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Autore: Acquamarine_    15/06/2013    1 recensioni
« Non trovavo il punto di incontro, la linea di confine. Quel solco nel terreno che significava cambiamento, trasformazione. Lo cercavo, tastando il terreno della mia interiorità in ogni dove, ma la verità è che non ero in grado di trovarlo.»
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Una piccola storia senza pretese e senza senso, più che altro un piccolo sfogo. Non è autobiografico, almeno non totalmente, ma c'è dentro qualcosa di me. L'effetto confuso è voluto. 
  Ho usato prima il passato e poi il presente poiché si tratta di eventi avvenuti in momenti diversi: prima c'era la disperazione, la nostalgia, solamente dopo è arrivata la... uhm, scappatoia.

 Che dire... hope you like it!

*

  Non trovavo il punto di incontro, la linea di confine. Quel solco nel terreno che significava cambiamento, trasformazione. Lo cercavo, tastando il terreno della mia interiorità in ogni dove, ma la verità è che non ero in grado di trovarlo.
  Mi ero resa conto di essere cambiata quando avevo smesso di rider alle battute della signora Reid. Amavo, da bambina, ascoltarla blaterare di cose stupide ed impossibili, scaricando una battuta dopo l'altra. Mi ero poi resa conto che le battute erano sempre le stesse, che ciò che raccontava non era altro che un insieme di invenzioni per tenere buoni cinque bambini nel tragitto da casa a scuola. Mi sentivo in colpa a rivolgerle quel sorriso stentato di circostanza, perché non riuscivo a capacitarmi di come le cose, pur restando uguali, cambiassero. Ero sempre lì, con la gonna grigia e la cravatta rosa della divisa, con i capelli legati in una coda, il vecchio zainetto consunto che mi accompagnava ormai da cinque anni, sul vecchio sedile posteriore dell'auto della signora Reid. Eppure, non c'era più l'atmosfera di una volta; la signora Reid era vecchia e stanca e quello era probabilmente l'ultimo anno in cui i miei potevano approfittare di lei – benché io avessi spiegato loro chiaramente che potevo benissimo andare a piedi, a scuola – e i miei compagni di viaggio non erano più gli stessi. Madison si era trasferita, Josh aveva finito la scuola due anni prima, Let aveva semplicemente smesso di andarci, a scuola. E poi c'era Cat. Cat... be', Cat anche volendo a scuola non ci sarebbe più potuta tornare. Era ormai quasi un anno che era morta, lasciando dietro di sé nient'altro che un posto vuoto nella macchina della signora Reid.
  Al loro posto c'erano tre bambini, figli di altri vicini, con cui però non avevo mai parlato prima. Erano un'altra generazione che l'anziana signora accompagnava per mano. Chissà loro dove sarebbero arrivati. Magari Ezra si sarebbe trasferito, Jenny avrebbe finito le scuole con il massimo dei voti, Lou avrebbe deciso che studiare non era decisamente la sua strada. E se loro fossero stati diversi, da noi? Se avessero avuto il coraggio di andare avanti, sempre e comunque, senza mollare mai? Se avessero avuto il fegato di mettersi contro il destino avverso e sfidare tutto e tutti? Se pur essendo lontani avessero trovato il modo di sentirsi vicini l'uno all'altro?
  Dei venti minuti che impiegavamo ad arrivare a scuola io conservo solamente bei ricordi, permeati del profumo di tabacco e vaniglia della vecchia macchina marrone. E quei ricordi, di notte, tornano a bussare alle porte della mia mente, prepotenti, mentre il mio cuore sprofonda al pensiero di ciò che non tornerà.
  Mia nonna diceva che non c'era niente di meglio di un amico di infanzia, che ti ha visto crescere e che ha conosciuto la parte migliore – e quella peggiore – di te, che ha condiviso con te gli anni più belli, formativi, importanti. Quell'amico del quale parlerai con tanta nostalgia e tanto affetto ai tuoi figli, quell'amico con il quale cucinavi le torte di fango, costruivi castelli di carte, giocavi a nascondino, litigavi per un giocattolo, provavi a volare e nascondevi i cocci di un vaso rotto senza volerlo.
  Quando a
rompersi sono i rapporti con l'amico d'infanzia ci sembra che tutto ciò che ci capita non possa avere il potere di risollevarci; ci crolla il mondo addosso, cadono tutte le nostre certezz: tutto ciò che avevamo conosciuto, in cui avevamo sperato sparisce così, d'un tratto. E si cerca sempre qualcuno a cui dare la colpa: il tempo, la lontananza, il destino, l'amico che cambia. Non si riesce ad accettare la nuda e cruda realtà dei fatti: le cose cambiano, e gli amici se ne vanno, e la vita non si ferma per nessuno. A cambiare siamo anche noi: alcuni sostengono di 'crescere', altri negano di essere cambiati. Cercare una vittima e un carnefice a cosa serve?
  Quando tutto ciò che sei e tutto ciò che sai viene meno, a cosa serve sapere di chi è la colpa? Allevia forse la sensazione di vuoto che percepisci ogni attimo della tua vita? Risana le antiche ferite inferte dallo scorrere del tempo? Riporta indietro coloro che sono andati, e ritrasforma le cose che sono cambiate?
  Ci si perde solamente di salute, davvero. Non amate, non innamoratevi, vorrei dirvi. Amare porta dolore, e dolore porta ferite che non possono essere sanate mai più. Eppure, quando mi sento mancare il pavimento sotto i piedi riprendo le vecchie cassette che la signora Reid ha regalato ad ognuno di noi e le riascolto. E mentre sento la voce di Frank Sinatra che riempie l'intero salotto mi sento di nuovo una bambina, e sento i miei amici intorno a me, risento le treccine che mi accarezzano il collo, percepisco di nuovo il tessuto nuovo del mio zaino rosa sotto le dita. Sento la mano di Cat, stretta nella mia, il profumo di Madison, di miele e cereali al cioccolato, la risata di Let, la voce di Josh. E poi le risento, forti e chiare, quelle divertentissime battute della signora Reid. E non posso fare a meno di scoppiare in una profonda e sentita risata.

   
 
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