/2013    3 recensioni
E se, quando il Dottore nella sua undicesima incarnazione aveva fatto il commesso in un negozio di giocattoli (6x12 – orario di chiusura), avesse incontrato Donna Noble? Se giusto poco prima di morire (Lago Silencio – Utha) rivedesse lei e Wilfred, e, a suo modo, dicesse loro addio?
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 11, Donna Noble
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Piccola prefazione:
Questa storia è ambientata durante la 6x12.
Quando il Dottore fa il commesso in un negozio di giocattoli dopo essere stato a casa di Craig e aver notato che qualcosa non andava. Di conseguenza è ambientata poco prima della "morte" del Dottore, quando lui non sa ancora che potrà ingannare la morte con il teselecta e quindi pensa che sia davvero giunta la sua ora.


“Nhhhioooouuum. Ed ecco che va su, e poi giù, e poi sempre più giù.. per sole 49 sterline e novanta!
Che sono tante, ma in fondo sono soldi dei vostri genitori, che altrimenti butterebbero per cose noiose come lampade e verdure. Yuhuhu!”

L’areoplanino si rivela parecchio difficile da pilotare, e mentre i bambini mi osservano incantati sbatte addosso ad un cliente, che mi guarda torvo prima di tornare al cellulare.

 “Ahhhhhhh, niente panico, ma, credo di aver perso il controlloooo-o-o-ooh.”

Intanto il giocattolo, come per confermare la situazione, riprende quota e, giuro che non può esserne stata causa il fatto che schiacciassi bottoncini a caso, fa crollare una pila di bambole. 

“Ragazzi, ragazze, facciamo così. Adesso voi andate a cercare i vostri genitoritutori e nulla di tutto questo sarà mai accaduto. Via, via, via. Ah, e provate a cercarli nel reparto… lampade.”

Fhhiiiu anche questa è fatta, penso sollevato mentre l’altra commessa borbotta su quanto i bambini al giorno d’oggi siano solo delle pesti ingrate e viziate, riordinando le bambole.

Allo stesso tempo suona il campanello dell’ingresso e una testa rosso fuoco fa capolino dalla porta, accompagnata da un elegante signora ed un uomo anziano.

La forza di gravità deve avere qualche problema perché la targhetta con il mio nome sopra mi pesa addosso  milioni di volte più di quanto dovrebbe.

Osservando la loro espressione smarrita deduco che presto verranno a chiedermi informazioni, dopotutto io sono un semplice commesso di un negozio di giocattoli e lei è una semplice umana che vuole acquistare qualcosa.

L’unico problema è che io non sono un commesso ma, per quanto in incognito, un Signore del Tempo: due cuori, una cabina blu, tante facce e la possibilità di andare ovunque nel tempo e nello spazio, e lei è la Donna.
La Donna che mi ha salvato, quando non avevo nemmeno la forza di salvare me stesso e che è stata la persona più importante dell’Universo.
L’umana che si credeva così tanto ordinaria, comune e assolutamente non speciale che invece si è resaa straordinaria per tutto il creato ed è stata straordinariamente speciale per me.
La donna che non ha aspettato, ma ha cercato. Non si è seduta a guardare, aspettando che io venissi a prelevarla dalla sua noiosa vita, lei, quando è stata pronta, ha urlato. E l’universo l’ha ascoltata. Ha trovato la sua strada, mi ha trovato, ed ha rimesso in carreggiata la mia.
Donna che è diventata dottore e poi è morta. Beh, non letteralmente, ma la Donna che era diventata è morta . E pur vincendo contro i Dalek noi, quella notte, abbiamo perso. Lei, la vera se stessa e tutti i sui ricordi. Io, lei.
Donna Noble, che è stata semplicemente meravigliosa.

La targhetta con quel “Il Dottore” cucito addosso continua a pesare, ed è una frazione di secondo, il tempo di uno sguardo, il ricordo di quello “spacemen”, un passo in avanti che accenna l’inizio di uno spostamento, che mi ritrovo a buttarla a terra velocemente. Mentre lei mi si avvicina sento entrambi i miei cuori bruciare o forse sono gli occhi, e batte tutto troppo forte. Nostalgia e rimpianto.

“Mi scusi. Salve. Mi chiamo Donna, molto piacere, mi chiedevo se saprebbe indicarmi dove si trova il reparto dedicato ai bambini, però quelli più piccoli?”

“Sa” la interruppe la donna al suo fianco “è per il mio nipotino, è nato pochi mesi fa. L’abbiamo chiamato John. Questo per il volere di Wilfred, in effetti ha insistito molto sul nome,  ha detto che John Smith era l’uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto, com’è che dice sempre, il vecchio soldato delle stelle, ah, ma vedesse che bel bambino, pensi che a soli tre mes...”

“Mamma, non importunare il signore. Ci scusi, dicevamo, il reparto bambini?”

Mi volto di scatto prima che Donna riesca a vedere l’espressione del mio volto, simulo il tutto nel dare le indicazioni e spero non si accorga della mia voce rotta. La gioia delle due donne mi rende felice, e rivederla giusto prima della mia morte sembra quasi uno scherzo. 

I was gonna be with you. Forever.
(Volevo stare con te per sempre.)*

Lo so, ti risposi. Avrei voluto poterti dire “anche io”.

Poi, mentre loro, sorridenti, si dirigono al reparto bambini, faccio la cosa che come sempre mi riesce meglio: scappo.

Corro via, in fretta, senza accorgermi che l’anziano signore, Wilfred, si è chinato per raccogliere la mia targhetta.

Scappo senza voltarmi o fermarmi, finché non vedo gli occhi di un vecchio soldato pieni di lacrime.

Accenno un saluto e sorrido.

Addio amico mio.

*

“Il Dottore.”

Una targhetta e una frazione di secondo, uno sguardo tra la gente. Solo questo.  Il tempo appena sufficiente per essere positivo. Positivo che l'uomo con il papillon sia lui. Non sembra probabile, o possibile. Il volto è diverso, molto più giovane, ma allo stesso tempo anche molto più vecchio. È anche vestito in modo diverso, eppure, a prescindere dalla targhetta, in qualche modo so. Alla fine nulla di quello che è possibile riguarda il dottore, lui è tutto ciò che di impossibile esiste.

Il tempo sembra rallentare solo per noi. Il Dottore, perché so che è lui, non parla. Accenna solo un mezzo sorriso e fa un movimento con il capo. Vedo i suoi occhi, cambia il colore, certo, ma sembrano sempre contenere migliaia di anni. E la loro solitudine, la stanchezza e il dolore. Ma anche la gioia, la conoscenza infinita, le avventure vissute, l’amicizia e l’amore.
Però una cosa mi colpisce, contengono la stessa tristezza. Proprio come prima. Proprio come il nostro ultimo saluto.

“Nonno. Dai dobbiamo andar- Nonno? Va tutto bene?”

Il Dottore. Il vecchio soldato. Il mio amico dalle stelle.

“Nonno. Ti prego, dimmelo, cosa c’è? Qual è il problema?” la voce di Donna è preoccupata ora, non riesce a capire perché stia piangendo.

“Non è niente mia cara, niente.”

Mi asciugo gli occhi, ma quando mi volto lui non c’è già più, è andato via, di nuovo.

“Mi era solo sembrato di vedere un vecchio amico, tutto qui. Andiamo a prendere quel giocattolo allora, cos’aspettate? Su su!”

Addio Dottore, vecchio amico.

 

 


Note autrice:
Ho scritto questa mini- fanfiction di getto, dopo aver sentito una canzone, perchè AMO Wilfred e Donna e il rapporto che hanno con il Dottore.
E il fatto che Donna non possa ricordare mi spezza sempre il cuore, e gli addi che dovremo dire anche, quindi sappiate che ho sfogato il mio dolore in questa cosa.
Spero vi piaccia e aspetto commentiparericritiche.

Ovviamente i personaggi non sono miei e nulla è a scopo di lucro e bla bla bla.

Buona serata e grazie per la lettura! :)

 

  
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