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Autore: Moony_911    17/06/2013    0 recensioni
Dal primo capitolo...
"vide Luigi uscire in compagnia di un altro uomo, un uomo dall’aria molto familiare e sebbene l’avesse visto di sfuggita, non le ci volle molto per realizzare che si trattava di Andrea. Non un Andrea a caso, era proprio lui, quello che un tempo era stato il “suo” Andrea."
Prendendo ispirazione da una canzone di Max Pezzali, una nuova storia sui nostri due testoni preferiti, Paola e Andrea... buona lettura!
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte 3

 Tante volte io... l'ho immaginato
Rivedere te... che effetto mi farà
Però adesso che... è capitato
Non importa più se sia... stata colpa tua o mia


Mentre era per strada si ritrovò a pensare a tutte le volte che avrebbe voluto chiamarla, se non altro per chiederle di vedersi e chiarire perché se n’era andata così, senza motivo a suo avviso, quando lui pensava che tutto andasse bene.
E senza che potesse evitarlo, ecco che i ricordi di quel giorno, in cui tutto era finito, si rifecero vivi davanti ai suoi occhi.
Era un pomeriggio di inizio giugno e Andrea era appena rientrato dal giro di pattuglia con Sandro, stava andando alla sua scrivania a compilare la relazione di servizio prima di prendersi una pausa quando incrociò Leo.
“Leo!”gli disse salutandolo “Hai per caso visto Paola in giro?!”.
Leo tossì mestamente cercando di sviare la domanda ma Andrea lo stava guardando mentre aspettava una risposta...
 “Paola è in stazione, sta andando via...” rispose infine.
“Ah... non sapevo avesse preso una licenza...” commentò lui con sguardo interrogativo.
Leo lo guardò con aria triste, non gli piaceva per niente l’idea di dover essere lui a dare una notizia di quel genere all’amico, ma si fece coraggio e prese parola.
“No Andrea, Paola non ha preso una licenza, sta andando via per non ritornare, l’hanno chiamata per il corso per vicebrigadieri a Firenze!” gli disse lui tutto d’un fiato.
“Che cosa?!” chiese Andrea che era rimasto letteralmente senza parole.
“Anche io ho avuto la tua stessa reazione, a quanto pare non lo sapeva nessuno tranne Capello...”.
Andrea era immobile, lo sguardo perso nel vuoto, si sentiva come se gli fosse arrivata un mattone dritto in capo, non riusciva a credere a quanto gli aveva appena detto Leo, no, non poteva essere vero, non poteva essere davvero così...
“Leo fra quanto parte?”.
“E’ sul treno delle 17.25...”.
“Grazie!” rispose lui prendendo le chiavi della moto e il casco dal suo ufficio e dopo aver recuperato la moto in cortile, guidò come un pazzo fino ad arrivare alla stazione.
Parcheggiò velocemente davanti all’ingresso principale della stazione e dopo aver controllato alla rinfusa i binari sul cartellone delle partenze, si buttò di corsa verso le scale del sottopasso che lo avrebbe condotto fino al binario quattro dove si trovava lei.
Che diamine stava succedendo?Voleva parlarci, doveva parlarci e percorse il sottopasso sentendo un peso opprimergli la bocca dello stomaco facendo due a due gli scalini che lo avrebbero portato alla piattaforma del binario quattro.
“No, no, no, no!!!” disse ad alta voce con il poco fiato che gli rimaneva nei polmoni vedendo che il treno si stava già muovendo. Non voleva crederci, non stava succedendo davvero, non poteva essere vero che Paola se ne andasse così senza neanche dargli uno straccio di motivazione.
Si mise a sedere su una panchina, poggiò i gomiti sulle ginocchia e ci abbandonò la testa, si sentiva svuotato, era stato un fulmine a ciel sereno e non si meravigliò quando sentì una lacrima scendergli sulla guancia.
Rimase così per un lasso di tempo non ben definito, poi prese il cellulare e cominciò a comporre il numero di telefono di Paola, che squillava a vuoto. La chiamò una, due, cinque, dieci volte ma il telefono squillava a vuoto...perchè si stava comportando così? Non riusciva a capirlo, non trovava un nesso logico a questo comportamento ma se c’era una cosa di cui era certo è che non si sarebbe accontentato di lasciarla andare così, senza neanche sapere il perché.
Sconsolato rientrò in caserma, lo sguardo torvo che avrebbe incenerito chiunque si fosse trovato sulla sua strada e quando vide che la maggior parte dei colleghi o era fuori o era già smontato, ringraziò mentalmente l’inquilino del piano di sopra o chi per esso e andò a passo spedito verso l’ufficio di Capello.
“Andrea, vieni, accomodati!” gli disse il maresciallo che immaginava esattamente il motivo per il quale il suo sottoposto si trovasse lì, anche se non gli avesse detto niente, i suoi occhi parlavano per lui “Ho una cosa per te...”.
“Maresciallo io...”.
“Lo so perché sei qui Andrea, e a questo proposito ho una lettera da parte di Paola da consegnarti...” disse aprendo il cassetto della sua scrivania ed estraendo una busta bianca “credimi, anche io ci son rimasto stupito quando è arrivata la convocazione a Firenze, non ci aspettavamo che dovesse partire così presto...”.
Andrea lo guardò stranito, si fece coraggio e chiese al maresciallo da quanto tempo Paola avesse deciso di inoltrare la domanda.
“E’ stato il capitano Ranieri a proporla per il corso,”rispose lui cercando di alleviare il tormento che vedeva sul volto del suo giovane sottoposto “all’inizio era un po’ titubante, poi non s’è capito bene il perché, ha deciso di accettare senza esitazioni, e il fatto che sia a Firenze è ininfluente,credimi, avrebbe accettato anche se fosse stato ad Udine...Mi dispiace Andrea, anche per me è stata una cosa inaspettata...”.
“Grazie maresciallo... con permesso...” disse congedandosi prima di uscire dalla stanza.
Percorse il corridoio e andò in cortile, appoggiandosi all’albero dove l’aveva trovata quel giorno in cui le aveva portato una tazza di the caldo alle cinque del mattino e tirò fuori la lettera dalla tasca dove l’aveva riposta.
La guardò e riconobbe la grafia di Paola che sulla busta aveva scritto semplicemente “Andrea”.
La aprì e vi trovò all’interno un foglio bianco piegato in quattro, lo aprì e cominciò a leggere sperando di trovare in quel foglio le risposte alle mille domande che gli frullavano in capo.
E invece ancora una volta rimase a bocca asciutta, ma percepì esattamente il momento in cui un pezzo del suo cuore andò in frantumi.
“So che ti starai chiedendo il perché di questo mio comportamento, mi dispiace tanto Andrea ma non ce la faccio... cerca di dimenticarmi e andare avanti con la tua vita e se ci riesci, di perdonarmi per questo mio comportamento.
Paola”

Appallottolò la lettera in un istante, come era possibile che un giorno andasse tutto bene e poi di punto in bianco, senza addurre una motivazione plausibile, se ne andasse troncando di netto la loro relazione?
Perché loro avevano una relazione per la miseria, anche se fra alti e bassi stavano insieme, e una relazione implica anche prendere le decisioni insieme ma a quanto pare, lui e Paola avevano una percezione del termine “insieme” veramente differente... sentì vari sentimenti farsi strada dentro di se,lo stupore, la delusione, l’amarezza, la rabbia, e realizzo per la prima volta che lei se n’era andata, senza dargli alcuna possibilità di appello.
Strizza un attimo gli occhi per permettere ai ricordi di andare a riporsi in un angoletto della sua mente e con essi tutte le sensazioni che avevano suscitato...quanto l’aveva cercata per poterci parlare, per sapere la motivazione reale del suo comportamento, così da potersi chiarire una volta per tutte e poter andare avanti con la sua vita, sarebbe stato l’Andrea di sempre, ma non più il vero Andrea, quello che solo Paola era riuscito a far emergere  e in quel momento esatto realizza che il tempo può anche essere passato ma lui Paola ce l’ha ancora in testa.
 
Nella sua stanza Paola si sta rigirando da un’oretta buona nel letto come un anima in pena, nonostante si sia imposta di non pensarci troppo, il suo criceto sta andando a mille, rischiando quasi di fondere, ed immediatamente si va a focalizzare proprio sull’unica cosa che è certa le toglierà il sonno.
Quel mese aveva avuto un ritardo nel ciclo e per lei che era puntuale come un orologio svizzero fu un campanello d’allarme, così senza dire niente a nessuno fece tutti gli accertamenti del caso che risultarono positivi.
-Un bambino! Il nostro bambino- ricordò di aver pensato una volta uscita dallo studio del ginecologo toccando il cielo con un dito, ancora incredula per quella notizia che il dottore le aveva appena dato.
Stava cercando un modo carino per dirglielo, sperando in cuor suo che anche Andrea si rivelasse così elettrizzato dalla notizia come lo era lei, per dirgli che di lì a otto mesi sarebbero diventati una famiglia e mentre era in archivio a sistemare delle pratiche quel pomeriggio, persa nelle sue fantasie, non si accorse che qualcuno era entrato nella stanza e aveva richiuso la porta alle sue spalle.
Sentì due braccia cingerle la vita e  vide che Andrea aveva posato la testa sulla sua spalla.
 “Ma tu non dovresti essere in comune alla riunione per la festa patronale?” gli chiese continuando ad armeggiare con i fascicoli.
“Se vuoi me ne vado subito...”.
“Scemo, non ho mai detto questo...” rispose posando i fascicoli e voltandosi per andare ad abbracciarlo.
“Sicura che vada tutto bene tesoro, hai una faccia stanca...” commentò Andrea vedendola un po’ sbattuta.
“Tutto bene, tu invece? Che voleva Ranieri stamani?”.
Andrea cambiò immediatamente espressione facendola preoccupare e lei decise di provare a farlo parlare.
“Amore che c’è?!” chiese allarmata “brutte notizie?!”.
“No tranquilla, è solo che stasera devo essere a Roma per un corso d’aggiornamento e starò fuori una settimana...”.
“Mmmmh... ecco, questo mi piace già un po’ di meno...” rispose lei pensando che avrebbe dovuto aspettare per dargli la notizia..
“Lo so, non credere che sia felice di dover stare la per una settimana intera senza poterti vedere...” rispose lui prima di darle un bacio.
Si separarono prima che si lasciassero trasportare troppo e lei gli chiese se gli servisse una mano a preparare il borsone.
“Se ti va lo sai che a me fa piacere, non vorrai mica che mi si sgualciscano le camicie, no?!” rispose lui alludendo alla famosa conversazione sulla bravura di Paola nello stirare i colletti delle camicie.
“Non sia mai Maresciallo che tu ti presenti con la camicia sgualcita per colpa mia, che scherzi!?” concluse Paola risistemandogli la giacca così da non lasciare traccia del loro incontro prima di trascinarlo verso la porta“Andiamo va, che devo supervisionare quel marasma che tu chiami borsone!”
Cenarono insieme agli altri, poi Andrea si congedò prima di recuperare le sue cose e dirigersi in cortile per caricare la macchina seguito da Paola.
Erano pronti, ora restava la parte più brutta, quella che aveva sempre odiato perché non riusciva mai a dire ciò che voleva nel momento esatto in cui doveva e cominciò a sentire che si stava chiudendo a riccio, come ogni volta che c’erano dei saluti di mezzo.
“Ci siamo... fai a modo qui e niente colpi di testa, ci siamo intesi?” le disse mentre la teneva stretta in un abbraccio.
“Intesi, e anche tu laggiù...se vengo a sapere che hai fatto il cretino con qualcuna delle tue colleghe giuro che ti stacco la testa e la uso al posto della tua amata palla da basket!” rispose lei accennando un sorriso.
“Se non fosse che sei solo tu quella che amo avresti di che preoccuparti, lo sai che con il suo fascino il Ferri fa facilmente strage di cuori...”.
“Sempre modesto vero, Ottoni?!”.
“Ahahah Vitali, non per essere ma stai divagando...”.

“Lo so, lo so, lo so... ma lo sai com’è, no?!”.
“Non ti piacciono i saluti...certo che lo so tesoro, ma non c’è niente di cui preoccuparsi, una settimana passa velocemente!!”.
Si salutarono, Andrea salì in macchina e mise in moto; stava quasi per oltrepassare il cancello quando dallo specchietto vide Paola accelerare il passo per raggiungerlo e richiamarlo.
“Amore... mi stavo dimenticando di dirti...”.
“Si?!”.
“Niente, te lo racconto quando torni...” rispose lei sporgendosi dentro l’abitacolo per dargli un bacio veloce “ti amo!”.
“Anche io, ti chiamo quando arrivo!”.
“Okay, allora ti aspetto...”.
Paola rimase a guardarlo andare via e poi rientrò dentro, dandosi della stupida mentalmente per non averglielo detto, lasciando passare una buona occasione.
 
Andrea era partito per Roma da neanche ventiquattro ore e già gli mancava un sacco, ma pensò di non pensarci troppo  si erano appena sentiti mentre aveva la pausa pranzo e la cosa le aveva ridato un po’ di buon umore.
Quel pomeriggio era di pattuglia con Sandro quando vennero chiamati per una rissa in un parco giochi e mentre cercava di calmare un ragazzo, questo gli mollò una ginocchiata in pieno ventre facendole perdere i sensi.
Fortuna volle che anche Carlo, Sonia e Romanò fossero stati mandati in rinforzo, così mentre i tre uomini finivano di placare gli animi e procedevano a far salire sull’auto alcuni dei coinvolti, Sonia si prese cura di Paola mentre aspettavano l’ambulanza del 118 che era stata allertata e si stava dirigendo sul posto.
“Paola stai bene?!” chiese vedendola ancora a terra rannicchiata su un fianco con una mano a proteggersi il ventre.
“I..il bambino...” rispose lei con un filo di voce.
Sonia la guardò spaventata, di che cosa stava parlando?!?
“Resisti Paola, andrà tutto bene, l’ambulanza sta arrivando, vedrai, tra poco sarà qui e starai bene!”.
L’infermiere del 118 si avvicinò per vedere cosa era successo e cominciò a prenderle i parametri ma si fermò immediatamente vedendo che c’era del sangue per terra. Si accertò che non fosse ferita mentre Paola, stremata, si sforzava nel tentativo di  fargli sapere che era incinta.
La caricarono sulla barella e una volta entrati in ambulanza, l’infermiere non perse tempo, riprese il monitoraggio dei parametri vitali e si apprestò a reperire un accesso venoso per infonderle un po’ di liquidi,  preoccupato che potesse subentrare uno shock ipovolemico.
Paola lo sentì chiacchierare al telefono cercando di concentrarsi su quello che stava dicendo.
“Si, ciao... qui è la India 01, ci dirigiamo verso il pronto soccorso, puoi avvertire che tengano libera una medicheria?” disse l’infermiere, un uomo sui quarant’anni “la paziente è una donna sui trent’anni, incinta, ha un’emorragia in corso... si, è probabile.... digli che in sei minuti al massimo siamo lì...”.
Lo sentì chiudere la telefonata e poi prese a parlare con lei.
“Paola ascoltami, ora andiamo in pronto soccorso e ti danno un’occhiata, hai preso un brutto colpo e dobbiamo cercare di fermare la perdita di sangue...” le disse prendendole la mano “cerca di stare tranquilla, ancora poco e siamo arrivati!”.
 
Arrivarono in pronto soccorso e subito quello che temevano di più divenne reale, Paola aveva un aborto in atto, sicuramente provocato dal trauma che aveva appena subito.
Venne portata in ginecologia per le cure del caso, riuscirono a fermare l’emorragia ma non senza che la gravidanza risultasse evidentemente interrotta e per sicurezza, una volta tornata in camera, le vennero attaccate le due sacche di sangue che il medico aveva fatto arrivare dal centro trasfusionale per far tornare i valori ematici ad un livello ottimale.
Sonia entrò in camera e si sedette accanto all’amica che era ancora sotto gli effetti dei sedativi per il piccolo intervento subito. Aveva avvertito il maresciallo Capello che Paola era stata ricoverata in seguito al trauma subito, non facendo alcun riferimento alla gravidanza e all’aborto e sarebbe rimasta lì per uno-due giorni e lui le disse di non preoccuparsi, loro se la sarebbero cavata bene comunque, il suo compito ora era quello di stare con Paola.
Sonia si chiese se non fosse il caso di chiamare Andrea, sapeva che tra i due c’era qualcosa ma vista la situazione doveva essere una decisione di Paola e di nessun altro.
Dopo un’oretta Paola si svegliò, vide Sonia e le sorrise, prima che le lacrime cominciassero a scender insistenti, rompendo gli argini e dando sfogo a tutto quello che provava in quel momento.
Sonia l’abbracciò e lasciò che l’amica si sfogasse e quando lei le chiese di non fare parola con nessuno riguardo a quanto era successo e al perché era stata ricoverata, sebbene non ritenesse giusto ciò che stava facendo, non esitò a promettere che avrebbe fatto quanto le stava chiedendo.
Andrea la chiama, lei fa finta di niente, non gli dice che è in ospedale, sa che potrebbe guidare come un matto rischiando di piantarsi in qualche guard rail lungo l’autostrada, pur di raggiungerla e stare con lei in quel momento ed è l’ultima cosa che vuole.
 
Al termine della degenza Paola rientrò in caserma, e cominciò a sentire quel posto andarle dannatamente stretto, tutti che le chiedevano come stava, tutti che la soffocavano con mille attenzioni mentre lei voleva solo starsene un po’ da sola per avere tempo di metabolizzare quanto successo nelle ultime novantasei ore... il suo bambino, sebbene fosse ancora ad uno stato embrionale, non c’era più.
Leo si affacciò alla porta di camera sua quella sera, il suo fiuto da psicologo diceva che la sua migliore amica non gliela raccontava giusta, e non era solo la sua apatia ad alimentare il suo sospetto, ma anche le sue occhiaie e il suo pallore.
Stava per vuotare il sacco, stava per raccontargli tutto quando Paola decise che non poteva coinvolgere anche Leo, lui ed Andrea avevano un buon rapporto, e se avesse saputo che Leo sapeva qualcosa e non l’aveva avvertito sicuramente non l’avrebbe presa bene.
Perciò indossò una maschera, finse, seppur malissimo, che tutto andasse bene e che l’avevano ricoverata perché aveva preso una brutta botta e volevano essere sicuri che non ci fosse alcun coinvolgimento degli organi addominali.
Fu proprio in quei giorni di grande confusione che il capitano Ranieri, involontariamente, le offrì una via di fuga da quel posto che fino a pochi giorni prima aveva sentito come la sua casa ma che adesso non faceva altro che ricordarle qualcosa che non c’era più­.
Le disse che nel giro di qualche giorno sarebbe partito il corso per vice brigadieri a Firenze e che se voleva, avevano pronto un posto riservato per lei.
Non ci pensò due volte, era la cosa migliore per lei e forse pensò, lo sarebbe stata anche per Andrea, perché in quel momento non riusciva ad essere minimamente la persona di cui lui si era innamorato.
E capì che c’era un solo modo per farlo, usando quello che era il suo punto debole, l’orgoglio.
Ferirlo nell’orgoglio, quella era la tecnica giusta, sapeva che se l’avesse fatto nel modo giusto, Andrea l’avrebbe dimenticata.
Trattenendo a stento le lacrime, perché sebbene il cervello le dicesse che era quella la cosa di cui aveva bisogno in quel momento, il cuore la stava supplicando di non fare una scelta così drastica, perché anche Andrea era coinvolto ed aveva pieno diritto di aiutarla a superare questo momento di dolore, e gli scrisse una lettera, poche righe, senza accennare dettagli sul perché di questa sua scelta.
Cominciò a non rispondergli al telefono, preparò le valigie, consegnò la lettera al maresciallo Capello pregandolo di consegnarla ad Andrea una volta che lei se ne fosse andata via, non prima.
L’anziano maresciallo aveva capito che c’era qualcosa tra quei due ragazzi che andava ben oltre l’amicizia, provò a farla ragionare, cercando di farle capire che andarsene così era una vigliaccata bella e buona ma lei ne era convinta,  e quando Paola si metteva qualcosa in testa era estremamente difficile se non impossibile farle cambiare idea... c’era un unico modo perché fosse l’orgoglio a farla da padrona, la lettera avrebbe sortito l’effetto desiderato e presto o tardi sarebbe andato avanti, e la Morresi tanto sarebbe stata ben lieta di consolarlo, riuscendo finalmente nel suo intento.
 
Paola scosse la testa, cercando di far tornare quei ricordi nell’angoletto dove erano stati fino a quel momento e finalmente preda del sonno, riuscì ad addormentarsi, ignara che ben presto tante cose sarebbero cambiate.
 

  
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