10)Take care of
her.
Il
mese che dobbiamo
trascorrere a Londra passa velocemente.
Senza nemmeno rendercene
conto arriva la vigilia della partenza e siamo tutti incasinati con i
bagagli,
l’appartamento sembra un campo di battaglia e si sentono urla
selvagge ogni
tanto.
Tom che chiama Ava, Ava
che chiama Tom, io che vengo chiamata da quei due, Jonas che scoppia a
piangere
perché non vuole lasciare questa casa.
È un manicomio e domani
abbiamo l’aereo piuttosto presto, Tom si è
occupato di affittare la casa e
spero che abbia scelto qualcosa di adatto, non una catapecchia, ma
nemmeno una
reggia.
Alla fine a mezzanotte è
tutto pronto, peccato che la sveglia suoni alle sei e noi abbiamo
pochissimo
tempo per dormire.
Io crollo sfinita a letto,
sento a malapena la braccia di Tom che mi abbracciano.
La sveglia delle sei
invece la sento benissimo, il rumore riempie il mio cervello come una
deflagrazione, con una spinta la spengo e me ne frego del fatto che sia
caduta
per terra.
Scuoto Tom che è ancora
più addormentato di me e poi corro a svegliare i suoi figli,
con un po’ di
difficoltà ci raduniamo tutti al tavolo della cucina.
Hanno tutti la faccia
stanca e gli occhi gonfi di sonno, dormiremo sull’aereo forse.
Con qualche difficoltà
carichiamo tutto in macchina e ci dirigiamo all’aeroporto,
mentre io faccio la
coda per l’imbarco, Tom consegna la macchina al noleggio
vicino all’aeroporto.
Alle otto precise parte il
nostro volo con destinazione San Diego, mentre ci alziamo guardo
un’ultima
volta Londra dall’alto.
L’ultima volta che l’ho
vista così ero mano nella mano con Mark, eccitata come una
bambina all’idea di
vivere in una città così cosmopolita ed elegante.
Ora invece ho la testa di
Tom appoggiata alla mia spalla e mi sento come se finalmente iniziassi
di nuovo
a vivere dopo un lungo sonno.
Do un ultimo addio al Big
Ben e al Tamigi che si srotola come un tappeto azzurro per la
città, poi
ci sono solo nuvole: candide nuvole che
sembrano fatte di panna.
Cullata dal respiro di Tom
mi addormento e mi sveglio soltanto quando sento qualcuno che muove
delicatamente la mia spalla: Tom.
È arrivata la hostess con
il pranzo, io mangio dell’insalata e un po’ di
carne domandandomi come mai i
pranzi in aereo siano sempre così squallidi e poco invitanti.
Non vedo l’ora di arrivare
a San Diego e fare una puntata a un certo ristorante italiano che
conosco e di
portarci anche Tom e famiglia. Sono sicura che apprezzerebbero.
Mi volto verso il sedile
dei ragazzi e noto che hanno entrambi la mia stessa espressione
schifata.
Il resto del volo
trascorre tranquillo, quando finalmente sbarchiamo
c’è un sole accecante
e fa caldo rispetto a Londra. Ci togliamo i
cappotti e li buttiamo sopra le valigie non appena le abbiamo ritirate.
Bentornata in California,
Skye!
“Ah, finalmente il vero
sole!”
Urla Tom, facendomi
ridere.
“Sì, puoi dirlo forte.
Metaforicamente, ovvio.
Cosa ne dici se cerchiamo
un taxi?”
Lui annuisce e spingiamo i
carrelli verso la zona dove ci sono i taxi, ne troviamo uno libero e
carichiamo
tutto nel baule. Tom è costretto a salire vicino
all’autista a cui dà
l’indirizzo e partiamo.
L’uomo è indiano e durante
il tragitto ci racconta la sua storia e della moglie che lo aspetta in
India
insieme ai figli e soprattutto del fatto che non riesce e farli
arrivare negli
Stati Uniti.
Noi ascoltiamo pazienti,
ma accogliamo con un certo sollievo il fatto che ormai siano arrivati
alla
villetta che Tom ha preso.
È molto graziosa, in stile
spagnolo, con un grande giardino e una piscina.
“Complimenti Tom, è
davvero carina.”
“Me l’ha consigliata Anne.
Posso parlare con Anne, vero?”
Io scoppio a ridere.
“Sì, puoi parlare con chi
vuoi.”
Portiamo le valigie in
casa, i bambini si guardano intorno un po’ spaesati, Jonas
soprattutto, credo
stia pensando che ha cambiato fin troppe case per la sua età.
“Papà siamo stanchi,
possiamo dormire?”
La richiesta arriva da una
sbadigliante Ava, Tom annuisce e li accompagna al piano superiore, io
invece mi
guardo attorno e poi controllo che siano allacciati l’acqua e
l’elettricità, la
casa sembra pulita.
C’è un biglietto sul
frigo, è di Anne, dice che è passata a dare una
sistematina alla casa in attesa
del nostro arrivo e poi mi prega di chiamare non appena siamo arrivati
che Jack
vuole vedermi.
Io sorrido, lo chiamerò
non appena avrò sistemato le valigie, almeno se
vorrà venirmi a trovare troverà
una parvenza d’ordine.
Quando torna Tom mi aiuta
a portare di sopra le valigie e a sistemarle, poi si butta sul letto,
io invece
mi attacco al telefono.
“Pronto, Jack?”
“Ciao mamma!”
“Tesoro, siamo appena
arrivati.”
Sento dei rumori, come di
esultanza, di sottofondo.
“Arrivo subito, chiedo
alla zia se mi porta.”
“Sì, Jack. Ti aspetto!”
Finita la chiamata mi
sdraio accanto a Tom con un sorrisone sul volto.
“Tra poco arriva mio
figlio.”
“Spero non mi prenda a
pugni.”
“Dai, ha solo dieci anni.
Un uomo grande e grosso come te non dovrebbe averne paura.”
“Ho paura di incasinarti
la vita.”
Io mi alzo sui gomiti, mi
allungo leggermente e gli lascio un bacio delicato sulla bocca.
“L’hai già fatto e va bene
così.”
Lui sospira.
“Dai, andiamo o tuo figlio
chissà cosa penserà.”
Scendiamo in salotto e
nemmeno cinque minuti dopo suona il campanello, io vado al cancello per
aprirgli personalmente e lo trovo in compagnia di Anne.
“Ciao, SKye.”
“Ciao, Anne.”
“Ti lascio tuo figlio, lo
verrà a prendere mio fratello.
Ciao, campione!
Divertiti!”
“Ciao zia.”
Lui si volta verso di me e
mi abbraccia, sembra molto felice di vedermi, io lo trovo
più alto, più magro e
più muscoloso. Ha anche un bel colorito dorato, praticamente
il ritratto della
salute.
Entriamo in casa
chiacchierando, si ferma non appena vede Tom, poi lo raggiunge e gli si
piazza
davanti a gambe larghe, come il pistolero di un western.
“Tratta male mia madre e
te la vedrai con me.”
La scena sembrerebbe
comica se non per il volto incredibilmente serio di mio figlio, Tom lo
guarda e
poi annuisce come se stesse parlando a un uomo adulto.
“Non la farò soffrire, mi
prenderò cura di lei, te lo prometto.”
“Sarà meglio per te.
Mamma, c’è Ava?”
Io scuoto la testa.
“Sta dormendo, era
stanca.”
“Non fa niente, la vedrò
un’altra volta. Me la puoi salutare?”
“Certo, ora cosa vuoi
fare?”
“Un bagno in piscina.”
Io annuisco, usciamo
insieme nel sole splendente della California.
Mi
mancava trascorrere un
intero pomeriggio in compagnia della mia piccola peste.
Jack tuffa, mi schizza,
gioca a palla con me fino a sfinirmi; solo quando il sole è
quasi al tramonto
esce e corre a farsi una doccia.
Poco dopo me la faccio
anche io, cercando di togliermi sia il cloro che la stanchezza. Finito,
lo
trovo dabbasso, i suoi capelli ancora bagnati hanno lo stesso ciuffo di
Mark.
Tra poco lo rivedrò e
spero non sarà troppo strano. Non ho il tempo di rifletterci
a sufficienza che
il campanello suona e il mio ex marito fa la sua apparizione nel vano
della
porta.
Sembra dimagrito e porta
gli occhiali scuri, non li toglie nemmeno in casa, Tom lo guarda
intimidito.
“Ciao, papà!”
“Ciao, campione. Divertito
dalla mamma?”
Lui annuisce, Mark si
volta verso Tom.
“Trattamela bene o questa
è la volta buona che ti riempio di pugni quella faccia da
impunito che ti
ritrovi.”
Tom deglutisce e poi
annuisce.
“Non ho nessuna intenzione
di farla soffrire.”
“Buon per te. Forza Jack,
andiamo!
Saluta la mamma!”
Lui mi abbraccia, mi dà un
bacio sulla guancia e poi se ne va con il padre.
Tom li guarda leggermente
stranito, penso sia la prima volta che viene minacciato da due membri
della
stessa famiglia in meno di un giorno.
“Accidenti, meglio che ti
tratti bene o quelli noleggiano un sicario e mi fanno secco.”
Io rido.
“Vado a cucinare
qualcosa.”
“Va bene.”
Poco dopo sento del
vociare in sala e Ava arriva in cucina, si piazza su una sedia e mi
guarda
imbronciata.
“Perché non mi hai
chiamato quando c’era Jack?”
“Perché stavi dormendo e
non volevo disturbarti.”
“Uffa, chissà quando lo
vedo adesso.”
Io sorrido e assaggio il
mio sugo di pomodoro e tonno.
“Secondo me molto presto,
ha due buoni ragioni per essere spesso qui.”
Ava arrossisce fino alla
punta dei capelli e tace.
“Cosa stai cucinando?”
“Pasta al sugo e tonno.”
“Sembra buona.”
“Lo è, è il piatto
preferiti di Jack.”
I suoi occhi si
illuminano.
“Un giorno mi passerai la
ricetta.”
Io annuisco, sorridendo
divertita.
Ava è già una piccola
donna che vuole prendere il suo piccolo uomo per la gola e se ha anche
solo un
grammo della testardaggine di Tom a vent’anni quei due si
sposeranno sul serio.
Porto la pasta in tavola e
viene apprezzata da tutti, sia Ava che Tom chiedono il bis, Jonas
invece mi
sembra triste.
“Cosa c’è?”
Gli chiedo dopo aver
ficcato tutti i piatti sporchi in lavastoviglie.
“Mi manca Londra, a me
piaceva.”
Io gli scompiglio i
capelli.
“Magari ci torniamo
quest’estate in vacanza.”
Lui sorride flebilmente e
non dice nulla, però si fa abbracciare. Credo che non sia
Londra a mancargli,
ma una famiglia stabile.
Per sopperire a questa
mancanza decido che stasera ci guarderemo un film tutti insieme e per
la
precisione il suo preferito: il Re Leone.
Questo sembra rallegrarlo
e distrarlo momentaneamente dalle sue malinconie perché ride
come un matto e si
appassiona alla storia come se non la conoscesse.
Tom mi lancia un’occhiata
grata, probabilmente non ci sarebbe mai arrivato da solo, serve la mano
di una
donna per queste cose.
Finito il film, andiamo
tutti a letto stanchi e un po’ rintronati per il jet-lag, io
fatico ad
addormentarmi e anche Tom.
“L’avresti mai detto che
sarebbe finita così?”
Mi chiede.
“Sinceramente no, quando
ho accettato il patto rivolevo a tutti
i costi Mark. Il destino però ha messo te sulla mia strada e
io non ho
resistito alla tentazione.”
“Sono un uomo pericoloso.”
Ridacchia.
“Sì, sei proprio un uomo
pericoloso!”
Sbadiglio io.
Ho sonno e domani sarà una
giornata impegnativa: firmerò il divorzio da Mark e Jack
sarà affidato a lui.
Mi manca già, ma lui è
stato irremovibile, vuole vivere da suo padre per quanto bene mi voglia.
Mi addormento avvolta in
un velo di leggera tristezza, che ritrovo al mio risveglio insieme a
Tom che
dorme beato.
Scendo in cucina e mi
faccio un caffè, fa caldo e sento il canto degli uccellini.
È buffo porre fine
a un matrimonio in una giornata come questa, sarebbe meglio fare un
picnic o
una gita alla spiaggia.
Finito il caffè, mi faccio
una doccia e mi vesto, poi sveglio Tom.
Lui mi sorride e mi dà una
carezza sui capelli, apprezzo la sua delicatezza nel non dirmi nulla.
Prendo un taxi e vado al
tribunale, Mark è già arrivato e indossa una
t-shirt bianca con un polipo
azzurro, sorride quando mi vede.
“E così è arrivato il
giorno fatidico.”
“Sì, mi dispiace che sia finita
così.”
Lui sospira.
“Io ho fatto
un errore terribile e perderti fa parte
del prezzo da pagare.”
Io non dico nulla, ho un
groppo alla gola: ho paura che mio figlio smetta di volermi bene e si
dimentichi di me e che Mark mi odi.
“Non mi odi, vero?”
“No, sei stata sincera.”
“Jack mi perdonerà mai?”
“Credo di sì. Una volta
che ti vede felice per lui va bene e poi grazie
a te ha la scusa per vedere quando vuole Ava.”
Io rido, stavo per
dimenticarmi di questa cotta.
Poco dopo arriva il
giudice che si occupa del nostro caso, i nostri avvocati leggono le
proposte,
noi le accettiamo e il giudice mette a verbale.
Alla fine firmiamo un
documento e siamo ufficialmente divorziati, sulle scale del tribunale
mi
abbraccia e mi augura buona fortuna.
Io faccio lo stesso e lo
guardo andare via con una punta di tristezza. Ha le spalle incurvate
– come
quando i blink non esistevano più – la vita gli ha
fatto uno scherzo troppo
crudele e io mi sento in colpa.
Forse se fossi riuscita a
passarci sopra sarebbe stato meglio per tutti, ma io non ci sono
riuscita, ho
preferito troncare subito e correre da Tom.
Spero che il mio non si
riveli un catastrofico errore perché difficilmente me lo
perdonerei, aver
distrutto una famiglia per niente è la peggior cosa che si
possa fare.
Che brutti pensieri!
La paura mi sta giocando
dei bruttissimi scherzi, meglio che vada a casa, almeno mi
tranquillizzo.
Salgo in macchina e cerco
di sgombrare la mente cantando a squarciagola una canzone che stanno
trasmettendo: The only exception dei Paramore.
Arrivata a casa la trovo
animata, sono arrivati gli altri membri degli Ava e Tom sta componendo
qualcosa
con loro. Ava, Jonas e Jack sono in piscina e si stanno divertendo da
morire,
Ava mi invita a unirmi a loro e io accetto.
Sto salendo al piano di
sopra quando mi intercetta Tom e mi abbraccia.
“Com’è andata?”
“Triste, ma spero che la
tristezza passerà ora che i pargoli sono in piscina.
Tu?”
“Ho chiamato i ragazzi per
scaricare la tensione, spero non ti dispiaccia.”
Io sorrido.
“No, stai tranquillo.
Salutameli.”
Lui mi lascia andare e io
salgo al piano di sopra per mettermi in cucina. Quando scendo Tom alza
una mano
in segno di saluto e David – davanti a lui – si
volta e alza un timido cenno di
saluto che io ricambio.
In piscina i piccoletti
stanno giocando a palla e io vengo messa in squadra con Ava, che mi fa
l’occhiolino.
“Pronta schiacciarli,
Skye?”
“Pronta!”
Giochiamo fino a quando
Tom esce dicendoci che è quasi mezzogiorno e che ha ordinato
pizza per tutti,
membri degli AvA compresi.
Io mi siedo a bordo
piscina e sorrido, un po’ della tristezza se ne sta andando e
se ne va più
velocemente quando Jack si siede accanto a me.
“Ho scelto di stare con
papà perché è quello che ha
più bisogno di aiuto, ma ti voglio bene, mamma.”
Io gli scompiglio i
capelli trattenendo le lacrime.
“Anche io ti voglio bene,
Jack. Ti voglio un mondo di bene!”
Lui sorride felice e un
peso se ne va dal mio cuore.
A pranzo faccio la
conoscenza dei membri della band di Tom, solo Matt è un tipo
chiacchierone,
David e Ilan sono timidi, Ilan è addirittura timidissimo e
stenta a rivolgere
la parola a qualcuno.
In ogni caso mi sento
accettata, nessuno mi fa pesare la mia condizione di nuova compagna di
Tom.
Alla fine del pranzo
rimango per caso sola con David, lui mi sorride.
“Fallo felice, se lo
merita e poi lui ti ama da tanto tempo.”
Io sorrido a mia volta.
“Cercherò di fare del mio
meglio.”
E in questa semplice frase
è racchiusa la mia volontà per il futuro: essere
felice con Tom, affrontando
con lui i problemi della vita e dei pargoli diventati adolescenti.
Sono all’altezza del
compito.
Angolo di Layla
Siamo al penultimo capitolo e ringrazio fraVIOLENCE per la recensione.