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Autore: mela85    02/01/2008    6 recensioni
"Possono essere delle cose tanto piccole quanto improbabili a cambiarti la vita? E se in questo caso si trattasse di un'ape?" salve! questa è la mia prima brevissima ficcy...aspetto i vostri commenti! bacio
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Ape




Emma rientrò sbattendo la porta del suo appartamento con un colpo sonoro.

Finalmente a casa’ pensò.

Aveva passato una giornata terribile. Lo aveva capito da subito quella mattina, da quando si svegliò quasi un’ora in ritardo perché la sveglia non aveva suonato.

Ovviamente questo piccolo intoppo le fece perdere il treno che l’avrebbe portata al lavoro, ma soprattutto le costò una vigorosa strigliata da parte del suo capo per un ritardo così clamoroso. Per tutta la giornata ebbe una quantità esagerata di pratiche da sbrigare, indiscussa punizione proveniente dall’alto del suo superiore, tanto che quasi non riuscì a perdere anche il treno del ritorno.

Ma gli imprevisti non erano ancora finiti per quella giornata, così che la sua auto, fedele quanto scassato mezzo di trasporto, decise allora di lasciarla a piedi. Emma dovette quindi, suo malgrado, tornare a casa a piedi: una deliziosa passeggiata di oltre mezz’ora sotto una pioggerellina che, ben presto, si trasformò in un vero e proprio acquazzone.

Ed ora eccola qui, bagnata fradicia, appoggiata al portone come se le sue gambe da sole non fossero in grado di reggerla. Aveva lo sguardo un po’ appannato, distante, lo sguardo di chi non desidera altro se non riposare. Lasciò cadere la borsa intrisa di pioggia sul pavimento e si diresse verso il divano. Al contrario del solito, questa volta non le importava affatto di bagnarlo o di macchiarlo: in quel momento voleva solo sedersi.

Non riusciva a smettere di pensare a tutto ciò che le era successo in quelle ore, a partire dalla sua amata sveglia a forma di orsetto. ‘Quella maledetta sveglia, domani giuro che vado a comprarne una nuova…’. Non c’era dubbio, quella giornata andava assolutamente dimenticata. E lei sapeva anche come fare.

Allungandosi verso il tavolino del salotto, prese in mano il telecomando dello stereo, con il quale accese l’apparecchio a tutto volume sulla sua canzone preferita dei Linkin Park. Chiuse gli occhi per concentrarsi sulla musica e non pensare a nient’altro e così, a poco a poco, sentì tutti i muscoli ancora irrigiditi distendersi, come sotto l’effetto di un massaggio. Anche quel fastidioso pulsare alle tempie, in cui si era tradotto tutto lo stress della giornata, stava lentamente scomparendo.

Ma proprio mentre si stava totalmente abbandonando in quella melodia così familiare, sentì un rumore passarle accanto all’orecchio destro. Sembrava un ronzio, come quello prodotto dal volo di una mosca. Ed invece era un’ape. Se ne accorse quando le passò sfacciatamente di fronte, svolazzando tranquilla intorno al mazzo di fiori posto in bella vista sul tavolino. ‘Accidenti, ci mancava anche questa!’ fu la sua reazione.

La rabbia che fino a pochi minuti prima sentiva premerle in fondo allo stomaco le ritornò in un baleno, così come il fastidioso pulsare alle tempie. Doveva essere entrata dalla finestra semi aperta, e doveva essere eliminata al più presto. Così, stizzita, si alzò di scatto dal divano, con l’intenzione di cacciare, con le buone o con le cattive, quella piccola intrusa disturbatrice.

Prese uno straccio dalla cucina e cominciò ad agitarlo in tutte le direzioni, nel tentativo di indirizzarla nuovamente verso la finestra e farla uscire. Ma dal momento che quella non aveva la minima intenzione di andarsene, e tanto meno di farsi uccidere con un canovaccio, la caccia, dopo una serie di colpi spietati su ogni superficie della stanza, finì con un clamoroso uno a zero per l’ape.

Allora Emma, ancora più stremata di prima, si buttò sul divano priva di forze. Non aveva rinunciato alla caccia, per lei era semplicemente un time-out. Ma, proprio nel momento in cui stava per rialzarsi, i suoi pensieri apicidi furono interrotti dal suono del campanello.

Istintivamente si alzò per andare ad aprire, pensando a chi potesse essere a quell’ora insolita. ‘Strano, non ricevo mai visite dopo le 6…’. Guardò dallo spioncino ma, non riconoscendo la persona dall’altro lato della porta, la aprì per chiedere cosa desiderasse quello sconosciuto visitatore.

-“Buona sera, posso fare qualcosa per lei?”-. E mentre pronunciava quella frase di cortesia, le venne in mente chi era l’uomo di fronte a sé. Lo riconobbe dallo sguardo: due occhi vispi ed azzurrissimi, gli stessi di molto tempo prima.

Quell’uomo era suo padre.

Senza pensarci due volte, entrambi, si abbracciarono forte, un abbraccio che aveva atteso quindici anni prima di poter essere finalmente celebrato, in circostanze di cui, sinceramente, non importava nulla a nessuno dei due. Aspettavano solo che accadesse.

E con quell’abbraccio furono istantaneamente cancellati quindici anni di incomprensioni, dissapori, silenzi dolorosi. Da quando Emma, dopo un litigio amaro con suo padre, era andata via di casa e si era trasferita in un’altra città, in cerca di un lavoro che potesse donarle una nuova vita. Da allora non avevano più avuto notizie l’uno dell’altra, entrambi per un orgoglio ostinato che li rendeva in fondo così simili.

Ma tutto questo ormai non importava più. Ora che il tempo aveva cancellato con un colpo di spugna tutti gli equivoci del passato, potevano finalmente ritrovare una strada insieme, mano nella mano, dopo anni di patita solitudine. E lo stavano già facendo.

Emma invitò il padre a restare a cena, per quella sera: ordinarono una pizza da asporto, chiacchierarono, guardarono vecchie foto, e le ore passarono tranquille e liete fino a quando, a mezzanotte inoltrata, si salutarono con la promessa di un nuovo incontro l’indomani stesso. Questa volta non era un addio, bensì un ‘arrivederci a domani’, un saluto più che normale tra padre e figlia, ma che veniva pronunciato da loro per la prima volta nella vita.

Quando Emma chiuse la porta, prima di rassettare un poco il salotto, si guardò intorno in cerca di un qualcosa lasciato in sospeso qualche ora prima. Ma l’ape era sparita. Effettivamente la ragazza non ricordava di averla ancora sentita ronzare, né di averla vista uscire dalla finestra. Semplicemente, dopo l’entrata di suo padre, dell’ape non ne era rimasta traccia.

Solo in quel momento, pensando all’insolita coincidenza, Emma si ricordò di una cosa: un articolo che aveva letto qualche giorno prima in una rivista.

Era un articolo che parlava di tutte le antiche superstizioni riguardo alle api. In particolare, tra le altre dicerie, veniva spiegato che, se un’ape entra in salotto attraverso la finestra, essa porta con sé la visita di una persona. E questa visita per lei era stata particolarmente gradita.

La ragazza rimuginò per un attimo sulle cose che ricordava, indecisa se considerarle possibili o solo una lista di assurdità. Alla fine, prima di andare a letto, giunse alla conclusione che, coincidenza o no, la sua vita stava prendendo una svolta e, tutto sommato, non le dispiaceva l’idea di darne il merito ad un’ape.


  
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