Nonostante non abbia ricevuto recensioni, la cosa non mi scoraggia e desidero regalare il finale a chi vorrà anche solo leggere :)
Grazie a tutti!
Alla prossima :)
M.L.
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La sciarpa che aveva indosso Chiara le copriva praticamente tutto il
volto,
lasciando scoperti solo il naso e gli occhi; mentre Marco si affrettava
a
raggiungere un punto preciso di via Piella.
Erano le dodici, e per strada le persone che circolavano erano tante,
ma lui
era certo che lì, non ci sarebbe stato nessuno.
Ciò che voleva mostrarle era una cosa che poteva passare
quasi inosservata, ma
non può assolutamente sfuggire ad un occhio attento.
Quella mattina in cui Dicembre prometteva solo troppo gelo, Marco si
sentiva
riscaldato dalla presenza di Chiara e dal suo passo incerto dietro di
lui.
Ancora non ci credeva, ancora restava incredulo davanti a quegli occhi
verdi in
cui amava sprofondare.
E mai – assolutamente, veramente mai – avrebbe
pensato di cadere vittima di un
sentimento così appassionante e trascinante.
Perché era così, lui si sentiva trascinato da
Chiara, dal suo carisma e dalla
sua allegria, dal suo modo così spensierato eppure troppo
esperto, di vedere le
cose.
Amava gli occhi di Chiara quando lasciavano trasparire le emozioni,
quando
comunicavano l’immenso e glielo regalavano senza il peso
delle parole.
Amava anche i suoi silenzi, il riflesso della luna sulla sua pelle
chiara.
Amava il modo così impacciato di camminare o arrotolare la
pasta intorno alla
forchetta, il tono di voce che cambiava quando le faceva una domanda
imbarazzante.
Amava il fatto che Chiara interpretasse i suoi silenzi e non li
giudicasse, ma
li facesse suoi.
“A cosa pensi quando abbassi lo sguardo e sospiri?
Pagherei oro per
saperlo”.
Chiara si guardava intorno, troppo cosciente del fatto di aver
attraversato
quella strada milioni e milioni di volte, quindi certa di aver
già visto ciò
che Marco voleva mostrarle.
Le teneva forte la mano, glissando abilmente tra le persone, facendosi
largo
sulla via.
Marco non riusciva a levarsi dalla testa il fatto che tra quattro
giorni Chiara
sarebbe ripartita senza avere la conferma di poterla vedere subito.
Lui sarebbe ritornato a Roma solo due giorni dopo di lei, ma non sapeva
se lei
avrebbe lasciato suo padre nelle vacanze per passare un po’
di tempo con lui.
Già quel suo soggiorno a Bologna era durato più
del solito, figuriamoci se a
Roma avrebbe avuto un attimo di respiro..
Chiara era così buona che si sarebbe sentita troppo in colpa
anche se l’avesse
lasciato per due secondi.
Era solo da apprezzare la devozione e la cura che Chiara dedicava alla
sua
famiglia, ma sperava in cuor suo, che trovasse del tempo per lui anche
a Roma.
Marco sperava che le cose tra loro potessero andare bene
perché non sopportava
il pensiero di perdere l’unica vera certezza della sua vita.
Quella che aveva cercato e perseguito per un tempo che gli era sembrato
infinito.
Ora che l’aveva conquistata – ora che era
lì a respirare e sorridere
proprio di fianco a lui – non voleva che andasse via, on
voleva rinunciare a
tanto amore.
Avevano ancora così tanto tempo da passare insieme..!
<< Ma insomma, mi vuoi portare dall’altra parte
o prima o poi ti
fermerai? >> gli chiese Chiara ridacchiando.
In realtà sentiva un gran freddo alle mani, e seppure non
facesse altro che
sfregarle l’una contro l’altra, sentiva ancora
più freddo di prima,
rabbrividendo.
Non era troppo abituata al freddo – anche se lo preferiva al
caldo, ma l’estate
non le dispiaceva affatto – e per questo le temperature di
Bologna, molto
spesso, la spiazzavano.
<< Siamo quasi arrivati, te lo giuro >>
Mossero un paio di altri passi, quando Marco si fermò
davanti ad un muro
ricoperto di scritte, senza niente che potesse far pensare a Chiara che
li ci
fosse qualcosa di straordinario.
Nelle mente di Marco si materializzarono tutti i momenti trascorsi con
la
giovane, capendo che quello che a cui era in assoluto più
legato, era in
assoluto il loro scambio di sguardi in via Zamboni.
Preferiva quell’immagine a tante altre perché fu
proprio in quell’istante che
capì che Chiara era speciale, che Chiara si meritava la sua
parte migliore,
quella che faticava ad esternare.
E forse era proprio questo il disagio che aveva avvertito prima
incontrarla,
l’impossibilità di liberarsi di tante cose inutili
per prendersi dalla vita una
certezza solida.
E poi era arrivata lei, proprio come un lampo a ciel sereno o una
stupida
macchia sulla camicia di lunedì mattina.
Chiara era la certezza che aveva sempre cercato, l’affetto
– l’amore – che gli
mancava.
Lui, che dalla vita aveva avuto davvero tutto, aveva sentito la
necessità di
qualcosa che lo smuovesse dal suo vecchio posto in quella vecchia
abitudine per
renderlo nuovo e finalmente appagato.
Adesso era così, e non voleva perdere Chiara.
L’avrebbe aspettata, le avrebbe dato il suo tempo per
adeguarsi e non importava
quanto sarebbe trascorso, perché già sapeva che
lei avrebbe fatto comunque
parte della sua vita.
Comunque sarebbe andata tra di loro, bene o male non importava,
perché comunque
Marco avrebbe portato Chiara con sé per tanto.
E sapeva che il motivo era molto più semplice di quanto
credesse.
La conosceva da poco, ma cos’era il tempo in confronto
all’amore che provava?
Cos’era il tempo in confronto alla sensazione che provava
ogni volta che si
guardavano?
Era felice di non aver perso la sua occasione, non se lo sarebbe mai
perdonato.
<< Quindi? >> fece la ragazza.
<< Ma non ti fidi proprio di me! >>
esclamò Marco scuotendo il capo
<< Adesso guarda con attenzione >>
Con un gesto deciso, allungò una mano verso il muro e lo
spinse indietro,
convincendo Chiara di star commettendo chissà quale atto
vandalico, e invece,
non successe nulla.
Sotto il portico, nel muro, una finestrella di legno – quella
che Marco aveva
appena “spostato indietro” – si apriva
sul Reno.
Chiara rimase a bocca aperta.
A primo impatto questa stranezza non sembrava avere nulla di
straordinaria, ma
quando la ragazza si sporse per veder meglio, le sembrò di
scorgere una città
nuova, incantata.
Una Bologna quasi vecchia, quasi magica, quasi troppo lontana nel tempo.
Il Reno scorreva lento e illuminato dal sole d’inverno e
tutto, sembrava
appartenere ad un’altra dimensione, fiabesca ed incantevole.
<< Sapevo che ti sarebbe piaciuto >> disse
Marco soddisfatto.
<< Questo è.. Bellissimo >>
riuscì a dire Chiara con un sorriso
sincero e allegro.
<< Una finestra sul Reno,
la
mia finestra sul mondo >> affermò lui
<< Se ti volti a destra
vedrai più ampiamente il fiume e il paesaggio
dall’altra parte, ma questo è
meglio >>
Lei fece come gli disse, per poi tornare a guardare dalla sua parte
<< La
tua finestra sul Reno è decisamente più bella
>>
Marco l’abbracciò da dietro, mentre si faceva
cullare da un solo pensiero.
Sempre
Chiara.
****
I could
put a little stardust in your eyes
Put a little sunshine in your life
Give me a little hope you’ll feel the same
And I wanna know will I see you again
Will I see you again
Funny, how the
time goes rushing by
And all the little things we leave behind
But even then in everything I do
Is a little bit of me
And a little bit of you
When will I see
you again
(Mika – Stardust)
Quel
giorno c’era il sole, era tutto tranquillo, la
città ancora addormentata si
godeva gli ultimi attimi a riposare.
Dicembre era quasi finito, ma il Natale, ancora alle porte, rendeva
tutto
diverso.
La sua valigia si reggeva in piedi per miracolo, in stazione la
giornata era
già iniziata.
Chiara tossì dal freddo e lasciò cadere le mani
lungo i fianchi, scoraggiata.
E così, la sua avventura stava volgendo al termine, era
finito il tempo dei
sogni.
Tra un paio di ore sarebbe ricominciato tutto.
Involontariamente gli occhi le si inumidirono, mentre con tutta se
stessa, si
imponeva di non guardare Marco – al suo fianco, stanco e
assonnato - .
Si alzò dalla panchina sulla quale erano seduti e si
guardò intorno.
Quante volte le era capitato di andare in quel posto e di non
interessarsi mai
di quando ci sarebbe ritornata, dei giorni che avrebbe trascorso
lontana da
Bologna.
Ma era tutto diverso adesso.
Quando sarebbe tornata? Quando avrebbe rivisto Marco? Quando?
Domande del genere non l’avevano mai sfiorata, tutto le
scivolava addosso con
indifferenza, come fossero solo gocce d’acqua superflue.
Ma a quella volta erano lacrime che copiose, le rigavano il volto rosso
dal
freddo.
Chiara non temeva il buio, né tantomeno la luce.
Aveva solo paura di inciampare, inciampare nel tramonto, magari.
E di respiri sospesi a mezz’aria non ce ne sarebbero mai
stati abbastanza, e di
secondi colmi di fiato non ci sarebbe stato il tempo.
Perché Chiara aveva finalmente ritrovato se stessa e con se,
i lunghi respiri,
i sorrisi, le carezze.
Il suo cuore cedette alla tristezza, lasciandole immaginare tutti gli
attimi
insieme, tutto quello che aveva lasciato fermo in un angolo del tempo,
lì dove
nessuno le avrebbe mai preso niente, lì dove solo loro avevano
accesso.
In quello spazio del cuore in cui solo chi ama riesce a penetrare.
Ma Chiara avrebbe aspettato, sapeva di poterlo fare.
Il tempo non avrebbe mai perduto due cuori innamorati, neanche se
avesse
voluto.
E per questo non rinunciò a Marco nemmeno nella sua mente.
Non rinunciò al suo amore e alla sua vita.
Che senso avrebbe avuto adesso, il mondo, senza di lui? Cosa avrebbe
significato, adesso, vivere e andare avanti, senza quella luce?
Non sarebbe stato possibile pensare ad una vita senza luce –
la sua, quella di
Marco, luminosa e scintillante - avrebbe significato morire, dissolvere
ogni
senso, gesto, compromesso.
La vita, dopotutto, ti frega in questo modo.
Ti colpisce l’anima mentre sei ancora addormentato, poi,
lascia dentro di te
qualcosa, che sia un odore, un’immagine, una
persona. Te li
scolpisce dentro, non si levano più.
Capisci solo troppo tardi che quelle era la felicità, mentre
già intanto sei
lontano da quell’odore, immagine, persona. Sei completamente
perso.
A loro era successo proprio come all’asilo, quando incontri
quell’unico bambino
che divide con te la merenda, facendoti sorridere.
Magari poi, si diventa amici.
Magari poi, finisci anche per amarla quella persona.
E loro si amavano, in un modo spropositato e sincero –
appassionante,
lacerante, forte, indissolubile- .
Si voltò verso Marco e gli sorrise felice.
Sorridere le piaceva, era facile distendere i muscoli e liberare la
tensione,
specie a lui, che era stato – e sentiva che avrebbe
continuato ad essere - la
sua gioia più immensa .
Nel corso del tempo si era abituata a studiare gli occhi delle persone,
gli
sguardi secondari, quelli che nessuno nota, quelli che tutti
nascondiamo senza
neanche accorgercene.
Loro avevano imparato a guardarsi dentro e a leggersi dentro in
così poco
tempo.
Com’era possibile?
A questa domanda non sapevano rispondere.
Ma le parole non sempre servono, non sempre sono necessarie, ma ci sono
dei momenti
in cui sono essenziali.
Eppure non ce la fanno, muoiono ancora prima di essere pensate o
pronunciate.
Come si fa, però, a confessarle? Come si fa a dirle?
<< Marco >> sussurrò flebile
<< Sei pronto? >>
Il ragazzo fu certo di non intendere cosa volesse dire <<
A cosa?
>>
<< L’inverno >> rispose lei.
<< Vedrò di coprirmi bene, sta’
tranquilla >> ribattè il giovane
con un mezzo sorriso.
Chiara si risedette vicino a lui e scosse il capo << No,
non intendevo
questo. Intendendo l’inverno lungo che ci aspetta, separati o
uniti che saremo
>>
Marco era innamorato di Chiara, della prima ragazza che aveva imparato
a
conoscerlo e volergli bene, la prima persona che gli aveva regalato un
po’ di
vita.
Lei era come un gioiello – prezioso, unico, suo –
una sorta di regalo che non
avrebbe restituito a nessuno.
Era la prima persona che gli fosse appartenuta davvero, che si era
lasciata
andare a lui con fragilità e sorpresa – eppure con
determinazione e volontà.
Le sarebbe mancata, come al cielo di notte mancano le stelle.
La vita l’aveva sentita solo con Chiara, sfiorando le sue
labbra, toccando la
sua pelle, respirando la sua aria, vivendo – immaginando,
sognando, ridendo,
correndo, ballando, giocando, - e amando con lei.
Con lei sola.
Con Chiara.
<< Non permetterò mai di lasciarti
andare, devi capirlo >>
disse con forza.
Voleva urlare.
<< E se non ci riusciamo? >>
<< Ci proviamo, Chiara, siamo in due, ce la possiamo fare
>> la
rassicurò dolcemente.
Lei sembrò credergli e appoggiò la testa al suo
petto.
E Marco sapeva che si erano amati troppo e in maniera incondizionata
anche solo
per dimenticarsi una virgola, un qualunque ed insignificante
particolare.
Per la prima volta in vita loro, avevano amato senza pensare, senza
aver paura
del presente o del futuro, l’unica cosa che importava era
esserci, viversi.
Che di sogni, ne avevano avuti tanti, di baci ce n’erano
stati troppi, ma mai
abbastanza per fermarsi.
<< Quando torni a Bologna prometto di portarti fuori
porta, una volta
>> fece Marco, incrociando le gambe.
<< Mi porti anche a qualche festa? >>
<< E me lo chiedi? Andiamo anche a quel locale a fare
degustazione di
vini >>
<< Senza che ti ubriachi come l’altra volta
>> aggiunse Chiara
ridendo.
Lui si unì alla sua risata e alzò le spalle
<< Toccherà a te >>
<< La signora Elena dice che devi fare la pasta con lei
>>
<< Basta che mi regala una cinquantina di torte
>> la guardò con
un’espressione divertita e rilassata << E poi
vi porto a cena fuori
>>
<< L’importante è che non fai
ubriacare la signora Elena >>
<< Fuori pericolo >>
Entrambi risero.
Ormai avevano risvegliato ciò che dormiva nelle loro anime,
dando spazio a
nuove sensazioni.
Sarebbe stato tutto diverso, e avrebbero ricominciato, insieme.
Lei sorrise appena, accogliendo il vento che le carezzò il
viso e i capelli
<< Spero che almeno i sogni non muoiano al calar del
sole>>
<< No, quelli non muoiono
mai>> così, Marco decise di
stringerle la mano.
Lei non oppose resistenza.
Trovare una persona come Marco era sempre stata un sogno,
un’immaginazione
lontana ed impossibile.
<< Che cosa ci resterà allora
domani?>> domandò Chiara, quando
sentì in lontananza il fischio del treno in arrivo.
Marco sorrise << Una prova di vita vissuta per il
meglio>>
<< E
se non rimarrà nulla?Se
domani cambia tutto? >>
Improvvisamente Chiara si sentì invadere dalla paura e
dall’angoscia che lui
potesse scordarsi di lei e di tutto quello che avevano avuto insieme.
<< Io
domani non cambierò>>
Marco conosceva la debolezza di Chiara e avrebbe voluto dedicarle tutta
la sua
sicurezza, tutta la consapevolezza che aveva di lei e del suo amore.
<< Non
è così, tu riprenderai la
tua vita e sarà tutto diverso
>> disse lei con le lacrime agli occhi
tremando.
<< Ho firmato un contratto? Io voglio solo stringerti la
mano>> sussurrò
Marco al suo orecchio.
Lei rabbrividì.
<< Perché
non lo fai? >> stavolta
Chiara lo guardò negli occhi e non ebbe paura.
<< È
che ti amo, volevo dirtelo
ancora >>
La baciò, una, due, tre volte.
Con i respiri di nuovo intrecciati.
<< Forse
non è così
scontato>> puntualizzò
la ragazza con una mezza smorfia.
<< Non
voglio lasciarti sola,dammi
la tua mano, per favore>>
In quegli istanti insieme, in quegli istanti che battezzavano il loro
amore di
fronte la prima grande difficoltà, l’inverno
sembrò essere meno freddo.
Chiara si strinse nelle braccia di Marco, lasciandosi cullare proprio
come
aveva fatto fin dalla prima volta.
Si era fidata, si era lanciata e non se ne era pentita.
Ora era pronta, perché sarebbe andato tutto bene, lo sapeva.
Adesso, per davvero.
<< Aspettami in via Zamboni, la prossima volta
>>
<< Sarò lì, puoi contarci
>>
Lei annuì, poi si chinò a prendere la sua valigia
e sorrise felice.
<< Devo andare >> il groppo alla gola si
faceva sentire prepotente,
ma sarebbe passato.
Marco non si scompose, aiutandola.
<< Fammi sapere quando arrivi >> le
raccomandò.
<< Non preoccuparti >>
Chiara si allungò per baciarlo e dischiudere le labbra in un
sorriso.
<< Non divertirti troppo senza di me >>
<< Sarà difficile >>
constatò Marco ridendo felice.
L’ultimo avviso ai passeggeri, l’ultimo richiamo
alla realtà.
L’ultimo sguardo –
quellopiùintensolungoappassionanteverocolmod’amore-
prima di
salutarsi.
La promessa viva nei loro occhi, nei loro cuori.
Sempre – forte.
<< Ci vediamo a casa, Marco
>>