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Autore: JD Jaden    17/06/2013    1 recensioni
Come è nata Panem? Lei lo sa. Lo ha imparato a scuola e ne ha sentito parlare dagli anziani del Distretto 12. Come si è passati dalla pace ai Giorni Bui? Beh lei li ha vissuti, anche se era piccola e ha cercato di rimuovere il trauma. Come è finita la guerra? Per lei con una perdita inaccettabile. E come si sono svolti i primi Hunger Games? Lei è stata il primo Tributo femmina del Distretto 12. Ed è stata la prima vincitrice. Nessuno meglio di lei può raccontare questa lunga, terribile storia...
Chi è lei? Jaden Cartwright, 17 anni, ragazza del Giacimento che cerca di tirare avanti in un mondo difficile e crudele. In questa brutta avventura cercherà di imparare come si fa a sopravvivere in mezzo alla morte, a non impazzire davanti a scelte impossibili, a ricominciare a vivere quando tutto sembra finito.
Ma capirà che niente è finito. Che è proprio quando sembra che la vita sia più bella, più semplice, che l'incubo ricomincia, più reale e temibile di prima.
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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"..."

(...)


 

CAPITOLO 15.
Sono immersa in un torpore innaturale. E' come se mi trovassi in un limbo da cui è difficile uscire. Anzi, inizio a pensare che sia impossibile.
Forse alla fine hanno deciso che un vincitore non gli serviva granché, che potevano uccidere tranquillamente anche me.
E quindi sarebbe questa la morte? Un nulla assoluto ed eterno, vuoto a 360 gradi. Niente dolore, per fortuna, ma anche niente colori, niente sapori, niente sensazioni... Non mi piace affatto. Non è né un paradiso né un inferno. E' troppo insignificante per essere il riposo eterno!

Apro gli occhi e lentamente cerco di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovo. E' tutto troppo bianco e luminoso, per cui non è una cosa semplice.
Quando finalmente torno completamente in me, inizio a rimpiangere il vuoto insignificante.
Tutti i mali sono tornati ad opprimermi il corpo e la mente. Provo a muovermi, ma sono legata con larghe fasce di contenimento ad un tavolo freddo e duro. Le fasce sono l'unica cosa che copre il mio corpo, ma quel posto è troppo ultraterreno perché io possa provare imbarazzo.
Mi accorgo anche di essere attaccata a moltissimi strani macchinari ronzanti e pulsanti.
Sono in una stanza piccola e quadrata con tre pareti bianchissime e spoglie e una a specchio. Apparentemente non ci sono porte. E' forse una cella? Mi hanno arrestata per qualcosa di sbagliato che ho fatto nell'arena, forse...
No, non può essere. Non si prenderebbero il disturbo di mantenere sotto controllo i miei segni vitali, se fossi una criminale.
Ma allora cosa sono?
Una vincitrice.
La parola affiora con difficoltà dai meandri più oscuri della mia mente.
E dire che solo una manciata di giorni fa era un'idea luminosa e piacevole!
Adesso esserlo comporta solo tutta una lunga serie di cose orribili che ancora non riesco ad elaborare per bene.
Inizio ad agitarmi. Mi sento soffocare e la claustrofobia sta prendendo il sopravvento. Vorrei urlare, ma mi accorgo solo ora della maschera dell'ossigeno bloccata su naso e bocca. Non posso far altro che mugolare e fare impercettibili movimenti nervosi.
Pochi secondi e dalla parete di sinistra si materializza non so come una porta, da cui entra un'infermiere in camice azzurro. Lo guardo negli occhi implorante, ma non ci vedo nulla di umano. Sono coperti da lenti a contatto rosa shocching, secondo la moda di Capitol City. L'uomo si limita a cambiarmi il sacchetto della flebo, rispedendomi nel limbo...

Quando riesco a tornare in superficie non sono più legata nella stanza bianca. Mi trovo su un materasso soffice, fra lenzuola di seta e coperte calde. E non sono più sola. Al mio fianco ci sono tutti: Flavia, Ken, il mio staff di preparatori e Ray. E ci sono anche delle telecamere. Quando riavrò la mia privacy? Cerco di ignorarle e di concentrarmi sui miei visitatori.
Ray, il mio bellissimo stilista. Avevo quasi dimenticato quanto fosse incredibilmente affascinante. Quei capelli folti e scuri, quegli occhi verdi e profondi, l'espressione dolce e intensa. Però purtroppo è di nuovo truccato! Già... il mio bellissimo e SPOSATO stilista! Jaden non puoi più pensare certe cose di lui. Prima dell'arena era solo un gioco, non credevo che sarei tornata davvero, ma adesso questa storia deve finire...
E Ken, l'uomo che ha allietato il mio ultimo giorno nell'arena. L'ultimo giorno di vita di Giorgine. Le lacrime minacciano di uscire dagli angoli dei miei occhi al pensiero di quell'ultimo giorno. Quanto tempo è passato... un ora, un giorno, una settimana?

Il mio ultimo ricordo è la voce dell'annunciatore che mi ha dichiarata vincitrice, poi un qualcosa che mi ha afferrata e sollevata, sempre più su. Un'ultimo sguardo all'arena dall'alto, quindi il buio.

«Ti sei svegliata finalmente! Temevamo di avere perso la nostra splendida star...» è Ken, in vena di battute a quanto pare. Dovrei dire qualcosa di brillante in risposta, ma mi riesce solo di fare un grugnito coronato da un mezzo sorriso.
«Sei stata piuttosto fortunata, prima dell'esplosione finale eri illesa. Però purtroppo non ti sei allontanata dalla montagna, quindi quando è saltata per aria hai riportato alcune piccole bruciature, tagli ed abrasioni e ti sei rotta la clavicola, il ginocchio e la mano sinistra, su cui sei atterrata. Per fortuna i chirurghi di Capitol City sono riusciti a rimetterti in sesto e a farti tornare bellissima e in forma! E ti è ancora andata bene che hai delle belle forme naturali, per cui sono riuscito a convincerli a non farti ulteriori interventi chirurgici. Si sono limitati a ricostruirti le ossa rotte e farti alcuni piccoli innesti di pelle. Niente di troppo invasivo, insomma...» chiudo gli occhi leggermente annebbiati. E' difficile accettare di aver subito tante operazioni e nemmeno ricordarsene. Non ho avuto nemmeno il diritto di decidere da sola per il mio corpo! Meno male che il mio Mentore ha avuto la decenza di non permettere loro di modificarmi il corpo... più o meno. Sollevo il braccio e mi guardo la mano sinistra. Nessuna cicatrice. Non solo non si vedono quelle delle operazioni, ma nemmeno quelle che avevo prima! Sono assolutamente certa di averne avuta una, sul palmo, di quella volta che sono caduta, in mezzo al Prato, cercando di catturare il mio primo scoiattolo. Ero atterrata proprio sul vetro di una bottiglia rotta. Avevo spaventato a morte i miei fratelli, che erano corsi a chiamare la mamma. Lei mi aveva ricucita alla meglio e medicata velocemente, perché aveva ancora molto lavoro da fare, per cui la cicatrice era rimasta, bianca e frastagliata. Era uno dei miei segni distintivi, qualcosa che mi permetteva di riconoscermi. E ora mi hanno tolto anche quello...
«Forse dovremmo lasciarla riposare ancora un po'. Questa sera ci sarà il suo spettacolo! Sarà una serata molto impegnativa e ricca di emozioni...» non c'è bisogno di vederla per sapere chi è la persona che ha parlato. Flavia! La sua voce irritante e acuta non mi è mancata affatto, ma mi fa piacere che sia venuta a farmi visita...
«Hai ragione Flavia. Jaden, tesoro, riposati per bene. Verrò da te fra qualche ora per prepararti.» prepararmi eh? Giusto, dovranno presentarmi ufficialmente al pubblico di Capitol City e dovrò essere splendida. E chi meglio di Ray può rendermi tale? Annuisco e provo a dormire, pregustando già il tempo che potrò parlare con lui. Anche se so che la devo piantare di pensare a quanto lui sia bello!
Dopo quanche minuto però mi accorgo che non riuscirò a dormire. Ora che non ci sono più farmaci ad annebbiare la mia mente sento che i pensieri si stanno scontrando violentemente nella mia testa, desiderosi di essere ascoltati. Mi costringo a seguirne il filo logico, a pensare a tutto con calma, consciamente.
E' incredibile come la partecipazione ai giochi, fin dalle prime tappe, obblighi la mente a cancellare il passato, a dimenticare tutto ciò che non sia una strategia per vincere, ad archiviare le immagini precedenti al viaggio in treno come "per ora non utili". E ora che sono finiti è come se il luogo del cervello in cui avevo stipato tutto sia saltato in aria spargendo ricordi, pensieri e sensazioni per tutta la testa. Devo assolutamente fare ordine...

Quando ho scoperto che sarei stata un tributo degli Hunger Games non credevo che sarei sopravvissuta. Ho salutato tutta la mia famiglia con in testa l'orribile idea che non li avrei mai più visti. Ma la vittoria mi permetterà di riabbracciarli, finalmente, e questa è una cosa fantastica!
Però quel giorno è successa anche un'altra cosa. Mark. Mi ero quasi scordata della sua dichiarazione d'amore, che ho respinto con forza, come fosse una cosa brutta. E lo è? Forse prima sì, ma ora cosa mi impedisce di liberare i miei sentimenti, di permettermi di innamorarmi di lui? Prima dei giochi ero sicura che fra noi ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia. Lui era tutta la mia vita, secondo solo alla mia famiglia! E allora cosa è cambiato? Tutto è cambiato, ecco cosa. Io sono un'altra persona. Sono un'assassina. Ho ucciso tre persone e visto morire troppi ragazzi innocenti per essere ancora la ragazzina ingenua che ero prima. Ora sono un mostro. E' anche possibile che sia lui a non volermi più, ora che ci penso...
Un'idea orribile attraversa con violenza i miei pensieri. Io ho ucciso Andrew. Il ragazzo del mio distretto. La sua famiglia mi odierà di certo. E anche i suoi amici, i suoi parenti e conoscenti... magari tutto il Distretto 12 mi detesterà per quello che ho fatto!
No, non tutti. Mia madre, mio fratello e la mia sorellina non mi odieranno. Sono certa che loro mi hanno capita e appoggiata fino alla fine. Questo mi da appena un po' di sollievo, ma sento che mi sto già preparando psicologicamente alla mia nuova vita da reietta del distretto. Da rifuito umano della società... però ci sarà la vincità. Porterò al mio distretto un'anno di viveri gratuiti. Per un'anno intero nessuno soffrirà la fame. Basterà a farmi perdonare?
Quali altre "bellissime" cose mi ha regalato la vittoria? Ah giusto, ora ricordo. Il Tour della Vittoria. Dovrò sfilare per le strade di tutti e 12 i distretti perché gli abitanti mi acclamino e festeggino. Bella roba davvero... Penso alle famiglie dei Tributi morti. Soprattutto a quelle di coloro che ho ucciso io... non sarà piacevole. E poi ci sono quelle dei miei alleati. Chissà se daranno la colpa a me anche per la loro morte... in fondo non ho fatto nulla per impedirla! Io stessa mi sento in colpa, per cui non oso immaginare quanto dovranno odiarmi loro.
Ah, quasi dimenticavo. Sono ricca adesso. Ho soldi a palate! Non so nemmeno cosa farmene di tutti i soldi del premio... Però potrò dare da mangiare alla mia famiglia. Potrò comprare a Jenny tutti i nastri e i dolci che vuole! Questa, sì che è una bella cosa...
Su questo ultimo pensiero chiudo gli occhi e mi addormento.

Mi risveglio di scatto, sudata e scossa da violenti brividi, pentendomi di aver dormito. Incubi. I più terribili che si possano immaginare! Rivedo l'arena, rivedo i morti, mi vedo morire in tutti i modi a cui ho assistito. Una ragazza mi taglia la testa, una spada mi squarcia, un coltello mi taglia la gola, un'altro mi viene spinto nello stomaco, un dardo mi colpisce, la cancrena marcisce il mio corpo e infine un'esplosione mi dilania le carni... Riesco quasi a sentire il dolore provato da ogni singolo Tributo.
Mi guardo attorno credendo di essere ancora nell'arena, ma quello che vedo è la stanza d'ospedale. E Ray. E' seduto su una poltroncina, vicino al mio letto. Mi sta osservando preoccupato.
«Ray... ho avuto un incubo orribile. Non voglio dormire più! Dimmi che possiamo iniziare la preparazione...» desidero avere qualcosa da fare, qualcosa a cui pensare per distrarmi dalle immagini sanguinose ancora impresse nella mia retina.
«Va bene piccola, vieni, ti accompagno in bagno. Ti ho portato dei vestiti. Quando sarai pronta andremo dal dottore a fargli firmare le carte per la dimissione e poi ti porterò su, al dodicesimo piano, dove stavamo prima dei giochi... Rose, Toel e Max sono già li che ci aspettano.» chi sono Rose, Toel e Max? Ah giusto... sono i nomi del mio staff di preparatori. E' stato semplice dimenticarmi di loro e forse anche un po' ingiusto. In fondo una parte di merito per la mia vittoria è anche loro. Mi hanno resa bellissima, assieme a Ray naturalmente...

Rieccomi nell'attico del Centro di Addestramento. L'ospedale era sotterraneo, un livello sotto a quello della palestra, per cui in pochi minuti mi sono ritrovata nelle mani di quei tre esseri colorati e frizzanti, a farmi allegramente torturare! Credevo che dopo l'arena la ceretta sarebbe stata un dolore insignificante, una passeggiata... e invece è sempre un supplizio! E i discorsi frivoli e vuoti dei tre preparatori non mi aiutano a distrarmi. Sono tutti eccitati dal fatto che il primo anno abbia vinto la ragazza curata da loro, che finalmente vadano di moda le piume di pavone, che il tacchino ripieno di salsa alla frutta esotica dell'ultimo ricevimento sia stato ottimo, dall'entusiamante prima edizione degli Hunger Games, con tutti i suoi colpi di scena e le sue battaglie all'ultimo sangue... Ho già detto che li odio? Non mi importa più nulla del fatto che mi abbiano aiutata ad apparire bella e desiderabile agli occhi degli sponsor. Io li detesto perché non hanno rispetto per le vite spezzate degli altri Tributi! A loro non importa di nominare con leggerezza Lehanne, Blain, Giorgine, Elia e tutti gli altri che ho conosciuto, chi più chi meno. Non gli interessa se ogni parola sui giochi mi provoca un dolore fisico in tutto il corpo. E mescolano con tranquillità cronaca sugli orrori degli Hunger Games, novità sulla moda, pettegolezzi sui più famosi attori di Capitol City e gusti in fatto di cibo!
«Ora basta, potete andare. Continuo io.» Ray. E' entrato nella stanza e deve essersi accorto della mia sofferenza.
Un po' sconcertata Toel smette di spalmarmi i capelli di non so che crema; Rose completa l'ultimo svolazzo sull'ultima unghia della mia mano destra e mi dice in tono stizzito di tenere ferme le mani finché lo smalto non sarà asciutto, per non rovinare il suo capolavoro; Max invece mi sorride e posa la spugnetta con cui stava levigando la mia pelle da almeno mezz'ora. Lui forse è il meno tremendo. E' il più silenzioso e cerca di non fare commenti inappropriati sui morti...
Rimango sola con il mio stilista e lui riprende a massaggiarmi la nuca con la crema. Restiamo in silenzio per un po', poi inizia a sciacquarmi i capelli e anche a parlare.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto sentire parlare di quelle brutte cose. Ma sono felice che tu sia tornata da me. Lo sai cosa significa vero?» come cosa significa? Cosa intende...?
«Significa che potrò riabbracciare la mia famiglia...» dico restando sul vago.
«Certo, anche questo, ed è una cosa splendia. Sono davvero felice per te, però non è ciò a cui mi riferivo...»
«Giusto certo, c'è anche il premio in denaro. Sai non so davvero come li spenderò tutti quei soldi. Magari ti comprerò qualche vestito su misura per me e la mia famiglia...» probabilmente sono snervante, ma cercare di cambiare discorso è l'unica cosa che posso fare. Ho capito dove vuole arrivare e ho paura di arrivarci...
«Jaden non vorrò mai dei soldi da te! Da qui alla fine dei tuoi giorni ti farò avere tutti gli abiti che vuoi gratuitamente. Lo capisci questo vero?»
«Sei molto gentile Ray, ma non credo di poter accettare...»
«Io non voglio più essere solo il tuo stilista lo vuoi capire o no?»
«Il problema è proprio questo... non voglio capirlo. Non posso capirlo! Tu sei sposato Ray e sei di Capitol City. Mentre io sono del Distretto 12. Non può funzionare!»
«Questo lo dici tu. Fra me e Mandy le cose non vanno affatto bene. Siamo troppo simili, la nostra relazione non ha mai avuto stimoli d'interesse. All'inizio era bello andare d'accordo su tutto, ma è diventato presto noioso e frustrante. Pensa che siamo d'accordo anche su questo, sul fatto che dobbiamo interrompere definitivamente la nostra relazione... E' ironico non trovi?»
«No, non ci trovo nulla di ironico. E' triste e non risolve la questione.»
«Sì che la risolve! A Capitol City ci sono almeno 20 annullamenti di matrimonio al giorno, è una pratica semplice e veloce. E poi potremo stare insieme, io e te. Andiamo lo so che è quello che vuoi anche tu!»
«Ti ricordo che io sono sempre del Distretto 12 e che agli abitanti dei distretti è vietato uscire dai confini. Non potremmo mai vivere assieme!»
«E qui ti sbagli! Tu non sei più una semplice cittadina del Distretto 12. Tu ora sei una cittadina del Villaggio dei Vincitori. E anche una Mentore! Avrai privilegi speciali che gli altri abitanti non hanno. Sarai libera di venire a Capitol City quando vorrai!»
«Ma io non voglio venirci a Capitol City! Odio questa città, odio i suoi abitanti, odio gli Hunger Games, odio tutto! Tranne te...»
«E allora verrò io a vivere al Villaggio dei Vincitori, con te!»
«Cos'è questa storia del Villaggio dei Vincitori? Non posso tornare al mio distretto?»
«Certo che ci tornerai, ci torneremo insieme! Durante la tua permanenza a Capitol City in tutti i distretti sono state costruite 12 lussuosissime case, attorno ad una nuova piazza, poco fuori dai centri abitati. Quelle saranno le case dei vincitori degli Hunger Games. E una sarà tua. Nostra se lo vorrai...»
Mentre parlavamo Ray ha finito di abbellirmi e ora sono pronta. Mi manca solo il vestito. E ora che lui si è fermato, che mi guarda negli occhi supplicandomi di passare il resto della vita con lui, ne sento decisamente la mancanza!
Uffa. Rieccolo. E' tornato l'imbarazzo e non so più cosa dire...


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NOTE DI JD:

 

Dodicesimo capitolo aggiornato, ma non betato. Parto chiedendo umilmente perdono, perché la parte post arena è molto difficile, per quanto mi riguarda... Ho faticato a scrivere ogni singolo capitolo da qui in avanti, per cui compatitemi/capitemi >.< e nulla, questo capitolo è forse un po' lento e monotono, ma non sapevo davvero come ravvivarlo, mi dispiace... però avete visto i tre coloratissimi preparatori :)
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

   
 
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