Una piccola storia senza pretese e senza senso, più che
altro un piccolo sfogo. Non è autobiografico, almeno non
totalmente, ma c'è dentro qualcosa di me. L'effetto confuso
è voluto.
Ho usato prima il passato e poi il presente
poiché si tratta di eventi avvenuti in momenti diversi:
prima c'era la disperazione, la nostalgia, solamente dopo è
arrivata la... uhm, scappatoia.
Che dire... hope you like it!
*
Non
trovavo il punto di incontro, la linea di confine. Quel solco nel
terreno che significava cambiamento, trasformazione. Lo cercavo,
tastando il terreno della mia interiorità in ogni dove, ma
la verità
è che non ero in grado di trovarlo.
Mi
ero resa conto di essere cambiata quando avevo smesso di rider alle
battute della signora Reid. Amavo, da bambina, ascoltarla blaterare
di cose stupide ed impossibili, scaricando una battuta dopo l'altra.
Mi ero poi resa conto che le battute erano sempre le stesse, che
ciò
che raccontava non era altro che un insieme di invenzioni per tenere
buoni cinque bambini nel tragitto da casa a scuola. Mi sentivo in
colpa a rivolgerle quel sorriso stentato di circostanza,
perché non
riuscivo a capacitarmi di come le cose, pur restando uguali,
cambiassero. Ero sempre lì, con la gonna grigia e la
cravatta rosa
della divisa, con i capelli legati in una coda, il vecchio zainetto
consunto che mi accompagnava ormai da cinque anni, sul vecchio sedile
posteriore dell'auto della signora Reid. Eppure, non c'era
più
l'atmosfera di una volta; la signora Reid era vecchia e stanca e
quello era probabilmente l'ultimo anno in cui i miei potevano
approfittare di lei – benché io avessi spiegato
loro chiaramente
che potevo benissimo andare a piedi, a scuola – e i miei
compagni
di viaggio non erano più gli stessi. Madison si era
trasferita, Josh
aveva finito la scuola due anni prima, Let aveva semplicemente smesso
di andarci, a scuola. E poi c'era Cat. Cat... be', Cat anche volendo
a scuola non ci sarebbe più potuta tornare. Era ormai quasi
un anno
che era morta, lasciando dietro di sé nient'altro che un
posto vuoto
nella macchina della signora Reid.
Al
loro posto c'erano tre bambini, figli di altri vicini, con cui
però
non avevo mai parlato prima. Erano un'altra generazione che l'anziana
signora accompagnava per mano. Chissà loro dove sarebbero
arrivati.
Magari Ezra si sarebbe trasferito, Jenny avrebbe finito le scuole con
il massimo dei voti, Lou avrebbe deciso che studiare non era
decisamente la sua strada. E se loro fossero stati diversi, da noi?
Se avessero avuto il coraggio di andare avanti, sempre e comunque,
senza mollare mai? Se avessero avuto il fegato di mettersi contro il
destino avverso e sfidare tutto e tutti? Se pur essendo lontani
avessero trovato il modo di sentirsi vicini l'uno all'altro?
Dei
venti minuti che impiegavamo ad arrivare a scuola io conservo
solamente bei ricordi, permeati del profumo di tabacco e vaniglia
della vecchia macchina marrone. E quei ricordi, di notte, tornano a
bussare alle porte della mia mente, prepotenti, mentre il mio cuore
sprofonda al pensiero di ciò che non tornerà.
Mia
nonna diceva che non c'era niente di meglio di un amico di infanzia,
che ti ha visto crescere e che ha conosciuto la parte migliore
– e
quella peggiore – di te, che ha condiviso con te gli anni
più
belli, formativi, importanti. Quell'amico del quale parlerai con
tanta nostalgia e tanto affetto ai tuoi figli, quell'amico con il
quale cucinavi le torte di fango, costruivi castelli di carte,
giocavi a nascondino, litigavi per un giocattolo, provavi a volare e
nascondevi i cocci di un vaso rotto senza volerlo.
Quando
a
rompersi sono i rapporti con l'amico d'infanzia ci sembra che tutto
ciò che ci capita non possa avere il potere di risollevarci;
ci
crolla il mondo addosso, cadono tutte le nostre certezz: tutto
ciò
che avevamo conosciuto, in cui avevamo sperato sparisce
così, d'un
tratto. E si cerca sempre qualcuno a cui dare la colpa: il tempo, la
lontananza, il destino, l'amico che cambia. Non si riesce ad
accettare la nuda e cruda realtà dei fatti: le
cose cambiano, e gli amici se ne vanno, e la vita non si ferma per
nessuno.
A cambiare siamo anche noi: alcuni sostengono di 'crescere', altri
negano di essere cambiati. Cercare una vittima e un carnefice a cosa
serve?
Quando
tutto ciò che sei e tutto ciò che sai viene meno,
a cosa serve
sapere di chi è la colpa? Allevia forse la sensazione di
vuoto che
percepisci ogni attimo della tua vita? Risana le antiche ferite
inferte dallo scorrere del tempo? Riporta indietro coloro che sono
andati, e ritrasforma le cose che sono cambiate?
Ci
si perde solamente di salute, davvero. Non amate, non innamoratevi,
vorrei dirvi. Amare porta dolore, e dolore porta ferite che non
possono essere sanate mai più. Eppure, quando mi sento
mancare il
pavimento sotto i piedi riprendo le vecchie cassette che la signora
Reid ha regalato ad ognuno di noi e le riascolto. E mentre sento la
voce di Frank Sinatra che riempie l'intero salotto mi sento di nuovo
una bambina, e sento i miei amici intorno a me, risento le treccine
che mi accarezzano il collo, percepisco di nuovo il tessuto nuovo del
mio zaino rosa sotto le dita. Sento la mano di Cat, stretta nella
mia, il profumo di Madison, di miele e cereali al cioccolato, la
risata di Let, la voce di Josh. E poi le risento, forti e chiare,
quelle divertentissime battute della signora Reid. E non posso fare a
meno di scoppiare in una profonda e sentita risata.