Omai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.
Ti chiamarono Simonetta e dissero che eri bella.
“Simonetta, sei bella come un fiore”
Credettero che per le vie di Fiorenza i fiori ti implorassero di essere intrecciati tra le tue chiome.
Ohimè, come si sbagliarono.
“Simonetta, sei bella come le stelle”
Credettero che di notte le stelle si affacciassero dal cielo per guardarti cantare alla finestra, la tua ultima notte da figlia. Il giorno dopo eri già sposa, eri già donna.
Ohimè, si sbagliarono.
Fosti senza paragoni, bella come null’altro.
La tua vita fu fugace, come solo un sogno può essere.
Ecco. L’unico paragone per te, Simonetta. La bella senza paragoni.
Ti credettero Venere, e viaggiasti su una conchiglia che non ti riportò a terra, ma fino all’altare.
Eppur sfioristi. Come un sogno alle prime luci dell’alba.
Raccontami, vaga ninfa della notte, l’infinita inutilità di una bellezza troppo ammirata e invidiata, ormai irriconoscibile sul guanciale consunto come le tue tremule labbra.
Ma perché tanta grazia mangiata dal morbo? Perché tanta vaghezza?
Per te non torna maggio, né fiori tra i capelli sparsi tra le lenzuola, né stelle che guardano altrove.