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Autore: ElisaJ7B    15/06/2013    2 recensioni
[Amnesia:The Dark Descent]
Alexander e Daniel si trovano entrambi all'interno del castello, ma non sono soli.
Elisa, una ragazza del luogo, farà la sua prima apparizione.
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le mani di Elisa tremavano solo al pensiero…

 

Come ho potuto essere così superficiale?

Lasciarmi torturare!

E con il mio consenso!

 

Ormai la parola era data, perciò si incamminò lentamente verso l’obitorio.

Lungo il tragitto non faceva altro che pensare a dei limiti che poteva mettere.

 

Magari per il fatto che fosse una ragazza Alexander sarebbe stato un po’ più gentile con lei.

 

Non appena entrò nella stanza tutte le sue speranze svanirono.

Il barone aveva già cominciato a preparare seghe, seghetti, pugnali e martelli.

D’istinto Elisa fece un paio di passi indietro, ma l’orgoglio ebbe la meglio e la spinse a raggiungerlo.

 

“Finalmente sei arrivata. Perché sei così silenziosa?”

Lei gli lanciò uno sguardo perplesso e arrabbiato, che gli fece scappare una fragorosa risata.

“Stavo solo scherzando. Avanti, togliti i vestiti.”

“Cosa? E perché mai?”

“Per effettuare la scansione devi indossare il minimo di copertura. Altrimenti come faccio a vedere quanta Vitae possiedi?”

 

Un po’ insicura Elisa si tolse tutto il resto, fino a rimanere in camicia e mutande.

Alexander prese una piccola candela blu e la accese, successivamente spense le luci.

 

La stanza buia si riempì di una luce blu, in costante movimento, quasi abbagliante.

Ma il cero che il barone aveva in mano non emetteva luce.

Infatti essa era emanata da Elisa, che in quel momento sembrava un alieno tutta blu com’era. Anche Alexander scaturiva un lieve bagliore, ma molto debole.

“Perfetto…” sussurrò il barone.

Con velocità sorprendente Alexander spense la strana candela  e riaccese le lampade ad olio, accecando Elisa per il veloce cambiamento di luce.

Per poi spaventarla trovandosi a meno di un metro davanti a lei.

 

“Quando cominciamo l’estrazione? Non dovrebbero esserci problemi, sei l’essere più sano e ricco di Vitae che abbia mai visto.”

I suoi occhi brillavano solo all’idea di poter mettere le mani su una fonte infinita del suo liquido preziosissimo.

 

“Se vuole possiamo cominciare anche subito, ma con alcune condizioni!”

“Giusto, giusto… ogni cosa ha un suo prezzo.” Alexander si sedette un attimo sul tavolo, valutando la situazione.

“Per prima cosa… Non voglio perdere nulla.

I tagli vanno bene perché poi guariranno. Dita, capelli, ossa, cose del genere non devono mancare o rompersi nel mio corpo.

Lo stesso vale per i miei sensi: tatto, vista, udito… devono rimanere tali. Infine devi stare lontano dal mio viso. Non voglio che tu mi sfiguri.”

Le regole erano poche e ben progettate, perciò Alexander le accettò.

 

Con noncuranza disse: “Sdraiati sul tavolo.”

Elisa eseguì.

Poi il barone cominciò a chiudere i cinturini intorno ai polsi e le caviglie, alla ragazza si dipinse la paura sul volto.

“Non preoccuparti, è solo la procedura. Anche nel caso in cui tu cambi idea sul più bello…”

Un ghigno si formò sulle labbra dell’anziano.

“Antipatico. Non sarei comunque scappata.” Borbottò a bassa voce lei.

 

“Allora, da dove preferisci iniziare?”

Alexander chiese con voce impassibile e un piccolo bisturi nella mano destra.

“…Se fosse possibile, dalle gambe. Senza toccare i muscoli però.”

“Certo. So fare il mio lavoro.”

Non appena affondò l’arma dell’arto, Elisa sentì un dolore lancinante nella zona colpita.

Contemporaneamente iniziò anche a piangere.

 

Alexander le posò una mano fredda sulla fronte e bisbigliò:

“Calmati. Il dolore è tuo amico.”

 

Dopo aver detto ciò il barone estrasse il bisturi e il sangue iniziò a fuoriuscire, insieme a una quantità spropositata di Vitae.

Elisa cominciò a tranquillizzarsi. Era come se un peso dal cuore stesse diventando sempre più leggero.

Stettero entrambi a guardare il flusso cremisi che scendeva dal tavolo per molti minuti.

“Manca ancora molto?” bisbigliò la ragazza.

“Direi che per oggi può bastare.”

Alexander prese un filo bianco (per non farlo notare troppo sulla carnagione chiara) e ricucì abilmente la ferita.

 

“Vado a prendere altre garze, tu non ti muovere.” disse, ridacchiando.

“Spiritoso.” Elisa si lasciò scappare uno sbuffo.

 

La posizione era molto scomoda e i polsi cominciavano a prudere, per il desiderio di essere liberati.

Un po’ di sonnolenza cominciò a farla addormentare, ma una voce la risvegliò bruscamente.

 

“Allora è vero…?”

La ragazza si voltò di scatto e alla porta vide Daniel, con un’espressione attonita.

“Ti sei lasciata torturare da quel mostro?”

“Non sono cose che ti riguardano.” Rispose lei freddamente.

“Invece sì! Non voglio che lui ti faccia del male!”

“Allora liberami da queste cinghie!” urlò Elisa.

 

Con calma l’uomo si avvicinò al tavolo e la liberò, una cintura alla volta, aiutandola poi a sedersi.

Essendo più vicino a lei notò il sangue che scendeva ancora dalla gamba e si girò velocemente in un angolo per vomitare.

“Daniel, sei davvero delicato. È solo un po’ di sangue.” Dopo qualche conato, si è alzato in piedi, un po’ barcollante e attento a distogliere lo sguardo dalla ferita.

Fece qualche passo verso di lei quando sentì un rumore alle sue spalle.

 

Alexander era tornato con delle fasce in mano, l’espressione sempre indifferente.

La vista del barone causò il panico totale in Daniel che cominciò a balbettare e dire frasi sconnesse.

 

“E così sei tornato a finire l’opera? Vuoi uccidere la mia ospite?” Chiese Alexander con voce tagliente.

“M-ma… i-io… tu! Tu, piuttosto! Cosa…!” e Daniel cominciò a farfugliare cose senza senso man mano che il barone si avvicinava a lui,

i passi che risuonavano sul pavimento bagnato.

 

Alexander stava pensando a come punirlo, probabilmente lo avrebbe afferrato per le spalle e scagliato contro il muro, picchiandolo fino ad ucciderlo.

Invece improvvisamente Daniel cadde a terra, colpito in testa con una bottiglia, i resti di vetri rotti ancora nelle mani di Elisa.

“Non volevo che ti ferisse.” Ha detto semplicemente.

Poi è svenuta.

 

Al risveglio ha trovato Alexander accanto a sé, su una sedia vicino al letto.

“Cosa è successo?”

“Dopo che lo hai colpito siete svenuti entrambi, ho finito le medicazioni su di te e ti ho portato qui. Poi ho buttato il nostro clandestino nelle prigioni del castello.”

“Non potrà più nuocerci?”

“No.” Fu la risposta secca dell’uomo.

“Perché ho così tanta Vitae nel mio corpo?”

“Sinceramente non so spiegarmelo neanch’io. Avrà a che fare con il tuo passato?”

“Sin da piccola ho sempre serbato rancore e tristezza dentro di me, mentre fuori non lo lasciavo a vedere, per non far preoccupare i miei genitori.

Forse tutto il dolore si è accumulato negli anni formando un masso di Vitae nel mio cuore.” Cercò di spiegare Elisa mettendosi una mano sul petto.

 

“Questa ragazza ha un bisogno incredibile di dolcezza.” Pensò il barone. “Per fortuna ha trovato me.”

“Tieni.” Alexander le mise in mano una piccola chiave.

“Cos’è?”

“La chiave delle prigioni. È un simbolo della mia fiducia nei tuoi confronti. Non perderla.”

“Non lo farò.” Gli occhi di lei erano decisi, ma ancora pieni di sonno.

“Riposati. Ti aspetta una settimana pesante, mia cara.”

“Lo so…” sospirò.

“Buonanotte” Il barone chiuse delicatamente la porta.

 

Rimasta sola, Elisa si scoprì leggermente per osservare il taglio inflitto.

Non sembrava per niente grave, il sangue non si vedeva e il laudano aveva eliminato anche i più piccoli dolori.

Le sembrava di indossare uno stivale a ginocchio, perché alla fine della cucitura in alto c’era un piccolo fiocco, molto grazioso.

La ragazza rimase lì ad accarezzare il filo morbido per un po’, poi si stese e cominciò a dormire.

 

Mi aspettavo di peggio.

  
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