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Autore: NadShepCr85    16/06/2013    4 recensioni
Diventi schiavo del tempo e dello spazio, in quei frangenti devi pensare a quello che fai, ma non troppo. Perché qualsiasi errore ti può essere fatale.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si entra nello spogliatoio, dopo l'accredito. Hai già dato uno sguardo alla folla che si assiepa davanti alla zona del peso pre-gara, inconsciamente per vedere chi potresti trovarti contro.

Appoggi il borsone e la sacca con le protezioni sopra la panca, togliendoti la tuta, la giacca, occhiali ed eventuali braccialetti o piercing, catenine. Attorno a te, dipende dal momento in cui entri, già qualcuna si sta cambiando, e cospargendosi il corpo con l'olio thay, per scaldare i suoi muscoli.

Distorci il naso, per il forte odore di quell'olio che molti ritengono miracoloso.

La porta si spalanca, entra una tua avversaria, quella che ti dà sempre problemi nel batterla, ti saluta cordialmente, tu rispondi in modo altrettanto cordiale, sai che la rabbia la dovrai scatenare sul tatami. Ti chiede come stai, rispondi con un “bene” stiracchiato, mentre tieni a bada l'adrenalina che inizia a pompare a mille nelle vene.

La prima gara della stagione: ti senti come un esordiente, anche se hai già combattuto diversi incontri, calpestando il quadrato in diversi angoli d'Italia, visto città che fino a qualche tempo prima non sapevi neanche che esistessero, eppure cerchi di concentrarti, ripetendoti che sei preparato, che ti sei allenata duramente quanto lei. Che questa volta riuscirai a batterla. Lei sa di essere in vantaggio su di te, un vantaggio psicologico. Mostra una sicurezza singolare, è una veterana, calci potenti e tecniche di braccia precise, nonché una preparazione atletica millimetrica.

Ricordi ancora la prima volta che vi siete scontrate: tu, un'esordiente nelle categorie d'elite, quelle in cui si entra dopo aver superato l'esame di grado per passare a cintura blu, lei da anni impegnata a salire sui più prestigiosi quadrati di tutto il mondo. Quel giorno era stato una Caporetto per te. Un cappotto rimediato nel giro del primo minuto di incontro.

Ma oggi sarà diverso. Mentre ti infili la protezione pelvica, il paraseno, la divisa da gara, completamente bianca e il tuo soprannome scritto in nero sulla gamba sinistra, senti che oltre all'adrenalina, anche la concentrazione arriva. Annodi con decisione la cintura di grado, consunta, segnata dai combattimenti che hai affrontato fino a quel momento, e poi, dopo aver messo a posto i vestiti civili, ti copri con una felpa con cappuccio e ti infili nelle orecchie un mp3 per caricarti ulteriormente.

Dopodiché, sempre con calma, ti metti a tracolla la sacca delle protezioni e infili le ciabatte, mentre lo spogliatoio diventa sempre più affollato, sali le gradinate, raggiungi i tuoi compagni di squadra che si sono radunati attorno al tuo Maestro per sapere in quale quadrato di gara gareggeranno e quando. Un rapido sguardo e vedi che sarete solo in due. Un po' ti dispiace, speravi che la categoria fosse più numerosa, e subito qualcuno dietro di te fa una battutina ironica confrontando la sua categoria con la tua “Fortunata lei che ha un solo combattimento da fare. Io invece dovrò sorbirmi quarti di finale, semifinale e finale, se mi andrà bene.” Qualcun altro, pensando che tu non ascolti, fa il moralista della situazione. La categoria più odiosa che ci possa essere tra i compagni di squadra. “Che gusto c'è a vincere, dovendo affrontare una sola persona? Se vinci, la tua sarà una vittoria più meritata della sua.” Poveri pazzi. Se la pensate a questo modo, e so che molti di voi lo pensano, non avete capito niente di questo sport. È la “maledizione” di essere in una categoria di peso anomala per gli standard italiani, a livello femminile. Una vittoria può essere più o meno meritata, non in base al numero degli avversari, ma in base al loro valore.

In una categoria numerosa può essere più facile vincere che in una categoria a tre o due persone. Appunto perchè in mezzo al mucchio, puoi essere fortunato con i sorteggi e trovarti davanti atleti “facili” da passare. Si decide tutto sul quadrato. In quelle meno numerose è lo stesso, ma le probabilità di farcela sono ridotte al minimo e, nella maggior parte dei casi, è dove trovi i problemi maggiori, i migliori atleti. In due a disputarsi la finale in qualsiasi manifestazione, è la filosofia “one shot, one kill”, la filosofia vincente, maggiore tatticismo, maggiore rischio. Ti giochi tutto e subito. È la cosa più logorante. Con più atleti, hai la possibilità di osservare il tuo avversario successivo, pianificare l'incontro, riscaldarti al meglio. Con un solo atleta, parti quasi a freddo, se non stai attento durante il riscaldamento.

Finisci ovviamente con l'ignorarli. Sebbene lo stomaco si rifiuti di far entrare qualsiasi cosa di solido, ti sforzi di mangiare, tre round sono lunghi da sopportare, e hai un paio d'ore di tempo per mangiare, riscaldarti e concentrarti. Cinque minuti per finire di prepararti. Sai qual'è il tuo quadrato, il tuo campo di battaglia. Dovrai dare il tutto per tutto, per dimostrare alla tua avversaria che il suo vantaggio psicologico è inutile, e che può essere sgretolato con nulla. Benchè lei ti conosca, tu la conosci a tua volta, sai i suoi punti di forza e le sue debolezze. E, segretamente, speri in una sua defaillance durante l'incontro.

Quando arriva il momento di riscaldarti, scendi di nuovo nella bolgia di atleti che si riscaldano, famigliari con telecamere e macchine fotografiche pronti a immortalare figli e fidanzati o amici, e di istruttori che seguono il riscaldamento dei propri atleti, o che semplicemente aspettano che un proprio atleta salga a combattere.

Getti uno sguardo sulle pool attaccate al muro, ansiosa di scoprire chi ti si opporrà sul quadrato, anche se sai chi sarà la tua avversaria odierna. E le tue aspettative non vengono tradite.

Un'ora dopo inizi a scandire i minuti che ti separano dall'incontro, scatti in bagno a bagnare il paradenti, indossi le protezioni per le gambe e i piedi, ti isoli completamente dal resto del Palazzetto. Presto ci sarete soltanto tu, lei, il tuo Maestro, la terna arbitrale.

Raccontare di un incontro è inutile. Sei troppo concentrata a schivare i colpi e a mettere a frutto ore di allenamento settimanali, sia in palestra che fuori, solo per tre round, e sai benissimo che chi sta fuori non capirebbe. Le tue emozioni, i tuoi muscoli tirati nello sforzo di prevalere sull'altro, di confrontarsi con l'altro, ciò che provi in quei momenti è soltanto tuo. In quei momenti in cui non senti altro che l'ansimare dell'avversaria, degli insulti e consigli che il tuo coach ti grida dietro le tue spalle, in cui non vedi altro che il contapunti e il cronometro sul tavolo della giuria, la terna arbitrale e i suoi gesti che conosci a memoria da anni ormai. Diventi schiavo del tempo e dello spazio, in quei frangenti devi pensare a quello che fai, ma non troppo. Perché qualsiasi errore ti può essere fatale. Una partenza fuori misura, un'uscita di troppo, un consiglio del Maestro non seguito, una tecnica portata male, troppo lenta o troppo rapida. Un braccio abbassato nel momento sbagliato, un calcio o una tecnica di braccio telefonata.

Qualunque sia il risultato, ritorni a casa soddisfatta, le ossa doloranti e il corpo stanco, magari con qualche livido, perchè sai di avere dato il massimo. E di aver trovato una nuova amicizia fondata sul rispetto reciproco, fuori dal contesto di gara. Pronta per un'altra sessione di allenamento il giorno successivo.

Perchè ci si ferma soltanto da morti.

   
 
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