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Autore: elyxyz    16/06/2013    28 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti)

SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).

 

Linea temporale: 18 mesi dall’arrivo di Linette a Camelot; riferimenti al capitolo precedente.

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più. A Camelot, in ogni caso, gli imprevisti sono dietro l’angolo e – tra situazioni imbarazzanti, incidenti e fraintendimenti – al castello non c’è mai tempo di annoiarsi…

 

 

Dedico l’aggiornamento a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A DevinCarnes, Hamlet_, chibimayu, chibisaru81, elfin emrys, LaAngol, tigretta95, aria, Burupya, Raven Cullen, principessaotaku97, Rosso_Pendragon, miticabenny, Erika 97, DamaFalco_di_Lunaequostre, sixchan, paffy333, WildBlueMoon, melleth, Cassandra, katia emrys, _Emma, strangerinthistown, mekbul, saisai_girl, Orchidea Rosa, Morganalastrega, mindyxx e Inkheart_ly.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LXXV 

 

 

Dopo essere miracolosamente scampato ad un letale, mortalmente vergognoso confronto col re e aver convinto Gwen che no – non si era immaginata tutto, ma che tutto aveva frainteso – e l’amica si era lasciata persuadere a dimenticare il fattaccio senza farne parola con la sua padrona, Merlin aveva comunque trovato il modo per non perdere l’abitudine di frequentare il regale baldacchino, volente o nolente, come la volta in cui, alla fine del diciottesimo mese dal suo arrivo a Camelot, Linette s’era nuovamente ritrovata a fare i conti con la sua amata indisposizione mensile…

 

Mancava ormai poco al tramonto e Arthur, stanco morto per la lunga giornata di allenamenti, si era trascinato, piano, verso il paravento per asciugarsi dopo il meritato bagno.

 

Lin, che completava in quel mentre i propri doveri, rassettando le ultime cose, mugugnò un verso di lamentazione, sollevando la schiena curva sorreggendosi con le mani posate sui fianchi, come gli anziani decrepiti.

Un istante dopo, massaggiandosi le reni, ella brontolò qualcosa sottovoce imprecando su maledizioni e Buffoni.

 

Arthur, particolarmente sensibile (e suscettibile) al secondo argomento, drizzò le orecchie e spalancò gli occhioni preoccupati.

 

La sua serva, senza degnarlo di un’occhiata, riprese a lavorare, borbottando altri lamenti e improperi, che salivano di tono a mano a mano che il tempo passava.

 

Al che, l’erede al trono ritenne opportuno prendere la situazione di petto – era un uomo coraggioso, lui! – e le si parò di fronte, con la stessa faccia di quando si sentiva in torto verso suo padre.

“Sei stai così male, sospendi tutto e finirai doman-

 

“Domani arriverà il Buffone e col cavolo che mi vedrete!” sbottò lei, sollevando un pezzo dell’armatura che stava lucidando come se fosse un’aggravante della minaccia. “O lo finisco adesso, o domattina andrete alla Cerimonia senza corazza!”

 

Arthur sussultò e non osò dire nient’altro.

Co-come desideri…” sussurrò conciliante, prendendo il largo per non essere oggetto della sua ira.

 

“Ecco, bravo. Andatevene a mangiare!” lo sollecitò Lin, con il tono esasperato di una madre indaffarata e poco paziente.

 

Il principe preferì (saggiamente) tacere e consumare il pasto in religioso silenzio, se non fosse stato per l’intervallare continuo delle lamentele della sua ancella.

 

“Lo vuoi un po’ di Agnocasto, eh? Eh?” le suggerì, lasciando a metà un cosciotto di pollo per dirigersi verso il canterano dove si conservavano alcune scorte di medicinali.

 

“Sì, grazie”, concesse Linette, che in quel momento aveva finito di lustrare l’elmo, ma non tutti i pezzi dell’armatura, ancora sparsi a terra. Ella lo raggiunse accanto al baldacchino, mentre una fitta all’addome particolarmente infida la costrinse a piegarsi in due per contenere il crampo e Arthur, premuroso, le suggeriva di sedersi un istante, fintanto che la polverina di Agnocasto non fosse andata in infusione nell’acqua calda che aveva preso dal paiolo.

 

Seguendo il consiglio di Sua Maestà, Merlin si lasciò cadere sul letto, esausto e irritabile.

Distrattamente, egli osservò il proprio padrone armeggiare sui cassetti del comò e sui sacchetti delle erbe officinali, poi il principe gli diede le spalle, mentre recuperava un cucchiaio dalle posate del tavolo e versava tre generose dosi di medicamento in un calice pulito.

 

“Ecco, vedrai che con questo sarai come nuova!” esclamò fiducioso, passandole il bicchiere fra le mani.

 

Il servo bevve avidamente il rimedio tutto d’un sorso, annuendogli riconoscente.

E, un istante dopo, egli sgranò gli occhi azzurri, come se avesse ricevuto un contraccolpo dal medicamento.

 

“Tempo due tacche di candela e sarai di nuo-” Arthur non ebbe modo di finire la frase, che Lin stramazzò all’indietro sul materasso, senza vita, lasciando cadere il calice che tintinnò nel silenzio della stanza fino a terra, rotolando sul pavimento.

 

“Linette!” la chiamò il principe, sconvolto. “Linette!” ritentò, avvicinandosi al corpo privo di sensi, scuotendolo appena, senza ricevere risposta. “Non fare scherzi, dannazione!” urlò il nobile, realizzando – con suo sommo sconcerto – che no, lei non si stava prendendo gioco di lui.

 

Così egli si chinò a controllarle il respiro, come aveva imparato da Gaius e sospirò, quando comprese che era solo svenuta.

 

Che la sua indisposizione fosse stata così grave?, si domandò, sconcertato.

Dopodiché, fece l’unica cosa sensata: ordinò ad una guardia appostata in corridoio di andare a chiamare il guaritore reale e di farlo venire al più presto, poiché era richiesta immediatamente la sua presenza dal principe in persona.

 

 

***

 

 

Quando il povero cerusico comparve negli appartamenti dell’erede al trono, il vecchio ansimava come il mantice nella fucina di un fabbro in piena attività e la guardia, incurante del fiatone, gli consegnò la sacca dei medicinali senza tante cerimonie e scomparve per riprendere il suo turno di sentinella.

Arthur, nel vederlo in quello stato, si pentì un pochino di averlo spaventato a tal punto. Ma solo poco.

 

“Si tratta di Linette”, esordì quindi, quando – sotto l’occhiata penetrante dell’uomo che l’aveva fatto nascere – si ritrovò a spiegare che no, l’urgenza non era per sé, ma per la sua valletta.

 

Gaius aveva sollevato un cespuglioso sopracciglio nella consueta espressione perplessa, eppure aveva atteso ulteriori ragguagli.

 

“È lì”, Arthur indicò il letto dove la sua ancella sostava immobile, con le gambe ancora a penzoloni. “Poco fa, si sentiva un po’ indisposta e ha bevuto l’abituale pozione di Agnocasto… solo che dopo qualche istante si è accasciata perdendo i sensi”.

 

Gaius si avvicinò immediatamente a lei e le tastò il polso, poi le sollevò delicatamente le palpebre socchiuse per verificare lo stato delle pupille con l’ausilio di una candela.

In risposta, Merlin si mise a russare leggermente, aggravando la sua espressione scettica.

 

“Potrei vedere il medicamento?” chiese l’archiatra, mentre il principe cercava il calice rotolato chissà dove.

 

Una volta che il medico di Corte ebbe annusato la coppa – “Questo non è Agnocasto, Sire”, gli rese noto –, pretese di vedere anche il borsellino che conteneva la polverina, avvicinandosi a sua volta al canterano.

 

“È il sacchetto marrone col laccio nero!” gli spiegò il giovane Pendragon, afferrandolo e passandoglielo. “Tre cucchiai colmi, in mezzo calice d’acqua tepida...” snocciolò, come a dimostrare che ormai era pratico della faccenda.

 

Anziché aprire il cartoccio, Gaius allungò una mano rugosa dentro il cassetto, sollevando un altro pacchetto, lasciandolo penzolare a mezz’aria.

“Temo che abbiate fatto confusione…”

 

“Eh?!” si sbalordì il cavaliere, in una smorfia così meravigliata che arricciò le labbra a tal punto da far spuntare i canini sporgenti. “Non può essere, non-” si difese, gesticolando astioso alla volta dei medicamenti, e fu certo che Gaius non gli avesse dato dell’idiota – se lo sarebbe meritato, sì, ma quella era un’altra faccenda –, solo perché gli portava il rispetto dovuto al suo rango, rispetto di cui i suoi pupilli sembravano immuni.

 

Questo” disse l’archiatra, sventolando l’involucro incriminato fra loro “è un potente sonnifero, che va diluito in gocce d’acqua: ne bastano assai poche. Se ben ricordate, esse vi vennero somministrate dopo l’incidente del Torneo, lo scorso anno…”

 

Arthur sussultò, colpevolmente, in risposta.

 

“… E questo è l’Agnocasto”, concluse il medico di Corte, sollevando un sacchetto simile, con il laccio smaccatamente grigio, stavolta, dopo aver ostentatamente aperto e annusato il contenuto per puntiglio.

 

“Dannato laccio!” sbottò il principe, allora, preferendo incolpare un pezzo di corda imbroglione che la propria disattenzione.

 

“È stato solo un incidente, Sire”, tentò il vecchio, conciliante. “Per la fretta, o forse a causa della penombra della stanza, avete frainteso il colore e-” anziché sgravarlo della sua colpa, il tono comprensivo di Gaius lo indispettì ancor di più.

 

“Oh, certo!” eruppe perciò, interrompendolo, allargando le braccia esasperato. “Non è niente di grave! Nella peggiore delle ipotesi, avrei solo potuto avvelenarla!” polemizzò, sbraitando.

 

Ad essere pignoli, Maestà, voi l’avete avvelenata”, precisò il guaritore, perdendo l’aria gioviale per recuperare quella professionale e lapidaria: “Sbagliare le dosi di un medicamento può portare alla morte”.

 

A quelle parole, l’erede al trono spalancò gli occhi, sussultando.

“La sua vita è in pericolo?!” domandò, allarmato, azzerando le distanze fra loro e stringendo le braccia del vecchio in una presa ferrea.

 

“No, Vostra Altezza, non temete!” fu la lesta rassicurazione. “In questo caso specifico… l’effetto curativo diviene solo eccessivo…

 

“Ovvero?” l’incalzò il nobile, sollevando a sua volta un sopracciglio perplesso.

 

“Ovvero…” temporeggiò l’anziano archiatra, lanciando una lunga occhiata al suo protetto che russava leggermente, incurante di tutto, a pochi passi da loro. “Linette dormirà come un ghiro almeno… – tre cucchiai, avete detto? – almeno fino a domani sera, temo”.

 

“Ah!” sospirò il principe, strofinandosi la fronte con sollievo. “Tutto qui? Intendo dire… n-non ci saranno altri effetti collaterali?” tenne a precisare, visti i precedenti incresciosi in cui erano già incappati in passato.

 

“No, Sire. È tutto qui”, confermò il vecchio, mettendosi la sacca dei medicinali a tracolla, prima di guardare nuovamente Merlin. “Ma dovrete predisporre il suo trasporto…

 

“E perché mai?” domandò il giovane Pendragon, inalberandosi.

 

“Non la devo portare via?” chiese a sua volta il cerusico, stupito.

 

“Non… non alimenteremmo inutili pettegolezzi, trasportando il suo corpo svenuto per il castello?” rifletté il principe, considerando che quello era l’ultimo dei suoi desideri e la prima delle sue preoccupazioni. “Non mi dà fastidio, puoi lasciarla anche lì”, notificò, quasi che il fisico di Linette fosse stato un soprammobile inerte. Poi, come colto da un’idea fulminante, il nobile arrossì e, balbettando quasi, egli riprese: “Ma ti giuro che io non- o meglio, le mie intenzioni sono-”

 

Gaius prevenne ulteriori dichiarazioni d’intenti onorevoli bloccandolo con una mano a mezz’aria.
“Mi fido ciecamente di voi, Sire, come ho già fatto in passato; e non ho mai avuto modo di pentirmene. So che qui, con voi, Linette è al sicuro e vi sono grato dell’ospitalità che le darete…

 

Beh, era il minimo, dopo il guaio che aveva combinato. Ma Arthur ebbe il buonsenso di tenerselo per sé.

 

 

***

 

 

Solo una volta rimasto solo con lei, il principe realizzò appieno il problema.

Anzitutto, non poteva lasciarla tutta la notte con le gambe a penzoloni come un sacco di farina in procinto di essere scaricato da un carro, quindi, facendo due calcoli veloci su come fosse meglio metterla, egli girò attorno al baldacchino, scostando il copriletto e le lenzuola per farle posto, poi – chinatosi che fu – le tolse le scarpe e quello che ritenne un probabile impaccio; infine, inveendo contro la propria idiozia, Arthur la prese in braccio e la adagiò sul materasso, rincalzandole le coperte a dovere. Fu a quel punto – con ancora la sua treccia mezza sfatta fra le mani – che l’Asino Reale, colto da un pensiero improvviso, realizzò la radice di quel male: il Buffone.

 

Dopo aver imprecato per almeno un’intera tacca di candela, egli si rassegnò all’idea che ormai il danno era fatto: anche se lei era impura, l’aveva appena toccata e il letto si era già contaminato.

Ma, ancor più, egli sperò vivamente che Linette fosse attrezzata al riguardo, perché di certo lui non sarebbe andato ad elemosinare l’aiuto di Gwen per cambiarla – ancora gli bruciava la volta in cui l’ancella di sua sorella li aveva scoperti in atteggiamenti equivoci su quello stesso letto – e men che meno sarebbe tornato da Gaius a chiedere aiuto.

Nessuno doveva sapere. E nessuno avrebbe saputo.

Avrebbe bruciato le lenzuola all’indomani. Ecco. E poi si sarebbe annegato con le abluzioni.

 

Dopo aver tirato da sé i tendaggi per nasconderla al resto del mondo, l’erede al trono aveva ordinato ad uno dei servi, di passaggio fuori dalla sua porta, di consegnargli il pasto serale.

 

Fu strano cenare da solo, anche se non era solo.

Se si concentrava affinando l’udito, poteva sentire il brontolio del respiro di Linette anche da lì. E la cosa gli strappò quasi un irrazionale sorriso… perché sì, era una cosa buffa.
E poi, qualcosa di buono c’era in quel guaio: quel sonnifero era davvero così potente da annullarle ogni dolore della sua indisposizione, quindi Lin avrebbe potuto riposare bene...

 

 

***

 

 

Molto prima dell’ora consueta – che altro avrebbe potuto fare per temporeggiare, ingannando il tempo, prima di coricarsi? – il principe aveva già indossato gli abiti da notte e bevuto il calice di sidro che avrebbe dovuto conciliargli il sonno (cosa di cui dubitava ardentemente).

 

In seguito, quando procrastinare divenne impossibile nonché imbarazzante, Arthur scostò le tende del letto per trovare una sistemazione e – boccheggiando, al colmo dello stupore – egli realizzò che la sua serva aveva preso possesso dell’intero materasso, piazzandosi nel bel mezzo e spalancando braccia e gambe a raggiera, occupando praticamente tutto lo spazio disponibile.

 

Con uno sbuffo del naso e quanta più delicatezza poté racimolare, il cavaliere la spinse di lato, facendola rotolare nella metà sinistra del giaciglio, dov’era stata deposta originariamente.

Forse s’era aspettato una qualche forma di protesta da parte sua o una qualunque complicazione – ce n’erano sempre quando c’era di mezzo Linette, perché lei non gli rendeva mai la vita semplice – e invece la sua serva s’era accoccolata dove era stata indirizzata, senza lamentele né segni di risveglio.

 

Sospirando rincuorato, egli corse a chiudere la porta a chiave – memore della disattenzione dell’altra volta –, poi spense le candele e, distendendosi nel lato che gli spettava, il principe si rassegnò infine a trascorrere la notte con lei.

 

In fondo… Gaius non gli aveva forse assicurato che Lin avrebbe dormito come un ghiro fino all’indomani? Se ne sarebbe rimasta ferma e immobile e

Sarebbe stato quasi come riposare da solo, no?, si convinse, sbadigliando, cercando di rilassarsi.

 

Poi sul più bello, giusto quando stava ormai cedendo all’agognato sonno, Arthur sentì un improvviso peso addosso, il peso di Linette che gli si aggrappava senza consenso, infilando di prepotenza i piedini gelidi fra i suoi, la testa che finiva adagiata sulla sua spalla tornita.

 

Il principe rimase un istante immobile, inerme, stupito oltremisura.

“Oh, fai pure!” sbottò quindi, grondando ironia.

 

E, incredibilmente, ricevette dalla fanciulla un mugugno insoddisfatto di risposta, mentre ella, ancora addormentata, sembrava cercare invano una posizione più confortevolmente congeniale.

 

Così, sbuffando a mezza via tra rassegnazione e divertimento, l’erede dei Pendragon se la tirò contro, avvolgendola con un braccio per offrirle stabilità.

 

Come replica, Linette allungò una mano gelata nello scollo della maglia regale, sprimacciandogli il petto come se fosse stato un cuscino, borbottando disturbata dai lacci della casacca da notte, e questo gli strappò un risolino, anche se preferì convincersi che era colpa dei capelli di lei che gli facevano il solletico.

 

Dopo un altro paio di spostamenti e accomodamenti, a cui Arthur si era rassegnato a sottostare, la valletta reale parve finalmente appostata per i comodi suoi.

 

“Spero che ora la sistemazione sia di tuo gradimento, Lin-Lin!” canzonò il principe, mentre Merlin, finalmente soddisfatto, iniziava a russare…

 

 

***

 

 

A volte, soprattutto ai primi tempi, Arthur ci aveva provato davvero a porre dei paletti fra loro.

A trattarla con cortese, ma fermo distacco; a cercare di rimetterla al proprio posto – quello di valletta, non di amica.

 

Una parte di lui – quella che, stranamente, aveva la stessa inflessione di suo padre nei ricordi delle sue ramanzine d’infanzia, – gli rammentava che non era bene familiarizzare così con la propria serva, con una donna.

Il fatto che, vederla felice e serena, soddisfacesse anche lui era di secondaria importanza; lo era, quando si aveva puntati contro gli occhi di tutto il castello e i pettegolezzi si espandevano più velocemente degli incendi di sterpaglie mentre tirava forte il vento.

 

Ogni piccolo sgarbo che le faceva lo feriva sempre un pochino – come se colpendo lei, per assurdo, la ferita rimbalzasse quasi su se stesso, come contraccolpo; come se non fossero due entità separate e distinte, ma due parti di un’unica sostanza. Eppure vi era costretto – per scelta forzata o per necessità – anche se poi veniva da Lin puntualmente perdonato. Ed era anche peggio.

 

A volte, il principe si sentiva indegno di quella fiducia malriposta.

A volte, ripensando a ciò che aveva fatto, si vergognava delle sue azioni.

A volte, si riprometteva di farne tesoro, per migliorare. Ma nel suo animo di cavaliere, certe memorie restavano pecche, eppure lui sapeva di non avere scelta, e continuava a sbagliare…

 

 

***

 

 

Quel pomeriggio, Arthur era entrato nei propri appartamenti con una certa fretta: doveva lavarsi, cambiarsi e accogliere con suo padre la delegazione di dignitari che sarebbe giunta a Camelot di lì a poco.

 

Il principe si guardò attorno, stupito, perché la stanza era stranamente silenziosa. Di solito Linette a quell’ora faceva un gran baccano mentre puliva, ma almeno eseguiva egregiamente i propri doveri.

Quindi... dov’era finita?

 

Fu così che la scorse, raggomitolata sul tappeto davanti al baldacchino, la testa posata sopra alle braccia incrociate sul copriletto. Dormiva.

 

A volte anche Merlin lo faceva. Si appisolava in quella medesima posizione, quando aveva portato a termine i propri compiti e attendeva il suo ritorno.

Di solito, il giovane Pendragon non usava metodi affabili con lui; si divertiva a svegliarlo spaventandolo con un frastuono improvviso – possibilmente molto vicino ai suoi enormi orecchi – o punzecchiandolo giocosamente nei fianchi con la punta degli stivali, fino a che il suo scudiero non si fosse destato.

E invece, in quel momento, per un assurdo istante, vedendo Linette aveva pensato di coprila con una coperta e di andarsene da lì per lasciarla riposare.

 

Si rammaricò di non poterlo fare – i delegati in arrivo non aspettavano certo i suoi comodi – e poi si rammaricò di essersene rammaricato – lei era solo una serva, che diamine! Avrebbe dormito in tempi e luoghi più consoni di quello.

 

Fu così che decise un veloce dietro-front, uscendo dalla camera. Attese un momento (controllando che le guardie appostate non lo notassero) e poi rientrò, spalancando la porta e sbattendola con vigorosa energia.

 

Linette sobbalzò per il colpo e si guardò attorno smarrita. Poi si accorse che lui era lì, a guardarla, e lei in fretta si scusò, alzandosi, pronta a servirlo.

 

Arthur preferì ignorare quella cosa che gli stringeva lo stomaco.

 

 

***

 

 

Poiché il secondo appellativo di Arthur Pendragon era ‘Coerenza’, v’erano alcuni momenti in cui il principe si sforzava di essere gentile con la sua ancella, magari per raddrizzare certi sgarbi che le aveva fatto, oppure per farsi perdonare certe sfuriate gratuite ai danni di lei. Per riequilibrare le cose, insomma.

 

A volte, invece, l’Asino si dimostrava semplicemente curioso, e desideroso di capire la meccanica di quel cervello femminile che lo stuzzicava – così diverso dai consueti che popolavano il palazzo reale e con cui era stato avvezzo a regolarsi fin dalla più tenera età.

 

Nella maggior parte dei casi, manco a dirlo, la cosa si rivelava per lui controproducente – bisognava riconoscergli, ad ogni buon conto, una certa dose di eroicità e masochismo nel perseverare –, e Linette se ne usciva spesso con qualche battuta insospettabile che finiva per metterlo in scacco.

 

Come un pomeriggio di metà primavera, quand’egli – facendo ritorno, fischiettando, da una Riunione del Consiglio particolarmente indolore –, aveva trovato la sua valletta affacciata alla finestra, intenta ad osservare accuratamente qualcosa all’esterno, anziché pulire i vetri lerci, come si presumeva dovesse fare, visto lo straccio che era stato abbandonato sul davanzale.

 

Il principe, scavalcando i pezzi dell’armatura sparsi sul tappeto (e non ancora lucidati) e i mucchi di biancheria nella cesta (non ancora riposta), cercò di raggiungerla.

 

Cosa stai guardando, Lin-Lin?” le domandò, ostentando una certa noncuranza per non apparire troppo interessato.

 

La Natura che fa il suo corso, Sire”, fu l’insolita risposta di lei. “È affascinante”.

 

Arthur la affiancò, stavolta apertamente curioso di capire, e vide due passerotti – in una rientranza della torre alla loro destra – che si stavano accoppiando.

“Ah! E da quant’è che sono lì?” pretese di sapere.

 

Merlin sorrise: “È la decima volta che lui tenta di montar-”

 

“D’accordo. Hai visto a sufficienza”, decretò e, con un gesto di stizza, il cavaliere tirò la tenda, oscurandole la visuale.

 

Ma, Sire!” protestò il mago, accigliandosi.

 

“Fila a lucidare i miei stivali!” ordinò Arthur, non volendo sentir ragioni, e convincendosi che no, non era normale essere così impudenti; e sì, sì lei doveva godere nel metterlo in difficoltà.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: Ed ecco che il Buffone fa nuovamente la sua comparsa, per la gioia di Arthur! XD
So che, apparentemente, il comportamento del principe potrebbe sembrare un controsenso, soprattutto dopo il discorso al Giglio Bianco, ma per me non lo è.

Per come la vedo io, è passato un sacco di tempo da allora – da quando condivisero il letto, malgrado l’indisposizione di Linette.

Ma lui, ogni volta, deve scendere un po’ a compromessi tra la sua educazione rigida (e tutto il contorno di impurità e abluzioni) e il momento contingente.

 

Il fatto, poi, che Lin fosse svenuta, lo imbarazza parecchio, all’inizio, perché il suo animo da cavaliere vede tutto questo come una forzatura, un’imposizione a cui lei non può sottrarsi.

 

Tuttavia, Merlin l’ha inconsciamente aiutato; perché, mettendosi comodo e approfittando del suo nobile cuscino personale, ha fatto sentire Arthur meno in colpa. ^_=

 

La seconda parte del capitolo è un excursus sull’evoluzione del rapporto Arthur-Linette nel corso del tempo. Credo fosse doveroso offrirvi anche un punto di vista del principe, su come egli si sente relazionandosi alla sua valletta.

 

L’ultimo pezzo, Giuls l’ha chiamato medieval!porn. E mi ha fatta morire dal ridere. XD

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Sono rimasta francamente stupita di tutto il vostro entusiasmo per il precedente capitolo! Grazie, ne sono felicissima! *_*

- Sì, Merlin ha un autocontrollo di ferro! Io non so se sarei riuscita e contenermi dal molestare il principe bell’addormentato se ce l’avessi a disposizione! XD

- Arthur assonnato e mezzo nudo è… *togliere la bava e inserire parola sensata qui*

No, davvero, è una mezza via tra un cucciolo arruffato e un dio greco! *ç*

- Gwen non farà la spia, in questa fic è una brava ragazza. ^^

- Uther, oh! Uther… mi sono divertita da matti a renderlo così ossequioso di fronte a Merlin – ad un servo! – anche se lui non lo sapeva… direi che sì, lo scialle di Morgana li ha salvati! (Santa Morgana, veglia su di loro!)

- Riguardo al minisondaggio: noto che la maggioranza ha detto che Merlin brucerà tutte le cose riguardanti il Buffone. XD (Ma se volete rispondere, siete ancora in tempo!)

- Io adoro i cliché. *_*
Per me, scrivere cliché non è una pecca, anzi. Mi piace scrivere di scene già conosciute, ma facendolo a modo mio. Mi piace anche leggere quando lo fanno gli altri, purché siano stereotipi ben gestiti.

- Anche se Arthur è un asino, sotto sotto è stato premuroso a prendersi cura di Linette, e lo fa in modo contorto, ma si vede che ci tiene a lei.

- Sono contenta che l’ansia nel baldacchino si sentisse tutta! *_* Fino all’ultimo, Uther avrebbe potuto sbirciare, no?

- Ah, la mela… ^_________________^

 

 

Passiamo oltre…

 

Allora… come vi ho annunciato più volte negli scorsi aggiornamenti, con questo capitolo si chiude la parentesi serena (se così si può dire). Dal prossimo, succederà qualcosa di fondamentale, uno di quegli eventi che segnano un punto di non-ritorno nella storia.
Ero indecisa se darvi un assaggio della BOMBA che esploderà, oppure no. Alla fine, ho deciso di non rovinarvi la lettura, perciò… vi do solo un’imboccata di assaggio.

 

Vi metto, quindi, solo due anticipazioni del prossimo capitolo:

 

Quell’idiota poteva essere ovunque, nel mondo, ed era chiaro che non gli fosse facile comunicare.

Arthur preferiva darsi quella spiegazione assennata, piuttosto che sentire il peso del tradimento che gli gravava al centro della schiena e quindi in mezzo al petto.

 

A volte, lui e Linette ne avevano parlato. Spesso, ai primi tempi, e poi sempre meno.

Arthur non si spiegava il perché, ma percepiva che lei era a disagio di fronte a quell’argomento, come se si sentisse in qualche modo in colpa per l’assenza di suo cugino, o per la sua partenza, o per l’averlo sostituito al suo servizio quasi usurpandogli il posto – quando lei, in realtà, gli aveva fatto solo un favore.

 

Per una qualche forma di gentilezza, quindi, l’erede al trono aveva smesso di parlarne con lei, ma questo non significava che avesse anche smesso di pensarlo.

 

(...)

 

La valletta reale era corsa da lui, mentre la battaglia imperversava – tra urla disumane e clangori di metallo e fiotti di sangue – e i cavalieri di Camelot lottavano con strenuo coraggio per non lasciarsi sopraffare.

 

Aiutandolo a sollevarsi a sedere, lo scudiero si sincerò che il suo signore non fosse gravemente ferito, ma Arthur non fece in tempo a rassicurarlo – non fece in tempo a dire niente, in realtà –, poiché intravide a poche iarde da loro un arciere avversario pronto ad incoccare una freccia, prendendo la mira. E la direzione del ferale dardo era inequivocabile.

 

Nell’istante in cui il colpo fu scagliato anche Merlin se ne accorse e, intuendo le intenzioni dell’Asino, egli lo prevenne, facendo l’unica cosa che era in suo potere: sacrificarsi per salvarlo.

 

Lo stregone spinse nuovamente il principe a terra con un gesto brusco e disperato, sovrastandolo col proprio corpo, per fargli da scudo e proteggere i suoi organi vitali.

 

Mentre già il sibilo della freccia giungeva ai suoi orecchi, Linette socchiuse gli occhi, sussurrando un incanto dettato dalla disperazione e poi si preparò a ricevere il colpo.

 

 

 

Se siete interessati, ho aggiornato la raccolta comica, Spoiler! Post 5x13 “The Once and Future… Prat.col capitolo 7.

 


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