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Autore: blackmiranda    16/06/2013    9 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 11
To the rescue





Sdraiata a pancia in giù, con la testa poggiata sulle braccia, Persefone rifletteva sugli avvenimenti che le avevano recentemente stravolto l'esistenza.


Dopo ore ed ore di pianti e lamenti, inframmezzati da sfuriate in cui aveva maledetto praticamente ogni cosa, persona e divinità esistente sottoterra, si era trovata in preda ad un particolare stato d'animo, che si sarebbe potuto definire di profonda quiete.

Forse era la stanchezza, forse la rassegnazione che si faceva strada piano piano: qualunque cosa fosse, le aveva fatto riacquistare una certa lucidità.

Una parte di lei non riusciva ancora a credere a ciò che era successo.

Aveva trascorso due secoli vivendo in pace, senza mai preoccuparsi di nulla e di nessuno, senza mai provare angoscia o tristezza. E poi, tutto ad un tratto, era arrivato Ade e le aveva tolto la libertà, legata a quel mondo così buio e deprimente, strappata agli affetti più cari e trasformata in qualcosa che non avrebbe mai voluto diventare.

Si guardò le mani. Odiava il colore che aveva acquisito la sua pelle. Non sopportava di guardarsi allo specchio; il rosso nei suoi occhi la spaventava.

Mai aveva provato una rabbia così intensa. Se ne avesse avuto la forza, avrebbe volentieri scaraventato Ade nello Stige, e questa volta si sarebbe assicurata personalmente che non ne uscisse mai più.

Ma erano solo parole, fantasie di una vendetta che non avrebbe mai avuto. Lo sapeva bene.

Era finita. Anche se sua madre l'avesse trovata, non era sicura che sarebbe riuscita a fare qualcosa per risolvere quella situazione da incubo.

Forse, si ritrovò a pensare, sarebbe stato meglio se sua madre non l'avesse mai trovata, mai più rivista: meglio così, piuttosto di scoprirla sposata al dio dei morti.

“Accidenti, questo posto è una serra, Seph.”

Persefone sobbalzò. Si alzò di scatto in ginocchio.

Ade era poco distante da lei, in piedi.

Non l'aveva sentito entrare. “Lascia in pace le mie piante e vattene.” gli disse gelidamente.

“Oh, ma dai. Non dirmi che ce l'hai con me...”

Persefone balzò giù dal letto ed uscì dalla stanza, chiudendosi violentemente la porta alle spalle. Non aveva intenzione di stare al suo gioco.

Tremante di rabbia, percorse il corridoio che portava alla sala del trono.

Sbucata nell'ampio salone, si arrestò di colpo. Ade l'aveva preceduta ed era lì ad aspettarla, evidentemente divertito dalla situazione.

“Lasciami stare! Cosa vuoi ancora da me, si può sapere?!” esclamò Persefone, frustrata. “Se il tuo obiettivo era rovinarmi la vita, ci sei riuscito in pieno!”

“Beh, mi fa piacere saperlo, fiorellino.” disse Ade sorridendo.

“Ma guardati. Disperata per una cosa da nulla. Su col morale, avanti! Un sacco di gente vorrebbe essere al tuo posto. Regina dell'Oltretomba. Sai, non credo di essere mai stato più generoso nelle mie offerte. E così sei legata a questo posto per l'eternità. Non è poi così male! Certo, è un po' un mortorio, non c'è tutta questa eccitazione in giro, ma tanto vivevi già da reclusa su quell'isola deserta nell'Egeo...”

“Nysa era casa mia! Non avevi alcun diritto..!”

In quel momento, si udì un gran fragore provenire dall'Acheronte, seguito dai terribili latrati di Cerbero.

I muri della sala del trono tremarono leggermente.

“Oh, questa sarà bella.” mormorò Ade alla vista di un affannato Hermes, appena entrato da una delle grandi finestre circolari che davano sul fiume dei morti.

Persefone si lasciò sfuggire un gridolino di felicità, poi un'ondata di vergogna la travolse, ed indietreggiò istintivamente.

Non voleva essere vista in quello stato.

“Bene, bene, chi abbiamo qui?” lo salutò Ade, beffardo. “Complimenti, sei il primo. Immagino che Demetra sia poco indietro.”

Hermes lo guardò a bocca aperta. “Quindi è vero!” esclamò. “E dov'è lei? Che ne hai fatto?” chiese subito dopo in tono minaccioso. “Ti avverto...”

“Ma come, non riconosci più la piccola Kore?” fece Ade, spostandosi di fianco a Persefone. “Certo, è un po' cambiata dall'ultima volta che vi siete visti...” aggiunse poggiandole una mano sulla spalla. “... ma penso che sia cambiata in meglio. Voglio dire, non siamo una bella coppia?”

Persefone si nascose il viso tra le mani.

Hermes era rimasto come pietrificato.

“... Kore..?” balbettò Hermes strabuzzando gli occhi. “Ma come... Perché..?”

Persefone lo guardò tristemente. “Mi dispiace, Hermes... Non lo sapevo, non ne avevo idea...”

Il dio le si avvicinò. “Oh, Kore... Mi dispiace così tanto...” disse prendendole la mano.

“Accidenti, sei gelida!” esclamò al contatto con la sua pelle.

Persefone abbassò lo sguardo, desolata. “Ti prego, non dirlo a mia madre.” lo supplicò. “Non voglio darle altri dispiaceri.”

“Altri dispiaceri..? Ma cosa dici, vedrai che andrà tutto bene. Ti porto via da qui, per sempre.”

Ade si schiarì la voce. “Temo non sia possibile, purtroppo. Vedi, sfortunatamente un contratto matrimoniale non può essere sciolto. Non uno con tutte le carte in regola, almeno, e il nostro lo è.”

Hermes gli lanciò un'occhiataccia. “Ma cosa è successo, esattamente?” chiese sottovoce a Persefone.

La giovane dea non sembrava avere il coraggio di guardarlo negli occhi. “Ho... ho mangiato un frutto dell'Oltretomba.” gli sussurrò di rimando.

Hermes si sentì mancare il fiato. “Oh, no, no, non può essere!” esclamò. “Ma come, come hai potuto...” Si interruppe, cercando di pensare ad una soluzione per quell'enorme pasticcio.

Come aveva fatto ad essere così ingenua? Tutti sapevano che non si doveva mangiare nulla che provenisse dall'Oltretomba!

Cercò di mantenere la mente lucida. Sapeva di non poter risolvere da solo la questione; era ora di andare a riferire tutto a Zeus.

Le strinse la mano fredda. “Tesoro, devo lasciarti. Ma tornerò presto, te lo prometto.”

Persefone sembrava spaventata. “Dove vai?”

“Devo andare ad avvertire Zeus. Ti giuro che sarò di ritorno in un baleno. E riusciremo a risolvere tutto.” Le lasciò la mano, rivolgendosi ad Ade. “Non è finita, maledetto. Questa volta non la passerai liscia.”

“Oh, io scommetterei di sì.” mormorò il dio dei morti mentre Hermes spiccava nuovamente il volo.

***
Pesanti nuvole scure circondavano l'Olimpo quando Hermes vi arrivò, seguito a ruota da Demetra, che era riuscito ad intercettare e a convincere a non inoltrarsi nell'Oltretomba senza prima aver parlato a Zeus.

Nella sala del trono, al centro dell'Olimpo, Zeus meditava gravemente sullo stralcio di profezia che Atena credeva di aver risolto.

Tutto portava a credere che c'entrasse qualcosa suo padre Crono, e il solo pensiero era sufficiente a procurargli un'emicrania di prim'ordine.

Specialmente considerando il fatto che era stato lui stesso a sconfiggerlo e a rinchiuderlo nelle viscere della terra.

Un improvviso cicaleccio, proveniente dall'anticamera, lo destò dalle sue cupe riflessioni.

Pochi istanti più tardi, un piccolo gruppo di divinità gli si presentò di fronte.

Hermes, agitatissimo, era in testa al gruppo. Seguivano Demetra, stralunata come non l'aveva mai vista, Hera ed Hestia.

“Per il fulmine, Hermes. Che sta succedendo?” chiese Zeus alzandosi in piedi.

“Mio Signore, abbiamo trovato Kore – volevo dire, Persefone.” rispose Hermes gesticolando animatamente.

“Oh, bene. Molto bene. Ben fatto. Dov'è?” replicò il padre degli dèi.

Hermes esitò, gettando una fuggevole occhiata a Demetra. “Beh, ecco, è... è nell'Oltretomba, mio Signore. Con Ade, e...”

Zeus corrugò la fronte. “Con Ade? E che cosa c'è andata a fare?”

Demetra gli si piazzò davanti, spintonando Hermes. “Non è andata da sola, l'ha rapita! Quel mostro ha rapito mia figlia!”

Zeus guardò confusamente Demetra, poi Hera, infine Hermes. Quest'ultimo annuì tristemente.

“E' così. E non è tutto, purtroppo...” disse Hermes, preparandosi a spiegare tutto quanto.

***
Nella sala del trono era calato un silenzio di tomba.

Persefone fece un paio di respiri profondi, ravviandosi i lunghi capelli bianchi. Nella foga di quella mattina, non si era nemmeno ricordata di indossare la sua corona di petali rosa.

Guardò Ade di sottecchi. Il dio sembrava perfettamente calmo, e questo la irritava alquanto.

“Come fai ad essere così tranquillo?” sbottò infine. “Ti processeranno, sai?” aggiunse incrociando le braccia.

Ade si sedette sul trono. “Che vuoi farci, sono abituato, ormai.” rispose noncurante.

Persefone sospirò, portandosi una mano alla fronte. Il silenzio nella stanza era davvero pesante...

Ad un tratto, si rese conto che qualcosa era cambiato.

“Perché questo silenzio?” mormorò guardandosi intorno.

Ade sollevò un sopracciglio. “Mmh? Non pretenderai mica che ti parli in continuazione. Sarebbe un'eterna convivenza molto difficile...”

Persefone fece una smorfia. “Non intendevo questo, genio.” Poi le si illuminò il volto. “Lo Stige! Come mai non fa più rumore?” disse dirigendosi di corsa verso le sponde del fiume infernale.

“Cos... Come mi hai chiamato?” sibilò Ade, affrettandosi a seguirla.

Persefone diede uno sguardo alle acque verdi dello Stige, sorpresa.

Le anime non erano per nulla come le ricordava: parevano addormentate, cullate dalla corrente del gigantesco vortice.

“Che è successo qui?” chiese, sospettosa. “Perché adesso sono calme?”

“Oh, riccioli d'oro gioca a fare la detective.” commentò Ade, sardonico. “Che meraviglia.”

Persefone puntò le mani sui fianchi. “Non era così quando me l'hai mostrato.”

Il dio sbuffò. “E così la anime sono un po' meno vivaci dell'altra volta. Notizia del secolo. Aspetta che lo sappiano le Muse, ci faranno su una delle loro canzoncine commemorative.”

Persefone ignorò l'ennesima battuta del suo indesiderato consorte e si spinse in avanti per osservare meglio le anime nelle vorticose acque del fiume.

Senza nemmeno rendersene conto, era rimasta affascinata dallo strano e macabro spettacolo offertole dal fiume dei morti.

Era come se qualcosa la chiamasse a sé; se fosse stata più esperta e consapevole, si sarebbe resa conto che ciò che provava non era altro che senso di appartenenza.

Sbatté improvvisamente le palpebre, distogliendo lo sguardo dal vortice.

Infastidita, tornò sui suoi passi, oltrepassando Ade, che era rimasto stranamente silenzioso.

“Vado in camera mia.” gli disse senza voltarsi.

“Certo. Ottima idea.” ribatté lui alle sue spalle.

Lei si irrigidì, poi si girò verso di lui. “Solo per precisare: io ti odio. Lo sai, vero?” sbottò guardandolo negli occhi.

Ade ricambiò il suo sguardo.

Nel suo volto si aprì un ampio ghigno. “Oggi sei particolarmente sottile, Seph. Dimmi, hai altre cruciali rivelazioni da fare e che presumi siano così importanti da potermi interessare?”

Lei gli si avvicinò. “Solo che farò del mio meglio per renderti la vita impossibile, d'ora in poi. E' una promessa.” gli disse orgogliosamente.

“... Fiorellino. Mi farai morire dal ridere, prima o poi.” replicò lui dandole un buffetto sulla guancia.

Lei si scansò, gli voltò le spalle per l'ennesima volta e se ne andò con passo fiero.

Ade, rimasto solo, recuperò la sua solita espressione indifferente e vagamente annoiata.

Lanciò un rapido sguardo allo Stige, soddisfatto di se stesso per essere riuscito ad evitare la crisi che minacciava il suo regno.

Tornato nella sala del trono, chiamò Pena e Panico in tono tagliente.

I due demonietti accorsero di lì a poco. Panico teneva ancora in mano la corona che sarebbe dovuta appartenere a Persefone.

“Volevate questa, Vostra Malignità?” chiese il demonietto porgendo la corona al dio.

Ade fece una smorfia. “Puoi anche tenertela, per quanto mi riguarda.” disse in tono sprezzante.

Prese a camminare avanti e indietro, gesticolando mentre borbottava tra sé e sé. “Ma chi si crede di essere? Minacciarmi! Come se potesse fare qualcosa. Come se avesse il minimo potere...”

Pena si schiarì la voce, dondolandosi avanti e indietro sulle punte dei piedi. “... Ma non è, uh, tecnicamente, diventata regina?” chiese in tono innocente.
   
“Hah! Non è altro che una pedina nelle mie mani, regina o meno.” esclamò il dio. “Un fastidioso compromesso in cui ho avuto la sfortuna di incappare.” aggiunse, fermandosi di fronte ad una delle due grandi finestre che davano sull'Acheronte.

In realtà, avvertiva distintamente che non tutto era sotto il suo diretto controllo: qualcosa gli sfuggiva, lo infastidiva tremendamente.

Cos'era? Si portò una mano al mento, sforzandosi di mettere a fuoco la ragione del disappunto che provava.

La verità era che avere a che fare con Persefone lo spossava.

Anche se non lo dava a vedere, lo frustrava non essere in grado di replicare come avrebbe voluto ai suoi arroganti commenti da ragazzina viziata.

Era come se la forzata gentilezza che aveva dimostrato nei giorni precedenti si fosse cristallizzata, e, anche adesso che la farsa era finita e che aveva pienamente raggiunto il suo scopo, non riusciva a trattarla come avrebbe voluto.

Qualcosa lo bloccava, gli impediva di superare una certa soglia di crudeltà nei confronti della dea.

Dal suo punto di vista, era come se non riuscisse a fare a meno di dimostrare una certa galanteria nei confronti di Persefone (anche se era pronto a scommettere che lei non la pensasse affatto così).

Si passò le dita tra i capelli fiammeggianti, archiviando mentalmente la questione.

Non doveva farsi distrarre. Adesso era di nuovo forte, aveva nuovamente un saldo controllo sul proprio regno e sulle anime in esso custodite. E, cosa più importante, non aveva più quell'odiosa emicrania che lo aveva perseguitato da quando era uscito, fumante di rabbia, dal fiume dei morti.

Sì, Ade era di nuovo in forma, finalmente. E, tra non molto, sarebbe stato di nuovo libero. 








Beh, l'altra volta ho aggiornato in ritardo, per cui questa volta aggiorno in anticipo! :D Spero di farvi contente. ^^
La mia beta è oppressa dagli esami, per cui il capitolo non è stato betato. ;( Mi auguro che non ci siano strafalcioni. In caso li notaste, mi farebbe piacere saperlo per correre ai ripari. xD Inutile dire che, non appena sarà possibile, provvederò a sottoporre anche questo capitolo al betaggio. ;)
Bene mie care, lasciate che vi ringrazi ancora una volta per la vostra pazienza, per i commenti e il supporto che mi date. Tanto amore a tutte voi. :*
 

 

 
 
 


   
 
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