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Autore: delilahs    15/06/2013    4 recensioni
Quattro mesi dopo la II Guerra Magica, alla Tana.
Ron e Hermione non si sono baciati, ne dichiarati, durante la Grande Battaglia, e non ci riescono neanche nei mesi successivi, adornati di macabra sofferenza per la morte di Fred, Lupin e Tonks.
Sanno che potrebbero migliorare tutto, e sanno di non averne la possibilità concreta, e sono abituati al pensiero.
Ma l'aria sta cambiando, e loro si sono stancati delle vecchie abitudini.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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ROMIONE, WHAT ELSE?



RON? RONALD! SVEGLIATI!” urlai in faccia al mio migliore amico, mentre le scuotevo nelle coperte arancione chiaro, nella luce del primo mattino, per svegliarlo.
Di colpo, come di ritorno da un incubo, si alzò di colpo, fermandosi appena in tempo per non sbattermi  in faccia. I suoi occhi scuri, color marrone cioccolato, ancora socchiusi per il sonno e la luce, trapassarono i miei,  chiari e spalancati, sorpresi come uccelli davanti ad un serpente.
Mi spostai di scatto, facendo oscillare i lunghi capelli cespugliosi raccolti in una treccia alla base del capo, e facendo leva sul suo materasso mi tirai in piedi, guardandolo mentre si ributtava sotto le coperte con un brivido. Da illusa che ero, sperai che quel brivido fosse dovuto al nostro scambio silenzioso e non al freddo. Immersa nei miei pensieri, vidi distrattamente Harry e Ginny, ormai svegli, che fissavano Ron e me con un misto di compassione e impazienza nello sguardo. La ragazza più piccola mi fece segno di andare verso di lui, ma senza risultato. La guardai mordendomi il labbro e scossi piano la testa. Uscii fuori dalla camera, piegandomi per non urtare il soffitto troppo basso, e con la coda dell’occhio vidi Harry tirare tutte le lenzuola al suo migliore amico, e Ginny dargli uno scappellotto sul braccio.
Scesi di corsa le scale, salutai di corsa George che stava guardando fuori da una finestra, evitai con un salto l’ormai vecchio Grattastinchi che stava dormendo sul terzultimo gradino della scala scricchiolante,e camminai fuori dalla porta a passo veloce, fermandomi solo per salutare il piccolo Teddy Lupin che giocava con delle scintille magiche su una coperta, nel giardino di nuovo arancione e rosso.
Calpestai le foglie scricchiolanti, e arrivai dove la signora Weasley, aiutata dal marito stempiato, stava sistemando alcuni tavoli per fare colazione tutti insieme.
Oh, buongiorno Hermione” mi salutò con un sorriso
Salve, signora Weasley” risposi, la voce di nuovo ferma e controllata “Vuole una mano?” chiesi, avvicinandomi, osservando cauta due grossi banchi che si scontravano come animali in corsa.
Oh si! Si, certo” disse il signor Weasley, ansimando, abbassando la bacchetta leggermente, e incamminandosi dentro casa insieme alla moglie dopo avermi lanciato un’occhiata bonaria, a cui risposi con un sorriso.
Alzai piano la bacchetta, e sussurrando piano l’incantesimo, la agitai in modo da far combaciare i due tavoli, facendoli cadere uno accanto all’altro in perfetto ordine, e provocando uno spostamento di foglie d’acero dappertutto; diverse foglie mi caddero addosso, e le ammirai girando piano su me stessa. Con un movimento brusco le feci cadere di nuovo sulla terra dorata, dopo aver catturato in una mano una foglia dello stesso colore dei capelli di Ron.
All’improvviso, dopo aver chinato la testa, sentii qualcuno sfiorarmi i capelli, spazzando via diverse foglioline ingiallite. Mi girai, convinta di trovare Harry o Ginny, e mi preparai ad esibire un piccolo sorriso, ma nulla avrebbe potuto prepararmi a ciò che vidi. Ron, le orecchie rosse in perfetta sintonia coi suoi capelli, mi guardava di sottecchi, la bacchetta stretta in un pugno, e le mani arrossate.
Avevi una foglia tra i capelli” sussurrò timido, mentre mi offriva quel che restava di una bella foglia verde brillante, con i bordi gialli.
Oh…grazie, Ronald” dissi un po’ ferita,e mi girai di nuovo, delusa, fissando il terreno e cercando di non piangere.
Sentii lo sguardo di Ron sulla schiena, mentre lui armeggiava con una tovaglia arancione chiaro poggiata sui gradini di casa. Agitò la bacchetta un po’ confusamente, facendo lievitare la tovaglia, agitandola un po’, e facendola cadere di nuovo, ma non prima di averle fatto fare un bel volo tra gli alberi ingialliti. Borbottò qualcosa su quanto la magia dovesse servire ad altre cose, e mosse di nuovo distrattamente la bacchetta, provocando l’incantesimo Aguamenti e bagnando parte della tovaglia. Mi guardò con occhi da cucciolo, una supplica senza parole. Allora mi avvicinai con l’intenzione ferma di aiutarlo e niente più, ma un ricordo mi invase la mente.
Un milione di anni fa, un centinaio di guai prima, rividi noi. Al primo anno ad Howgarts, alla prima lezione di incantesimi, la prima volta che lo vidi sul serio. Mi pare che l’incantesimo in questione fosse proprio il Wingardium Leviosa, contro il quale mi ero attizzata, riprendendolo.  Ma quella volta non avevo avuto proprio il coraggio di posare la mia mano su quella decisamente più grande di quel piccolo, sporco, ragazzino dai capelli rossi.
Scossi la testa, risvegliandomi dai miei pensieri, e mi avvicinai fino a trovarmelo di fianco. Presi la sua mano rossa che ancora stringeva la bacchetta,e mi sorpresi a sentirla calda sotto la mia. La alzai piano, stringendola, e sussurrai l’incantesimo. La tovaglia si alzò leggera, e seguendo il comando delle nostre mani (intrecciate? Ron ci era riuscito in qualche modo) si posò piano sui tavoli, coprendoli.
Ron abbassò la mano ancora intrecciata alla mia, e mi guardò negli occhi arrossendo,e abbassando lo sguardo sull’altra mano, ancora nascosta. Quando la scoprì da dietro la schiena, rivelò un piccolo bocciolo di rosa, ancora tendente al bianco della sbocciatura, ma con i petali centrali tinti di un bel rosso cremisi e il gambo sottile e snello che si slanciava verdeggiante in contrasto all’oro del terreno.
Me la offrì, sempre guardandomi negli occhi, e avvertii una piccola stretta nel momento in cui le nostre mani si toccarono di nuovo. Presi la rosa, e mentre la ammiravo, sentii Ron agitare piano la bacchetta e assistetti alla trasformazione del bocciolo in una piccola farfalla, che aveva le ali semi-trasparenti bianche e rosso cremisi. Alzai gli occhi ammirata, e trovai la sua bocca a pochi centimetri dalla mia. Riuscivo a sentire il suo profumo, e questo mi inebriava. Ron, alto e smilzo, si alzò in tutta la sua statura e mi diede un bacino sulla fronte, velocemente, lasciandomi una traccia incandescente sulla pelle, un attimo prima che Harry irrompesse nel giardino e ci costringesse a separarci.
Ron?” chiese con voce indecisa “Tua madre ti sta cercando” continuò
Ron si avviò con passo pesante, senza guardarsi indietro, verso l’ingresso della cucina. Harry  mi rivolse uno sguardo di scuse, avviandosi verso l’interno, e dando un bacio veloce a Ginny, che stava appoggiata allo stipite, si unì ai mormorii provenienti dalla piccola cucina. Ginny mi sorrise dolce, facendomi l’okay con il pollice,e ritornò in cucina. Li seguii, scoprendo un tavolo imbandito di meraviglie, e sorrisi. Ronald si stava già ingozzando.

 
Ron, tesoro, puoi andare a sistemare il vecchio Molliccio nell’armadio di sopra?” disse la signora Weasley, mentre con un colpo di bacchetta lavava i piatti della colazione. 
Ron alzò la testa, visibilmente preoccupato, e annuì, iniziando a salire le scale con passo veloce e un cipiglio scuro in volto. Finii di pulire i tavoli, e dopo averli messi a posto con un colpo di bacchetta, salii le scale intenzionata a lavarmi i denti. Passando davanti allo studio del terzo piano, udii dei singhiozzi ritmati, deboli, sospirati attraverso una porta nera socchiusa, dalla quale filtrava la luce bianca di una lampada, o forse di un incantesimo.
Spinsi la porticina, preoccupata, e fui accecata da una luce bianca sfolgorante prodotta da un punto indefinito nel buio delle finestre sbarrate. Quando i miei occhi si furono abituati, avrei subito voluto chiuderli, sbarrarli con del filo spinato e gettare le chiavi in mezzo all’oceano,  per lo spettacolo macabro che mi si presentò davanti.
Ron era rannicchiato in un angolo buio, gli occhi sbarrati, la pelle pallidissima che faceva a cazzotti con il colore dei suoi capelli. La bacchetta era per terra, inutilizzabile, e lui tremava fortissimo, facendo oscillare il deluminatore nella tasca della giacca. Singhiozzava, una lacrima accumulatasi sul mento sottile, che tremolava alla luce flebile della bacchetta.
Gli corsi incontro, prendendogli la mano gelida e stringendola forte. Non appena Ron sentì il mio contatto sulla sua pelle, sembrò come risvegliarsi da un lungo incubo. Sbatté diverse volte le palpebre, indicando qualcosa nella penombra, e gemendo nel frattempo. Senza lasciare la sua mano ormai tiepida, con un colpo accesi la mia bacchetta e mi preparai  a qualsiasi cosa si nascondesse nell’ombra. Al momento, però, l’unica cosa davvero pericolosa che mi veniva in mente alla Tana era il fantasma che l’anno precedente aveva finto di avere la spruzzolosi, per evitare che i Mangiamorte dessero la caccia a Ronald. E forse qualche gnomo, ma più di questo, niente.
Accesi un piccolo fuoco blu che si alzò nell’aria, illuminando la sagoma distesa di una ragazza bruna, il volto deformato dal dolore e il braccio in fiamme. Lanciai un urlo spaventato quando vidi me stessa distesa, dolorante, come in preda ad un incendio interiore. E di colpo mi ritrovai stesa, catapultata in un'altra casa, su un pavimento di marmo, mentre una donna dagli occhi iniettati di sangue brandiva un coltello e mi scriveva a caratteri decisi sul braccio in fiamme. Urlavo di dolore, mentre sotto di me arrivavano dei colpi attutiti, e la donna scura mi trapassava con mille coltelli infiammati. Tre figure alte, bionde, sostavano vicino al caminetto, osservando la scena.
Di colpo mi ritrovai di nuovo nella stanza buia, mano nella mano con Ron, e osservavo con sguardo indecifrabile la sagoma stesa a terra. Con un mormorio soffocato ‘Riddikulus’ feci sparire la penombra e il mostro steso a terra,e mi voltai verso Ron.
Illuminato dalla luce del giorno, aveva riacquistato un po’ di colore, ma continuava a tremare piano e a fissare il pavimento con aria spaventata, e con occhi socchiusi, come a voler nascondere qualcosa di troppo grande. Di colpo smise di fissare il pavimento e mi guardò, incatenando il suo sguardo al mio, come quella mattina. Ma nei suoi occhi c’era solo terrore, nessuno scintillio o alcuna luce.  Mi tirò a se, continuando a guardarmi, come per assicurarsi che la vera Hermione era sana e salva davanti a lui, e non distesa al buio, su un pavimento di marmo, sopra di lui.  All’improvviso, senza nessun preavviso, si smaterializzò. Un amo troppo corto si agganciò al mio ombelico, mentre provavo la sgradevole situazione di venir risucchiata nello scarico di un lavandino,  il mio corpo si deformava, in lungo e in largo, schiacciato contro quello di Ron.
Mi ritrovai in camera sua, mentre lui si era arrampicato sul più alto dei letti a castello, con la mano ancora stretta alla mia. Mi ritrovai a sperare che non avrebbe smesso mai. Non appena formulai quel pensiero, la sorte mi mollò uno schiaffo, quando Ron lasciò la mia mano per sistemarsi meglio su un enorme cuscino. Non feci in tempo a sentirmi delusa, però, che Ron tese la mano, in un invito a raggiungerlo. A quattro zampe, tremante, mi avvicinai a lui con la testa bassa, e raggiunsi il punto più alto del tettuccio, mi appoggia con la schiena sul suo petto e sospirai, mentre lui stringeva le sue mani calde fra le mie.
Mi accoccolai meglio sopra il suo petto, mentre lui spostava tutto il suo peso sul braccio destro, facendo scricchiolare il lettino, in modo da guardarmi in faccia. Si avvicinò lentamente, sfiorando con le labbra la mia bocca, chiedendo l’accesso.
Per tutta risposta, mi girai dolcemente verso di lui, spostando i capelli, e lo baciai. Lentamente, dolcemente, schiudendo un paese delle meraviglie che non è fatto per essere visto o sentito da tutti. E’ quel qualcosa che va trattata come una questione importante, a cui non puoi sottrarti, alla quale non vuoi sottrarti. Bisogna partecipare in due, però.  E mentre formulo questo strano pensiero, le sue mani scivolano sul mio viso, e iniziano ad accarezzarlo, poi scendono sul mio collo e infine sul mio corpo e le mie gambe, tastando e godendo della blanda eternità del corpo femminile. In altre parole, il lato B.
Ti amo Herm. “ sussurrò piano Ron, riuscendo a condensare sette anni e quattro mesi in tre parole, bellissime e profonde.
 





 








Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo.

Albus Percival Wulfric Brian Silente



 



troppo forte per avere un nome solo #js
edit 2020: dopo ben sette anni riscopro questa cosa
la me ragazzina avrebbe apprezzato dove sono ora

 
 
 
 
   
 
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