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Autore: ISI    01/01/2008    4 recensioni
"Gesti tradotti in accordi, gemiti interpretati come note: un orgasmo in re maggiore..."
La musica, l'amore ed il sesso...tre cose inscindibili generate da due persone che si uniscono...vi auguo buona lettura e recensite, per favore...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Melodia incompleta

 

 

 

Si muoveva dentro di lui come un selvaggio.

Era scatenato, le spinte forti e decise del suo bacino ossuto facevano gemere l’altro sotto di lui, che gli affondava le unghie nella schiena, mentre nella sua folta massa di ricci rossi s’erano inchiodate le dita lunghe  e sottili dell’uomo dai capelli neri, che ancora si dimenava come un demonio.

Poi quel corpo esile e spigoloso, di colpo, s’era piegato all’indietro, i muscoli tesi allo spasmo, gli occhi chiusi, le labbra semiaperte, mentre il piacere raggiungeva l’apice, accontentando, e così inibendo le pulsioni primordiali, soddisfacendo il desiderio della misera carne.

Quindi i due, fino ad allora uniti, si separarono, ma i loro corpi restarono ancora l’uno sopra l’altro, ancora troppo tesi e stanchi per potersi muovere.

 

Come un lupo che, dopo aver corso molto a lungo per catturare la sua preda, crolli su di essa, esausto.

 

Ansimavano entrambi alla ricerca di ossigeno, me le loro bocche preferivano togliersi il respiro a vicenda pur di non rimanere sole, divise, senza poter riscoprire, ancora una volta, il sapore l’una dell’altra. Infine l’uomo dai capelli neri, lunghi più o meno fino alle spalle, s’alzava, scendeva dal letto e dirigendosi verso l’armadio, al quale era appoggiato, lo prendeva, lo sfilava con delicatezza dalla sua custodia, assieme all’archetto e cominciava a suonare.

All’inizio l’uomo dai rossi ricci aveva trovato l’abitudine dell’altro davvero stravagante, insomma, quanti di voi, dopo aver fatto l’amore si mettono a suonare il contrabbasso, o un qualsiasi altro strumento musicale? Con il tempo, però, s’era abituato a quella stranezza, che considerava tipica di un artista come il suo uomo e ora non poteva quasi più farne a meno.

Adorava quello strumento dal timbro scuro e greve, le cui corde conoscevano bene i ritmi veloci e indomabili dei loro amplessi e gli accordi lenti e complicati dei loro baci.

Adorava quello strumento, ma al tempo stesso lo invidiava, lo invidiava quasi fino a detestarlo.

Alle volte, infatti, aveva come l’impressione che quelle corde fossero sfiorate con maggiore passione del suo corpo, che quell’archetto fosse maneggiato con più cura, ma allo stesso tempo con più forza della sua virilità.

Sapeva benissimo, però, che senza il suo corpo, senza la sua virilità quel contrabbasso non avrebbe emesso un misero accordo, giacché, era stato proprio lui a dirglielo, era l’amore che provava per lui ad ispirarlo, a muovere le sue dita sulle corde dure e tese, ma al tempo stesse flessibili, come i loro corpi quando venivano insieme.

 

Gesti tradotti in accordi, gemiti interpretati come note: un orgasmo in re maggiore...

 

Dal canto suo, il musicista sentiva il bisogno, forse non solo mentale, di suonare l’amore appena dato e ricevuto, di riscrivere ogni sentimento, ogni emozione, ogni sensazione provata in un linguaggio a lui forse più comprensibile. E questo desiderio di suonare si muoveva in lui, nel suo petto, come con la stessa forza, con la stessa insistenza, con la quale lui s’era scatenato tante volte  nel corpo dell’altro. Così s’alzava da quel corpo che amava, scendeva dal letto, senza neanche prendersi la briga di rivestirsi, nudo, come mamma l’aveva fatto, cominciava a suonare.

Non faceva attenzione alle dita e neanche all’archetto: loro sapevano bene cosa fare e come fare, non vi badava anche perché i suoi occhi erano rivolti solo a lui, al suo amante che, altrettanto nudo, se ne stava disteso su di un fianco, sopra le lenzuola bianche, ma non per questo immacolate o candide. I due si guardavano, e guardandosi, sentivano il desiderio, poco prima appagato, risorgere in modo più forte e più violento, man mano che una melodia di straordinaria bellezza prendeva vita.

 

Come un meraviglioso fiore che, sbocciando, incanta anche coloro che l’hanno creato...

 

E quella melodia era davvero divina, tanto che non pareva possibile che fosse suonata da un uomo per un suo simile. Dalla prima volta che l’avevano fatto era stato sempre straordinario, ma anche  sempre diverso, come quindi era risultato anche il suono del contrabbasso: sempre incredibile, ma mai uguale, perché troppe erano le sfumature di sentimento, troppe le sfumature di suono. Una melodia che sarebbe invecchiata come loro, qualcosa di più umano di quanto credessero.

 

E l’archetto scivola lascivo sulle corde, come il sangue sulla bella pelle amata...

 

Troppo grande e troppo freddo è questo letto per una persona sola, tropo scomodo, tropo doloroso, peggio di quello di un fachiro.

Allunga il braccio verso la parte opposta del materasso e inconsciamente trema nel fare ciò.

 

Crede davvero di trovarlo lì, accanto a sé?

Povero illuso.

 

Sente il bisogno di suonare, ma non si muove subito: è troppo stanco anche solo per alzarsi. Poi però sente che non può proprio più resistere, il suo sguardo si sposta quindi dal soffitto bianco e vuota al pavimento grigio e freddo sul quale posa i piedi scalzi.

Si alza e sente la testa girargli, come in preda ad un mancamento, ma non si lascia andare, chiude un attimo gli occhi, li riapre, fa un lungo respiro e dopo averlo tolto dalla sua custodia comincia a suonarlo.

Se qualcuno potesse sentire il suo solitario concerto di sicuro ne rimarrebbe assai colpito, in fondo lui è un professionista, mica un novellino da quattro soldi. alla fine del suo assolo, poi, tutti applaudirebbero estasiati dalla sua sonata.

 

Solo lui capirebbe...

 

Solo lui capirebbe che questa melodia è vuota, inumana, priva di quella grazia, di quella passione, di quel sentimento, che tante volte l’avevano generata, così perfetta, così completa e mai uguale.

Solo lui capirebbe che ora quella melodia tanto bella è stracolma solo ed unicamente di sofferenza.

 

Perché la sua musa è morta.

Morta e sepolta.

 

L’archetto trema in modo convulso in quella mano un tempo forte e sicura, le dita non pigiano più sulle corde sottili, ma si aggrappano ad esse, come a volergli strappare ricordi troppo dolorosi che presto riaffioreranno.

 

E intanto il musicista piange sul cadavere di una melodia incompleta...

 

 

Fine.

 

Spero che vi sia piaciuta...lasciate un commentino...per favore!!! Ciao dalla vostra Isi!

  
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