Piccola prefazione:
Questa storia è ambientata durante la 6x12.
Quando il Dottore fa il commesso in un negozio di giocattoli dopo essere stato a casa di Craig e aver notato che qualcosa non andava. Di conseguenza è ambientata poco prima della "morte" del Dottore, quando lui non sa ancora che potrà ingannare la morte con il teselecta e quindi pensa che sia davvero giunta la sua ora.
“Nhhhioooouuum. Ed ecco che
va su, e poi giù, e poi sempre
più giù.. per sole 49 sterline e novanta!
Che sono tante, ma in fondo sono soldi dei vostri genitori, che
altrimenti
butterebbero per cose noiose come lampade e verdure. Yuhuhu!”
L’areoplanino si rivela
parecchio difficile da pilotare, e
mentre i bambini mi osservano incantati sbatte addosso ad un cliente,
che mi
guarda torvo prima di tornare al cellulare.
“Ahhhhhhh,
niente
panico, ma, credo di aver perso il controlloooo-o-o-ooh.”
Intanto il giocattolo, come per
confermare la situazione,
riprende quota e, giuro che non può esserne stata causa il
fatto che
schiacciassi bottoncini a caso, fa crollare una pila di bambole.
“Ragazzi, ragazze, facciamo
così. Adesso voi andate a
cercare i vostri genitoritutori e nulla di tutto questo
sarà mai accaduto.
Via, via, via. Ah, e provate a cercarli nel reparto…
lampade.”
Fhhiiiu anche questa è
fatta, penso sollevato mentre l’altra
commessa borbotta su quanto i bambini al giorno d’oggi siano
solo delle pesti
ingrate e viziate, riordinando le bambole.
Allo stesso tempo suona il campanello
dell’ingresso e una
testa rosso fuoco fa capolino dalla porta, accompagnata da un elegante signora ed un
uomo anziano.
La forza di gravità deve
avere qualche problema perché la
targhetta con il mio nome sopra mi pesa addosso
milioni di volte più di quanto dovrebbe.
Osservando la loro espressione
smarrita deduco che presto
verranno a chiedermi informazioni, dopotutto io sono un semplice
commesso di un
negozio di giocattoli e lei è una semplice umana che vuole
acquistare qualcosa.
L’unico problema
è che io non sono un commesso ma, per
quanto in incognito, un Signore del Tempo: due cuori, una cabina blu,
tante
facce e la possibilità di andare ovunque nel tempo e nello
spazio, e lei è la
Donna.
La Donna che mi ha salvato, quando non avevo nemmeno la forza di
salvare
me stesso e che è stata la persona più importante
dell’Universo.
L’umana che si
credeva così tanto ordinaria, comune e assolutamente non
speciale che invece si è resaa straordinaria per tutto il
creato ed è stata straordinariamente speciale per me.
La donna che non ha aspettato, ma ha cercato. Non si è
seduta a guardare,
aspettando che io venissi a prelevarla dalla sua noiosa vita, lei,
quando è
stata pronta, ha urlato. E l’universo l’ha
ascoltata. Ha trovato la sua strada,
mi ha trovato, ed ha rimesso in carreggiata la mia.
Donna che è diventata
dottore e poi è morta. Beh, non letteralmente, ma la Donna
che era diventata è
morta . E pur vincendo contro i Dalek noi, quella notte, abbiamo perso.
Lei, la
vera se stessa e tutti i sui ricordi. Io, lei.
Donna Noble, che è stata
semplicemente meravigliosa.
La targhetta con quel “Il
Dottore” cucito addosso continua a pesare, ed
è una frazione di secondo, il
tempo di uno sguardo, il ricordo di quello “spacemen”,
un passo in avanti che accenna l’inizio di uno spostamento, che mi ritrovo a buttarla a terra
velocemente. Mentre lei mi si avvicina sento entrambi i miei cuori
bruciare o
forse sono gli occhi, e batte tutto troppo forte. Nostalgia
e rimpianto.
“Mi scusi. Salve. Mi chiamo
Donna, molto piacere, mi chiedevo
se saprebbe indicarmi dove si trova il reparto dedicato ai bambini,
però quelli
più piccoli?”
“Sa” la
interruppe la donna al suo fianco “è per il mio
nipotino, è nato pochi mesi fa. L’abbiamo chiamato
John. Questo per il volere
di Wilfred, in effetti ha insistito molto sul nome,
ha detto che John Smith era l’uomo
più
coraggioso che avesse mai conosciuto, com’è che
dice sempre, il vecchio soldato
delle stelle, ah, ma vedesse che bel bambino, pensi che a soli tre
mes...”
“Mamma, non importunare il
signore. Ci scusi, dicevamo, il
reparto bambini?”
Mi volto di scatto prima che Donna
riesca a vedere
l’espressione del mio volto, simulo il tutto nel dare le
indicazioni e spero non
si accorga della mia voce rotta. La gioia delle due donne mi rende
felice, e
rivederla giusto prima della mia morte sembra quasi uno
scherzo.
I was gonna be with you. Forever.
(Volevo stare con te per sempre.)*
Lo so, ti risposi. Avrei voluto
poterti dire “anche io”.
Poi, mentre loro, sorridenti, si
dirigono al reparto
bambini, faccio la cosa che come sempre mi riesce meglio: scappo.
Corro via, in fretta, senza
accorgermi che l’anziano
signore, Wilfred, si è chinato per raccogliere la mia
targhetta.
Scappo senza voltarmi o fermarmi,
finché non vedo gli occhi
di un vecchio soldato pieni di lacrime.
Accenno un saluto e sorrido.
Addio amico
mio.
*
“Il
Dottore.”
Una targhetta e una frazione di
secondo, uno sguardo tra la
gente. Solo questo. Il
tempo appena
sufficiente per essere positivo. Positivo che l'uomo con il papillon
sia lui.
Non sembra probabile, o possibile. Il volto è diverso, molto
più giovane, ma
allo stesso tempo anche molto più vecchio. È
anche vestito in modo diverso,
eppure, a prescindere dalla targhetta, in qualche modo so. Alla fine
nulla di
quello che è possibile riguarda il dottore, lui è
tutto ciò che di impossibile
esiste.
Il tempo sembra rallentare solo per
noi. Il Dottore, perché
so che è lui, non parla. Accenna solo un mezzo sorriso e fa
un movimento
con il capo. Vedo i suoi occhi, cambia il colore, certo, ma sembrano
sempre contenere
migliaia di anni. E la loro solitudine, la stanchezza e il dolore. Ma
anche la
gioia, la conoscenza infinita, le avventure vissute,
l’amicizia e l’amore.
Però
una cosa mi colpisce, contengono la
stessa tristezza. Proprio come prima. Proprio come il nostro
ultimo saluto.
“Nonno. Dai dobbiamo andar-
Nonno? Va tutto bene?”
Il Dottore. Il vecchio soldato. Il
mio amico dalle stelle.
“Nonno. Ti prego, dimmelo,
cosa c’è? Qual è il
problema?” la
voce di Donna è preoccupata ora, non riesce a capire
perché stia piangendo.
“Non è niente
mia cara, niente.”
Mi asciugo gli occhi, ma quando mi
volto lui non c’è già
più, è andato via, di nuovo.
“Mi era solo sembrato di
vedere un vecchio amico, tutto qui.
Andiamo a prendere quel giocattolo allora, cos’aspettate? Su
su!”
Addio
Dottore, vecchio
amico.
Ho scritto questa mini- fanfiction di getto, dopo aver sentito una
canzone, perchè AMO Wilfred e Donna e il rapporto
che hanno con il Dottore.
E il fatto che Donna non possa ricordare mi spezza sempre il cuore, e
gli addi che dovremo dire anche, quindi sappiate che ho sfogato il mio
dolore in questa cosa.
Spero vi piaccia e aspetto commentiparericritiche.
Ovviamente i personaggi non sono miei e nulla è a scopo di
lucro e bla bla bla.
Buona serata e grazie per la lettura! :)