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Autore: Road_sama    16/06/2013    4 recensioni
[Fanfic sospesa fino a che non mi tornerà l'ispirazione giusta. Chiedo scusa a tutti i lettori che aspettano un aggiornamento da un bel po' di mesi, ma ho troppe cose per la testa in questo periodo. Spero di riprendere in mano la fic presto.]
Questa è la prima long fic in questo fandom quindi fatemi sapere cosa mettere a posto!
I Perfect Maker sono una piccola band europea, arrivata in California da poco per fare una serie di concerti. Non sanno ancora cosa vuol dire essere delle star e non sanno nemmeno cosa possono diventare i Paparazzi per loro. Sarà proprio questa piccola avventura ad insegnarglielo e a cambiarli per sempre.
Buona Lettura!
/UsUk//GerIta//Spamano//Franada//PruHun//accenni AusHun/InghilterraxIrlanda/
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Penso di essermi commossa millemila volte scrivendo questo capitolo. “Fix You” dei Coldplay aiuta :D Comunque, qualcuno mi ha chiesto il capitolo speciale sul passato di Gilbert e Ludwig, ebbene ecco qua! Leggete attentamente perché questo tornerà in futuro :3 Forse sono andata un po’ sull’OOC però, è l’infanzia dei due fratelli quindi si comportano in modo diverso.
Spero che questo capitolo vi piaccia quanto è piaciuto a me scriverlo (cioè tanto xD)
Buona Lettura :)

                                                                                         
                                     

ORA E’ IL NOSTRO MOMENTO
 
                                                                                         


                                                                                             I
 
Mio nonno mi disse che avrebbe sempre voluto aprire un bar in America. Mi disse anche che i sogni sono lontani dalla realtà e alcune volte bisogna accantonarli. Mi disse che mia madre era morta ed ora lui doveva prendersi cura di me e di mio fratello.
 


-Gilbert! Muoviti! Tra cinque minuti devo essere a lavoro! – sbraitò Viktor, il padre. Era un omaccione molto robusto, lunghi capelli biondi e due glaciali occhi azzurri. Dall’aspetto si poteva scambiare per una brava e buona persona ma, non era così. Da quando la moglie, Hanna, era morta non più. Si era trasformato in un uomo freddo, severo ed egoista. Se fosse stato per lui i suoi figli potevano anche morire per strada. Una spesa in meno.
-Oggi brucio. – urlò di rimando l’albino.
-Non dire stronzate! Io pago molto bene quella tua scuola e visto che lavoro solo io in questa casa ti conviene venire qui. Subito. –
Gilbert si presentò davanti al padre con sguardo truce.
-Non voglio più studiare in quella scuola, sono già stato bocciato un anno. La scuola è una rottura e non fa per me. –
Il padre gli afferrò un orecchio e lo strattonò con violenza.
-Ti conviene studiare e non fare tante storie altrimenti, puoi pure andartene da questa casa. Se te ne vai non tornarci più. Non voglio avere più niente a che fare con te.  –
-Viktor, su su, non starai esagerando? Che debba andare a scuola non c’è dubbio ma, parlagli un po’. Non puoi mandarlo fuori di casa. – intervenne nonno Aswin.
Viktor gli lanciò un’occhiataccia subito dopo aver mollato il ragazzo che ormai lacrimava per il dolore.
-Tu vai a lavoro, Gil lo accompagno io. – disse sorridendo l’anziano.
Il padre non disse niente e si avviò verso la porta.
-Wiedersehen dad. Dove stai andando? – in quel momento dalla cucina arrivò Ludwig che afferrò il padre per la giacca grigia. Viktor non lo degnò nemmeno di uno sguardo e con un gesto secco si allontanò dal bambino che cadde a terra per il contraccolpo.
La porta si chiuse con un grande tonfo. Seguito da Ludwig che strizzava gli occhi per non piangere.
-Per favore Gilbert, lascia che ti accompagni a scuola…per favore, fai il bravo per quest’anno. L-La situazione di tuo padre non è delle migliori… – l’albino afferrò la cartella e si avvicinò al fratellino.
-Forza Lud il nonno ci accompagna a scuola. – gli sorrise. Il più piccolo prese la cartella e gli strinse forte la mano.
Già la mattinata a casa non si era presentata delle migliori, in più, ora, doveva anche sostenere una giornata di scuola. Gente che ti fissa perché sei più bianco del muro, gente che spettegola alle tue spalle e anche assillanti domande di professori e amici stretti. Sinceramente, Gilbert, avrebbe voluto mollare tutto. Quel posto, quel mondo, gli sembrava ormai da tre anni una prigione. Quella scuola l’aveva sempre odiata eppure suo padre lo costringeva ad andare ugualmente. Diceva sempre “Quella è una scuola prestigiosa! Se studi li avrai molte strade aperte da grande. Tu resti li, non si discute”.
Da quando era morta sua madre tutto era cambiato. A partire dal vuoto che si sentiva nel cuore e dal suo profumo che piano piano lasciava la loro casa.
Suo fratello frequentava ormai il secondo anno di medie e suo nonno faceva il possibile nonostante i settant’anni di età. Quella famiglia, la sua famiglia, anche se nessuno voleva ammetterlo, ormai cadeva a pezzi.
Comunque sia…quel giorno l’avrebbe ricordato per il resto della sua vita.
 
                                                                                  
                                                                                                 II
 

-Sei in ritardo oggi, che cos’è successo?- domandò Matthias porgendo la divisa da cameriere a Gilbert.
-Scusa è che ho i corsi di recupero e il professore di matematica l’ha tirata per le lunghe.- sospirò cambiandosi.
-Non verrai bocciato anche quest’anno, vero? Mi ricordo perfino io quante storie ha fatto tuo papà perché non gli hai mai detto che avevi delle “difficoltà” a scuola, l’anno scorso.- affermò il danese quasi con tono di rimprovero.
-Ho sotto solo matematica, fisica e…storia. Posso recuperarle.- l’altro fece una smorfia.
-E…con tuo padre come va?- chiese ancora.
L’albino gli mostrò l’orecchio. Era di un colore simile al viola.
-Si ostina a non credermi e continua a dirmi sempre la stessa lagna ”ti butto fuori di casa, ti tolgo la moto, se non vai in quella scuola non avrai futuro, e bla bla bla!”-
-E proprio non vuoi studiare?-
-Non è che io non voglio studiare…è solo che quella scuola non mi trovo bene come materie. E’ troppo seria! Preferisco…un linguistico! In inglese ho la media del nove. –
Matthias annuì.
-Fai come vuoi, però ora vai in cucina e chiedi cosa devi portare ai tavoli sennò chi lo sente Berwald!-
L’albino rise.
-Mi cambio le scarpe e arrivo, non ci tengo ad avere uno dei suoi fucili da caccia puntati in testa. Kesesesese!-
 
                                                                                     
                                                                                                       III
 

Aveva finito tardi quella sera. Il ristorante, in effetti, era pieno di gente. Era già l’una e mezza di notte.
Lavorava, “segretamente” da tutta la sua famiglia, in quel posto ormai da tre anni. Esattamente aveva iniziato un mese dopo la morte di sua madre. Quel lavoro per lui era un modo per fare un po’ di esperienza e per guadagnarsi un po’ di soldi. Dipendere da suo padre non gli era mai piaciuto quindi, quanto prima aveva potuto, si era fatto assumere e aveva cominciato ad essere molto più indipendente.
E poi, un po’ di soldi in più non facevano male.
Il più silenziosamente possibile infilò le chiavi nella toppa e fece due giri di chiave. A tentoni trovò la porta della cucina e accese la luce. Non si aspettava minimamente di trovare suo padre con un bicchiere mezzo pieno di vodka ad aspettarlo.
-Dove sei stato?- disse Viktor con voce un po’ roca.
-Ehm…da un amico…-
Il biondo estrasse delle banconote.
-E questi?-
Gilbert non disse una parola.
-Spacci?-
-C-Cosa? N-No!-
-E allora? Dove li hai presi? Li hai rubati?-
-No! Non ho fatto nessuna di queste cose!-
-Dove li hai presi?!- urlò.
-I-io…- Gilbert non riuscì a dire niente.
-Gilbert…io non so più chi sei. In questi ultimi tempi sei cambiato moltissimo. Penso…che qualsiasi cosa tu mi dicessi in questo momento…io non riuscirei a crederti. Come faccio a pensare che tu possa spacciare? Non lo so, ma pensavo moltissime cose su di te che si sono rivelate false.-
Gilbert ancora non riusciva a rispondere.
-Io non so cosa fare con te.- disse più calmo.
-La mamma mi avrebbe cambiato scuola già l’anno scorso, per esempio.- disse guardandolo negli occhi.
-Hanna non c’è più. Ora sono io che decido e tu devi continuare.-
-Allora sai già bene cosa fare. Scommetto che risolveresti tutto con una sfuriata o…anche con un pugno! Da quando la mamma è morta non sai fare altro.- disse sprezzante.
Viktor si alzò di scatto.
-Pensi che sia facile?! Pensi di essere l’unico a soffrire per la sua morte? Tu non sai cosa vuol dire avere due figli da mantenere di cui uno fa di tutto per darti insoddisfazione e ti dimostra solo che è un ingrato perché non accetta ciò che ha! – tornò di nuovo ad urlare.
-Il nonno ci riesce benissimo e lui conosceva da molto più tempo la mamma visto che era suo padre. La verità è che hai sempre lasciato fare alla mamma e non sai prenderti cura di noi. Tu non sei un padre. Tu s-
Non riuscì a concludere la frase che gli arrivò uno schiaffo. Sbatté le scapole contro il muro mentre un rivolo di sangue gli scendeva dal labbro inferiore. Guardò suo “padre” incredulo.
-Tu non puoi parlarmi così!- Viktor aveva gli occhi iniettati di sangue, era fuori di se.
-D-Dad…- Ludwig aveva visto tutto. Probabilmente per le urla si era alzato ed era venuto a vedere.
Viktor non rispose però cercò di calmarsi.
-Allora non mi sentirai più parlare va bene, “dad”?! – Gilbert afferrò le banconote sul tavolo, prese di peso Lud e corse in camera sua.
Non sarebbe rimasto in quella casa un minuto di più.
 
-Dove stai andando fratellone?- chiese Ludwig che lo fissava da sopra il letto.
-Vado via da qua. Sono stanco di questo posto, di tuo padre.- disse l’albino mentre faceva le valige.
-E io?- domandò ancora il più piccolo. Gilbert lo guardò e rimase a fissarlo.
-Beh…- si sedette vicino al fratello –tu andrai ad abitare con nonno As. Non voglio che tu stia qui con quello.-
Ludwig si fece triste.
-M-Ma quanto starai via? Non voglio che tu stia via molto…- disse il più piccolo affondando la testa sul suo braccio. Gilbert lo prese per le spalle e gli sollevò il volto.
-I-Io…penso che starò via…per un po’ però tornerò, non aver paura.- sorrise. Lud parve più sollevato.
-Forza, prepara quante più cose puoi. Andiamo dal nonno.-
 
                                                                                           
                                                                                              IV
 


-Gilbert è una pazzia! Sei ancora minorenne, verranno a cercarti!-
-E’ per questo che mi serve il tuo aiuto, nonno! Se tu mettessi un po’ di firme in qualche scartoffia potrei comprarmi un biglietto di sola andata per San Francisco, ho già controllato tutto.-
Aswin sembrava più agitato di prima.
-E tuo padre? Verrà a cercarmi e poi risalirà a te. Allora si che sarai finito. Ti manderà in riformatorio!-
Gilbert ci pensò poi, tirò fuori un po’ di banconote.
-Con questi soldi posso prendermi un biglietto e volendo potrei anche pagarne un altro. Ce ne stanno altri due se il volo è poco costoso.- Gilbert stette un secondo a riflettere poi, si illuminò.
-Troverò un volo poco costoso e vi porterò con me! Si andremo tutti in America! Tu realizzerai il tuo sogno, aprirai un bar in centro, si!-
Il nonno sospirò. Si alzò e si diresse verso un lungo comò, aprì il primo cassetto es estrasse una scatoletta di legno. L’aprì e mostrò a Gilbert il suo contenuto. Centinaia e centinaia di euro.
-Non smetterò mai di dire che sei un pazzo Gil- rise amaramente –Ma non smetterò nemmeno di dire che mi piace come ragioni. Questi sono i soldi che ho raccolto per il mio viaggio in America e per aprire un bar. Io non verrò in America, me ne andrò da qualche parte fuori dalla Germania. Ormai sono un vecchietto…questi non mi serviranno più. Prendili tu.-
Gilbert rimase interdetto.
-Ma sono i tuoi risparmi di una vita e…e pensare di lasciarvi qui…-
-Già, ma come vedi…non ci ho fatto molto. I miei e i tuoi dovrebbero pagare sia un viaggio aereo per me e Lud sia un viaggio per te e qualche soldo finchè non trovi lavoro. Non ci lascerai qui. Noi ci faremo una nuova vita e anche tu.-
L’albino sorrise.
-Grazie nonno.- gli saltò al collo. -Aprirò un bar e ci metterò il tuo nome. Lo farò sopra un grattacielo altissimo in modo che si possa vedere tutta l’America e tu sarai la a guardare…si vedrai il tuo sogno realizzarsi! – Aswin rise sull’orlo del pianto.
-Danke Gil. Forza andiamo.-
 
-Fratellone torna presto!- urlò Lud con qualche lacrima agli occhi.
-Su su non piangere. Tu devi essere forte.-
Ludwig annuì e una piccola speranza si materializzò nei suoi occhi.
-Si! Sarò così forte che quando tornerai ti difenderò da papà e non potrà più metterti le mani addosso. I-Io difenderò tutti, così che un giorno staremo di nuovo tutti insieme! Te lo prometto!-
I due si abbracciarono.
-Fa il bravo Lud e non far arrabbiare il nonno.- l’imbarco venne annunciato negli altoparlanti. -Io…vi voglio bene.- fu l’ultima cosa che disse poi, la sua figura scomparve dietro a dei muri grigi e cupi.
-Nonno! Dove andiamo?- disse Ludwig tutto allegro.
-Noi rimaniamo qui, Lud.-
-M-Ma Gilbert ha detto che dovevamo partire…!-
-Gilbert deve partire senza sapere niente. Lui è fatto così, non sarebbe mai partito senza sapere che noi eravamo al sicuro. Ora è il suo momento, capisci? Ha deciso di vivere in questo modo, lui è come me...però una cosa che capirà è che la realtà è lontana dai nostri sogni …vedrai lui ce la farà.-
-Torniamo da papà?-
-Già…torniamo da papà.-
 
                                                                                     
                                                                                                  V


L’America è un Paese grandissimo. Le numerose e luminose insegne sono la prima cosa che ti colpiscono. E’ raro trovare posti tranquilli in questo luogo. L’America è perfetta per Gilbert.
 Ludwig non si stupì del perché l’aveva scelta come meta.
Ora a distanza di sei anni, dopo aver preso 100 e lode alla maturità anche Ludwig era diventato forte. Non aveva mai smesso di allenarsi, sia in campo fisico che in quello intellettuale. Era diventato forte come aveva promesso a suo fratello.
Ora era in grado di difendere chiunque. Nessuno avrebbe più portato così tanto dolore nella sua famiglia.
Ora era pronto ad affrontare il mondo e di lasciarsi indietro il passato. Era in grado di lasciarsi indietro la morte di Aswin, la caduta del padre nell’alcolismo e quella sua adolescenza passata duramente e da solo.
Qualunque cosa sarebbe successa lui sarebbe andato avanti.
Ora, era il suo momento non avrebbe mollato.
 

Mio nonno mi disse che avrebbe sempre voluto aprire un bar in America. Mi disse anche che i sogni sono lontani dalla realtà e alcune volte bisogna accantonarli. Mi disse che mia madre era morta ed ora lui doveva prendersi cura di me e di mio fratello.
Guardami nonno, guardami, sto andando a realizzare il tuo sogno!
  
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