Melodia
incompleta
Si muoveva dentro di
lui come un selvaggio.
Era scatenato, le spinte forti e decise del suo bacino ossuto facevano gemere
l’altro sotto di lui, che gli affondava le unghie nella schiena, mentre
nella sua folta massa di ricci rossi s’erano inchiodate le dita
lunghe e sottili dell’uomo
dai capelli neri, che ancora si dimenava come un demonio.
Poi quel corpo esile e
spigoloso, di colpo, s’era piegato all’indietro, i muscoli tesi
allo spasmo, gli occhi chiusi, le labbra semiaperte, mentre il piacere
raggiungeva l’apice, accontentando, e così inibendo le pulsioni
primordiali, soddisfacendo il desiderio della misera carne.
Quindi i due, fino ad allora uniti, si separarono, ma i loro corpi restarono
ancora l’uno sopra l’altro, ancora troppo tesi e stanchi per potersi
muovere.
Come un lupo che, dopo aver corso
molto a lungo per catturare la sua preda, crolli su di essa,
esausto.
Ansimavano entrambi
alla ricerca di ossigeno, me le loro bocche
preferivano togliersi il respiro a vicenda pur di non rimanere sole, divise,
senza poter riscoprire, ancora una volta, il sapore l’una
dell’altra. Infine l’uomo dai capelli neri, lunghi più o meno fino alle spalle, s’alzava, scendeva
dal letto e dirigendosi verso l’armadio, al quale era appoggiato, lo
prendeva, lo sfilava con delicatezza dalla sua custodia, assieme
all’archetto e cominciava a suonare.
All’inizio
l’uomo dai rossi ricci aveva trovato l’abitudine dell’altro
davvero stravagante, insomma, quanti di voi, dopo aver fatto l’amore si
mettono a suonare il contrabbasso, o un qualsiasi altro strumento musicale? Con
il tempo, però, s’era abituato a quella stranezza, che considerava
tipica di un artista come il suo uomo e ora non poteva quasi più farne a
meno.
Adorava quello
strumento dal timbro scuro e greve, le cui corde conoscevano bene i ritmi
veloci e indomabili dei loro amplessi e gli accordi lenti e complicati dei loro
baci.
Adorava quello
strumento, ma al tempo stesso lo invidiava, lo invidiava
quasi fino a detestarlo.
Alle volte, infatti,
aveva come l’impressione che quelle corde fossero
sfiorate con maggiore passione del suo corpo, che quell’archetto fosse
maneggiato con più cura, ma allo stesso tempo con più forza della
sua virilità.
Sapeva benissimo,
però, che senza il suo corpo, senza la sua virilità quel
contrabbasso non avrebbe emesso un misero accordo,
giacché, era stato proprio lui a dirglielo, era l’amore che
provava per lui ad ispirarlo, a muovere le sue dita sulle corde dure e tese, ma
al tempo stesse flessibili, come i loro corpi quando venivano insieme.
Gesti
tradotti in accordi, gemiti interpretati come note: un orgasmo in re maggiore...
Dal canto suo, il
musicista sentiva il bisogno, forse non solo mentale, di suonare l’amore
appena dato e ricevuto, di riscrivere ogni sentimento, ogni
emozione, ogni sensazione provata in un linguaggio a lui forse più
comprensibile. E questo desiderio di suonare si muoveva in lui, nel suo petto,
come con la stessa forza, con la stessa insistenza, con la quale lui s’era
scatenato tante volte nel corpo dell’altro. Così
s’alzava da quel corpo che amava, scendeva dal letto, senza neanche
prendersi la briga di rivestirsi, nudo, come mamma l’aveva
fatto, cominciava a suonare.
Non faceva
attenzione alle dita e neanche all’archetto: loro sapevano bene cosa fare
e come fare, non vi badava anche perché i suoi occhi erano rivolti solo
a lui, al suo amante che, altrettanto nudo, se ne stava disteso su di un
fianco, sopra le lenzuola bianche, ma non per questo immacolate o candide. I
due si guardavano, e guardandosi, sentivano il
desiderio, poco prima appagato, risorgere in modo più forte e più
violento, man mano che una melodia di straordinaria bellezza prendeva vita.
Come
un meraviglioso fiore che, sbocciando, incanta anche coloro che l’hanno
creato...
E quella melodia era davvero divina, tanto
che non pareva possibile che fosse suonata da un uomo per un suo simile. Dalla
prima volta che l’avevano fatto era stato sempre straordinario, ma anche sempre diverso,
come quindi era risultato anche il suono del contrabbasso: sempre incredibile,
ma mai uguale, perché troppe erano le sfumature di sentimento, troppe le
sfumature di suono. Una melodia che sarebbe invecchiata come loro, qualcosa di
più umano di quanto credessero.
E l’archetto
scivola lascivo sulle corde, come il sangue sulla bella pelle amata...
Troppo grande e troppo
freddo è questo letto per una persona sola, tropo scomodo, tropo doloroso, peggio di quello di un fachiro.
Allunga il braccio
verso la parte opposta del materasso e inconsciamente trema nel fare ciò.
Crede davvero di trovarlo
lì, accanto a sé?
Povero illuso.
Sente il bisogno di
suonare, ma non si muove subito: è troppo stanco anche solo per alzarsi.
Poi però sente che non può proprio più resistere, il suo sguardo
si sposta quindi dal soffitto bianco e vuota al pavimento grigio e freddo sul
quale posa i piedi scalzi.
Si alza e sente la
testa girargli, come in preda ad un mancamento, ma non si lascia andare, chiude
un attimo gli occhi, li riapre, fa un lungo respiro e dopo averlo tolto dalla
sua custodia comincia a suonarlo.
Se qualcuno potesse
sentire il suo solitario concerto di sicuro ne
rimarrebbe assai colpito, in fondo lui è un professionista, mica un
novellino da quattro soldi. alla fine del suo assolo,
poi, tutti applaudirebbero estasiati dalla sua sonata.
Solo lui capirebbe...
Solo lui capirebbe che
questa melodia è vuota, inumana, priva di quella grazia, di quella
passione, di quel sentimento, che tante volte l’avevano
generata, così perfetta, così completa e mai uguale.
Solo lui capirebbe che
ora quella melodia tanto bella è stracolma solo ed unicamente di
sofferenza.
Perché la
sua musa è morta.
Morta e sepolta.
L’archetto trema
in modo convulso in quella mano un tempo forte e sicura, le dita non pigiano
più sulle corde sottili, ma si aggrappano ad esse,
come a volergli strappare ricordi troppo dolorosi che presto riaffioreranno.
E
intanto il musicista piange sul cadavere di una melodia incompleta...
Fine.
Spero che vi sia piaciuta...lasciate un commentino...per favore!!! Ciao dalla vostra Isi!