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Autore: Soqquadro04    17/06/2013    3 recensioni
Un sussurro esile cerca di combattere contro il frinire ritmico dei grilli, perfettamente udibile anche dall'interno -perché non ci sono grilli che saltellano con le loro zampette troppo lunghe e troppo pelose sul parquet, vero?-, ma perde, smarrendosi nei meandri invisibili dell'edificio.
«Damon?» il bambino dalle iridi verdi è in piedi al centro della camera, le braccia allungate in avanti per cercare di raggiungere, a tentoni, l'altro giaciglio.

A Villa Veritas, una notte un po' troppo buia e due bambini molto speciali.
A meiousetsuna, con affetto.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Monsters

A meiousetsuna, sperando che basti in attesa di quell'abbraccio

Una stanza enorme e buia, due letti singoli appena illuminati dalla luce color latte della luna. Uno è sfatto, le coperte aggrovigliate e cadute per metà sul pavimento.

Una figura di bimbo si confonde fra le ombre che si rincorrono sui muri, annidandosi come minacciosi pipistrelli neri negli angoli -tanto, tanto lontani- della camera.

Un sussurro esile cerca di combattere contro il frinire ritmico dei grilli, perfettamente udibile anche dall'interno -perché non ci sono grilli che saltellano con le loro zampette troppo lunghe e troppo pelose sul parquet, vero?-, ma perde, smarrendosi nei meandri invisibili dell'edificio.

«Damon?» il bambino dalle iridi verdi è in piedi al centro della camera, le braccia allungate in avanti per cercare di raggiungere, a tentoni, l'altro giaciglio.

Le lenzuola di quest'ultimo sono sollevate in una montagnetta orizzontale, coronata da un ciuffo scompigliato di capelli nerissimi.

Il piccolo rischia di inciampare un paio di volte, camminando più in fretta che può, affannato e scarmigliato. Gli occhi sono spalancati e grandissimi nel viso pallido, e trema di terrore.

Perché c'è un mostro sotto al letto. Ne è certissimo, lo giurerebbe su qualsiasi cosa, se solo avesse qualcosa di abbastanza importante su cui giurare.

E' un mostro che ha lunghissime, affilate mani dalle unghie acuminate e rosse di sangue, e che può perciò afferrargli le caviglie in qualsiasi momento. Un mostro proprio cattivo, che chissà quanti altri piccoli imprudenti che si aggiravano di notte per le loro camere si è mangiato.

Stefan deglutisce, e si guarda freneticamente attorno, ansimando. Infine raggiunge la sua meta, quasi saltando sul materasso mentre cerca il bordo della coperta con le dita cicciottelle.

Si infila sotto il piumone, cauto, raggomitolandosi in posizione fetale contro la schiena dell'altro.

Appoggia la fronte alla sua scapola, inspirando l'odore di pioggia del fratello -che strano. Eppure hanno fatto il bagno con il sapone alla lavanda, non con quello all'acqua! Anche perché non esistono pezzi di sapone al profumo d'acqua, è certissimo anche di questo- e cercando di sprofondare nell'oblio, con quel sentore familiare nelle narici. Sa di avere il mostro troppo vicino, e riesce solo a pensare a quanto sarebbe brutto essere fatto a pezzettini.

Nell'oscurità velata d'argento sente scricchiolii sinistri che gli impediscono un riposo tranquillo, e gli oggetti solitamente normali sembrano estranei e minacciosi.

Lì in fondo c'è qualcosa che si muove verso di loro. Con gli occhi serrati ingoia la paura – a Damon non piacciono i fifoni, e lui si sta dimostrando proprio un terribile, immenso fifone. E così Damon lo prenderà in giro, ne è certissimo, almeno quanto è certissimo della presenza del mostro che gli impedisce di non essere un fifone- e prova a pensare a qualcos'altro. Tenta di concentrarsi sui colori che danzano nello schermo nero delle palpebre chiuse.

Sono belli, e disegnano figure strane ed esotiche e incredibilmente fantasiose.

Un rumore. Sotto il letto di Damon, stavolta.

Stefan sobbalza, alzando di scatto la testa. Il mostro si è spostato e lui non se n'è nemmeno accorto. Si dà dello stupido, mentre una smorfia di terrore gli piega le labbra, e cerca di sparire ancor di più dentro il copriletto, nascondendo il capo sotto la trapunta.

Quando una civetta stride, acuta, da qualche parte all'esterno, balza come una molla, nuovamente.

E' ormai certo che non si riaddormenterà, ed è pronto a supplicare il fratello pur di farsi tranquillizzare, perché da sotto il letto gli pare di avvertire inquietanti rumori di denti che digrignano e bava che cola e artigli che graffiano.

Si alza a sedere, scuotendo piano la spalla del maggiore. Con due mani, delicato come solo un bambino di cinque anni può essere, eppure ostinato. Come solo un bambino di cinque anni può essere, appunto.

«Damon?» lo chiama di nuovo, stavolta sussurrandogli all'orecchio. Quello mugugna qualcosa, voltandosi verso di lui con la fronte corrugata.

I tratti induriti dalla stizza -seppur limitata dalla confusione del risveglio improvviso-, nonostante i suoi undici anni -e mezzo, come tiene particolarmente a precisare-, lo invecchiano incredibilmente. Ha lineamenti ancora indecisi, che stanno però cautamente perdendo la rotondità infantile. Già promettono, un giorno, la bellezza fiorente che verrà: nascosti da quei sempre più deboli segni dell'infanzia, si intravedono la mascella forte, il naso dalla linea importante, la bocca sottile e ben disegnata.

Damon ha la voce impastata e cerca, aprendo al contempo gli occhi, di orientarsi nell'oscurità.

«C-cosa... chi c'è?» mormora, sbadigliando subito dopo. Le iridi color cielo mostrano una sorpresa infiacchita dal sonno, e risaltano nel buio come quelle gialle di un gatto.

Stefan non risponde, attendendo che lo riconosca. E' ancora seduto, a gambe incrociate, in bilico sul bordo del letto. Deve stare fermo, immobile, e quasi non respirare, perché ad ogni movimento si sbilancia all'indietro rischiando di cadere. E se cadesse la cosa sarebbe più che felice di farlo sparire per sempre dentro la sua grossa e flaccida pancia.

Damon si solleva a sedere, sussurrando una risposta, per non far riecheggiare troppo il suono fra le pareti, ed impedire così che oltrepassi la pesante porta di legno -chiusa- della loro camera.

L'acustica in quella casa gigantesca è, infatti, sorprendentemente buona, e anche il più piccolo cigolio viaggia rimbalzando di muro in muro, fino a liberarsi nell'erba ghiacciata del giardino, perdendosi nell'aria gelida come il lamento di un'anima irrequieta.

E forse ce ne sono, di fantasmi, a Villa Veritas, ma questa è un'altra storia.

«Stefan? Sei tu? Non ci vedo niente!» Stefan si avvicina al volto confuso del maggiore, che si strofina gli occhi con i piccoli pugni per eliminare gli ultimi residui di sonno. Quando finalmente mette a fuoco l'altro, rimane perfettamente tranquillo nonostante l'eccessiva vicinanza del viso sconvolto del minore, talmente terrificato che qualsiasi altro bambino, trovandoselo davanti, sarebbe corso via urlando.

Invece, il più grande chiede soltanto delucidazioni sulla presenza del piccolo nel suo letto.

«C'è un mostro in camera! Come fai a non sentirlo? E' proprio qui sotto!» Stefan è agitatissimo, mentre si rintana finalmente al centro del materasso, stringendosi le ginocchia al petto.

Damon lo guarda, un lampo di comprensione che guizza veloce nelle iridi.

Sospira, ma sa benissimo come distrarlo. E' una routine che si ripete praticamente ogni notte.

Deve solo giocare, schernirlo scherzosamente. Si mette a quattro zampe, sbilanciandosi per un secondo di fianco ma ritrovando subito dopo l'equilibrio. Scatta in avanti con la testa, rischiando di colpire il mento di Stefan -lo manca per un soffio- e producendo un suono strano, simile a un ringhio, che gli sale dal profondo della gola.

Stefan grida, atterrito dall'improvviso movimento, e si allontana in tutta fretta dal fratello, fino a sbattere la schiena contro la pediera intagliata.

Deve essersi fatto male, perché geme sommessamente.

Damon, ancora carponi, assume un'espressione preoccupata e lo raggiunge, sedendogli poi accanto.

Appoggia le dita sottili su quella spalla posizionata molto più in basso rispetto a lui, cercando con lo sguardo un'occhiata che gli confermi il perdono per lo scherzo di pessimo gusto.

Non la trova, anche se è sinceramente dispiaciuto. Invece, un pugnetto timido gli colpisce il braccio, e una vocetta squillante lo rimprovera, offesa.

«Sei cattivo, Dam! Adesso sei amico del mostro, vero? Lo sapevo, ne ero certissimo!» il maggiore inclina il capo di lato, osservando inquieto le lacrime che scivolano impreviste sulle guance di Stefan. Odia vederlo piangere, soprattutto quando è colpa sua. Ma se c'è qualcosa che detesta ancor di più, è farglielo sapere troppo facilmente.

Quella sera, però, Stefan sta veramente male.

Lo capisce, lo sente. E' terrorizzato da qualcosa che non vede, da cui non è in grado di proteggerlo.

Ormai il pianto trattenuto si è trasformato in singhiozzo. Non è durato molto, giusto il tempo di far sentire in colpa il fratello, ma Stefan ha ancora gli occhi lucidi e arrossati

Inframmezzata dall'aria che esce a sbalzi, una confessione che non sa di essere una confessione riempie l'aria ancora buia.

«Se il mostro... mi prenderà, poi... dopo... tu e papà prima... o poi vi farete male sul serio... e non potrò aiutarti... e piangerò, se riuscirò... a vederti... dalla sua pancia e io... non voglio essere triste... non mi piace.» il visetto pallido del più piccolo ha assunto un'espressione a metà fra l'accusatore e la tristezza più nera, e Damon aggrotta la fronte messo davanti alla logica complicata del fratellino.

Opta per la risposta che gli pare più rassicurante.

«Ti proteggo io, Stef. I mostri scapperanno, fidati di me.» Stefan lo fissa, poco convinto. Poi annuisce, risalendo il letto fino a poggiare il capo sul guanciale, accoccolandosi meglio fra le coperte.

Il maggiore lo segue, ritagliandosi un angolino sul bordo, sbuffando leggermente per la non programmata usurpazione del suo posto.

Non fa niente, però, per riprenderlo.

Stefan è praticamente già addormentato, dimentico del mostro o di qualsiasi altro pericolo immaginario, e come spesso accade nel dormiveglia, dice ciò che pensa senza censurarlo. E poi, ha cinque anni. Non lo farebbe comunque.

«Ti voglio bene.» Damon sente qualcosa stringersi all'altezza del petto.

Non risponde, limitandosi ad abbracciarlo.

Ringraziandolo, senza spendere parole, quasi come a coniare i gesti dell'uomo che diventerà.

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Note dell'Autrice
Piccola Os senza troppe pretese, un regalo spero un po' originale per nessuna occasione in particolare <3
A presto,
Soqquadro

   
 
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