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Autore: Aching heart    15/06/2013    3 recensioni
D'accordo, quella di Lilli e il Vagabondo non è una fiaba, ma è un meraviglioso classico Disney e per questo ha tutti i requisiti per "trasferirsi" a Storybrooke, una Storybrooke senza sortilegio e senza magia...
Cosa succederebbe se Lilli e il suo amato Vagabondo fossero persone reali che vivono con i nostri ben noti cittadini del Maine? Come si svilupperebbe la loro storia e come si intreccerebbe con quella del resto della comunità storybrookiana? Leggete e lo scoprirete ; )
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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6. King of the Fools

Dire che da quel momento in poi in casa King ci fu parecchia tensione sarebbe un eufemismo. Lily era al corrente della gravidanza perché era stata informata da Marshall, ma Liza e Gianni perseveravano nel loro silenzio riguardo alla grande novità, e la ragazza ne era sempre più delusa e amareggiata. I genitori, da parte loro, si accorgevano di tutto questo ma, non sospettando che lei sapesse, attribuivano il suo strano comportamento al fatto che stesse diventando una di quelle ragazze difficili di cui si lamentavano tutti gli altri genitori. Gianni in particolare ne era convinto, avendola vista con Ethan, ma non aveva ancora detto nulla a sua moglie per timore che potesse preoccuparsi troppo e avere qualche complicazione.
Lily era molto addolorata per l’atteggiamento che loro avevano con lei: era stata certa, per dieci anni, di aver ormai trovato il suo lieto fine, ma evidentemente si sbagliava e la sua felicità, per quanto fosse durata a lungo, era destinata ad essere temporanea. Non riusciva a credere che il meraviglioso rapporto che si era creato fra lei e i suoi genitori adottivi potesse essere mandato in frantumi così facilmente, e da una cosa bellissima come un bambino!
- Lily? Lily, mi stai ascoltando?
- Cosa? – fece Lily, improvvisamente strappata dai suoi pensieri. Si rese conto di essere nello studio di casa sua mentre la sua insegnante privata cercava di attirare la sua attenzione.
- Ti sei distratta, Lily. Stavi fissando il tuo quaderno con la penna a mezz’aria da dieci minuti mentre avresti dovuto prendere appunti.
- Mi dispiace, signora Madison, è che non sto particolarmente bene oggi.
- Sì, l’avevo notato. E’ grave? Vuoi che chiami tuo padre e ti faccia visitare?
- No, non è nulla di grave, è solo qualche giramento di testa.
- Bene, in questo caso non ti dispiacerà se continuiamo. Devi darti molto da fare visto che punti a Yale, dico bene?
- Visto che mio padre punta a Yale – mormorò Lily, ma non fu udita dalla sua insegnante che riprese a dettarle appunti di biologia.
Gianni aveva sempre sognato di vedere Lily a Yale, il college che lui aveva frequentato, e di vederla un giorno laurearsi in medicina. Non vedeva l’ora in cui avrebbe potuto parlare di sua figlia come della dottoressa King e a furia di ripeterlo quei sogni erano entrati in testa anche a Lily, che ci si era abituata, anche se l’idea di fare il medico non la emozionava. Tuttavia non c’era altro che avrebbe voluto fare; non sentiva di avere nessun talento né un’inclinazione particolare. Neanche un sogno tutto suo. Le piaceva cantare, questo sì, ma non sarebbe mai arrivata a fare la cantante per mestiere. Forse era meglio attenersi ai piani paterni, che non era certo una rassegnazione a volare basso: Yale faceva parte della Ivy League , entrarci non era uno scherzo, doveva impegnarsi duramente già da adesso, anche se lei sentiva già che la sua vita era composta quasi esclusivamente da studio e libri.
Suo padre, a pranzo, non mancò di ricordarglielo. Lui e Liza stavano parlando animatamente, apparentemente senza accorgersi che Lily taceva e teneva gli occhi fissi sul suo piatto mentre mangiava. Ad un tratto però dovettero accorgersi dell’assenza della sua voce cristallina nell’aria, perché Gianni le chiese:
- Allora, Lily, com’è andata la lezione di oggi? Biologia, giusto?
- Sì, biologia. E’ andata… bene.
- Sicura? Non ti vedo convinta. Devi impegnarti, sai, Yale non è per tutti.
- Lo so. Io mi impegno sempre – rispose la ragazza, in un debole tentativo di fargli notare che non c’era bisogno che assumesse quel tono.
- Lo so, ma non vorrei che ultimamente ti stessi distraendo – fece lui , sottolineando l’ultima parola.  Lily colse l’allusione.
- Suvvia, Gianni caro, nostra figlia è una studentessa modello. Ha bisogno di qualche distrazione, ogni tanto.
- Sono d’accordo, Tesoro,  ma dipende dal genere della distrazione.
- Be’, suppongo che uscire, qualche sera, non le farebbe male. Accompagnata da Antoine e Marshall, s’intende.
- Per me va bene – intervenne Lily – Stasera posso uscire, quindi?
- Naturalmente, tesoro, ma ricorda... – Liza venne interrotta.
- Si esce alle otto e mezza, non devo spingermi più in là del centro di Storybrooke,  devo stare  sempre accanto ad Antoine e Marshall, non devo parlare con gli sconosciuti né accettare un bicchiere se non ho visto personalmente cosa ci hanno versato, e devo ritirarmi al massimo alle undici – recitò Lily a memoria. Lo faceva sempre quando Liza iniziava a farle delle raccomandazioni. Come sempre, sua madre fece un sorriso e le disse “Brava”, e anche suo padre parve soddisfatto.

***

- Mi dispiace, Lily, ma questa sera davvero non possiamo…
- Non importa, Marshall – fece lei sospirando.
I tre amici, seduti sui gradini di casa Scott, stavano parlando del più e del meno quando Lily aveva chiesto agli altri due di uscire con lei, quella sera.
- E’ il compleanno di Elvis e ci ha invitati – spiegò Antoine.
- Elvis è quello con i capelli biondi? – chiese Lily, non avendo ben presente gli amici dei due piccioncini. Non frequentava la loro comitiva, sebbene fosse composta solo da bravi ragazzi di buone famiglie. I suoi genitori non si fidavano a lasciarla uscire con altri ragazzi che non fossero i due vicini di casa.
- Sì… sai, ci ha invitati da un mese, sarà una festa in grande stile, non possiamo proprio mancare…
- Però se vuoi possiamo provare a farti imbucare.
- No, davvero, non fa niente. Vorrà dire che stasera rimarrò a casa.
- Perché non provi a invitare qualcuna delle figlie delle amiche di tua madre?
- Non ce n’è nessuna della mia età, e poi non mi trovo molto bene con loro. Faremo un’altra volta.
- Lily, ci dispiace, davvero…
- Ve l’ho già detto, non vi dovete preoccupare – disse lei alzandosi – Ora io vado, ok? Finisco di studiare.
- Va bene...
- E divertitevi, stasera.
Si scambiarono baci al volo e lei ritornò a casa. Gianni era ancora al lavoro mentre Liza continuava a lavorare a maglia nel salotto. Vedendo sua figlia rientrare le chiese: - Non ti sei ancora iniziata a preparare? Sono già le sette e mezza.
- No, io… - stava per dire che quella sera non sarebbe uscita, ma si fermò. Ad un tratto decise che quella sera sarebbe uscita, con i suoi amici o no. – Ora vado.
Salì in bagno e si fece una doccia veloce, poi andò in camera sua e si spalmò di crema idratante. Dopodiché, in accappatoio e con i capelli raccolti in alto sulla nuca, svuotò il suo guardaroba sul letto nel tentativo di trovare qualcosa da mettere. Solitamente per uscire con i suoi amici indossava pantaloni eleganti e camicie o maglioncini classici, molto nel suo stile da brava ragazza acqua e sapone. Stavolta però aveva voglia di cambiare, anche se ancora non sapeva dove sarebbe andata né con chi.
Decise di indossare uno dei pochi jeans che aveva, attillati e di colore azzurro sbiadito, con una giacca di jeans coordinata, e una maglietta a maniche corte beige con la scollatura a cuore, sulla quale erano applicati molti strass, completando il tutto con un paio di ballerine dello stesso colore della maglia. Mise a posto il resto del vestiario e, vedendo che erano le 20:15, si precipitò in bagno (benché non la stesse aspettando nessuno, non voleva sprecare neanche un minuto del tempo che le era concesso dai genitori). Si slegò i lunghi ramati e, dopo un paio di colpi di spazzola, decise di lascarli sciolti, fermando solamente un paio di ciocche dietro l’orecchio con un ferrettino; dopo un tocco leggero di blush, mascara e lucidalabbra decise che andava bene così. Tornò in camera e buttò nella sua borsa preferita il borsellino con i soldi, le chiavi di casa, il cellulare e lo spray al peperoncino per l’autodifesa di cui suo padre l’aveva munita. Non che ne avesse mai avuto bisogno, a Storybrooke, ma non si poteva mai sapere. Gettò un’ultima occhiata allo specchio e constatò che quasi non sembrava più lei, ma ormai cambiarsi era fuori discussione.
Scese di corsa le scale e gridò un “Ciao, mamma, io esco”, chiudendosi la porta di casa alle spalle prima che sua madre potesse vederla e impedirle di uscire vestita così. Erano le 20:30 spaccate.
Ora si presentava il problema: dove andare? Solitamente lei e i suoi amici passeggiavano per il centro di Storybrooke e poi andavano a cenare al Granny’s, ma quello non era certo un programma attuabile, visto che era sola. Ma allora dove sarebbe potuta andare? Ricordò che Ruby Lucas, la nipote di Granny, andava quasi tutte le sere da sola a divertirsi al The Rabbit Hole, un posto non molto adatto a ragazze come lei. Certo, quando lì venivano organizzate le feste di San Valentino o di compleanno  il locale era frequentato anche da gente rispettabilissima, ma in serate come quella rischiava di incontrare gli individui peggiori della città. Decise che per prima cosa sarebbe uscita dalla fin troppo ordinata High Avenue, così si incamminò velocemente verso il centro di Storybrooke. Una volta arrivata vide le solite persone che uscivano lì a quell’ora e che solitamente  incontrava durante le sue uscite, perlopiù genitori con i loro bambini o ragazzini di dodici anni al massimo. Lily sbuffò e decise che, almeno non quella sera, avrebbe provato a divertirsi in un modo diverso dal solito, perciò voltò i tacchi e si avviò verso la periferia, dove si trovava il locale. Dove avrebbe dovuto trovarsi il locale: Lily non ne era sicura. Lei sapeva solo vagamente dove si trovavano i luoghi della città che non frequentava e, sebbene l’idea di perdersi dentro Storybrooke fosse assurda, la ragazza iniziò a temere proprio che si fosse persa. Era arrivata in una strada larga, buia, illuminata debolmente da alcuni lampioni mezzi rotti e disseminata qua e là da cassonetti di spazzatura colmi. C’era qualche macchina parcheggiata accanto ai marciapiedi, ma neanche un’anima in giro. Eppure avrebbe giurato di ricordare che fosse lì… avanzò ancora, e le sembrò di vedere, più avanti, delle luci al neon lampeggianti riflettersi sui vetri di una macchina. Rincuorata, si diresse verso la fonte di quelle luci quasi correndo, per poi scoprire di essersi sbagliata. Le luci al neon non appartenevano all’insegna del The Rabbit Hole, ma del King of the Fools. Solo che Lily non aveva idea di che razza di posto fosse.

***

Rod buttò giù un altro bicchiere di gin. Il liquore scese giù per la gola dandogli un senso di benessere che sapeva essere falso ma che adorava. Era ancora al secondo bicchiere: in fondo erano ancora le nove, la notte vera e propria non era ancora iniziata, e lui era ancora lucido. Ce ne volevano di bicchieri per farlo ubriacare! Lui reggeva molto bene l’alcol, e ciò lo portava quasi tutte le sere a distruggersi, a bere più di tutti i suoi amici scapestrati. A volte dopo aver bevuto andava anche a “caccia”, ma era da quando Gaston Prince aveva colpito Manuel Hebetude alla spalla che lui non si faceva più vedere. Manuel era uno dei pochi che, come lui, non era ricco di famiglia ed aveva una fedina penale molto sporca. Tutto il resto della gang era composto da figli di papà pieni di soldi, proprio come Prince, che non erano minimamente preoccupati delle conseguenze di quell’evento. Lui sì. Doveva una favore a Prince… o meglio, gli doveva soldi. Il suo amore per l’alcol e per il gioco d’azzardo lo avevano spesso spinto a spendere somme esorbitanti, e a Storybrooke non c’erano tanti posti da rapinare che offrissero bottini sufficienti a ripagare i suoi debiti. La zona dei quartieri alti era decisamente fuori dalla sua portata, e così il banco dei pegni del signor Gold, troppo ben protetto. Prince lo aveva già minacciato più volte di rovinarlo se non gli avesse ridato i suoi soldi, e da quando aveva sparato a Hebetude la minaccia era diventata più pressante: se non gli avesse ridato i soldi lui lo avrebbe denunciato con l’accusa di aver sparato a Manuel, e quest’ultimo avrebbe fatto il suo gioco, s’intendeva. Se lo Sceriffo l’avesse preso (e se Prince con la sua banda si fossero messi d’accordo per metterlo in trappola l’avrebbero sicuramente preso), ad aggravare notevolmente la sua posizione ci sarebbero state tutte le accuse di furto con scasso che già pendevano sulla sua testa.
Con uno scatto di rabbia sbatté il bicchiere sul bancone, ma il rumore fu sovrastato dalla musica a tutto volume che c’era nel locale. Solo la ragazza che serviva gli alcolici se ne accorse. Una nuova, visto che Rod era un assiduo frequentatore del King of the Fools e non l’aveva mai vista. Era una ragazza graziosa, ma nulla di speciale. Certo non poteva reggere il confronto con le ballerine del locale, soprattutto con Esmeralda Ramirez, la più bella ragazza che fosse mai capitata a Storybrooke e, a giudicare da come si muoveva sul cubo, anche la più brava a ballare. Quella tipa era una tosta: in molti avevano provato ad abbordarla, e nessuno ci era riuscito. I più audaci si erano ritrovati con un occhio nero e, visto che il proprietario del locale non era il genere di uomo che lasciava che le sue ballerine si prostituissero pur di fare soldi, la cosa non aveva mai procurato guai alla ragazza. Rod non era mai arrivato a tanto, comunque. Non era così interessato alla bella ballerina ispanica, si limitava a guardarla ballare e a lanciarle fischi e parole di apprezzamento, come facevano molti. Proprio in quel momento la canzone finì ed Esmeralda e le altre due ragazze scesero dai loro personali palcoscenici, in teoria per un momento di pausa, ma in pratica per dare una mano a servire i drink. Esmeralda prese un vassoio vuoto e si avventurò nella sala gremita di gente per ritirare i bicchieri vuoti abbandonati sui tavoli mentre altre tre ballerine salivano sui cubi e attavano a ballare sulle movimentate note della nuova canzone. Rod distolse lo sguardo e si rivolse alla ragazza dietro al bancone.
- Un altro – ordinò.
Mentre la ragazza tornava a riempirgli il bicchiere Rod si guardò intorno, e in mezzo alla folla scatenata del locale vide una ragazzina che poteva avere al massimo sedici anni guardarsi attorno con aria spaesata. Se la memoria non lo ingannava, quella ragazza era Lily King, l’amichetta di suo fratello Ethan, che si rifiutava di aiutarlo.
Rod ghignò. Bene, avrebbe fatto una bella chiacchierata con lei, e poi si sarebbe visto se Ethan gli avrebbe rifiutato ancora il suo aiuto.

***

Lily entrò nel locale, che aveva più l’aria di una discoteca, e rimase completamente spiazzata. Altro che The Rabbit Hole, lì sì che c’era da prendersi paura! L’ambiente super moderno era molto più che affollato, pieno di persone intente a bere, a scatenarsi sulla pista o ad amoreggiare (con molto poco pudore) sui divanetti sul lato della sala. Al bancone un paio di ragazze si affaccendavano a servire alcolici agli avventori, già decisamente alticci, mentre sui cubi tre ragazze in un completo dorato davvero striminzito ballavano, e altre tre, vestite allo stesso modo, giravano per la sala reggendo vassoi. La musica rimbombava nella sua testa e le luci caleidoscopiche rendevano tutto un po’ surreale. Si sentiva già male, e non capiva come facessero gli altri a sentirsi così a proprio agio in quel caos.
Era entrata lì solo per chiedere informazioni su come raggiungere il The Rabbit Hole da quel punto della città, ma ora non sapeva a chi avrebbe potuto domandare. Incerta, si avvicinò al bancone per provare a chiedere ad una delle ragazze, quando sentì qualcuno picchiettare sulla sua spalla. Si voltò e vide il viso di un ragazzo sulla ventina che non conosceva ma che aveva visto qualche giorno prima davanti a casa sua. Evidentemente anche lui se lo ricordava.
-Ehi – le disse – Chi si rivede! Ti va di bere qualcosa con me?
-No, grazie – urlò lei in rimando, cercando di farsi sentire da sopra la musica – Sono solo di passaggio.
-Andiamo, non fare la difficile, voglio solo fare due chiacchiere – insistette lui.
-Davvero, non è il caso… - cercò di spiegare, ma lui le aveva già afferrato un polso e stava cercando di trascinarla via.
-Ehi, lasciami! – esclamò lei, cercando di divincolarsi.

***

Esmeralda lasciò i bicchieri vuoti dietro al bancone e ritornò fra i tavoli, a prendere le ordinazioni. Un paio di coppie sedute su uno dei divanetti bianchi chiesero dei cocktails e lei ritornò indietro a prenderli, ma aveva fatto appena due passi quando vide quel delinquente di Rod Cooper cercare di trascinare una ragazzina che poteva avere al massimo sedici anni via con lui, sicuramente non con buone intenzioni. Decise di intervenire.
- Ehi, Cooper – gli disse, parandosi davanti a lui – Cosa fai, importuni le ragazzine?
- Vai a farti un giro, zingarella – rispose lui minaccioso – questi non sono affari tuoi.
- Invece lo sono, perché sei nel locale in cui lavoro, e il proprietario non vuole guai qui dentro. Lasciala subito.
- Altrimenti?
Esmeralda, fulminea, alzò il vassoio e colpì Rod sulla tempia. Il ragazzo lasciò immediatamente il polso di Lily, che sgaiattolò dietro Esmeralda, e si portò la mano al sopracciglio spaccato e sanguinante.
- Maledetto puttana, – sibilò, guardandosi la mano imbrattata di sangue – te la farò pagare!
- Certo –rispose lei sarcasticamente, impassibile all’insulto – Ora però conviene a te pagare il conto e andartene, se non vuoi che chiami la sicurezza.
Rod lanciò un’occhiata agli imponenti uomini in nero in fondo alla sala e decise di avere già abbastanza guai anche senza di loro. Furioso, sbatté un paio di banconote sul bancone e si allontanò a grandi falcate.
Lily, ancora un po’ traumatizzata, ringraziò la sua salvatrice.
- Ma ti pare –rispose Esmeralda – se non ci si aiuta fra noi ragazze… Ma dimmi, non sei un po’ troppo giovane per stare qui? – Si vedeva proprio che quello non era il suo ambiente.
- Mi sono persa… volevo andare al The Rabbit Hole, ma mi sono ritrovata qui.
- Non è un bell’ambiente neanche quello, anche se non è certo ai livelli di questo posto. Ti accompagnerei io, ma non posso lasciare il locale se il mio turno non è ancora finito.
- Ma non passerai i guai per quello che hai fatto?
- Per colpa di Cooper? No, quelli come lui abbaiano, ma non mordono. E io mi so difendere. Se poi intendi al lavoro, ho fatto anche di peggio, e sono ancora qui. Faccio fare troppi soldi al mio capo perché lui possa decidere di licenziarmi. Io non sono una che tollera i soprusi.
- Ok... Ehm, senti, potresti semplicemente dirmi come raggiungere il locale?
- E lasciarti andare lì fuori da sola quando quel delinquente non aspetta altro che poterti mettere le mani addosso? Non se ne parla proprio. Linsday dovrebbe smontare ora, forse posso chiederle di accompagnarti…– disse guardandosi intorno, alla ricerca della sua collega. – Linsday! –chiamò quando l’ebbe trovata.
- Che c’è, Esme? – disse lei avvicinandosi, mentre si metteva una giacca ed una borsa a tracolla.
- La ragazza deve andare al The Rabbit Hole. Ce la potresti accompagnare tu?
- Certo, ma ti avviso, sono a piedi – disse rivolta a Lily.
- Non fa niente. Allora… grazie . E a proposito, io mi chiamo Lily, piacere di conoscerti.
- Esmeralda – disse lei stringendole la mano. Poi udì che la musica stava per finire. – Oh, ora è il mio turno di ballare. Devo andare - ed Esmeralda corse via verso il cubo, lasciando il vassoio vuoto su un tavolino lì di fianco.
Lily e Linsday uscirono insieme dal locale, e proprio in quel momento la ragazzina si ricordò che avrebbe voluto fare un’altra domanda ad Esmeralda: avrebbe voluto chiederle se il cognome di quel ragazzo era davvero Cooper, lo stesso di Ethan, ma ormai non poteva più.


*Angolo Autrice*
*Fuochi d'artificio, suona la banda, grosso applauso* I'm back!!! Sì, sono tornata, e la prima cosa che devo fare è scusarmi infinitamente con voi per questo ritardo MOSTRUOSO, ma ho sofferto di una tremenda crisi da pagina bianca. Se sono riuscita a scrivere qualcosa dovete ringraziare due persone: un ragazzo delle mie parti che mi sta facendo penare e che conferma la mia ipotesi sul fatto che quando la vita sentimentale va uno schifo l'ispirazione invece va a gonfie vele, ma soprattutto Beauty, che se non ci fosse bisognerebbe inventarla! Sì, signore e signori, perché questo capitolo è stato ispirato soprattutto dalla sua OS Dog's days are over, in cui a Storybrooke viene introdotta Esmeralda Ramirez e anche il King of the Fools. In ogni caso questo capitolo è solo una parte di uno più grande che per ragioni di lunghezza ho dovuto dividere, ecco perché succede così poco e Ethan non c'è. State tranquilli, perché dal prossimo capitolo, che al 90% si chiamerà I have a dream ritornerà alla grande e racconterà a Lily del suo passato. Comunque anche qui si hanno dei chiarimenti, soprattutto su Rod (a proposito, non so se si capisce, ma Tesoro è ancora al primo mese di gravidanza, devo ancora vedere bene come gestire la gravidanza nei capitoli)... si capisce meglio qual è il ricatto di Gaston e qual è il ruolo della "caccia" in tutta la vicenda.
Spero che abbiate apprezzate questo capitolo e anche la presenza di Esmeralda, personaggio che a me piace molto - Beauty, spero di averla resa bene e di non averla stravolta, né di aver cambiato troppo il genere di locale che era il King of the Fools quando l'hai immaginato. Bene, come al solito ringrazio tutti quelli che hanno inserito questa storia fra le ricordate/seguite/preferite, i lettori silenziosi e  CoolMarty e soprattutto Beauty per aver recensito. 
Ci vediamo alla prossima!

   
 
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