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Autore: coco25    16/06/2013    1 recensioni
Il bicchiere scivolò dalle mie mani e si infranse a terra.
Milioni di frammenti di cristallo si sparsero per il salone.
Una porta sbatté e l’unico rumore che si udì fu il mio urlò che squarciò il silenzio.
Pochi secondi dopo un ululato straziante congelò quell’istante che sarebbe rimasto impresso in eterno nella mia mente.
Renesmee sta crescendo e si trova a dover combattere contro i problemi della sua insolita adolescenza ma sopratutto contro i suoi demoni interiori.
Genere: Avventura, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
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La casa era avvolta da un silenzio pungente.
Chiusi gli occhi, riuscivo a sentire il mio respiro, leggero, fresco e regolare; percepivo ogni cambiamento del clima, una folata di vento, lo spostamento d’aria di qualche insetto che si divincolava fra i mobili, leggero e silenzioso, all’esterno della casa il fruscio delle foglie, una macchina in lontananza e qualche scoiattolo che si arrampicava veloce sul tronco di un albero.
Poi riaprii gli occhi.
Tutto era così nitido, così lucido, così colorato, riuscivo a distinguere ogni singola venatura del legno, le milioni sfumature di marrone e i minuscoli fori.
Presi un grosso respiro e buttai fuori l’aria con violenza, come se in quel sospiro avessi accumulato tutte le mie preoccupazioni e le stessi sputando con disprezzo nell’aria implorandola di assorbirle.
Mi avvicinai silenziosa al pianoforte e premetti un tasto.
Un suono di diffuse nell’aria rimbalzando sulle pareti e prolungandosi per svariati minuti.
Mi sedetti sullo sgabello di pelle nera sfiorando i tasti senza premerli. Chissà quante volte mio padre aveva fatto lo stesso.
Lo immaginavo seduto lì,al mio posto, le sue dita leggere toccare i tasti, sfiorarli così delicatamente da dare l’apparenza di non averlo fatto e rincorrersi lentamente provocando quel suono così delicato.
Mia madre lì al suo fianco a guardarlo senza fiato, divorando con lo sguardo i suoi lineamenti pallidi come la neve, così perfetti, quasi marmorei e chiedendosi come potesse una creatura tanto potente e pericolosa creare una magia simile.
E poi lo immaginavo fermarsi, mentre l’ultima nota si perdeva nell’aria e incrociare lo sguardo di mia madre. Inspirare il suo profumo dolce e invitante. Guardare le sue guance arrossire e il suo sguardo farsi chiuso e imbarazzato.
E le loro mani, unirsi, toccarsi; le loro labbra sfiorarsi, e dimostrare che l’amore non ha limiti e confini e che si è disposti a tutto, anche a rinnegare la propria natura, per amore.
Un altro sospiro si perse nell’aria rincorrendosi con il suono del sol perfettamente accordato.
Schiusi le labbra e intonai l’inizio di una canzone scritta da mio padre per me, le mie dita piccole ed esili corsero al piano e accompagnarono la melodia rendendo tutto così incredibilmente fragile, delicato e magico.
La mia voce delicata e cristallina intonava le note della canzone e a occhi chiusi mi immergevo nei ricordi della mia breve vita.
Ricordo tutto, ogni singolo istante, ogni emozione, ogni piccola percezione sulla mia pelle.
Come avrete già intuito non sono una ragazza comune.
Mi chiamo Renesmee Carlie Cullen, ho diciannove anni, ma da dodici sono intrappolata in un corpo da eterna sedicenne. Il mio corpo non crescerà mai più, il mio aspetto rimarrà sempre lo stesso.
Non sono una vampira, anche se mi nutro di sangue.
Non sono una umana, nonostante il mio cuore batta e il sangue scorra nelle mie vene.
Ibrida, mezza-vampira, così mi definiscono.
Quando sono stata concepita mio padre era un vampiro, mia madre umana.
Le mie dita si fermarono nello stesso istante che la melodia cessò. Troppi ricordi, non potevo esagerare.
Il mio sguardo cercò la foto sul pianoforte, incrociai lo sguardo allegro di mio padre, i lineamenti marmorei, congelati nel tempo, così paurosamente perfetti, coglievo le mille sfumature ramate dei suoi capelli, e le rivedevo simili nei riccioli che mi avvolgevano il volto sorridente, pieno di un euforia dimenticata nel tempo.
Affianco a mio padre mia madre, perfetta e bellissima, i capelli castani, gli occhi rossi, dovuti alla recente trasformazione.
Eravamo così felici, tutto era così semplice, perfetto, irreale.
Mi alzai voltandomi di spalle e sentii ancora una volta quel silenzio assordante cadermi addosso, soffocarmi, opprimente come il vuoto più assoluto.
Era il silenzio della solitudine, il silenzio della consapevolezza di aver perso tutti.
Dopotutto era quello che volevo no?
Avevo lottato tanto per averlo ma una volta raggiunto il traguardo avevo percepito quella sensazione di vuoto, come un’immensa voragine nello stomaco, ma con il lento e inesorabile passare del tempo la voragine lentamente invece di ridursi aumentava,
come se una creatura vi scavasse con le unghia e urlasse di dolore mentre le sue dita coperte di sangue si consumavano grattando le ossa.
Era difficile ignorarlo,perciò non lo facevo, avevo imparato ad assecondarlo, nelle notti come quelle, quando cominciava a scavare e ad urlare venivo lì, e gli davo la sua porzione quotidiana di ricordi, lasciando che il dolore mi travolgesse così tanto da non accorgermene, e lentamente a farlo divenire parte della mia quotidianità.
Per oggi poteva bastare così, la creatura aveva provato abbastanza dolore e ora era rannicchiata in un angolo dello stomaco a gemere piano e in silenzio.
Le chiavi tintinnarono quando chiusi la porta e in pochi istanti ero sparita nella vegetazione.
 
 
 
 
-Pronto?-
-E’ stata qui-
Riconobbi la voce di Bella al telefono, era molto più chiara, cristallina dalla trasformazione, ma sarei riuscito a riconoscerla tra mille.
Bastarono quelle tre parole a paralizzarmi.
Rimasi immobile, nella cucina, il telefono premuto contro l’orecchio, le labbra schiuse, il respiro fermo.
Sapevo di chi parlava, non mi avrebbe chiamato per qualcun altro, non avrebbe usato quel tono se non per lei.
-Un’altra volta- Aggiunse per colmare il silenzio che era nato.
Presi un respiro ricorrendo a tutte le mie forze per cercare di parlare. Bella non mi mise fretta.
-Quando?- Chiesi pianissimo. Sapevo bene che mi avrebbe sentito anche se avessi solo mormorato.
-La traccia è fresca, risale al massimo a due ore fa>>
Il telefono mi scivolò dalle mani. -Jake?-
Non esitai oltre. Due ore, solamente due ore.
Mi sfilai i pantaloni legandoli alla caviglia e uscii di casa saltando dalla finestra aperta, ancora in volo mi trasformai, sentii i vestiti strapparsi aderendo al mio corpo in trasformazione, il corpo espandersi e infine la vista migliorò e mi ritrovai il forma di lupo.
Atterrai con agilità. Leah era in giardino, dormiva, il muso appoggiato sulle zampe , sentendomi atterrare aprì gli occhi.
Dove stai andando?”.  
Un solo pensiero bastò a farla tacere “Renesmee”
Si alzò e fece per seguirmi.
Spostai il peso sulle zampe posteriori e le ringhiai contro. “Stai qui”  Ruggii.
Balzai verso la foresta e cominciai a correre superando qualche centinaio di alberi, non avevo concezione del tempo né dello spazio, seguivo alla ceca un flebile traccia del suo odore, persino i vampiri non riuscivano a cogliere la scia precisa, ma io sì, forse dipendeva dal fatto che lei fosse il mio imprinting, il centro del mio universo, l’unica ragione per cui fossi ancora in vita, guidato da una disperazione angosciante corsi per due giorni interi, senza sosta, senza riposo.
Renesmee era veloce, più di qualsiasi altro vampiro, persino più veloce di quella Victoria, e spesso confondeva le sue tracce tornando indietro e girando attorno alla stessa città per più di due volte.
Sapevo che però presto si sarebbe fermata e allora l’avrei raggiunta.
Sentivo i muscoli tirare e il dolore diventava ora dopo ora più insopportabile.
Lo stomaco brontolava violentemente, chiedendo di essere riempito , ma ignoravo tutto, per lei.
Improvvisamente la scia si fece fortissima e qualche chilometro più avanti a terra vidi qualcosa.
Mi immobilizzai subito trattenei il respiro affannato e sentii gli occhi pizzicare. Mi avvicinai piano e chinai il muso scostando le foglie.
Una piuma si mimetizzava con il colore delle foglie autunnali.
Non era una semplice piuma, aveva il suo inconfondibile odore, era parte del bracciale che le avevo regalato, due anni prima, prima che tutto questo accadesse.
Alzai il muso verso la luna e ululai con tutto il fiato che avevo in gola.
Il suono si perse nel silenzio della notte infrangendosi contro gli alberi.
Le zampe mi cedettero e crollai tra le foglie autunnali alzai debolmente lo sguardo verso la luna che mi guardava fredda e spietata nella notte più gelida della mia esistenza. 

  
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