Avevo un posto tutto mio, ed era il centro del suo petto. Tra tutte le curve che adoravo del suo corpo, avevo deciso di abitare in quella piccola e liscia pianura che separa i due seni. “Questa è casa mia”, le dicevo. “Sì”.
Negli ultimi due anni e poco più ho affrontato materialmente quattro traslochi, ma è più brutto quando ti cacciano dall’unica casa in cui ti ci senti, a casa –lei, il suo corpo, il suo cuore. Poggiare la testa sul suo petto curava ogni mio male, il suono del suo battito, il calore ritmico del respiro. Ero al sicuro. Ora non appartengo più a nessun dove. Mi ha respinta, cacciata via, al massimo possiamo restare nella stessa camera. Per quanto, però? Il mio cuore non appartiene più a nessuno –manco lo trovo più, il mio cuore.