Non voglio rovinarvi la fine della mia FF con troppe parole...vi lascio alla lettura. Scriverò tutto nei ringraziamenti. Baci.
=Pantastica=
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Guardò fuori dalla finestra ancora una volta.
Nulla.
Riprese a torcersi le mani, impaziente. I suoi occhi continuavano a soffermarsi
sull’orologio appoggiato sul comodino.
Le 5:00. Mancava un’ora. Solo un’ora e sarebbe arrivata l’infermiera.
Cosa stava aspettando Gustav? Che non avesse capito il punto dell’incontro?
Il suo sguardo percorse la stanza. Era quello il posto in cui avrebbe consumato
il suo addio. Non c’era niente di lei li. Niente di coloro che avrebbe voluto
salutare prima di scomparire.
Era un addio freddo, che avrebbe lasciato un ricordo vuoto e bianco dentro di
lei. Sapeva che era più giusto così, ma ciò non le impediva di soffrire per
quella solitudine meritata.
Un clacson. Lo aveva sentito attraverso il vetro della finestra.
Era arrivato.
Il suo cuore accelerò prendendola alla sprovvista.
Aveva smesso di sperare di svegliarsi, di ritrovarsi nella sua camera d’albergo
a Monaco, prima che tutto iniziasse. Ma ormai era quella la realtà che si era
costruita e in quella realtà ora ci doveva vivere.
Si strinse nella vestaglia e raccolse le due buste bianche abbandonate sul
letto. Aprì cautamente la porta della stanza e si accertò che non ci fossero
infermieri nel corridoio. Quando fu certa di avere via libera corse di fretta
all’uscita di emergenza e spalancò la porta pesante, scendendo le scale il più
velocemente possibile.
Quando fu fuori tremò dentro la vestaglia sottile. Era una mattinata fresca, il
cielo brillava ancora di quell’azzurrino indeciso che sa di notte.
Aprì la portiera e si infilò in fretta nell’utilitaria grigia.
-Ciao- disse Gustav. La sua voce era così tremendamente familiare. Avrebbe
desiderato chiunque al suo posto in quel momento. Sentiva che anche Angela le
sarebbe andata a genio.
Alzò gli occhi ed incrociò quelli del ragazzo.
Sorrideva, un sorriso pieno di tristezza e compassione.
-Ciao- mormorò. Ingoiò le lacrime e decise che evitare di piangere sarebbe stata
un’impresa più facile se avesse guardato altrove.
Lui parve capire e non disse altro. Mise in moto e si allontanò dal parcheggio
dell’ospedale, in silenzio.
Quando raggiunsero l’autostrada parlò di nuovo.
-La tua valigia è sul sedile di dietro. Puoi vestirti se vuoi- disse, lo sguardo
fisso davanti a se. Laura annuì e scivolò dietro.
Sfilò fuori dalla valigia una maglietta, i jeans e un paio di scarpe. Li indossò
in fretta, asciugandosi di tanto in tanto qualche lacrima disobbediente.
Una volta vestita tornò davanti. Raccolse i capelli in una coda scialba ed evitò
di incontrare il suo riflesso nello specchietto.
-Nel cruscotto c’è il biglietto aereo. La tua borsa è nel bagagliaio. Ho dovuto
fare più di un viaggio per recuperare la tua roba- disse Gustav.
Laura aprì con mano tremante il cruscotto e ne estrasse un lungo rettangolo di
carta bianca stampata.
Era tutto pronto. Sarebbe partita quella mattina stessa.
Le due buste che teneva poste in grembo pesavano come cemento.
-Il volo parte alle sei. Per arrivare all’aeroporto manca solo un quarto d’ora.
Faremo in tempo- disse Gustav rispondendo ad una sua domanda inesistente.
Lei non proferì parola.
Non aspettava altro che la fine di quella tortura. La fine di tutto…per tutti.
Guardò di nuovo il suo addome. Sfiorò inconsciamente il cotone ruvido della
maglietta.
L’aeroporto non era molto affollato. Dopotutto Lipsia era solo una città. Ma
probabilmente la tranquillità del posto doveva essere dovuta all’ora.
Laura portava a tracolla la sua tascapane, e teneva stretto in mano il
biglietto.
Gustav era accanto a lei. aveva insistito per portare il trolley.
Mancavano cinque minuti all’imbarco quando ebbero finito con il check-in.
Prima di imbarcarsi Laura si voltò verso Gustav e prese la valigia.
Restarono uno di fronte all’altra, imbarazzati, mentre la voce metallica di una
hostess annunciava l’ultima chiamata per l’imbarco.
-Allora…ehm…cerca di cavartela ok?- disse Gustav, come rendendosi
improvvisamente conto che di li a un paio di minuti lei se ne sarebbe andata,
per non ritornare più.
Laura gli si gettò al collo.
-Mi dispiace- sussurrò nel suo orecchio. Poi gli mise in mano le due lettere che
le bruciavano tra le dita da quando aveva finito di scriverle, il giorno prima.
-Ci sono i loro nomi scritti sopra…- spiegò, le guance rigate dalle lacrime, ma
la voce finalmente ferma.
Gustav annuì senza obbiettare nulla.
Laura si chinò per riacchiappare il trolley e lo guardò l’ultima volta.
Gustav le era sempre piaciuto. Era tranquillo, posato e, soprattutto, era
intelligente. Era strano che proprio a lui, l’unico che in quella storia davvero
non c’entrava nulla, fosse toccato aiutarla nella sua fuga. Comprare il
biglietto, recuperare i suoi vestiti e i suoi bagagli…
-Addio-
La sussurrò, quella parola. Quasi dirla così le impedisse di crederci davvero.
Non aspettò la risposta.
Si voltò…e poi scomparve.
Non per sempre…
Sempre è un concetto molto labile.
***
Bill spalancò gli occhi.
Capì che qualcosa doveva averlo svegliato, aveva provato già altre volte quella
sensazione. Questa volta però la sensazione era accompagnata da qualcos’altro.
Presentimento. Era cambiato qualcosa, all’improvviso. Come uno spostamento
d’aria. Sentiva una fastidiosa inquietudine crescergli dentro.
Fuori era ancora presto. Le cinque o al massimo le sei di mattina. Richiuse gli
occhi e si riaddormentò, cullato da immagini confuse e sfocate che si
susseguivano nella sua mente.
*Sogno*
Riaprì gli occhi in una stanza familiare. C’era la solita luce calda che
illuminava le chitarre e una batteria, nella angolo a sinistra.
All’improvviso qualcosa attirò la sua attenzione. Fu la musica.
Si voltò di scatto e la vide.
Laura era seduta al pianoforte e suonava di nuovo quella melodia. La ricordava
tutta…ogni singola nota. Come ricordava in ogni particolare lei.
Si avvicinò lentamente, fin quando riuscì a guardarla in volto. Era sempre
bellissima.
La osservò per un po’, ma lei non alzò lo sguardo.
Bill cominciò a prendere coscienza del fatto che non era altro che un ricordo. I
contorni della stanza si erano fatti troppo sfocati e lontani.
La melodia finì nello stesso punto in cui si era fermata pochi mesi prima.
Laura sollevò lo sguardo, una lacrima pulita che le scivolava lungo la guancia.
-Addio- sussurrò. E Bill tremò. Perché quell’addio era stato troppo reale. Non
aveva i contorni sfocati e lontani.
Non faceva parte del suo ricordo! Non doveva starci li! Era il posto sbagliato!
Bill si svegliò di soprassalto.
Respirava a singhiozzo, i polmoni stretti in una morsa di ferro.
Fissò a lungo la parete davanti a se per calmarsi, ma ci riuscì solo dopo
diversi lunghi, estenuanti minuti.
Non gli importava che ora era. Si alzò, preso dalla smania di uscire da quella
stanza. Non voleva riaddormentarsi. Non voleva rivisitare altri ricordi.
Fu quando vide quella busta che il suo corpo si rifiutò di muoversi.
Era tranquillamente appoggiata sul comodino, anonima, nel suo colore spento. Lo
osservava come ti osserva un essere umano.
Presentimento.
Odiava i presentimenti.
Allungò le dita sottili e chiuse la mano sul rettangolo bianco. Indugiò un poco
prima di aprirla. Poi strappò la carta e due fogli gli caddero in grembo.
Il suo cuore inchiodò bruscamente. I resti della busta gli scivolarono dalle
mani, inerti.
In un'altra occasione probabilmente rivedere quella scrittura lo avrebbe fatto
sussultare, nella memoria di notti passate a leggere quel diario, cercando di
decifrare un’anima dai frantumi sparsi qua e la tra le pagine.
Ora no.
Posò di nuovo lo sguardo sulle lettere, cercando di non interpretarne il
significato, almeno fin quando gli sarebbe stato possibile. Voleva godersi gli
ultimi minuti della piacevole familiarità che aveva con quelle linee indecise,
morbide, fragili. A vederle così sembrava impossibile potessero significare
altro dolore. Erano…indifese…come lei…
Scosse la testa con stizza. Basta.
Era il momento di cominciare a leggere.
[Soundtrack: Silent Lady – All My Faith Lost]
Ciao Bill…
L’ultima cosa che avrei pensato, mentre sentivo la tua mano stringere la mia e i
tuoi occhi attraversarmi, è che un giorno mi sarei ritrovata a dover scrivere
questa lettera.
Solo due giorni fa, due giorni fa…ci pensi Bill…sembra passata una vita intera,
quello che vivevamo era felicità. Unica…insostituibile felicità, perché era
stata costruita da noi due, insieme. E adesso che sono in questa stanza
d’ospedale, che tutto tenta di ricordarmi tranne te, mi sforzo di rivedere di
nuovo i tuoi occhi, mi sforzo di respirare. Ma tutto è diventato troppo
difficile. Al tuo viso si sovrappone quello bianco di Tom, deformato dalla
rabbia, e respirare trafigge il mio cuore sfinito.
Forse solo adesso riesco a capire quanto forte era l’attaccamento che avevo per
te…solo adesso che l’ho perso completamente riesco a tracciarne gli infiniti
contorni, e a comprendere che dovrò abbandonarti per sempre.
Vorrei riuscire a spiegarti con le parole la sofferenza che provo nel doverti
scrivere quanto stai per leggere…ma temo che otterrei solo una grottesca
storpiatura di quanto vorrei trasmetterti. Cerco di arrivare al punto, alla
“soluzione” del problema di cui io sono la causa principale, e non posso farlo
senza farti soffrire.
Ero felice Bill, lo eravamo insieme, più di quanto avessi mai potuto sperare e
immaginare. Ma la nostra felicità veniva consumata alle spese di qualcun altro.
Qualcun altro che io e te amavamo e amiamo. Qualcuno che non meritava nulla di
quello che gli abbiamo fatto.
Ripenso in continuazione a quelle parole, alle parole che hai soffiato in faccia
a Tom, prima che io svenissi. E più ci penso, più il dolore che abbiamo
destinato a lui diventa chiaro, più quel dolore diventa mio.
Lui non aveva nessuna responsabilità verso di me.
Ci siamo vendicati di lui per una colpa inesistente.
Gli abbiamo imputato peccati mai commessi.
È un bene forse che io ti dica queste cose per lettera. Se ti trovassi davanti a
me non ne avrei mai il coraggio, ne la volontà. Perché…ti amo.
Ma entrambi abbiamo bisogno di tornare bruscamente alla realtà, di capire e
prenderci le nostre responsabilità pienamente, senza più tacere o rimandare.
Siamo stati crudeli Bill. Egoisti e crudeli. Perché abbiamo pensato solo alla
nostra felicità e al nostro amore, distruggendo e annientando la felicità e
l’amore degli altri. Sapevamo di commettere uno sbaglio dopo l’altro, sapevamo
esattamente cosa stavamo facendo a Tom…ma non ci importava. Ci siamo posti al di
sopra di tutti e tutto, sacrificando le persone a cui volevamo bene senza
rimorsi. E il momento poi è arrivato. Perché DOVEVA arrivare. Sapevamo anche
questo.
Ora Tom…
Tom…
Mi riesce difficile pensare a quanto starà soffrendo. Probabilmente non riuscirò
mai a comprendere quanto, e mi dispiace, perché vorrei poter soffrire quanto
lui. Vorrei dover patire la stessa angoscia e lo stesso vuoto. Lo abbiamo
abbandonato…e lui…lui era perfetto. Di questo me ne rendo conto solo ora.
Mi amava Bill…mi amava davvero.
È per questo che ti scrivo questa lettera. Perché lui mi amava e ti voleva bene
oltre ogni immaginazione, e ora si troverà a dover affrontare l’odio verso due
persone di cui doveva fidarsi, verso due membri della sua “famiglia”.
Se credessi che non ci fosse una soluzione non ti avrei scritto nulla. Ma una
soluzione c’è, la conosci anche tu, e la metto per iscritto giusto si trattasse
di una formalità…
Quanto mi costerà attenermi anch’io a quello che ti chiederò potrò scoprirlo
solo con il passare degli anni…
Dimenticami Bill.
Dimentica tutto quello che puoi di me, e ciò che non riesci a dimenticare
nascondilo per sempre.
Il nostro amore c’era, pulsava, era VIVO, ma non avrebbe mai dovuto
esistere…almeno…non qui, non adesso…è per questo motivo che dovremo imparare
entrambi a soffocarlo fino a farlo morire. Forse occorreranno anni…ma io sono
pronta ad affrontare la prova.
Ho deciso, deciso che finalmente mi preoccuperò di quelli che mi circondano.
Ma per riuscirci ho bisogno di te. Ho bisogno di essere certa che non mi
cercherai, che non ti domanderai dove vivo e come. Ma soprattutto ho bisogno di
sapere che ti occuperai di lui, di Tom, perché io non posso. Ho bisogno di
sentirvi di nuovo vicini, di nuovo fratelli. Solo questo.
Aiutalo Bill. Fatti perdonare. Attaccati di nuovo a lui. E anche se all’inizio
continuerà a tenerti lontano da se, tu persevera. Fin quando tutto tornerà come
prima. Fin quando lui sarà di nuovo FELICE.
È giunto il momento per noi due di aggiustare davvero le cose, e per farlo
dovremo annullarci, negarci, soffrire, più di quanto tu possa immaginare Bill.
Ma è questo il punto. DOBBIAMO farlo. Perché se non lo faremo non avremo più
rispetto di noi stessi per tutta la vita. Perché finiremmo per odiarci a
vicenda. Ora è il nostro turno. Dobbiamo riscattarci, o prima o poi il rimorso
ci annienterà.
Dimentica Bill. Dimentica i baci, dimentica i sapori e profumi di noi due, che
si mescolavano, dimentica quelle ore passate a parlare di noi…a fantasticare su
un futuro inesistente.
Dimentica Bill, e fa che lui sia felice. Fa che anche lui possa dimenticarsi di
me.
Andate avanti insieme ed escludetemi da tutto, perché non merito di rovinare
ulteriormente le vostre vite, le NOSTRE vite.
…è l’ultima volta che te lo dirò…e vorrei dirtelo ad un centimetro dal tuo viso,
come sempre, con il cuore che batte tanto da mozzarmi il respiro…
Ti amo…
Ed è in nome di questo amore che ti chiedo di dimenticare.
Addio.
Laura
E gli attimi si persero.
Sentì le sue forze abbandonarlo.
L’essenza vitale del suo cuore urlare e venir spazzata via in un solo soffio.
Non sarebbe esistita più…non sarebbe esistito più nulla.
Il mondo perse consistenza e colore.
Se n’era andata…per sempre…
Tengo la lettera
Nella mia mano fredda
L’ultima frase era lunga…
Così lunga che brucia ancora
Io la guardo…
Con ogni riga
Muore un sentimento
Ciò che rimane è oscurità
Un tuo brivido
Non aiuta più molto
Mi uccide
Ci siamo amati a morte
Mi uccide
Perché il nostro sogno giace in macerie
Il mondo deve tacere
E stare per sempre solo
Anche se le forze si uniscono…
È passato…
Totgeliebt - Tokio Hotel
***
Era curioso davvero che tutto finisse in quel modo.
Da qualche parte nella sua testa doveva essersi convinto che c’era qualcosa di
giusto in tutto quello che era successo…ma forse era solo la pazzia che
cominciava a prendere il sopravvento.
Guardò fuori dalla finestra della sua camera.
Devastante come il mondo rimanesse impassibile di fronte a ciò che sconvolgeva
la vita degli esseri umani.
In quel momento tutto si aspettava di vedere tranne il giardino baciato dal sole
mattutino. Tutto era al suo posto…la cosa era quasi ironica.
Ripensò a lui e Bill che giocavano a scaricarsi addosso il getto della pompa
dell’acqua, quasi ogni pomeriggio d’estate, da piccoli. Ogni volta loro madre
gli propinava il solito sermone, e ogni volta loro se ne fregavamo puntualmente.
Dopotutto era il loro dovere.
Sorrise pensando a quanto si incazzava Bill quando lui riusciva a coglierlo di
sorpresa.
Si…era davvero il principio della pazzia se riusciva a sorridere in un momento
come quello.
Lanciò uno sguardo al foglio bianco abbandonato sul letto. Sotto alle poche
righe c’era un ampio spazio pieno di sottintesi e significati che solo lui
poteva leggere.
Sospirò e guardò il suo riflesso nello specchio.
Aveva le occhiaie e una brutta faccia tormentata. Ma dentro cominciava a
rinascere qualcosa. non riusciva a capre da dove gli arrivasse la forza, e
soprattutto perché. Al 90% dei casi doveva essere il suo organismo che cercava
di appigliarsi allo spirito di sopravvivenza.
Non avrebbe mai dimenticato.
Certe cose rimangono e intaccano una parte di noi, cambiandola.
Ma avrebbe provato a ricominciare da capo.
Sentì qualcuno indugiare dietro la sua porta. poi due colpi incerti, misurati,
interruppero il silenzio.
Sapeva chi era. Avrebbe riconosciuto quel tocco tra mille. Era assurdo come
conoscesse tutto di Bill, anche il modo di bussare alle porte.
-Avanti-
A lei non avrebbe mai concesso una seconda possibilità.
Ma Bill?
Bill era l’altra metà.
Bill era la parte mancante.
Non ti scrivo questa lettera per chiederti di perdonarmi.
Sono ben consapevole di ciò che ho fatto, e so bene che avanzare una richiesta
del genere sarebbe patetico. Certe cose non si possono perdonare.
Non ti scrivo questa lettera per chiederti di scusarmi.
So che sarebbe impossibile per quello che ho commesso…e non troverei le parole
adatte. Per gesti di questo genere le parole non occorrono.
Ti scrivo per ringraziarti.
Ti ringrazio per l’amore che mi hai dato. Per la tua sincerità. Per le tue
parole.
Sei una persona straordinaria.
Sei migliore di me, e di questo mio squallido tentativo di rivolgerti un ultimo
saluto senza risvegliare in te altro dolore e sofferenza.
Volevo solo rassicurarti Tom.
Quando leggerai questa lettera sarò lontana dalla tua vita, e da quella di tuo
fratello. Me ne sono andata…per sempre.
Dimentica tutto ciò che puoi di me. O ricordami con indifferenza per quanto ti
sarà possibile. Non sono una persona speciale, per questo confido che non ti
riuscirà molto difficile.
Non meritavo nulla di ciò che mi hai dato. Ma questo non vuol dire che al mondo
non ci sia qualcuno a cui donare il tuo amore, qualcuno che non ti farà del
male. Non sono tutti come me. Tuo fratello per primo.
Sono stata io…è stata colpa mia. Lui è stato credo ingannato dalla mia
fragilità…e non ho fatto nulla per scoraggiarlo.
Lui ti ama Tom. Molto più di quanto pensasse di amare me. Ha BISOGNO di te.
Perdonalo…ti supplico.
Con questa mia ultima perdita di dignità ti lascio.
Ti sembrerà inutile e stupido che io lo dica ma…mi dispiace.
La verità è che io non sono ne più ne meno di tanti altri…
Addio
Laura
***
Guardò fuori dal vetro.
Il sole illuminava le curve soffici e candide delle nuvole.
Così vicini al tetto del mondo era facile cercare il coraggio per intraprendere
un nuovo inizio.
Infilò una mano nella tascapane e ne estrasse il diario.
Automaticamente ripensò al momento in cui aveva capito che Bill lo leggeva.
Sorrise tra se e se, tristemente.
Sfogliò le pagine che raccontavano quei mesi, fin quando un rettangolo bianco
non le cadde tra le mani.
Voltò con un fremito la carta spessa.
Gustav non avrebbe dovuto.
Eccoli lì. Le facce abbronzate e i sorrisi raggianti. Tre paia di occhi
spensierati e due adombrati da un velo di inquietudine. Le loro mani che si
intrecciavano di nascosto, sotto alla felicità inconsapevole di Tom.
C’erano cose che avrebbe conservato per sempre. Tra quelle poche cose c’era
anche quella foto.
Posò lo sguardo di nuovo fuori dal finestrino.
Ricordò quelle parole senza volerlo…
Da qualche parte la fuori, hai perso te stessa
Sogni la fine, per ricominciare…
La fine l’aveva trovata.
Ora toccava a lei ricominciare, costruirsi un futuro in salita, dove avrebbe
pagato tutto i suoi errori.
Ma avrebbe cercato di costruirsi un futuro di cui andare finalmente fiera.
Non l’avrebbe fatto per se stessa.
L’avrebbe fatto per Bill.
L’avrebbe fatto per Tom.
Ma soprattutto l’avrebbe fatto per quella vita che aveva trovato rifugio nel suo
grembo.
***
EPILOGO
Ciao
piccolo mio,
ti guardo dormire, nel letto, accanto a me.
Ascolto il tuo respiro regolare e tranquillo, mi sorprendo ancora quando
vedo il tuo corpicino alzarsi ed abbassarsi. La notte la passerei ad
ascoltarti vivere.
Sei il mio miracolo.
Hai delle manine così piccole…a volte ho paura di romperti toccandoti.
Amo tutto di te. Mangerei di baci le tue guanciotte morbide e le tue
orecchie dalle cartilagini ancora sottili.
Stamattina mi hai sorriso per la prima volta e ho sentito dentro di me
un tipo di gioia che mai avevo provato nella mia vita.
Sento che sei e sarai la mia ancora di salvezza. Il mio scopo. Il mio
tesoro da difendere. Sei parte di me, del mio corpo. Ti proteggerò a
costo della mia stessa vita se sarà necessario.
Un giorno, quando sarai più grande, ti farò leggere queste parole, così
capirai che davvero, DAVVERO, sei la cosa più bella che mi sia mai
capitata.
Un giorno ti spiegherò tutto.
Ti racconterò della mia vita, dei miei sbagli, così potrai capire cosa
vuol dire sbagliare: vuol dire ROVINARSI la vita e ROVINARLA agli altri.
Ma questo purtroppo avrai tempo per scoprirlo.
Ti racconterò di quello che mi è successo. Di quando sono tornata a
casa, e ho trovato mia madre ad aspettarmi. Vederla con le guance rosee
e lo sguardo acceso dopo tanti anni mi ha fatto scoppiare il cuore di
gioia incredula. È tornata alla vita piccolo mio. E finalmente ho potuto
conoscere la persona che era. il merito è anche di Monica. Deve essere
successo qualcosa tra loro mentre io ero via…ma nonostante siano passati
nove mesi non sono riuscita a scoprire esattamente cosa.
Monica ora passa quasi tutto il suo tempo qui con noi. Adesso è di la
che sparecchia la tavola. Sua nonna finalmente sta bene, è riuscita a
trasferirsi qui, e uno di questi giorni spero di poterti portare a
trovarla. Le piacerai un sacco.
Monica mi ha perdonata. A lei mi lega questo amore fraterno che avevo
soffocato senza riguardi, ma ora è rinato, e scoppietta come un fuoco.
Il nostro sogno non sembra così lontano.
Ti guardo e penso che la salita per noi due deve ancora cominciare.
Dovrò crescerti con le mie sole forze e con l’aiuto di quelli che mi
vogliono bene.
Dovrò risponderti quando mi chiederai perché gli altri bambini hanno il
papà e tu no.
Dovrò spiegarti come si nasce…e già tremo al pensiero.
Dovrò impedirti di fumare e dovrò starti dietro per tutta l’adolescenza.
Dovrò raccontarti il perché di tante cose un giorno.
Dovrò confessarti lo sbaglio più grande della mia vita. Dovrò, se voglio
che tu non commetta gli stessi errori.
Farò del mio meglio piccolo mio.
Mi sacrificherò per te, pagherò quello che ci sarà da pagare. Non sarai
tu a dover subire le conseguenze dei miei sbagli. Questo non lo
permetterò MAI.
C’è una vita davanti a noi, piena di prove. Ma le affronteremo insieme.
E quando avrai bisogno io ti sosterrò sempre.
Ti racconterò tutto…si…di tuo padre, di quello che sono stata. Se mi
disprezzerai lo accetterò, perché sarà giusto. Ma spero di riacquistare
la tua fiducia con l’impegno che metterò nel crescerti bene in questi
anni.
Adesso ci sei tu a darmi la forza e la volontà per essere migliore.
Grazie piccolo mio.
Ed ora dormi. Sei bellissimo…innocente, inconsapevole di tutte le
brutture di questo mondo. Sei PERFETTO.
Dormi…il tempo di crescere ci sarà, per entrambi.
Ti amo piccolo mio.