Grampasso ha sempre adorato essere un Ramingo.
È una specie di stato brado, un modo per essere sempre libero.
Lo dice la parola stessa: può andare, venire, fermarsi, partire.
Può fare quello che vuole.
Nessun obbligo.
Certo, questo non vuol dire che non abbia una morale o un codice etico.
L’ha eccome, in fondo era stato cresciuto tra gli elfi.
Da Ramingo, però, Grampasso si è sempre sentito libero.
Ma quei tempi sono così lontani ora.
Ora non è più nei boschi, ma a Gondor, nella sua bellissima capitale.
E deve affrontare una battaglia.
Quella per la sopravvivenza della Terra di Mezzo, per la sconfitta dell’esercito di Sauron.
Ma anche la battaglia con se stesso, con la sua coscienza.
Sa cosa deve fare.
Solo, non è sicuro di volerlo.
Ma quando Grampasso guarda Legolas e Gimli, pronti a lanciarsi in una missione probabilmente suicida, capisce.
Non è più Grampasso.
È Aragorn, figlio di Arathorn, legittimo Re di Gondor.
E non importa se non è convinto di voler essere Re, se ha paura di non esserne in grado, se non crede in se stesso.
È il suo dovere.
È quello che deve fare.
E lo farà, senza alcun dubbio.
Perchè è questo che gli ha insegnato sua madre: non abbandonare mai chi ha bisogno di te.
Così sia, Aragorn, Re di Gondor.