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Autore: Morwenna    17/06/2013    0 recensioni
-Come diamine ti sei conciata Elizabeth?! Sembri una dannata monaca di clausura!-
Lunedì 12 Ottobre, un normalissimo, palloso giorno di inizio autunno.
Faceva freddo, troppo freddo per essere solo una mattinata di mezza stagione, e il vento era tagliente come la lingua della vecchia donna ai piedi della scalinata di marmo.
Quella donna, Elizabeth appunto, era la creatura più perfida e immonda della terra.
Amava fumare costose sigarette svizzere, adorava inveire contro Geoffrey, l'autista, ma solo quando si alzava di buon umore, ma il suo hobby preferito era criticare e sbraitare cattiverie a sua nipote, Elizabeth, che peraltro portava proprio il suo stesso nome. E lei naturalmente lo odiava.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Feuillemort, like dead red leaves.

 

 

Capitolo II

Ironia della sorte – L’intruso

 

 

Come previsto il party di inizio anno si era rivelato una rottura già dai primi cinque minuti in cui Bess aveva messo piede nel salone. Emma (ironia della sorte), a causa dei tacchi alti, si era slogata una caviglia scendendo le scale, e il buon vecchio Foster (ironia della storte) si era tempestivamente offerto di scortarla in infermeria.

-Ma non è niente! Una sciocchezza… ouch!- aveva pigolato Emma reggendosi alla spalla del suo cavaliere. –Saremo di ritorno tra qualche minuto, un po’ di pomata, un po’ di ghiaccio…

-Va bene, va bene, ho capito! Vi aspetto dentro- li liquidò Bess con un cenno della mano.

Non erano nemmeno passate le otto che i suoi due amici avevano cominciato a mostrare inequivocabili segni di “fidanzataggine acuta”.

Se prima dove andava Emma, Bess era sempre presente, ora era subentrato Ser Foster munito di cavallo bianco e galanteria, pronto a scortar la sua migliore amica in capo al mondo.

“Benvenuta a Piccioncinville, l’inferno del terzo incomodo!” pensò amaramente Bess, mentre si dirigeva a passo spedito nel salone.

Come di consueto l’antica sala dagli alti soffitti era addobbata elegantemente con lampadari in cristallo, festoni argentati e tavoli ricchi di ogni tipo di pietanza. Gli addetti al catering si aggiravano tra gli invitati offrendo coppe di spumante e salatini di vario genere, mentre l’orchestra suonava un lento (che nessuno ovviamente ballava).

Bess scorse la Vecchia attorniata dagli immancabili vegliardi appassionati di caccia alla volpe che l’ascoltavano mentre gesticolava animatamente con un bicchiere di champagne in mano.

-Sììì, quella maledetta si trovava proprio lì a un paio di metri da me… io che faccio? Imbraccio il fucile e miro proprio all’altezza degli occhi… oh, Howard, vecchia canaglia, non ti dico… ho cominciato a sudare freddo per la tensione… quella mi guardava e non muoveva un muscolo! Così io premo il grilletto e… niente, la disgraziata se la dà a gambe, avevo terminato le pallottole..

La ragazza non volle nemmeno sentire la fine della storia, ormai la conosceva a memoria.

Sua nonna raccontava la stessa ogni anno e quelle vecchie mummie con l’ alzheimer, sebbene l’avessero udita ad ogni singolo part a cui la Vecchia presenziava, l’adoravano come un bambino ama Jack e il fagiolo magico.

Bess si guardò attorno in cerca di visi familiari.

Riconobbe Edwin Goldsmith, che frequentava con lei il corso avanzato di letteratura europea, Lillian Moore, della squadra di lacrosse, Fanny Peterson, capitano del club di dibattito, detta anche “Miss Ultima Parola”, e Vince Glenfield, la prima cotta di Emma, avvinghiato dietro una  colonna con una ragazza che Bess non conosceva.

“Accidenti”, pensò, “sembrano appena usciti da due monasteri di clausura! Guarda come si pastrugnano selvaggiamente…”

Bess era sconvolta e allo stesso tempo divertita dalla performance di “Capitan Abdominal” e “Lady Mystery” che nel frattempo si era voltata intenta a tirarsi su una spallina del vestito che le era scivolata nella foga.

-Non è possibile…

La ragazza sobbalzò per la sorpresa. Emma, che era tornata dall’infermeria, aveva dato voce ai suoi pensieri, e proprio come lei non riusciva a smettere di guardare la Non Più Così Misteriosa ragazza che si era appena ripassata uno degli studenti più fichi del College.

Si trattava infatti di…

-Violet Graham?!?!?!?!- Emma era totalmente esterrefatta, la mano serrata intorno al braccio dell’amica.

- Quella Violet? Ma… ma cosa le è successo? Insomma, un paio di mesi fa sarebbe rimasta incastrata dietro quella colonna e invece…

Nemmeno Bess riusciva a capacitarsi del fatto che Violet Graham avesse preso un paio di tonnellate nel giro di un’estate.

-Il suo patrigno le avrà pagato una lipo…- azzardò Foster, che nel frattempo era ricomparso reggendo un vassoio pieno di voulevant e salatini.

-Non mi stupirei visto che in questa dimensione è praticamente impossibile dimagrire così in fretta…- commentò acida Emma che più di tutti sapeva quanto è ardua una vita fatta solo di beveroni vegetali e barrette dietetiche ai frutti di bosco.

Inoltre, Bess era perfettamente a conoscenza del periodo in cui Emma andava fuori di testa ogni volta che Vince si trovasse nei paraggi, e vederlo lì, appolipato a una che  fino a un paio di mesi prima si faceva venire a prendere con l’elicottero perché non entrava in macchina doveva essere un duro colpo all’autostima dell’amica.

Ma naturalmente Em era una ragazza troppo orgogliosa per rimanerci male così a lungo, e dopo aver dato le spalle a quello spettacolo terrificante, sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi a sessantasei denti  e marciò verso il tavolo del buffet trascinandosi dietro un Foster tossicchiante e sputacchiante.

-Affetta, mi hhai ‘adere iassoio- annaspava lo scozzese, cercando di salvare più cibo che poteva.

 

***

 

 

La serata passò fin troppo lentamente e Bess era stanca sia per il viaggio, sia per la musica soporifera dell’orchestra.

Emma, che continuava a sorridere come se avesse una paresi facciale, sembrava non essersi ripresa del tutto dallo shock provocatole dalla vista del suo ex amore proibito fra le braccia di un’ex taglia forte.

Foster, che non si smentiva mai, si era accasciato su una sedia con la cravatta e la cintura dei pantaloni visibilmente allentate.

-Vi prego, la prossima volta fermatemi… mi sento esplodere…

Bess gli lanciò un’occhiata disgustata.

Lo scozzese aveva educatamente razziato mezzo buffet, cacciandosi in bocca qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.

Come se non bastasse aveva assunto un colorito verdastro piuttosto allarmante e prima che Bess potesse minacciarlo di morte in caso avesse avuto intenzione di vomitarle sulle scarpe, Foster si alzò di scatto e con un “scusate, mi devo assentare un attimo” partì a rotta di collo verso i bagni.

Emma, che aveva smesso di guardare in cagnesco Glenfield che si era appartato nuovamente con la Graham, si alzò esasperata per seguire il suo ragazzo.

-Vado a vedere come sta… non ci aspettare.

Bess non poteva chiedere scusa migliore per tornarsene in dormitorio.

La ragazza non vedeva l’ora di togliersi quei maledetti trampoli e affondare nel suo amato lettuccio da una piazza e mezza.

Salutò in fretta la Vecchia che nemmeno si accorse di lei da quanto era presa dalle scommesse sui cavalli.

-Come, te ne vai di già?- gracchiò, gli occhi lucidi e le guance arrossate.

Ma Bess era già fuori dal caotico salone, pronta per piombare tra le braccia di Morfeo.

 

***

 

I corridoi erano deserti e silenziosi, illuminati dalla fioca luce della luna che filtrava attraverso le alte vetrate.

Bess si trascinò su per la scala, esausta e impaziente di crollare a letto, il rumore dei tacchi che rimbombava lugubre sul marmo.

Sebbene non avesse nutrito grandi aspettative nei confronti del banchetto di inizio anno, il party si era rivelato più monotono del previsto.

“Se non altro, non ho nemmeno intravvisto Barbie e Ken avvinghiati dietro a qualche arazzo” pensò sollevata, imboccando il corridoio dell’ala settentrionale.

Certo, le dispiaceva un po’ per Emma, e per la scena mortificante alla quale aveva assistito, ma in quel momento non desiderava altro che spegnere il cervello, o almeno metterlo in stand by.

Bess si tolse le dolorose trappole cinesi alle quali aveva amorevolmente affidato i piedi.

Era quasi giunta all’agognata destinazione quando con orrore si accorse di non avere le chiavi dell’alloggio.

Merda.

Si era completamente dimenticata di chiedere le chiavi ad Emma, tuttavia escludeva a priori l’ipotesi di tornare indietro a riprendersele.

Non ci teneva affatto a vedere Foster chino sul cesso a vomitare l’anima, per cui non restava che una soluzione: entrare dalla finestra.

Sebbene non avesse mai tentato una cosa del genere, Bess aveva visto troppi film in cui l’eroe sfigato rimane chiuso fuori di casa ed è costretto a passare dalla finestra casualmente aperta sul pero piantato in giardino.

A mali estremi, estremi rimedi.

Tuttavia vi erano due spiacevoli inconvenienti che la fecero esitare nel compiere un’azione così rocambolesca.

L’alloggio si trovava al terzo piano dell’edificio e purtroppo nessun albero sarebbe stato abbastanza alto da raggiungere la finestra di camera sua.

Non le restava che camminare sul parapetto fino alla finestra più vicina.

Bess raccolse i tacchi da terra, tutto il suo coraggio, e aprì la prima finestra del corridoio più vicina all’alloggio.

Una ventata di aria fresca la investì facendola rabbrividire.

Il lago scintillavo oscuro a pochi passi dall’edificio, accarezzato dai raggi della luna, in lontananza le chiome degli alberi venivano scosse da una leggera brezza serale.

Sotto il vuoto.

Ma poi, pensando alla scena apocalittica che si stava svolgendo nei bagni del primo piano, Bess ebbe uno slancio di coraggio e uscì dalla finestra prima che potesse pentirsene.

Si mise in piedi sul parapetto, evitando accuratamente di guardare di sotto, perché anche se non soffriva di vertigini  sapeva che era la cosa giusta da fare quando ci si ritrova in determinate situazioni.

Stanca e tremante sia per il freddo che per l’ansia, mosse i primi passi aggrappandosi ad ogni sporgenza che incontrava nel pericoloso tragitto.

Dopo nemmeno mezza dozzina di passi giunse alla finestra della camera di Foster, ma purtroppo lo zuccone, che era solito lasciare aperti qualsiasi scomparto, finestra, barattolo, tavoletta del cesso, si era premurato di chiuderla proprio quando lei si trovava sul cornicione, mezza nuda, scalza e infreddolita.

Bess non osava nemmeno provare a tornare indietro, perciò controllò che le altre finestre fossero aperte.

Come previsto sia lei che Emma avevano barricato con tanto di tende le finestre di entrambe le stanze, nemmeno quella del bagno era aperta.

Indecisa se piangere e gridare per la disperazione o gettarsi dal cornicione, Bess decise di tornare indietro a chiedere le chiavi prima che una folata di vento la facesse precipitare e di conseguenza schiantare al suolo.

Ma mentre gattonava da dove era venuta, urtò inavvertitamente la finestra della stanza vuota dell’alloggio che erano soliti adibire a sgabuzzino dove riporre cianfrusaglie e valigie.

Ironia della sorte, nell’unica stanza vuota dell’alloggio la finestra era stata lasciata aperta, così Bess, cautamente, dopo aver lanciato le scarpe all’interno, saltò dentro la stanza atterrando sulle ginocchia dolorosamente ma sana e salva.

Ci vollero cinque minuti buoni per riprendere fiato, dopodiché poté dirigersi finalmente nella sua stanza.

In corridoio era buio pesto, Emma e Foster non erano ancora tornati.

Bess, per evitare di inciampare camminò rasente al muro, cercando l’interruttore a tastoni che ovviamente sembrava essersi volatilizzato.

-Ma dove caz…?

La ragazza si fermò di botto, non era sola nell’alloggio.

Dalla cucina, infatti, proveniva la luce soffusa del frigorifero.

Qualcuno si stava rifocillando nel suo frigo.

Bess, essendo paranoica all’ennesima potenza, aveva immediatamente pensato ad un ladro, o a qualche genere di creatura soprannaturale sputafuoco, e sempre a tentoni, si era messa alla ricerca di un oggetto contundente.

Non trovando niente di meglio che un pacchetto di Pringles (sicuramente lasciato in giro da quel porco di Foster) semi vuoto, si liberò del contenuto e con passo felpato si avviò verso l’intruso.

Trattenendo il respiro, fece lentamente capolino e col cuore in gola, brandendo come un’imbecille il tubo di cartone.

Una figura indistinta (con suo parziale sollievo, presumibilmente umana) era china sul frigorifero in cerca di qualcosa da scroccare, incurante del fatto che di lì a poco sarebbe stato/a aggredito/a dall’esimia proprietaria.

Quatta come una pantegana, o meglio, silenziosa come una tigre del Bengala, Bess scivolò con passo felpato sulla moquette, il barattolo di Pringles pronto ad essere calato senza pietà sulle corna dell’imprudente malcapitato/a.

L’intruso, che sembrava aver trovato quello che cercava, chiuse lo sportello del frigorifero e il buio calò nuovamente in tutto l’alloggio.

Bess, che ormai si era perfettamente calata nei panni di eroina dei film d’azione partì alla carica e cominciò a colpire alla cieca il losco figuro che si era permesso di sottrarre dal suo frigo cibo che non gli apparteneva.

-Ma che cazz…?!?! Ehi! Ma che succed…? Ouch!

Il cartone delle Pringles doveva aver colpito una zona parecchio sensibile perché l’intruso, dalla voce indubbiamente maschile, crollò a terra con un tonfo.

Bess, che non perdeva mai tempo, si precipitò ad accendere la luce per scoprire l’identità del losco figuro che aveva appena atterrato.

Incredibilmente trovò l’interruttore in meno di due secondi, e la luce irradiò l’intera stanza come la sala degli interrogatori.

-E adesso leva le tue sporche manacc… uh?!

Non appena si voltò per guardare trionfante la propria vittima agonizzante distesa a terra, Bess rimase senza parole nel vedere chi era in realtà l’intruso brutto e spaventoso che si era immaginata.

“Ironia della sorte”.
 

Morwenna's Corner

I’m soooooo sorry.

Dopo un anno di assenza rieccomi con questa pulciosissima storia che torna a tormentarmi e che devo assolutamente concludere, che mi piaccia o no.

Senza troppi giri di parole mi scuso con chiunque avesse iniziato a seguirla e vi prego di perdonare questa ingiustificabile assenza.

Kisses Morw <3

   
 
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