Film > Le 5 Leggende
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Autore: pheiyu    16/06/2013    2 recensioni
Pitch è tornato, più spietato che mai, e vuole vendetta. Nella notte di Halloween riusciranno i cinque, più qualche strampalato aiuto, qualche vecchio amico e un nuovo combattuto spirito, a salvare sé stessi e i bambini?
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Jamie, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 8

CHAINS


You’ve got me dying for you
It's you that I’m living through,
You’ve got me praying to you
Saying to you anything you want me to.

You’ve got me reaching for you
My soul’s beseeching me too,
You’ve got me singing to you
Bringing to you anything you ask me to.

                        In chains, Depeche Mode


Un urlo disumano trapassò le pareti del laboratorio di North, perdendosi nel biancore del Polo Nord.
Come osi, maledetto!? –
Tiddy Mun si osservò con interesse clinico le nocche della mano, poi se le rigirò per contemplare anche il biancore immacolato delle unghie.
– Non dipende mica da me. – disse tranquillamente, richiudendo la mano a pugno. – È un problema tuo se non riesci a vederti nello specchio. Brutta come sei poi non dev'essere neanche tutta questa perdita –
Flibbert emise un suono strozzato e, poco distante da lei, Gibbert seppur persa nella densa nebbia, la imitò con somma indignazione.
– Tu - denso fascio di nuvola marcescente! - ti aggiri per le stanze privandomi della vista più sublime - la mia! - con il tuo olezzo biancastro e hai anche l'ardire di… –
– Si chiama nebbia. – disse Mun con il massimo contegno. – E, per inciso, odora di fresco. –
– Odora di fresco quanto un uovo marcio! – ribatté Flibbert, che se avesse potuto vedere qualcos'altro oltre alla punta dei propri piedi avrebbe certamente notato il cenno di approvazione di Bunnymund, incastrato nell'angolo tra due pareti.
Mun grugnì, alzando il mento in atteggiamento di sfida. – Mi sono lavato nell'impasto per dolci di North: questo dovrebbe farti capire che non...Oh, aspetta, invece questo spiega molte cose! –
Gli elfi tintinnarono offesi e presero a scontrarsi tra loro a causa del loro scarso senso dell'orientamento. Due cominciarono a picchiarsi sonoramente e un terzo affrontò con sommo coraggio il muro della stanza, prendendolo a pugni col massimo impegno.
Seduta su una poltroncina addossata al muro, Candelora sospirò e sentì dei piccoli colpetti batterle sulla spalla. Immaginando che Sandy le stesse sorridendo, affabile come suo solito, sospirò di nuovo. Niente sembrava andare per il verso giusto. Il laboratorio di North poteva vantare una delle più grandi concentrazioni di spiriti degli ultimi trecento anni, ma nessuno sembrava approfittarne se non insultandosi abbondantemente a vicenda.
– Essere amorfo! Privo di spina dorsale o di qualsiasi solido attributo! –
– I miei nebbiosi attributi sono tutti al loro posto! Li vuoi vedere per accertarti della loro presenza, vanesia narcisista!? –
– Per questa volta ringrazio la tua nebbia che mi risparmia tale orrida visione! –
Sopra alle voci dei due litiganti, s'imbucò quasi per errore il commento sarcastico di Bunnymund.
– Manca solo Toothy che da della pralina a quel mocciosetto di Halley e siamo a posto. –
Candelora si torturò le dita delle mani e domandò: – Sai dove sia finita a proposito? Toothiana, intendo. –
– Oh, lei dovrebbe... –
– Alitosi biancastra! Vai ad infestare qualche cimitero di infimo ordine! –
– Perché non ci vai tu, invece? Una banshee urlatrice può sempre far comodo tra una lapide e l'altra! –
– Toothy dovrebbe essere qui a momenti. – rispose finalmente Bunnymund, sistemando meglio la schiena contro il muro, senza essere del tutto consapevole se quel gesto servisse a sostenere sé stesso o piuttosto il muro che minacciava di collassare da un momento all'altro, sconquassato dalla voce tonante di  North che berciava nella stanza accanto insulti in russo stretto.
Perfino attraverso lo spesso strato divisorio della parete, la sua voce riusciva a sovrastare le frasi di ricercata galanteria che si scambiavano Mun e Flibbert.
  – Шлюха! Дерьмо! Проклятие! –
– L'ultimo che voleva dire? – s'informò Candelora.
– Qualcosa a che fare con certe donne di malaffare. – La voce roca e leggermente attutita dai vapori di Bunnymund suonò incerta. – Non ne sono sicuro. –
Candelora sentì Sandy al suo fianco irrigidirsi per l'ennesimo epiteto poco ortodosso di North e, pochi istanti dopo, letteralmente paralizzarsi per una frase pronunciata da Flibbert che sembrava mettere in discussione i natali di Mun paragonandoli al peto odoroso di un maiale grassoccio.
– Credete che North riuscirà a far ragionare quei tre? – chiese Candelora, questa volta a nessuno in particolare.
– Ne dubito fortemente. – fece Bunnymund, scrollando le spalle. – Non conosco Will-o-wisp, ma Jack Frost e Cupid Valentine sono due teste calde … o meglio due teste fredde, a seconda di come la si voglia porre. –
Passò un attimo di silenzio, in seguito al quale Bunnymund rettificò: – … o più semplicemente due teste vuote. –
Il ruggito di North mise fine ad una discussione agguerrita che sembrava portare solo sconfitti e nessun vincitore. Perfino Mun e Flibbert si concessero un attimo di tregua per ascoltare basiti la voce acuta di North che riverberò fino alla punta estrema del polo nord.
– No, no e soprattutto no! Voi e vostre idee scellerate! Neanche miei elfi sono così idioti! E tu levati frecce dalla testa! Niente frecce! Nada! Nisba! Ничего! Neanche ghiaccio! O fuochi freddi! Intesi? Intesi!?
Il suono secco di un dardo venne seguito da un calo della temperatura per niente confortante.
Candelora rabbrividì nel gelo improvviso.
– Sapete com'è quel detto? – chiese Bunnymund come trovando l'ispirazione tutto ad un tratto. – "L'amor non ha ragione e, se ragione ha, amor non è"? In Cupid Valentine credo che si sia materializzato sotto forma di persona. Oppure, cosa peraltro assai probabile, è stato lui stesso a dare vita al proverbio. –

***

Una bocca rosea e una spolverata di lentiggini si agitarono sotto ad una massa informe di capelli in una tenue tonalità confetto. Muscoli tesi e nervosi insieme ad una mascella serrata e decisa, sembravano quasi note stonate nell'armonia che rappresentava l'aspetto di Cupid Valentine. Eppure colui che reca amore e dolore in ugual misura, in quel drammatico momento aveva più l'apparenza di un elfo appena uscito dall'asciugatrice di North che del solito focoso adolescente conosciuto da tutti.
Jack Frost dovette sollevare leggermente il mento per guardarlo negli occhi lavanda mentre questi esclamava con somma soddisfazione: – Potete baciarmi le mie fantastiche chiappe nell'attesa! Io non mi alleerò mai con i Guardiani! Riempirò Pitch di frecce fino a quando non assomiglierà ad un  porcospino e lo farò da solo! –
– Šostakovič! – La voce di North proruppe nell'ennesima esclamazione di disperazione. – Valentine, ascolta! Tu già stato sconfitto una volta; cosa impedisce a Pitch di sconfiggerti di nuovo? –
– Pitch non mi ha sconfitto, mi ha solo preso di spalle! – replicò con incrollabile sicurezza Valentine. – La prossima volta che lo vedo gli tiro una freccia dritta nel… –
– Жалость! Per pietà! –
– …così si innamorerà del suo augusto posteriore così a fondo da volerlo baciare con passione! –
North guardò Jack in cerca di sostegno, ma trovò solo due occhi impenetrabili come lastre di ghiaccio a ricambiarlo. Will-o-wisp non fu da meno e incrociò le braccia sul petto magro per sottolineare la sua posizione.
– Io cosa deve fare con voi tre? – gemette North alla fine. – Non posso lasciarvi andare allo sbaraglio! E nessuno vuole unire forze per combattere Pitch. –
Indignandosi per quello che l'ultima frase di North sembrava sottintendere, Will esclamò : – E sarebbe questa la tanto decantata forza dei Guardiani? Dovreste essere i cinque spiriti più potenti del mondo ed invece sembra che senza di noi non riusciate nemmeno a tenere a bada Pitch non appena diventa un po' più forte del dovuto! –
– Non è così semplice! –  fece North, massaggiandosi le tempie. – Noi manteniamo equilibrio tra mondi! Noi dobbiamo occuparci di bambini, di feste, di regali, e non abbiamo tempo per … –
– … per occuparvi del resto? –
– Si! – esclamò North sollevando le sopracciglia e poi tornando ad aggrottarle. – Cioè no! Non volevo dire questo! –
– Abbiamo già battuto Pitch una volta. – fece notare Jack, sentendo sorgere dentro di sé l'improbabile dovere di difendere i Guardiani visto che ne faceva parte. – E senza il vostro aiuto, vi ricordo. –
Will e Valentine si scambiarono un'occhiata eloquente.
– E nel farlo avete quasi mandato il mondo a rotoli…– disse Will in un turbinio di capelli dai barlumi azzurrini.
– … i bambini avevano smesso di credere in voi…– aggiunse Valentine con sussiego.
– …avevate perso quasi del tutto i vostri poteri… –
– … e se non fosse stato per Sandman non avreste nemmeno avuto la meglio contro Pitch…–
– … senza contare che eravate cinque contro uno…–
– …davvero una bella prova! – concluse Valentine battendo le mani ad un immaginario pubblico. – Ora che siete cinque contro due, dovete chiedere l'aiuto ad altri venti spiriti per sentirvi al sicuro? –
– Veramente saremmo tre contro cinque. –
Will osservò North col sopracciglio alzato fino a quando lui non ebbe la decenza di arrossire. La sua voce, anche se flebile flebile, arrivò comunque all'orecchio di tutti i presenti.
– Cinque contro tre, da … dunque, si…. da quando Halley si è unito a Pitch. –
Jack sentì il suo sguardo scurirsi mentre correggeva North.
– Cinque contro due. La sorella di Halley è…–
Nessuno se la sentì di completare quella frase e fu Will a riprendere la parola pur di spezzare quell'odioso silenzio.
– Io la penso come Valentine. Vorrei andare da Pitch e riempirlo di pugni fino a spezzarmi le nocche, e poi liberare tutti gli spiriti che ha imprigionato. – fece una pausa e poi riprese: – Però la penso anche come North e come Jack: da sola non ci riuscirei mai. Quindi non diventerò una vostra alleata ma vi darò comunque il mio totale supporto e aiuto, per quanto mi sarà possibile.–
Valentine le rivolse uno sguardo esterrefatto: a suo parere l'unica persona che ancora ragionava in quella stanza era spensieratamente impazzita a sua volta.
– Per voi avrei bisogno di qualche fantastilione di frecce dell'intelligenza. – sospirò abbattuto. ­– Altro che dardi dell'amore. –
Jack Frost assunse un'aria pensierosa e si prese il mento tra l'indice e il pollice per aiutare le proprie idee a schiarirsi ulteriormente. A che cosa stesse pensando nessuno avrebbe mai potuto nemmeno immaginarlo.
Will lo guardò con interesse, notando inconsciamente il modo delicato con cui i sottili capelli argentati di lui cadevano scomposti sulle tempie e sulla fronte, ombreggiandogli gli occhi azzurri velati da ciglia finissime.
I pensieri di Jack, intanto, vagarono fino alla nuova tana di Pitch e ad Halley.
Ricorda Jack. Fidarti degli altri sarà la tua rovina. Questo gli aveva detto l'Uomo Nero e lui, Jack, si era fidato lo stesso. Halley però non aveva tradito per sua volontà, era stato costretto; la sua volontà spezzata con l'inganno dagli strali dell'astuzia di Pitch. Anche messa in quel modo, però, la sostanza della cose non cambiava: presto o tardi avrebbero dovuto combattere contro Halley. E quando fosse giunto il momento sarebbero riusciti ad eliminarlo, così come si proponevano di eliminare Pitch?
Questo Jack Frost ancora non lo sapeva.

***

I know you know what you’re doing to me
I know my hands will never be free
I know what it’s like to be
In chains
                          In chains, Depeche Mode


Il sonno, soave balsamo ristoratore delle fatiche compiute durante la giornata, serrava con attente e benevole dita gli occhi dei bambini, avvolti nell'ombra delle loro calde coperte. La sabbia dorata che allontanava la coscienza e induceva al salvifico oblio del riposo aveva già visitato le case di Burgess quando una figura indistinta ascoltò in doloroso raccoglimento i rintocchi della mezzanotte allungarsi nell'aria come il pianto di una novella sposa, abbandonata sull'altare.
Le nuvole stracciate corsero nel cielo stellato, incalzate da raffiche di vento gelido, celando la luce della luna come una maschera dissimula le espressioni del volto.
L'ultimo rintocco si spense in lontananza e tutto tornò a tacere.
Il perfetto silenzio della città quando si placa, il suo tornare a bisbigliare dopo aver tanto gridato, parlò alle orecchie della figura fuligginosa con dolcezza.
"È l'ora di Halloween."
E la figura sorrise in quell'attimo privo di tempo e di spazio che è l'istante prima della tempesta.
Per le cose profonde a che serve il linguaggio?
Se chi è vivo per caso o per volontà - chi nonostante tutto si ostina a vivere, chi non sa più per che cosa o per chi vivere - ancora non sa parlare delle profonde esperienze che la vita gli ha inflitto…
Halley smise di sorridere e volse lo sguardo all'orizzonte, dove (anche senza vederli) sapeva che i cancelli neri si stavano aprendo cigolando, riversando nel mondo degli umani i mostri che durante tutto l'anno rimanevano segregati..
…perché dopo tutto questo ci si stupisce ancora se i morti non parlano della loro morte?
Di tutte le case solo una aveva ancora la luce accesa. Una casa che ad Halley riportò alle mente memorie così lontane eppure così vicine alla sua anima slabbrata da sentirsene ulteriormente ferito: Jack Frost voleva mostrargli qualcosa in quel posto, voleva fargli conoscere qualcuno.
Lumin si limitò ad uscire dalla porticina laterale della lanterna e ad arrampicarsi lungo il bastone di ghisa, fin sopra la spalla di Halley. Una lieve favilla, come un tenero buffetto, sfiorò quella guancia liscia con tenerezza, asciugando una lacrima che lui non sapeva nemmeno di aver versato.
Il loro silenzio avrà spiegazioni solo quando li avremo raggiunti.
– Andiamo, Lumin. –
Halley sorrise di nuovo, sforzandosi di mostrare un'allegria che non provava. – Prima che inizi voglio accertarmi di una cosa. –
Un rombo cupo di protesta si alzò dalle nuvole che s'andavano ingrossando in gonfi agglomerati di vapore acqueo sopra i tetti della città. Lumin condusse Halley al davanzale di quella stanza illuminata e lanciò qualche lenta spirale infuocata per controllare attentamente l'interno.
Un letto, un mobile e una scrivania erano tutto quello che quella camera conteneva, insieme ad alcuni buffi disegni dove un ragazzino sfrecciava sopra ad uno slittino in mezzo alla neve. Dopo l'approvazione di Lumin, Halley aprì la finestra e fece scivolare i piedi all'interno, posandoli sopra ad un tappeto a motivi geometrici. La luce proveniva da una lampadina a faretto poco distante dal letto, dimenticata accesa.
La folata d'aria che penetrò dalla finestra scompigliò i capelli castani di un bambino addormentato e Halley si accucciò per poterlo guardare in volto. Lentiggini e un naso a patata, sopra ad una bocca spalancata in un sorriso divertito. Il suo doveva essere proprio un bel sogno, pensò Halley, senza distogliere lo sguardo. Il bambino, quasi avvertendo di essere osservato, richiuse la bocca di scatto e strofinò il viso contro il cuscino, arrossandosi le guance.
Con fare materno Lumin borbottò sommessamente e Halley dovette alzarsi per rimettere a posto le coperte che si erano scostate dalle spalle dell'addormentato.
Quel gesto però svegliò definitivamente il bambino e due occhi assonnati, scuri come miele di castagno, fissarono Halley in una muta domanda.
– Jack…? –
Per un incredibile attimo Halley pensò che il bambino potesse vederlo, che stesse parlando proprio con lui, ma poi realizzò che stava parlando di qualcun altro. Jack Frost.
– Jack, sei tu? –
Strofinandosi gli occhi con entrambe le mani si tirò a sedere e fu in quell'attimo che Halley vide la scritta a lettere multicolori che capeggiava eternamente sotto ad alcuni disegni dal tratto infantile, simile ad una firma.
Jamie. – lesse Halley e poi tornò a guardare il bambino.
– Jack, dove sei? – chiese ancora il bambino, alzandosi dal letto e andando a chiudere la finestra con passo incerto. – La finestra è aperta, quindi lo so che ci sei. Non cercare di spaventarmi come l'ultima volta perché non è affatto divertente come credi. –
Halley si rese conto di aver fatto un errore. Il viso poteva essere ancora fanciullesco, ma quello che gli stava di fronte non era più un bambino. Poteva avere circa undici o dodici anni. E Halley ricordò con rabbia che lui a quell'età lavorava già nella miniera.
Stava per rovesciare la sedia della scrivania con un involontario ed innocente calcio, quando la porta si spalancò su una cosetta bionda e urlante che sfrecciò tra le braccia di Jamie, piangendo.
– Sophie? Che succede? – chiese Jamie preoccupato.
Tra i singhiozzi e le lacrime, si distinsero solo le parole " cewa moosto" e "neesta"
– Hai visto un mostro fuori dalla finestra? – tradusse subito Jamie, con tale prontezza da stupire persino Lumin che scoppiettò allibita. – Sarà stato solo un incubo, torna a dormire e vedrai che Sandy tornerà con uno dei suoi sogni più belli. –
Sophie scuotè la testa con vigore, facendo ondeggiare intorno al suo viso la massa di capelli dorati che le scendeva fluentemente fin quasi a metà schiena.
Jamie sospirò e si sedette sul letto, facendo accomodare la sorellina sulle ginocchia prima di abbracciarla per rincuorarla. Halley perse del tutto la sua voglia di rompere la sedia vedendo quella scena, o meglio di rompere soltanto la sedia. Perché in quel maledetto istante avrebbe voluto dire a Lumin di mandare al rogo l'intera città pur di non dover assistere ulteriormente a quel quadretto familiare, pur di non dover più vedere quello che lui aveva perduto - non per la prima ma addirittura per la seconda volta - e che mai più avrebbe potuto avere indietro.
– Ho visto abbastanza. – disse a Lumin, cercando di dare alla sua voce un tono che risultasse saldo almeno alle sue orecchie. – Andiamo via. –
La voce di Jamie però lo colse del tutto impreparato.
– E dai Sophie, basta piangere. Ormai sei grande e, poi, domani è Halloween! Non vorrai mica che la mamma non ci lasci andare a fare "dolcetto o scherzetto" insieme agli altri? –
Davanti alla possibilità di non vedere nemmeno un dolce Sophie sembrò dimenticare persino cosa l'avesse spaventata e tirò su col naso con fare dignitoso.
– Ecco, così non va meglio? –
– Domani verranno anche … Jack e Bunny? –
– Non saprei. –
Halley osservò una linea dubbiosa delinearsi in mezzo alla fronte di Jamie e di nuovo i suoi occhi frugarono la stanza alla ricerca di quel qualcosa o qualcuno che sospettava essere entrato di soppiatto nella sua stanza.
– È già da un po' che non li vedo, in effetti. –
Durante quell'operazione gli occhi di Jamie si posarono sull'orologio e un sorriso genuino gli si dipinse sul volto.
– Anzi, guarda un po' lì, Sophie! È già Halloween! –
Con un'esuberanza invidiabile, Sophie balzò in piedi e iniziò a saltare sul letto di Jamie a piedi uniti, arrivando un poco più in alto ad ogni balzo che faceva.
– Voglio mettere il mio vestito da strega! Voglio mettere il mio fantastico vestito da strega! –
Jamie ridacchiò piano, sperando con tutto il cuore che i suoi genitori continuassero a dormire, ignari.
Halley invece percepì distintamente la sua mascella serrarsi e fuori dalla finestra le prime gocce di pioggia cadere con un ticchettio inesorabile contro il vetro di quella stanza illuminata contro la notte più nera.
– Volete Halloween? – disse così piano che persino Lumin stentò a sentirlo. – E Halloween avrete. –
La sua mano corse alla finestra, spalancandola con un solo movimento e facendo sussultare sia Jamie che Sophie dalla sorpresa. La pioggia cominciò ad entrare, bagnando il tappeto, ma ad Halley non importava. Perché avrebbe dovuto, poi?
Incurante degli sbuffi di protesta di Lumin che mal sopportava l'acqua si slanciò di sotto, atterrando nel bel mezzo della strada, sotto al cono di luce di un lampione teso verso il marciapiede.
Rovesciò il capo all'indietro, accogliendo con gioia i sottili aghi che infierivano sulla sua pelle. Chiuse gli occhi e incominciò a correre, sentendo il  vento corrergli sul corpo e gettargli i capelli dietro le spalle. Gli spruzzi di fango che alzava gli insozzarono i pantaloni e andarono a macchiare la sua maglia bianca, ormai attaccata al suo torso congelato.
Ma a lui non importava. Niente importava più.
Dall'alto del campanile, dal tetto che sovrastava tutti gli altri sfidando le altezze più vertiginose, Pitch Black aveva osservato divertito l'intera scena. Con una lieve torsione del candido polso richiamò alcuni incubi, ordinando loro di riportargli quella pecorella smarrita.
– Oh, Halley… Halley… che cosa devo fare con te? Ti ostini a cercare di dare un senso alla tua esistenza, di trovare un destino al quale assurgere. –
L'espressione di affettato rammarico non sparì dal volto scarno di Pitch, nemmeno quando vide i suoi incubi accerchiare quella fuligginosa figura, persa sotto la pioggia che inondava Burgess, per riportarla al cospetto del suo padrone.
– La risposta è facile, Halley. La razza umana non ha alcun rispetto di sé stessa perché tutto sommato sa che il suo è un destino di morte e di distruzione;  pertanto sa che vivendo in un universo illogico, non vale la pena di costruire una logica che giustifichi le sue azioni. –

***

I know you knew on the day you were born
I know somehow I should’ve been warned
I know I walk every midnight to dawn
In Chains
                            In chains, Depeche Mode

Cercare di controllare il respiro affannoso non sembrava portare ad alcun successo: le ali battevano producendo fugaci brillii smeraldini e le piume arruffate combattevano contro la pioggia che si era improvvisamente abbattuta su tutta la terra, pioggia nera e affilata, minuscoli spilli di oscurità che s'insinuavano sotto pelle assieme al gelo della notte.
Toothiana aveva assistito all'apertura dei cancelli neri tra le grida di gioia dei mostri di Halloween, urla di esultanza e di liberazione che si intrecciavano tra loro a formare una cacofonia mostruosa, con una bellezza che aveva qualcosa del delirio e della pazzia.
Chi usciva però mutava... cambiava per non tornare più sé stesso.
L'influenza di Halloween sembrava imporre un sigillo sulle menti dei suoi adepti. Un marchio che impediva loro di andare dove volevano e che li costringeva a dirigersi tutti verso un unico punto: la tana di Pitch.
Essi erano semplici burattini nelle mani di Halley che esercitava su di loro il controllo più puro che potesse esistere. Il controllo dell'anima che li legava al loro Signore con un patto inscindibile di devozione e totale sottomissione. Tale espediente era stato pensato per evitare che i mostri potessero fuggire o ribellarsi, compiendo guerre e massacri come nei secoli bui, ma alla fine questo stratagemma si era rivelato solo l'ennesima arma a doppio taglio, capace di ferire a morte entrambe le parti.
Toothiana doveva avvisare gli altri che la battaglia non era più tra i Cinque e Pitch, e non era nemmeno tra loro più qualche spirito minore contro Pitch e i suoi alleati. Era una guerra vera e propria.
Gli spiriti di Halloween era tanti, troppi per poter pensare di affrontarli senza adeguato supporto: un autentico esercito che si stava muovendo per le vie non battute della terra per raggiungere le ombre di Pitch e, poi - di questo Toothy ne era sicura - marciare come un'unica grande armata verso il Polo Pord.
Tra le dita irrigidite per il freddo stringeva due piccoli cofanetti dorati, alle cui estremità spiccavano in rilievo due rotondi volti scolpiti nel metallo e poi decorati con i colori cangianti delle fate.
Capelli neri, occhi come carboni ed incarnato pallido.
Halley e Satia quando erano ancora bambini; quando ancora umani avevano perduto i dentini da latte ed atteso con ansia fino a quando le fatine non erano venute a prenderli per portare loro in cambio qualche soldo.
Toothy sentì che i suoi occhi, di solito lucenti come ametiste intagliate, si riempivano di qualcosa che non era solo pioggia. Acqua salata come il mare e amara come la fiele.
Un piccolo bambino fuligginoso che per avere più soldi - necessari a pagare il cibo a lui e a sua sorella - si lanciava a testa bassa contro il tronco di un albero, riuscendo a spaccarsi cinque denti in una volta. La ragazza più grande di soli quattro anni che offriva il suo aiuto nelle case, per cucinare o per pulire.
Lei riusciva a vedere i ricordi contenuti nei denti dei quali era la Guardiana. I ricordi più vividi e più forti, i più belli ma anche i più dolorosi. Serrando gli occhi con forza scacciò le lacrime e guardò verso il basso dove Cassian stava correndo sulle rocce rese scivolose dalla pioggia con velocità inumana, sfruttando fino allo stremo le sue già ampie falcate. Quest'ultimo doveva combattere una estenuante battaglia interiore per impedire che il volere di Halloween si manifestasse anche dentro al suo spirito, annullando completamente la sua volontà. Toothy lo vedeva dai suoi occhi verdi sofferenti e socchiusi in una smorfia di dolore che nulla aveva di fisico; lo vedeva dalle spalle curve e dalla bocca serrata.
La ragazza che nonostante avesse freddo, dava tutta la sua coperta al fratellino più piccolo, abbracciandolo da dietro per evitare che quel poco calore che possedevano si disperdesse nell'aria. I genitori che andandosene avevano lasciato un buco più profondo e più indelebile dei semplici debiti di gioco e degli arretrati dell'affitto.
Toothy si diede per l'ennesima volta dell'idiota.
Non aveva capito niente di Halley.
Niente.
Davanti a sé vide ancora quel sorrisetto di scherno e quegli occhi scuri che osservavano tutto e tutti col disincanto di un adulto; occhi di chi era cresciuto troppo in fretta, occhi di chi non era mai stato un bambino.
Ed ecco perché Halloween non piaceva ai Guardiani, a coloro che erano abituati a fare la gioia dei bambini. La loro era la semplice incapacità di accettare qualcuno che bambino non era mai stato o erano solamente restii ad ammettere che il loro grande potere era in realtà molto limitato?
Se nessuno crede in loro, i Guardiani non esistono.
Quella che viene richiesta è qualcosa di più forte dell'umana fiducia, di più salda della fede religiosa, e di più incrollabile del tempo o dello spazio stessi: bisogna credere e basta.
Credere per credere.
Credere per vedere.
Credere per esistere.
Credi con tutto te stesso a qualcosa e quel qualcosa, presto o tardi, diventerà realtà.
Solo allora nasceva un Guardiano.
E, da ciò che era stato umano, prendeva vita una Leggenda.
Toothy sbatté le ali con rinnovata furia, dirigendosi verso il polo nord con la speranza di  riuscire ad arrivare per tempo, di avvertire tutti del pericolo che incombeva su di loro.








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Cit nel testo (in corsivo, escluse le Lyrics d'incipit):
John Keats (poesia);
Edgar Lee Master (poesia);
Carl William Brown (aforisma)

Nel caso vi steste domandando perché alcune battute di North sono in russo e altre no, è perché le parti non tradotte sono nomi di persone. Šostakovič, tanto per fare un esempio, è Dmitrij Šostakovič uno tra i più importanti compositori e pianisti sovietici ed è, tra l'altro, anche il nome che North ripete quando deve imprecare ( insieme a Korsakov, anche lui super famoso compositore russo) . XD
Nel caso non ve lo foste domandato, fate come niente fosse. *fischietta andandosene*
Ah, già… *fa inversione ad u*
Qui sotto troverete una Side Story. * indica di sotto con l'indice* è diversa dalla extra-story perché racconta fatti o cose che nella storia vera e propria non accadrebbero mai: ovvero immaginatevi Pitch che beve un cappuccino al bar all'angolo conversando amabilmente con vostra nonna. Ecco appunto, cose di non quasi ordinaria amministrazione. :3
E credo che metterò anche l'avvertimento [Het/Yaoi] per queste piccole SiS. U.u
#DONNA/UOMO AVVISATA/O MEZZA/O SALVATA/O#

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- SIDE STORY -

Stuck in the moment,
Caught in an istant,
Seconds are eternity
But filled with nothing but pleasure.

           Make love to me, Luke James


Halley sorseggiò svogliatamente la tequila direttamente dalla bottiglia che teneva in mano e si lasciò cadere su una delle sedie ai lati del set di registrazione. Cassian si accomodò sul posto accanto al suo con studiata noncuranza .
– Che stanchezza! Mi fanno male le spalle. – si lamentò massaggiandosele con esuberanza.
– Ma se ultimamente non ti si vede nemmeno nella storia. – disse Halley, continuando a guardare davanti a sé. – Sei a malapena comparso per due misere righine dopo ben due capitoli di assenza! –
– Si, non ho molte parti da protagonista di recente ma ho altri modi per tenermi occupato.–
– Tipo rovinare il tuo personaggio con battute così pessime che fanno solo dubitare della tua virilità? –
– No. – rispose prontamente Cassian. – Tipo chiedermi perché con la camicia bianca strappata tu sia così maledettamente sexy. –
Halley si girò a guardarlo soltanto per potergli scoccare per intero la sua occhiata di sufficienza con tanto di sopracciglio alzato.
– Ti offendi se ti dico che sei noiosamente scontato? –
– Niente affatto. – ammise Cassian. – Però ad essere sinceri da te mi farei offendere senza problemi. Magari mentre siamo entrambi a letto, completamente nudi ed eccitati, ed io sto per…–
Fa' silenzio. –
Un addetto ai costumi finì in quel momento di riattaccare alcune piume colorate  al copricapo di Toothiana e una delle sceneggiatrici diede ulteriori indicazioni su dove e come posizionare alcuni cespugli ai lati del landscape. La scena successiva sarebbe stata quella del combattimento, ovvero quella clou di tutta la trama, e tutto doveva essere in ordine.
Capendo che le riprese non sarebbero ricominciate prima di qualche ora, Halley si alzò svogliatamente e si diresse verso la propria roulotte. Mollò la bottiglia su uno dei tavoli disposti all'esterno e salì i tre gradini che portavano alla porticina d'ingresso. Non ricordava che quegli scalini fossero così traballanti e sbuffò accaldato non appena si fu richiuso la porta alle spalle.
Il desiderio di stendersi, unito alla piacevole sensazione di liberazione che avrebbe accompagnato quell'elementare gesto, lo guidò dritto verso il letto.
Nell'esatto istante in cui la sensazione di frescura delle lenzuola gli blandì la liscia pelle un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra socchiuse. Perfino il lieve ronzio che fino a pochi attimi primi vibrava dietro le sue palpebre serrate sembrò diminuire fino a sparire del tutto. Nel silenzio dell'angusto spazio il suo respiro gli arrivò alle orecchie leggermente accelerato: doveva davvero aver bevuto qualche sorso di troppo.
Non ebbe tempo di gingillarsi con quelle magnanime sensazioni perché sentì distintamente la porta riaprirsi per qualche momento e poi richiudersi in tutta fretta. Maledicendosi per la propria sconsideratezza si alzò sui gomiti ad incontrare gli occhi chiari di Cassian ed il suo corpo snello.
– Non voglio essere disturbato. – decretò tornando a distendersi sulle coltri. – Esci subito dalla mia roulotte. –
– Dal tuo atteggiamento direi però che tu stia facendo di tutto per invogliarmi a disturbarti. –
–Anche fosse non osare avvicinarti. –
– D'accordo. –
– Ti stai avvicinando. –
– No. –
– Si, invece! Sei sempre più vicino! –
– Niente affatto. –
– E questo come lo chiami, di grazia!? –
Cassian finì di sdraiarsi sopra Halley e con un luccichio divertito negli occhi, verdi come l'erba appena tagliata, rispose candidamente: – Fare di necessità, virtù. –
– E da quando starmi così vicino è una necessità? –
– Da quando la tua virtù è a rischio. –
– Ma non dire fesseri…–
Il resto della frase venne cancellato dalle labbra di Cassian premute sulle sue. Il peso di quel corpo solido che si sovrapponeva lentamente al suo, schiacciandolo contro il materasso.
– Ferm…!–
Questa volta a premere contro le sue labbra fu la lingua di Cassian, umida e calda, che prepotentemente si aprì un varco, costringendolo ad assecondare quell'assalto che niente aveva di dolce e delicato.
– Fa' silenzio. – soffiò Cassian, con l'accenno di un sorriso sulle labbra, ripetendo le stesse esatte parole che Halley gli aveva rivolto poco prima, prima di tornare ad intaccare le difese del ragazzo. – … e resta buono. –
Nonostante la mente annebbiata dall'alcool Halley percepì distintamente la mano di Cassian scivolare verso il basso, tracciando sul suo fianco una scia di velata pressione che univa il desiderio alla possessività.
Le dita incontrarono la sua cintura e il pollice si incastrò all'interno dei pantaloni tirandoli lievemente con fare giocoso. Halley allungò le sue mani sul petto di Cassian per respingerlo, per evitare che quel contatto si prolungasse oltre. Capì troppo tardi di aver fatto un errore. La solidità del petto di Cassian contro i suoi palmi gli fece comprendere di non poter evitare quel che stava per accadere.
– Cassian, per favore, fermati. – implorò sentendo i suoi muscoli cedere sotto la spinta dell'altro.
In risposta alle sue preghiere la lingua di Cassian si intrecciò alla sua, ghermendola e trascinandola in vorticose danze a fior di labbra. Alle sue orecchie ovattate arrivò un suono metallico e poi una sensazione di oppressione: le abili dita di Cassian lo stavano liberando della presenza protettiva dei pantaloni e premevano dolcemente sul suo inguine, cercando di risvegliarne la passione. Di colpo Halley si sentì le guance in fiamme e serrò la gola, deglutendo più volte, per evitare che qualche suono vergognoso - o peggio, di approvazione - gli uscisse dalle labbra sulle quale Cassian sembrava deciso a lasciare tracce di lievi morsi e di baci così irruenti da mozzare il respiro.
– F-fermati o non ti perdonerò! –
Cassian si allontanò con sguardo vacuo, ma prima che Halley, ansimando sonoramente, potesse cantare vittoria la sua maglietta venne afferrata con decisione e tirata fin sopra la sua testa, dove venne rigirata con abilità. Ritrovandosi con le braccia bloccate dietro la nuca e il petto liscio ed abbronzato completamente a disposizione degli sguardi famelici di Cassian, Halley si dimenò cercando di evitare quella posizione imbarazzante.
Incurante di quei goffi tentativi, Cassian si abbassò voluttuosamente per baciare e accerchiare con le sue labbra uno dei capezzoli di Halley che lanciò un basso gemito. In quella la porta si aprì nuovamente lasciando entrare Toothiana, (o Thia, come era più conosciuta sul set) la quale non indossava l'abituale costume di piume ma teneva i capelli - neri con le meches verde shocking - sciolti sulle spalle sopra ad una maglietta nera dei Guns N' Roses.
Subito i suoi occhi viola si posarono allucinati su Halley e Cassian, mentre la sua bocca si apriva a formare una "o" decisa.
– Che diavolo state facendo? –
– Non si capisce? – chiese Cassian, evidentemente seccato.
Halley lanciò un'occhiata di pura disperazione a Thia e lei piegò di lato la testa, quasi godendosi con sadico divertimento quel momento di indecenza.
– Oh, si che si capisce. – mormorò portando un dito alle labbra. – Basta guardarvi per capire tutto quello che c'è da capire e che le lettrici si sono sempre chieste. –
– Eh, già. – annuì Cassian , beccandosi un'occhiata da obitorio da parte di Halley. – Hai visto come siamo dolci insieme? –
Thia roteò gli occhi per quell'allusione al suo personaggio e sospirò: – Già. Certo. Così dolci che mi verrà il diabete… –

  
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