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Autore: Francine_92    15/06/2013    1 recensioni
[Questa storia fa riferimento a "il principe mezzosangue" ed a "i doni della morte" interpretati in modo molto differente dagli originali.]
“Guardami.” Hermione, che stava con la testa china e continuava a piangere, sollevò il viso specchiandosi negli occhi di Draco. “Sopravvivremo a tutto questo.” allungò la mano destra per stringere il braccio di Hermione, portandoselo vicino alle labbra e posando poi quest'ultime sulla cicatrice che Bellatrix le aveva inciso. Hermione a quel gesto parve calmarsi e smise di piangere. Draco le lasciò il braccio e lei ne approfittò per fare lo stesso; usò entrambe le mani per sollevare la manica della camicia di Draco, scoprendone il Marchio Nero e si chinò a baciarlo. Poi si allontanò e tornò a guardare il giovane serpeverde negli occhi color ghiaccio, che già avvertiva il cuore più leggero e colmo di una gioia mai provata. “Ci prenderemo cura l'uno dell'altra e saremo sempre pronti a sanare le nostre cicatrici, me lo prometti?”
“Te lo prometto, Hermione.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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There is nothing left inside, but I am wide awake.

I can hear the devil call my name.

-Breaking Benjamin.

L’assedio di Hogwarts.

 

I rimbombi provenienti da ogni angolo del castello non facevano che rendere tutte le persone presenti nella Stanza delle Necessità incredibilmente nervose. Hermione era sbiancata e non sapeva più cosa dire. Aveva perso la capacità persino di pensare. Però ci pensò Draco a risvegliarla dal suo stato di confusione, riportandola così alla realtà.

“Dobbiamo trovare il serpente di Voldemort, Hermione.” lei lo fissò attentamente gli occhi e lui capì che aveva paura; paura per Harry, paura per la scuola, paura per tutti.

“Non puoi proteggere tutti. Ora dobbiamo pensare al serpente.” cercò di rassicurarla ed Hermione sospirò; sentì il labbro inferiore tremare e gli occhi riempirsi di lacrime.

“Non piangere.” Draco l’attirò a sé e la strinse in un abbraccio. Gli altri si erano già defilati da quella stanza ed erano andati a combattere per proteggere Hogwarts.

“Hai ragione, non c’è tempo per piangere.” Hermione si staccò da lui e si asciugò gli occhi; fece un profondo respiro e si voltò verso l’uscita. Draco era veramente colpito dal suo comportamento. Non aveva mai conosciuto una donna tanto forte e determinata. “Andiamo.” disse lei e prese a correre più velocemente possibile e Draco ovviamente la seguì. In un attimo entrambi raggiunsero il portone d’ingresso della sala grande. C’erano un sacco di studenti in fila uno per uno ai lati di quest’ultima e Piton era in piedi al centro della stanza, davanti al tavolo degli insegnanti, che li fissava con attenzione, scrutandoli.

“Come può stare al posto di Silente senza provare un minimo di vergogna? Lo dica come lo ha guardato negli occhi mentre lo ha ucciso! Silente si fidava di lei!” Hermione non riuscì a trattenersi dal sfogare tutta la sua rabbia; sapeva di star parlando anche a nome di Harry e voleva che tutti sapessero che razza di persona fosse Severus Piton. Draco aveva la testa china, di certo non avrebbe potuto fermarla nemmeno volendo e un po’ era anche preoccupato per quello che tutti i suoi compagni di Serpeverde stavano sicuramente pensando su di lui. Infatti tra le fila verde-argento, Goyle e Tiger erano rimasti a bocca aperta nel vedere Malfoy in piedi a fianco ad Hermione Granger. Pansy Parkinson aveva gli occhi sgranati e Nott e Zabini speravano vivamente che fosse tutto un sogno o che quello non fosse il vero Draco Malfoy. Al ragazzo dai capelli biondo platino non interessava di certo il loro parere; era contento della scelta che aveva fatto, ma non poteva comunque evitare di sentirsi in imbarazzo. Sperò con tutto il cuore che Hermione non se ne accorgesse, perché lei era più importante di qualsiasi altra persona al mondo per lui.

“Signorina Granger, lei non sa cosa sta dicendo.” rispose gelido Piton.

“Se vuole prendere Harry, deve prima passare sul nostro cadavere.” Neville si fece avanti e si avvicinò ad Hermione e subito fecero lo stesso anche Ron, Seamus, Dean, Fred, George, Ginny ed altri ragazzi di Tassorosso e Corvonero. Piton gli scoccò un’occhiata gelida e si smaterializzò dal castello sotto gli occhi di tutti. “Che razza di codardo!” urlò Hermione.

*

“Luna, mi vuoi dire dove stiamo andando?” Harry stava cercando di capire dove Luna volesse portarlo, ma non aveva la minima idea al riguardo. La sala comune di Corvonero si trovava in una torre, ma Luna lo stava portando ben lontano da quest’ultima.

“Dove non possono sentirci.” disse e si fermò in un angolo remoto del quinto piano. “Helena Corvonero. Io credo che lei sappia benissimo dove si trova il diadema, però è un po’ timida. Sono sicura che riuscirai comunque a convincerla grazie alle tue doti. Puoi trovarla vicino al Bagno dei Prefetti, nel frattempo io torno dagli altri. E’ meglio che tu faccia tutto questo da solo.” mormorò, gli sorrise e si avviò saltellando verso le scale per scendere ai piani inferiori. Harry era rimasto a bocca aperta e non aveva neanche avuto il tempo di replicare. Decise di lasciar perdere e si mise subito alla ricerca di Helena, la figlia di Priscilla Corvonero; trovarla era di vitale importanza. Ma come avrebbe fatto? Già gli sembrava alquanto strano che Helena Corvonero potesse trovarsi al quinto piano, nei dintorni del Bagno dei Prefetti, quando la sala comune dei Corvonero era da tutt'altra parte. Era molto scettico al riguardo, ma non poteva che fidarsi di Luna; in fondo era stata l'unica a dargli uno straccio di soluzione.

“Helena, sono Harry Potter e sono un amico di Luna. Mi ha detto che tu puoi aiutarmi e so che sei molto timida, ma se ti facessi vedere mi faresti un grande favore.” sibilò timidamente, guardandosi intorno. Nulla. Non avvertiva neanche un rumore o qualche cambiamento d'aria nei paraggi. Provò a chiamarla di nuovo per nome ed aspettò per l'ennesima volta una sua risposta, ma Helena non si faceva né vedere né sentire.

“Ti prego, Helena. Puoi fidarti di me.” mormorò esasperato.

“Posso davvero, giovane ragazzo?” finalmente la figura volteggiante di un fantasma uscì da uno dei muri che circondavano Harry. Quest'ultimo si illuminò come se fosse il giorno più bello della sua vita. “Sì, puoi. Sono venuto qui per chiederti del diadema di tua madre.”

“Il bellissimo diadema di mia madre... Harry Potter, sei amico di Luna e lei è sempre molto gentile con me, ma io non posso aiutarti.” sussurrò e fece per andarsene, ma Harry continuò a parlare, sperando di fermarla. “So che Voldemort l'ha profanato con la magia oscura, ma io posso aiutarti a distruggerlo.”
“Tanti giurarono di aiutarmi a distruggerlo, ma nessuno l'ha mai fatto davvero. Cosa può farmi credere che tu sia diverso?”

“Devi solo fidarti di me, Helena. Io voglio liberare il mondo da Lord Voldemort, ma per farlo devo eliminare tutti gli Horcrux che ha creato. Dammi una mano.” Harry stava cercando con tutto se stesso di riuscire a convincere la figlia di Priscilla Corvonero ad aiutarlo; non credeva che sarebbe stata un'impresa così difficile come invece stava constatando. Era terribilmente nervoso e voleva trovare le parole giuste da dirle.

Helena non rispose, ad Harry parve che stesse riflettendo sul da farsi e che era molto combattuta nello scegliere quale risposta dargli, ma sperò con tutte le sue forze di ottenere una risposta positiva. Doveva trovare quel maledetto diadema.

“Si trova qui nel castello, nel luogo in cui tutto è nascosto.”
“Cosa...?”
“Se devi chiedere non lo saprai mai, se lo sai devi solo chiedere. Buona fortuna, Harry Potter.” gli sorrise e sparì attraverso il muro di pietra di quell'enorme e vuoto corridoio. Harry rifletté più in fretta possibile. Hermione era brava con gli indovinelli; lui anche se ne aveva risolto uno al suo quarto anno durante l'ultima prova del Torneo Tremaghi, non aveva la minima idea di come riuscire a decifrare un indovinello. Quando gli capitava di riuscirci era solo semplice fortuna. Ma poi un'idea gli guizzò alla mente. Il diadema si trovava nella Stanza delle Necessità; solo lì tutto poteva essere nascosto e solo se desideravi ardentemente qualcosa avevi la possibilità d'entrarci. Prese a correre con il cuore in gola più velocemente possibile in direzione del settimo piano; aveva molto meno tempo di quanto ne avesse avuto prima ed il suono degli incantesimi lanciati fuori e all’interno di Hogwarts si avvertiva sempre più di frequente.

*

Tutti nel castello correvano da una parte all'altra, come se non sapessero né cosa fare né dove andare. Hermione, Ron e Draco seguirono la McGranitt fuori in cortile e le chiesero delle direttive da poter comunicare anche agli altri.

“Ragazzi miei, bisogna agire secondo la nostra coscienza. E' inutile cercare di creare un piano che possa andare a buon fine. Ci sono gli Auror che ci daranno una mano e l’Ordine della Fenice, ovviamente. Dobbiamo solo sperare di vincere.”
Hermione sospirò afflitta. “Ce la faremo?” “Non cantiamo vittoria troppo presto, signorina Granger.” mormorò la McGranitt e poi, agitando la bacchetta, animò le statue di Hogwarts e chiese loro di presidiare il castello e difendere i confini della scuola.

“Io vado a dare una mano a Neville e Seamus, devono far saltare il ponte. Ho sentito che si stavano mettendo d’accordo con mia madre ed il professor Vitious.”
“Va bene, Ron... Io e Draco cercheremo di trovare il serpente.”
“Io non credo che Voldemort stia tanto lontano dal suo animaletto, per cui stai attenta.”

“La proteggerò io.” mormorò Draco, guardando con serietà il giovane Weasley negli occhi e per la prima volta si scambiarono uno sguardo d'intesa. Ron stava cominciando a fidarsi di lui e sapeva che Malfoy avrebbe fatto veramente di tutto per proteggere Hermione.

Nel frattempo delle figure incappucciate e vestite di nero ed un essere dalla pelle bianca e gli occhi rossi se ne stavano su una piccola collina ai confini del castello; un silenzio aleggiava sopra le loro teste, prima che egli si decidesse a parlare. “Sciocchi. Credono davvero di poter battere il grande e potente Lord Voldemort.” sibilò il mago oscuro più forte di tutti i tempi. Bellatrix sorrise beffarda; Lucius e sua moglie si trovano dietro Voldemort e allle loro spalle c'erano una miriade di Mangiamorte pronti all'attacco. Alcuni di loro erano già riusciti ad aggirare gli incantesimi protettivi intorno ad Hogwarts e si trovavano già nel castello, dove gli Auror ed alcuni membri dell’Ordine stavano tentando di scacciarli ed eliminarli.

“Tuo figlio mi ha deluso molto, Lucius. Ucciderlo sarà la prima cosa che farò se dovesse capitarmi davanti.” disse e sorrise beffardo.

Narcissa tremò alle parole di Voldemort e guardò preoccupata Lucius; non poteva permettere che suo figlio morisse solo perché aveva avuto il coraggio di ribellarsi a tutta quella crudeltà ed ingiustizia.

“Credo sia ora di andare, mio signore.” mormorò Bellatrix; Nagini strisciò sull'erba e prese a scendere la collina sulla quale si trovavano tutti quanti non appena Voldemort annuì e diede il permesso di attaccare Hogwarts. Ma il Signore Oscuro aveva altri piani prima di trovare ed uccidere Harry Potter. La bacchetta di Sambuco gli resisteva e la causa era Severus Piton; doveva sbarazzarsi di lui e solo allora sarebbe stato in grado di sterminare chiunque avesse intralciato il suo cammino verso la gloria e la vita eterna.

*

Harry aveva appena varcato la porta della Stanza delle Necessità e si trovava immerso tra un migliaio di oggetti di tutti i tipi. Doveva concentrarsi davvero tanto per riuscire ad individuare l'Horcrux e così chiuse gli occhi, cercando di sentire parole in serpentese provenire da una qualsiasi parte della stanza. Ad un certo punto un sibilo acuto gli arrivò alle orecchie ed Harry si girò di scatto, puntando lo sguardo su una specie di scrigno posizionato su un vecchio tavolo in legno. Si avvicinò lentamente ad esso e lo aprì. Un bellissimo diadema d'argento con una pietra blu incastonata al centro apparve davanti ai suoi occhi. Harry lo prese in mano e la cicatrice iniziò a bruciargli con insistenza.

“La spada.” disse. Come poteva aver dimenticato di farsela dare? L'aveva Hermione nella sua borsetta e doveva assolutamente trovarla. Corse fuori e prese il passaggio segreto dietro un ritratto del settimo piano per scendere più velocemente verso la sala d'ingresso e raggiunse quest'ultima dopo una decina di minuti. Si guardò intorno; centinaia di studenti stavano combattendo contro dei Mangiamorte. Vide Colin Canon inerme e senza vita a terra, in un angolo e il suo cuore si strinse in una morsa di rabbia e frustrazione. Come poteva permettere a tutti loro di morire così? Non era giusto.

“Harry! Harry!” Hermione lo raggiunse; aveva il fiato corto e cercò di riprendersi un po' prima di cominciare a parlare. “Non troviamo il serpente. Dev'essere con Voldemort, ma non sappiamo dove sia andato. Sono tutti qui nel castello tranne lui!”

Draco non disse niente, deglutì notando a propria volta il cadavere di Colin a terra; poi sollevò lo sguardo e vide suo padre colpire alle spalle alcuni studenti di Tassorosso. Come poteva comportarsi in quel modo per una persona che non gli aveva provocato altro che sofferenze? Hermione si rese conto della situazione e si rivolse a lui con tutta la gentilezza possibile. “Non pensarci, Draco. Tu non sei come lui.” lui la fissò negli occhi ed accennò un sorriso e lei ricambiò. Ad Harry quella scena parve la cosa più dolce e bella che potesse esserci in un momento terribile come quello e gli dispiacque doverli interrompere.

“Hermione, mi serve la spada. Devo distruggere il diadema.” mormorò e solo allora Hermione si rese conto che lo portava in mano; si congratulò mentalmente con lui per esser riuscito a trovarlo senza l'aiuto di nessuno e tirò subito fuori la spada dalla propria borsetta, consegnandola ad Harry.

“Ron dov'è?” “Sta aiutando Neville e Seamus, non preoccuparti per lui. Se la caverà.”

“Mi dispiace aver causato tutto questo.”
“Non è colpa tua, Harry.”

Il giovane grifondoro non rispose, ma amava il modo in cui Hermione riusciva a consolarlo o a farlo ragionare. Posò il diadema su uno dei gradini delle scale e sollevò la spada, colpendo in un attimo quell'ennesimo Horcrux. La cicatrice gli bruciò come se gli avessero premuto la fronte sui carboni ardenti e cadde all'indietro sul freddo pavimento di pietra. Vide dell'acqua, delle barche e poi Voldemort con la bacchetta di Sambuco in mano ed il serpente al suo fianco. Davanti a lui c'era una figura vestita di nero, con i capelli unti e il naso adunco che cercava di farlo ragionare; il professor Piton.

Si risvegliò immediatamente come se avesse solo fatto un brutto incubo. Draco ed Hermione lo guardarono preoccupati dall'alto, ma non dissero e fecero nulla.

“Hai visto dov'è?” azzardò Hermione.

“Alla rimessa delle barche.”

  
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