Note dell'autrice: rileggendo ho deciso di non modificare quasi nulla per non snaturare ciò che rappresenta per me questa storia, pur rendendomi conto di tanti difetti che ora non mi piacciono, a partire dai dialoghi al limite dell'assurdo. Forse la cosa più assurda è che alcuni di questi prendano spunto da conversazioni avvenute realmente. Si tratta comunque di un pezzettino del mio cuore, quindi spero che sia apprezzabile, nonostante la forma estremamente semplicistica e ancora un po' infantile, com'ero io a quei tempi (disse la vecchia XD).
Seconda parte
Capitolo 18
Situazioni particolari (Morgan)
Cinque agosto.
Il mio primo intero mese insieme ad Alan è passato in un lampo... anche se non senza qualche inconveniente. Il signor Delozier ha voluto vedere la casa di Alan, anche se non sapeva che era sua. Comunque, è andato tutto per il meglio, o quasi. Tra me e Alan c'è ancora quel qualcosa di non detto che non riesco ad individuare, e farò del mio meglio per non metter fretta ad Alan. Magari si dimenticherà quel motivo e non penserà più di lasciarmi...
Dei motivi per litigare ne abbiamo avuti un po', soprattutto perché, nonostante la nostra convivenza invernale, non eravamo abituati a condividere ogni attimo del giorno e della notte. Dopo la prima settimana già Alan mi guardava storto, e vedevo il suo nervosismo crescere di minuto in minuto. Ed io sudavo freddo.
«Alan, che... che c'è?»
«Ho notato una cosa.»
Aveva un tono terribile, che è riuscito pienamente a spaventarmi e a causarmi mille brividi per la schiena.
«Cosa?» ho chiesto titubante.
«Ti sei accorto che lasci sempre quei pochi vestiti che hai in giro per casa?! Mi sono rotto di rimetterli nel tuo cassetto!»
«Eh? Scusa...»
«Scusa un corno!»
«Alan... ehm, ti prometto che d'ora in poi non le lascerò in giro... ma anche tu lasci in giro un sacco di fogli...»
«È casa mia! Ci faccio quello che voglio, ma tu sei mio ospite, e pretendo che segui le mie regole...»
«Okay, okay.»
«... non volevo essere così duro, scusa.»
«No. Figurati... però...»
«Però... ?»
«... pensavo che se non andassimo d'accordo, se tu mi lasci...»
«Non ti lascio... cioè, ehm, potresti sempre andare dai Delozier... e comunque non ti caccerei fuori da casa.»
«Grazie.»
«Ehm... tutto chiarito, vero?»
«Sì... io mi impegnerò a non lasciare abiti in giro.»
«Anche io... a non lasciare fogli. Dopotutto stiamo convivendo.»
«Pace!»
«Pace...»
«Da celebrare con un bel bacio...»
E così abbiamo fatto pace, impegnandoci però a vivere meglio insieme, cercando di limitare questi nostri difettucci...
Paul è venuto qui il due agosto, di mattina presto, e sono riuscito a sentirlo parlottare con Alan, dato che si presumeva che io stessi dormendo.
«Alan, tutto okay?»
«Sì, grazie Paul... grazie di tutto.»
«Stai con Morgan, eh? Come mai... cioè, glielo hai detto?»
«No, non ancora.»
«No? Già... beh, credo che Morgan starebbe vicino a te... io l'avrei fatto, se tu me lo avessi chiesto.»
«Non voglio chiedere niente a nessuno. E non so se io voglio...»
«Una vita così è triste, però, non trovi?»
«Forse... ma forse è anche meglio di due vite tristi.»
«Allora non vuoi coinvolgerlo?»
«Coinvolgerlo in cosa? Non gli dirò nulla, tutto qui... e finché va avanti...»
«Finché va avanti... ?»
«... non lo so. Non so che dirti.»
«Oh... okay.»
«Dovrei andare a svegliarlo, dato che voglio andare presto in spiaggia.»
«Vieni dove sto io? Stai tra i tuoi amici...»
«No, oggi no. Ho in mente qualcos'altro. Nel senso che dopo la spiaggia devo andare in un posto...»
«Ah... che posto?!»
«Mh... anzi, forse è meglio se vengo dove stai tu. Così magari nel frattempo mi fai un favore.»
«Favore?! Ohi, ohi... tu vuoi sempre favori da me!»
«Sì, ma se ne vuoi qualcuno anche tu...»
«Okay, okay, ho capito, zitto! Non ne ho bisogno... che favore devo farti stavolta, oltre a tutti quelli che ti faccio sempre?»
«Dovresti tenermi Morgan...»
«Eh?! Cosa, cosa?! Stai scherzando, vero?!»
«Lui è minorenne, lo sai...»
«Ma io, e dico io, Paul, non posso occuparmi di lui.»
«Si tratterà di un quarto d'ora al massimo...»
«... uffa, e va bene. Ma non è giusto! Te ne approfitti perché sai che farei qualsiasi cosa per aiutarti...»
«Ma non puoi. Quindi... quindi aiutami per quello che puoi.»
«... va bene.»
Non ho capito bene di cosa stessero parlando, ma credo che sia ciò che Alan mi tiene nascosto, me lo sento. Ho pensato a tutto quello che poteva venirmi in mente... anche considerando altri indizi... qualcosa di illegale da cui Alan non può venire fuori? Sicuramente non qualcosa di positivo per cui una persona continua a restare con te... e certamente è qualcosa di triste... ma cosa? Forse è questo l'interrogativo che devo risolvere per capire l'atteggiamento di Alan verso il mondo e le persone...
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«Ehi, Alan!»
«Che c'è?»
«Mi sono ricordato una cosa... che, ehm... vorrei tanto chiederti.»
«Cosa?»
«Ecco... alla fine della scuola... non mi hai più detto se...»
«Se... ? Dai, dimmi.»
«Riguarda la scuola.»
«E allora? Devo forse indovinare?!»
«No, scusa... tu volevi cambiare scuola, cioè, non insegnare più a Hipyon... per causa mia.»
«Beh, ho cambiato idea...»
«Davvero?! Cioè... sono contento.»
«Mh...»
«Almeno dimmi qualcosa...»
«Che vuoi che ti dica? Che prima volevo andarmene per colpa tua e adesso invece voglio restare proprio per te?»
«No, ma... insomma, ecco...»
Cade un silenzio che definirei piuttosto imbarazzante, almeno per me. E a romperlo non sono io né Alan, ma il campanello di casa. Vedo Alan accigliarsi, poi alzarsi e andare ad aprire. Chi può essere? Finora qui è venuto solo Paul... e sempre in giorni già stabiliti, a quanto pare.
«Ci. A. O!»
«Tu?!»
È un ragazzo, sembra piuttosto giovane, anche se non quanto me. A quanto pare, lui e Alan si conoscono...
«Sì, perché?! Non sei contento di vedermi? Eheheh...»
«Insomma. Comunque, entra pure.»
«Oh, grazie! Ehi... ciao, tu chi sei?»
«Ah... ehm, io...»
«È Morgan. Morgan, ti presento Victor.»
«Piacere Morgan!»
«Piacere mio...»
«Alan, senti, io sono venuto qui per chiederti un favore...»
«Lo immaginavo.»
«Dai, che male c'è?! In fondo, siamo buoni amici, no?»
«Non mi risulta.»
«Sì, sì, okay... allora mi ascolti?»
«Parla...»
Non se la prende per niente per il modo in cui Alan gli risponde... forse sa che lui è proprio così, e quindi non bisogna dare troppo peso alle sue parole... io invece non ci ho mai pensato, e mi sono sempre sentito un po' triste quando Alan mi parlava con quella sua dose di indifferenza che mi faceva innervosire moltissimo. L'altra unica cosa che riesco a pensare in questo momento, è che Victor è molto più bello di me...
«Ho bisogno di un posto dove stare... per un po'.»
«Cosa? Un po' quanto?»
«Una settimana, al massimo due.»
«Assolutamente no.»
Sono completamente d'accordo con Alan... non voglio che questo Victor stia qui.
«Dai Alan, me lo devi!»
«Cosa dici? Non ti devo proprio niente...»
«Okay, forse no... ma sei generoso, gentile...»
«È inutile che insisti, Victor. Non attacca.»
«Ti prego... ne ho davvero bisogno.»
Vedo Alan che sta per rispondere, ma poi all'ultimo istante tace. Guarda verso di me, e mi sembra che mi legga dentro... però non voglio che sappia quanto tutto questo mi stia dando fastidio, quindi mi sforzo di sorridere, e per fortuna credo di esserci riuscito abbastanza bene.
«Tu che ne pensi, Morgan?»
Oh, cazzo, no! Non puoi chiederlo a me, Alan!
«Ehm... se è solo per una settimana... comunque devi decidere tu...»
«Okay, è deciso. Vic, puoi restare per una settimana, non di più.»
«Fantastico! Grazie Alan... ehm, grazie Morgan! Non ve ne pentirete!»
Non so perché, ma quando Victor dice così, sento prudermi il collo e non prevedo niente di buono... però è successo anche quando ho conosciuto Alan, quindi forse anche lui si scoprirà diverso da come appare? In fondo, sembra simpatico, un ragazzo come tanti...
«Lo spero proprio. Tu sei sempre portatore di guai, per quanto io ne sappia.»
«Sta' tranquillo, Alan... non vi darò alcun fastidio...»
Quando l'ospite si rende indesiderato e i rapporti si complicano (Alan)
Otto agosto.
«E dai, Alan...» è la frase che più ho sentito dire in questi giorni a Victor, e mi sono rotto.
Nonostante siano passati solo tre giorni, si è reso abbondantemente insopportabile.
«Smettila, Vic. Ti ho detto che non voglio.»
«Io non lo faccio da un sacco... e non puoi stare veramente insieme a quel ragazzino, non è da te.»
«Cosa ne sai di quello che è da me? E poi, io sono molto cambiato, durante quest'anno.»
Morgan è molto teso da quando è arrivato Victor. Dormiamo insieme e mi abbraccia, mentre Victor dorme sul divano in soggiorno. Chiunque capirebbe che Morgan è geloso. Victor fa di tutto per starmi appiccicato, e non fa che lanciare sguardi soddisfatti quando vede le espressioni di Morgan. Sta giocando, per il puro e semplice gusto di farlo. Ma dovrebbe capire che la cosa mi fa incazzare da matti.
«Ma che cambiato...»
«Lasciami stare, sto cucinando. Siediti a tavola e taci, non parlare con Morgan, insomma, lascia stare anche lui.»
«Eh... okay. Che palle però!»
Finalmente va a sedersi. Cerco di tenerlo un po' d'occhio, e mi accorgo che c'è un silenzio molto pesante tra lui e Morgan. Tuttavia, questo mi tranquillizza e continuo a cucinare, attento però a buttare ogni tanto l'occhio. Infatti dopo un po' mi accorgo che Victor cerca di instaurare una conversazione con Morgan, senza troppo successo, dato che gli ho detto che è meglio non dar corda a un tipo come lui. Ma so anche che Victor non è facile da sopportare, quando si mette d'impegno per darti fastidio.
Quindi cerco di ascoltare quello che dicono senza farmi notare.
«Perché non rispondi? Sei asociale solo con me?»
«No, io...»
«Dai, che ti ho fatto? Nessuno mi ha detto niente qui... state insieme, tu e Alan?»
«Sì, stiamo insieme da un anno...»
«Ah, un anno?! Strano...»
«Non è strano.»
«Prima Alan non aveva mai avuto storie tanto lunghe, per quanto ne so io.»
«E allora? Ora sta con me, e siccome gli piaccio sta solo con me.»
«Ah, solo con te, eh? Ne sei sicuro?»
«Sì... cioè... mi fido di lui, non lo farebbe mai.»
«Mah... se lo dici tu. Magari però riesco a convincerlo, no?»
«Non ci riuscirai.»
«Vediamo quanto è grande questo legame, Morgan. Tu hai solo sedici anni...»
«E allora? Alan e io... ci vogliamo bene.»
«Oh, che teneri! Ma dai, quanto vuoi che duri? Scommetto che ti sei appiccicato a lui come una piattola e non lo molli più... altro che relazione seria.»
«Non è vero!»
«Adesso basta! Non ne posso più, ho sentito abbastanza! Ora troviamo subito un altro posto per te, Vic. Morgan, noi parliamo dopo...»
«Oh, Alan, dai... te la prendi subito! Stavamo solo parlando, così, si scherzava...»
«Non mi pare proprio. Ora chiamo Paul e gli chiedo di trovarti un posto.»
«Uffa...»
Se prima la cosa mi faceva incazzare, ora sono davvero furioso.
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Undici agosto.
Purtroppo Victor è rimasto qui altri due giorni, perché Paul non sapeva proprio come aiutarmi. Ieri però ha trovato un posto per lui, e mi ha chiesto... di offrirglielo, se proprio volevo togliermelo di torno. Inutile dire che ho accettato più che volentieri. Qualsiasi cosa pur di liberarmi di lui.
«Alan...»
«Sì, che c'è?»
«Ehm... non vorrei sembrarti ripetitivo...»
«Uffa, parla e basta.»
«Noi stiamo insieme, no?»
«Ti deprimi per le stronzate che ha detto Vic?»
«No, scusa...»
«Mi piaci, ti voglio bene, chiaro? Quante volte te lo devo dire?»
«Se non me lo dici per un po', io poi comincio a pensare che se non lo dici, è perché non lo provi... no?»
«... mh... va bene, te lo dirò più spesso.»
«Io ti amo.»
«Eh?»
Com'è che all'improvviso Morgan se ne esce con queste cose? Sa bene che l'argomento non è proprio il mio preferito...
«Hai capito bene, ti amo. E... non ho paura di dirtelo.»
«Tu non...»
«Non dire che non ti amo, aspetta. Credimi, avrò sedici anni, magari ti amerò in modo diverso da come intendi tu... ma ti assicuro che i miei sentimenti sono sinceri.»
Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Da quando Morgan è così maturo, sicuro di se, sicuro dei suoi sentimenti?! Sento un nodo alla gola che mi impedisce di dire qualsiasi cosa.
«...»
«Alan, non devi rispondere per forza, però per favore non dire che non ti amo.»
«Okay...»
Morgan, anche tu mi piaci tanto, ti voglio bene... ma non posso, non devo innamorarmi di te. Altrimenti tu soffrirai insieme a me, e io questo non potrei perdonarmelo, è la cosa che meno di tutte desidero...
«Ehm... che facciamo?»
«Tu che vuoi fare?»
«Quello che vuoi tu...»
«E se io non voglio fare niente?»
«... allora niente...»
«Dai, Morgan, vieni più vicino...»
Anche se all'inizio non me ne rendo veramente conto, capisco che in un certo senso che sono diverso negli atteggiamenti, nel modo di comportarmi... quasi mi sento esitante, e Morgan se ne accorge, mettendosi a ridere. È diventato piuttosto bravo a capire i miei stati d'animo.
«Alan, ma che hai? Stai tranquillo, dai...»
La sua voce... dolce, intima, rassicurante.
«Stringimi...»
«Sì, Alan...»
Mi sento molto più tranquillo adesso, ma dentro di me sono inquieto, emozionato. Non so per quanto posso riuscire a controllare tutti i sentimenti che Morgan mi scatena nel cuore.
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Ventiquattro agosto.
Da quando io e Morgan siamo di nuovo soli, le cose vanno molto, molto bene. E ne sono contento, tanto che non riesco a trattenere un sorriso. Sto leggendo anche io la raccolta di poesie che ho regalato quest'inverno a Morgan per il suo compleanno, e devo ammettere che sono davvero belle; ho scelto un buon libro. Credo che invece Morgan stia saltellando qua e là per la casa, per sistemare tutto quello che ha lasciato in giro ieri: non solo vestiti, ma anche calzini e quaderni di scuola. Il tempo è molto peggiorato negli ultimi tempi, e non andiamo a mare da una settimana, perché o piove, o c'è vento freddo, quindi Morgan ha deciso di approfittarne per fare i compiti delle vacanze, mentre io ho deciso di rilassarmi riposandomi come mi merito.
Potrei quasi chiudere gli occhi in questo momento, e scivolare lentamente e placidamente nel sonno... ma sento all'improvviso due mani sugli occhi.
«Oh! Chi è?»
«Paul!»
«Che vuoi?! Sempre a fare 'sti scherzi... Morgan!»
«Sì, scusa Alan... gli ho aperto io, e voleva farti uno scherzo.»
«Ah... e come mai sei qui, Paul?»
«Già... ehm, potremmo parlarne da soli... cioè, se non ti dispiace, Morgan...»
«Uhm... okay...»
Morgan ci lascia soli, con l'aria un po' mogia, forse triste, ma determinata. Vederlo così mi rende fiero di lui... è talmente cresciuto... del resto, un anno alla sua età è tanto... ma se penso al motivo per cui si allontana da me, a quello di cui Paul può volermi parlare, mi sento subito di nuovo triste. E naturalmente Paul se ne accorge. Sto diventando così di facile interpretazione?!
«Che pensi?»
«Precisamente? Che tutti mi capite improvvisamente senza che io possa farci nulla... e non so se mi sta bene.»
«Alan... ma che dici! È perché ti conosciamo abbastanza bene, no?»
«Morgan è...»
«Sei tu che gli hai dato tanta confidenza... e anche fiducia.»
«Fiducia? Ma va'... non sa nulla...»
«Perché non sei pronto a parlargli. Ma lui sarebbe contento se tu lo facessi. E poi la fiducia non si vede solo dalle cose che ci si dicono, dovresti saperlo.»
«Mh... comunque, dovevi dirmi qualcosa, no?»
«Sì... tu mi hai dato la tua vecchia scheda telefonica, no... ? Mi ha chiamato un tipo...»
No.
«Chi?»
«Eh, un attimo, fammi pensare... è stato l'altro giorno... mi pare si chiamasse Nick.»
«Nick...»
«Sì... una vecchia fiamma?»
«Siamo stati insieme abbastanza seriamente, anni fa.»
«Oh... prima di me, eh? E poi perché è finita, sempre per il solito motivo?»
«Sì... è stato proprio allora... cioè, io non lo sapevo...»
«Sta' tranquillo...»
«Non... non so che dire...»
«Ohi, Alan, mi metti sempre in queste situazioni difficili, non ti parlo mica per metterti in imbarazzo.»
«Sì, scusa... solo, in genere non penso molto a quel periodo.»
«Okay... allora resterai a insegnare a Hipyon?»
«Sì... non voglio ancora separarmi da Morgan... anche se in realtà, vorrei lasciarlo, cioè, dovrei...»
«Ma dai, per favore! Non ci provare a lasciarlo... chi se ne frega se è un moccioso di sedici anni?!»
«Scemo, lo sai che non c'entra...»
«Dovresti tenertelo stretto... non ti ho mai visto così confuso e allo stesso tempo rilassato come quando c'è lui. E penso che siano i tuoi personali sintomi di innamoramento, quello che ti può dare un po' di spensieratezza e serenità...»
«Non lo so... io non so più niente...»
Le piccole gioie quotidiane (Alan)
Trenta agosto.
È davvero terrificante come il tempo passi in fretta quando si sta veramente bene. Da quando Victor se n'è andato, le cose tra me e Morgan sono andate come in un sogno... e infatti a volte mi pare irreale il rapporto che si è stabilito tra noi. Com'è possibile che così tanti mi abbiano voluto bene, nella vita? Paul, Nick... e adesso Morgan. Allora io a chi ho voluto bene? Amavo Nick, lo amavo sul serio... ma le cose sono cambiate improvvisamente, sconvolgendo completamente la prospettiva della mia vita e del mondo. Invece ora Morgan... ?!
«Morgan?»
«Sì?»
«A che stai pensando? Ti vedo assorto...»
«Che torniamo a Hipyon e non staremo più tutto il giorno insieme come adesso. E questo mi rende un po' triste.»
«Ma va'... sono scemenze. Ci vedremo comunque tutti i giorni, lo sai.»
«Ma tu vuoi stare con me? Non sei stanco di me?»
«No... ma che dici, insomma?»
«Dico che... forse è vero che ti sono stato appiccicato...»
«Forse all'inizio era così. Ma le cose sono cambiate, lo sai.»
«...»
«Pensi sempre a queste cazzate... e scommetto che è colpa di Victor...»
«Non è vero!»
«Ah, no?!»
«No! Scusa tanto se ho sedici anni e sono insicuro!»
«Okay, ti scuso, ti scuso... ma tu non devi star male per ogni cosa... cerca di crescere un po'.»
«Ci provo! Ma non sono cresciuto neanche un po', rispetto all'anno scorso?!»
«Certo che sei cresciuto... e non poco.»
«Allora di che ti lamenti?»
«Niente...»
«Mh...»
Non so che dire. Morgan riesce sempre a spezzare il filo dei miei pensieri, soprattutto quando non sono dei più felici. Cioè, mi viene in mente proprio in quei momenti, senza che io riesca a controllarlo...
---
Quindici settembre.
Purtroppo le vacanze si sono concluse. Ma siamo ancora ai primi giorni di settembre, e Morgan non ha intenzione di perdere un solo attimo in altre attività che non prevedano la mia vicinanza. È persino venuto a finire di fare i compiti delle vacanze qui da me, pur di poter passare un altro po' di tempo insieme. Si comincia la mattina presto, alle nove e mezzo. Lui stesso mi ha detto che si sveglia alle nove, poi viene a casa mia, standomi praticamente appiccicato. Per il pranzo gli ho fatto promettere di restare a casa, tranne il sabato, dato che è sabato.
«È sabato, Alan!»
Non ho potuto dirgli di no. Il modo in cui lo ha detto, la decisione, la ferma convinzione che ha messo in quell'unica affermazione mi hanno convinto. Comunque, tutto sommato si comporta bene, e a pomeriggio ho un margine di un paio di ore libere, durante le quali far qualcosa per me stesso soltanto... non che la presenza di Morgan mi soffochi, anzi... ma a volte il troppo è troppo. Anche se non sono ancora abituato a stare di nuovo solo, per modo di dire vista la situazione, non significa che devo diminuire gradualmente le ore che passo con Morgan. Però è proprio quello che sto, anzi stiamo, facendo, in effetti...
«Alan!»
«Sì, che cosa c'è?»
Rieccolo. Le quattro in punto. In punto... ed è puntuale. Allegro, contento... forse felice. Ma perché?
«Hanno detto che la scuola ricomincia il diciotto... è vero?»
«Sì, è vero...»
«Ma lo sapevi già?»
«Certo, lo so da un bel po'...»
«E non mi hai detto niente?! Cattivone!»
«Morgan, senti.»
«Eh? Che c'è?»
«...»
«Cosa?!»
«Mi sono dimenticato!»
«Ma sei scemo?! Io ti... accidenti, non scappare!»
Ci sono giorni in cui le cose vanno bene, per me. Sono sereno, Morgan ha questo strano potere che nessun altro possiede, quello di farmi sentire a posto con me stesso, senza che ci sia paura di fare qualcosa che non vada, senza preoccuparmi troppo di quello che sto facendo, ma pensando soltanto... ad ora, a questo istante, a questo prezioso momento di pace, di tranquillità... un'atmosfera che Morgan crea, intima e quieta, nella quale sento la possibilità e la voglia di rilassarmi, benché a volte io non sia tanto sicuro di poterlo fare, di potermelo permettere...
«Tanto non mi prendi!»
Morgan ride, ride tanto. E sorride. Sorride quando è con me, quando ci guardiamo, quando giochiamo, quando ci uniamo, quando facciamo le cose più stupide insieme... ho anche provato a insegnargli a cucinare qualcosa, anche se con scarso successo, dato che ho verificato che lui non è molto paziente in cucina. Ma non ha importanza, quello che conta è tutto il resto... non i gesti in sé ma il loro significato profondo...
«Alan, uffa, dove ti sei nascosto?! Mica possiamo giocare a nascondino come due bambini... guarda che sei grande per queste cose...»
«...»
Non voglio ancora farmi trovare, voglio essere io a trovare Morgan. Voglio scoprire di nuovo il suo mondo, che finora non ho mai voluto scoprire, e so che è tanto diverso dal mio, ed io lo desidererei ardentemente, se potessi anche solo pensarlo...
«Dai, Alan! Vieni fuori...»
«...»
Mh... dunque... me lo ha chiesto lui, Morgan. Non mi resta che accontentarlo, perciò gli arrivo alle spalle per coglierlo di sorpresa, stritolandolo per bene. E Morgan ride, farfugliando qualcosa che non riesco più ad ascoltare quello che sta dicendo, non riesco a cogliere il senso, ma solo suoni confusi, finché non cado.
«Alan?! Che hai?!»
«Niente, tranquillo, ho solo dormito poco.»
Ed è vero. Stanotte non ho fatto che pensare, faticando a prendere sonno. Continuavo a pensare alla mia situazione, a Morgan, a Nick... alla mia famiglia. Ma non è solo per queste cose che mi sento stanco... ce ne sono tante, tante altre...
«Ihihih, sai che sei davvero buffo? Dai, dammi la mano, che ti aiuto ad alzarti.»
Morgan è vero, Morgan è reale. Ed è fantastico il suo sorriso, così personale, solo per me... ed io non voglio lasciarlo...
---
La scuola è ricominciata da un bel pezzo, e siamo già ad ottobre. Morgan sta studiando molto seriamente, senza che io gli abbia detto nulla: credo che anche in questo sia maturato. I giorni passano tutti uguali, monotoni; l'unico elemento che da un po' di colore a questi periodi è Morgan. L'ho convinto che almeno un giorno, deve continuare ad uscire con i suoi amici, e lui ha scelto il sabato sera.
«Noi stiamo insieme un po' il sabato, fino a pomeriggio, e poi io esco con i miei amici. Invece la domenica possiamo stare tutto il giorno insieme... è la soluzione migliore, non trovi?»
E come dargli torto? Io ho un sacco di cose da fare, e tra la scuola, Morgan e tutto il resto, non mi rimane molto tempo per stare da solo con me stesso. Ma probabilmente prima me ne rimaneva un po' troppo, e neanche a quel modo le cose andavano bene.
«Morgan?»
«Che vuoi?»
«Oggi hai disturbato in classe, lo sai, vero?»
«Sì, lo so...»
Niente scuse?!
«Beh, cos'è quella faccia triste?»
«Scusa, è che ho litigato con mio padre.»
«Con tuo padre? E perché?»
«Ecco...»
«Avanti, Morgan. Dimmi pure...»
«Sai, lui odia quelli come me.»
«Quelli come te?»
«Sì... perché io non sono un tipo molto deciso, non sono molto carismatico, non ho atteggiamenti da leader naturali...»
«... che razza di idiozie...»
«... e poi mi piacciono i ragazzi...»
«Ah... ma tuo padre lo sa?»
«Non esplicitamente... ma secondo me sospetta qualcosa, lo capisco dal modo in cui mi guarda... si sente deluso... cioè, mi sente come una delusione...»
«Cazzate. Non sei una delusione, sei un bravo figlio, io lo so. Semmai è lui la delusione, dato il rapporto di merda che avete!»
«Dovrei parlargli, secondo te? O almeno, provarci?»
«... non lo so, devi decidere tu. Io a mio padre...»
Mio padre...
«A tuo padre... ? Hai litigato anche tu con lui?»
«Sì, in altri tempi, quando ero più giovane. Ho provato a parlargli, ma solo grazie a mia madre lui non mi ha cacciato di casa.»
«Quanti anni avevi?»
«Venti... e quando scoprì che stavo con un ragazzo, fece di tutto per farci lasciare!»
«Mi dispiace... cioè... lo so che non serve a niente dirlo... ehm, comunque, che successe dopo? Vi lasciaste?»
«Sì, fummo costretti a farlo. Da allora i rapporti con mio padre non sono più stati gli stessi, finché un giorno me ne andai, a ventitré anni.»
«E tua madre?»
«Non disse nulla, neanche lei in fondo mi accettava pienamente. Però è sempre mia madre.»
«Anche mio padre è sempre mio padre... e mia madre pure. Però non so se accetterei una cosa simile da parte loro.»
«Già.»
«Vorrei tanto che le cose fossero più semplici.»
Piccoli cambiamenti (Morgan)
Quattordici ottobre, sabato.
Settembre è volato via in un soffio, con la delicatezza di una nuova coperta posata sul proprio amante che dorme. Alan... negli ultimi tempi, le cose sono andate in un modo indefinibile, strano. Abbiamo vissuto un po' alla giornata, senza pensare troppo al futuro o alle conseguenze di quello che stavamo facendo... perché io sento che ci stiamo avvicinando pian piano sempre di più; neanche Alan sembra avere più tanti pensieri, e io ne sono molto contento.
Quello che invece non va bene è il solito, ovvero il rapporto con mio padre. Proprio ieri sera, tanto per cambiare, si è messo a discutere con me. Argomento: il mio rientrare tardi, la mia assenza da casa durante il pomeriggio. Io i pomeriggi li passo quasi tutti con Alan, anche se ufficialmente sono con Mark...
«Questa casa non è un albergo!»
«Lo so... e allora?»
«Sono le otto e mezza.»
«Non mi sembra di rientrare tardi, dopotutto non sono mica una femminuccia! E di solito rientro prima...»
«Questo non ti autorizza a fare il pendolare, e con gli orari che vuoi...»
«Ma io non lo faccio!»
«Morgan... sono sicuro che avrai già capito che la cosa migliore è rientrare prima a casa.»
«Ma ritorno sempre per le sette e mezza, massimo le otto... i miei compagni...»
«Non mi interessano i tuoi compagni. Io dovrei credere, secondo te, che fino alle sette e mezza sei con Mark a studiare?! E anche se dopo faceste qualcosa per passare il tempo o parlaste, sarebbe comunque troppo tempo. Non è che frequenti qualche strana compagnia?»
«Ma che dici! No...»
«Allora potrebbe anche venire Mark qui da noi, ogni tanto...»
«Oh... mh... va bene, glielo dirò, e cercherò di non perdermi in chiacchiere e... beh, insomma, queste cose.»
«Bene. Così potrò chiedere a Mark un bel po' di cose...»
«Puoi chiederle anche a me, se riguardano me.»
«E tu mi diresti la verità?»
«Tu non hai mai provato neanche a chiedermela! E poi Mark è mio amico, non tradirebbe mai la mia fiducia!»
«Sì, sì... tu non mi diresti nulla, lo so già. Ma io so che c'è qualcosa, anche se non so cosa.»
«Qualcosa?!»
«Qualcosa che mi tieni nascosto, e anche alla mamma...»
«Che dici... ?»
«Vedi?! Vedi che neghi?! Ma il mio sesto senso da genitore non sbaglia, e si capisce da come sei nervoso e dal tuo atteggiamento... tutto sa di segreto non trascurabile... ti conosco meglio di quanto credi, Morgan...»
Ma come fa? Non è affatto giusto... perché io non riesco a capire cosa pensa lui, eppure lui è mio padre... perché lui deve avere questo vantaggio su di me?
«Mica posso dirti tutto quello che mi succede...»
«Se è qualcosa di importante, puoi o dovresti dirlo, non credi?»
«E come fai a dire cosa è importante?»
«Non sei certo un bambino, Morgan!»
«Uff... però...»
«Niente però, capito?»
Ho paura di non piacerti... di subire il tuo disprezzo...
«Mh...»
«Pensaci su... ma ricordati che tu vivi ancora in questa casa.»
Le cose sono andate all'incirca in questo modo, e praticamente non è cambiato niente... tranne che stranamente mio padre è stato un po' meno insofferente del solito, con me, ma forse era semplicemente che era di buon umore, ed io ho avuto fortuna. Il fatto è che io e mio padre abbiamo discusso quasi civilmente insieme, senza alzare troppo la voce e senza ferirci poi più di tanto...
«Ehi, a che stai pensando? Oggi sei tra le nuvole...»
«Mark... io ieri ho parlato un po' con mio padre... ecco...»
«Cosa?! Che evento... dai, dimmi...»
«... insomma, lui, come mia madre, pensa che io stia con te il pomeriggio, e che studiamo insieme...»
«Sì, certo... e mio padre anche ti copre, anche se io sono l'unico a non sapere perché...»
«Mark, ti prego...»
«Scusa.»
«Senti, Mark... te ne parlerò presto, okay? Lasciami un po' di tempo per mettere insieme le idee...»
---
«... tempo per mettere insieme le idee?! Che tempo ti serve?!»
«Io ho solo sedici anni, che pretendi?»
Ora sono impegnato in una discussione con Alan, della quale né io né lui siamo contenti.
«... non ne capisco il motivo, tutto qui!»
«...»
Distolgo lo sguardo, perché mi sento in colpa.
«Dimmi la verità, Morgan...»
«La verità, la verità... uffa. Ho parlato con mio padre e... ho pensato a un po' di cose.»
«Come per esempio a non vederci per un po'?!»
Ma è arrabbiato?! Io non capisco.
«Prima eri tu a dire che dovevo stare con i miei coetanei...»
«Prima era prima. E ora è ora, e comunque io ti avevo detto di vedere anche i tuoi coetanei, non di stare soltanto ed esclusivamente con loro.»
«Beh... scusa, Alan, ma in fondo il nostro rapporto è un po'... sì, insomma, esagerato. Non lo pensi anche tu?»
«No, non lo penso.»
«Io ho bisogno di pensare un po', di starmene per conto mio...»
Penso che non cederà mai, e uno strano pensiero mi attraversa la mente, quello che forse io non riuscirei a liberarmi di Alan, adesso... così come lui non riusciva a liberarsi di me in passato... ma è una stupidaggine.
«Va bene, ho capito.»
«Sul serio?»
Incredibile, proprio ora. Quasi quasi, avrei voluto che insistesse ancora di più a voler continuare a vedermi...
«Sì, ho capito. Comunque, se vuoi vedermi, hai le chiavi di casa...»
«Ehm... sì... io provo ancora quelle cose per te...»
«Certo, lo so...»
Cavoli: silenzio imbarazzante. Come uscirne? Ogni secondo che passa l'imbarazzo aumenta, a volte senza un vero motivo.
«Mark non fa che ripetermi quanto vuole sapere quello che nascondo... dato che sa che suo padre lo sa.»
«Già, ha ragione... la penserei come lui, se fossi tuo amico e tu ti fossi confidato con mio padre!»
«Sì, ma... tu che ne pensi?»
«Dalla mia posizione? Certo non glielo direi! Come amico... non so. Dipende se tu pensi che lui sia pronto a capirti e ad accettarti come persona, se è in grado di capire che quello che gli dirai non cambia quello che sei.»
«E tu?»
«Sì, questo è più complicato... ma dopo la prima sorpresa, la seconda si spera che faccia meno effetto...»
«Mah... non credo che vada proprio così... non in questo caso, almeno.»
«Vedi tu... sei tu che devi parlare con il tuo amico, non io... se Mark è un vero amico...»
«Sì, sì, ho capito. Comunque, volevo parlarti anche di quello che ci siamo detti io e mia madre qualche giorno fa...»
«Con tua madre? Certo, dimmi...»
Confusione (Morgan)
Ogni giorno che passa mi accorgo di come le cose sono più complicate e più lente per il semplice fatto che, quando si è in due, le cose sono più facili da sopportare, perché il peso si divide a metà, in un certo senso. Mi chiedo se Alan provi le mie stesse sensazioni, se la pensi allo stesso modo: certo, però, mi sono ripromesso di non pensarci troppo, di non andare a casa sua, e, anche se è molto dura, devo resistere ad ogni costo. Vederci ogni santo giorno a scuola è una vera maledizione in questo caso; non è affatto consolante, anzi. Dopo la nostra ultima discussione, è come se i rapporti tra me e Alan si fossero un po' raffreddati... ma io lo amo sempre, come sempre, anzi forse ancora di più...
«Chrisman... torna tra noi, non stare con la testa tra le nuvole, e segui la lezione.»
Cazzo, beccato in pieno. Eppure non lo stavo guardando... ma avrà capito che pensavo a lui?!
«Mi scusi, professor Steele, mi sono distratto solo un attimo...»
«Meglio. Se è così vuol dire che sei in grado di ripetere quello che ho detto fino a qualche secondo fa.»
«Ehm... veramente no.»
«Perché, non hai capito?»
«Sì, infatti.»
«E perché non l'hai detto, allora?»
Perché odio la fisica e farmela spiegare da te non è esattamente la mia più grande aspirazione, in questo preciso momento.
«Scusi, professore.»
Ora che ci ripenso, ho fatto davvero una figuraccia. E non con gli altri, ma con Alan, e soprattutto, ancora peggio, con me stesso. Non è che io abbia intenzione di non pensare più ad Alan, ma sto solo cercando di non far peggiorare più di tanto la mia situazione. Ad Alan non ho detto tutta la verità...
«... Morgan? Di cosa hai discusso con tua madre?»
«Beh... credo che anche lei la pensi allo stesso modo, quindi non vederci per un po' è la cosa migliore anche per questo motivo.»
«Certo...»
Certo, certo. Non ho mentito, ma non gli ho detto tutto...
«Morgan, ti ho sentito parlare con papà...»
«Ah, ma'...»
«Che ti sta succedendo?»
«Niente, niente...»
«Lo sai che se ci preoccupiamo è solo perché ti vogliamo bene, no?»
«Sì, lo so... ma ti giuro che mi va tutto bene...»
«Anche Mark qualche tempo fa mi ha detto che gli sembravi cambiato.»
«Sono solo cresciuto... nient'altro.»
Il discorso, per fortuna, è caduto lì. Mia madre ha cercato di chiedermi altre cose, più nello specifico, ma l'ho ignorata. Mi è dispiaciuto farlo, ma non avevo altra scelta. Mi chiedo ancora cosa direbbe di tutta questa storia... e penso che ci sono persone che, pur non condividendo ciò che fai, non cercano di allontanarti da quello che ti piace, come ad esempio il padre di Mark. È davvero gentile, umano, a tenere questo segreto insieme a me, a corrispondere così degnamente la mia fiducia. Questo mi fa pensare che dovrei parlare anche con Mark, dato che siamo amici praticamente da tutta la vita...
---
«Sì, certo che mi va! Ho una fame!»
Sally è davvero allegra. Sono fuori con Mark, Sally e Michelle, sua sorella. Sembra una comune uscita a quattro, ma io e Michelle non stiamo insieme... anzi, ci conosciamo appena. Invece Mark e Sally stanno insieme da un bel po', anche se non ricordo precisamente da quando. Forse da giugno. Li vedo contenti tutti e due, e anche io sono felice per loro. Tuttavia, mentre li guardo tenersi per mano e sorridersi in modo complice, non posso che invidiarli, e l'ombra della tristezza mi passa sul volto.
Dev'essere molto evidente, perché Mark manda le ragazze a prendere qualcosa mentre mi porta a sedere in un posto tranquillo, sorprendendomi.
«Che hai? È da un po' che ti vedo giù... è tutta la sera che sei depresso.»
«Scusa, Mark... non voglio rovinarvi la serata.»
«Ma che dici, scemo. Dai, perché non mi dici cos'hai?»
«Ma no, mi vergogno...»
«E con mio padre non ti vergogni?»
«Che c'entra! Cazzo, Mark, è diverso... a lui ho dovuto spiegare per forza!»
Non capisci quanto è difficile per me esprimere quello che ho dentro? La rabbia di non potergli stare vicino di fronte a tutti, sia perché è un uomo, sia perché è tanto più grande di me, e poi anche perché è il nostro professore... è insopportabile.
«Dai, io sono tuo amico. Fidati di me, non ti prenderò in giro.»
«È proprio questa la cosa che mi spaventa.»
«Eh?! Che vuoi dire?»
«Che credo tu la prenda seriamente, e quindi sarebbe ancora peggio.»
«Tu dimmi... io non farò commenti.»
«Mh...»
«Dai... facciamo così, io ti faccio le domande e se vuoi rispondi.»
Va bene? Io non lo so... non sono sicuro di niente.
«Okay.»
«C'entra una persona di cui si è parlato senza mai dire chi è?»
«Sì.»
«Dunque... ci stai insieme?»
«Sì.»
«Da quando?»
«Dall'estate scorsa... anche se in realtà credo sarebbe da settembre scorso.»
«La conosco?»
È un uomo, hai presente? Il nostro amato professore di matematica e fisica, altrimenti conosciuto come Alan Steele.
«Mh...»
«Cioè?»
«Non è che mi va di dirti chi è!»
«E allora che cazzo mi vuoi dire?»
«Una cosa... non proprio comune, che uno non penserebbe come logica.»
«Ah...»
Mark sta pensando. Vedo i suoi occhi stringersi un po', studiarmi e sondarmi, mentre io mi sento completamente terrorizzato. Non è che io non mi fidi di lui, ma semplicemente non sono sicuro di fidarmi veramente di nessuno. Ma di Alan... di lui sì.
«Hai capito?»
«Beh... forse. È una cosa che pensavo già da un po'.»
«Cioè?»
«Come si chiama?»
«No, non posso dirti il suo nome.»
«Uffa...»
«Dai, Mark.»
«Dai cosa?»
Ma dove sono finite Sally e Michelle?! Spero non siano andate al bagno, altrimenti chissà quanto ci mettono a tornare... mi sembra che manchino da un'eternità.
«Mark...»
«È... un ragazzo?»
Sì, è lui. Anzi, è molto più che questo. Non rispondo, non voglio sapere cosa ne pensi. Chi tace acconsente, giusto?
«Morgan... ehm... tutto qui?»
«No, non è tutto qui. Ma il resto è peggio, capisci?!»
«Sta' calmo... ne riparliamo va bene? Stanno tornando Sally e Michelle...»
«Ehi, ragazzi!», dice Sally sorridendo, «vi ho preso un po' di stuzzichini caldi... vanno bene?»
«Sì, grazie.»
«Che ha Morgan?» chiede Michelle.
«Non si sente molto bene.» Grazie, Mark, è così: non mi sento affatto bene. «Lo accompagniamo a casa, okay?»
---
E così ora sono a casa. Mi stendo sul letto, esausto, anche se non ho motivo di esserlo. Mi gira la testa... non mi sento affatto bene. Come mi aspettavo, dopo un po' sento vibrare il cellulare, dev'essere Mark.
«Mi manchi.»
Non è Mark... è Alan... cazzo. Che faccio, gli rispondo? Non voglio riprendere a vederci adesso, sono ancora troppo confuso... ho bisogno di mettere ordine nella mia vita.
«Anche tu mi manchi.»
Dannazione, non ho resistito. Ma dopotutto è la verità! Non so come sto facendo a sopravvivere senza di lui ultimamente. Mi sembra di sprofondare nella tristezza. Prima di conoscerlo stavo stupendamente, ma non c'era niente che contasse davvero nella mia vita.
«Quando possiamo vederci?»
Eccolo. Quando possiamo vederci? Non lo so... ma scrivergli così non sarebbe giusto.
«Morgan, tutto okay?»
Adesso è Mark. Con calma, uno alla volta.
«Alan... dammi tempo, sono un po' confuso in questo momento.»
Okay, andato. A Mark che scrivo?
«Sto bene, tranquillo. Poi parliamo meglio, okay?»
«Okay, e cerca di riposare. Ti voglio bene.»
Che bravo amico, che stupendo amico. Mi sembra impossibile che esista uno come lui, e che per di più stia dietro alle mie paranoie.
«Grazie, sei un amico. Buonanotte.»
Non so quante volte mi sono ritrovato a ringraziarlo. È stato sempre lui a risolvere i miei problemi, anche quando eravamo bambini. Capisce sempre tutto di me, e non so proprio come faccia.
«Okay... a presto.»
È Alan. Sospiro, posandomi una mano sulla testa. Che cosa devo fare adesso?
Io sto bene con te... (Alan)
Diciotto novembre, sabato.
Questioni di fiducia (Morgan)
Sensazioni speciali (Morgan)
Alla fine ho deciso di fidarmi di Alan, anche se sono un po' nervoso. Mi guardo intorno, ma non ho idea di dove siamo, poi alzo le spalle e sospiro, cercando di stare tranquillo. Alan mi prende per mano e mi fa segno di seguirlo, e così faccio.
«Alan, mi dici dove stiamo andando?» chiedo con un filo di apprensione.
«Da amici, non ti preoccupare.»
La mia curiosità viene soddisfatta abbastanza presto, per fortuna. Alan tira fuori un paio di chiavi che non avevo mai visto e apre la porta di una enorme casa.
«Ciao! Che ci fate voi qui?»
È Paul. Inutile dire che io sono completamente stupito.
«Cercavamo un posticino tranquillo. Disturbiamo?»
«No, figurati... ci sono io e qualche amico...»
«Sei single?»
«Sì, di nuovo... ma non importa. Venite pure... ciao Morgan, scusa se non ti ho salutato.»
«Figurati...»
È casa di Paul? Non riesco a capire...
«Dammi il cappotto, Morgan.»
«Alan... okay, tieni.» rispondo sfilandomelo.
Alan si allontana facendomi un sorriso, e rimango con Paul.
«Dai, vieni di là intanto.»
«È casa tua?»
«Spiritoso... ma dai! È di Alan.»
«Di Alan? Ma tutte sue sono queste case? Quella di Hipyon è sua, pure?»
«... sì. Ma tu non sai proprio niente di Alan?»
Eh?
«Non so cosa?»
«Lascialo stare, Morgan.»
Oh, ecco di nuovo Alan... non capisco bene se è arrabbiato, ma pare di no. Sto per dire qualcosa quando mi bacia, sorprendendomi.
«Alan...»
«Qui vengo ogni tanto per stare con i miei amici e con Paul... puoi rilassarti.»
«Okay...»
---
A casa di Alan, o di Paul, o non so di chi altro, abbiamo passato del tempo piacevole. Dopo Alan mi ha detto che voleva assolutamente uscire con me, così siamo stati un po' in giro, tenendoci a braccetto come una coppietta. Pare che nessuno ci abbia notati, oppure semplicemente la gente si fa i fatti suoi, in questo posto... comunque, è molto meglio così.
Ora siamo davanti all'ennesimo negozio di abbigliamento, mentre Alan cerca di convincermi a comprare qualcosa. O meglio a farmi comprare qualcosa da lui.
«Dai, Morgan, guarda che bella camicia... e quel maglione nero, poi...»
«No, dai...»
Devo assolutamente resistere. Insomma, costano care quelle cose! Capisco che Alan abbia un po' di soldi da spendere rispetto a me, ma dopotutto è pur sempre un professore. Non dovrebbe guadagnare tanto; e non voglio che spenda soldi per me.
«Ma perché non vuoi?»
«Perché no. Costano troppo.»
«Ma che dici? Guarda che lo faccio per farti contento e vestirti bene.»
«Ma che dici tu, semmai?! Io sto bene anche così, e così vorrei piacerti...»
«Certo che mi piaci così... volevo solo farti un regalo.»
«Non ho bisogno di nessun regalo, se tu stai con me...»
Alan mi sta abbracciando. Non ci credo; mi sembra di soffocare dalla gioia. Qui, insomma, in mezzo alla città, per strada.
«Grazie.»
Non so cosa dire. Alan mi lascia andare e mi prende per mano, sorridendomi e facendomi segno di seguirlo. Perché è così bello? Mi sembra di impazzire, tanto mi sento pieno. Vorrei che questo giorno non finisse, che il sole non tramontasse mai... ma già adesso è tardi, e quasi non c'è luce. Perché mi sembra così poco il tempo che possiamo stare insieme? Siamo già tornati alla sua macchina, uffa.
«Torniamo?»
«Sì, altrimenti si farà troppo tardi.»
Non posso che dargli ragione. Salgo in macchina e metto la cintura, rassegnato, e Alan se ne accorge.
«Su, non essere triste.»
«Abbiamo così poco tempo!»
«Ma dai! Che dici? Stiamo insieme praticamente sempre...»
«Ma non liberamente, ma non liberamente, ma non liberamente...»
«Ehi, ehi, ho capito. Ma non è mica colpa mia, e neanche tua.»
«Sono felice, sai?»
Alan che sorride: c'è qualcosa di più bello?
«Mi fa piacere.»
Quanto lo amo...
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Che ore saranno? Non ne ho idea. Controllo sul cellulare: circa le due e mezza. Alan mi ucciderà, lo so. E ancora di più i miei genitori, se mi scoprono. Non riesco a dormire; non ho fatto che pensare a oggi, a me e ad Alan, alla nostra storia, a tutte le cose che non so di lui... non riesco proprio a prender sonno, anche se mi sento piuttosto stanco e frustrato. Faccio la massima attenzione a non fare il minimo rumore, e lascio un biglietto sul comodino in modo che mia madre lo veda.
«Sono uscito presto, non so se torno per pranzo.»
Speriamo che non sospetti nulla e che non si svegli troppo presto. Metto le prime cose che mi capitano tra le mani ed esco. Sembra che fili tutto liscio. Per strada naturalmente non c'è nessuno... è incredibile vedere come un luogo di vita si trasformi completamente di notte. Beh, per fortuna le luci non mancano mai del tutto, altrimenti non so come farei; però credo che riuscirei a trovare la strada che porta a casa di Alan anche se fossi cieco.
Mi fermo di fronte a casa sua. E se si arrabbiasse? Io ormai però sono qui... e non posso tornare indietro, o rischierei troppo. Potrebbe pensare che sono un ladro, accidenti! Ma no, io ho le chiavi. Calma, devo stare tranquillo. Infilo le chiavi nella porta sperando di non fare troppo rumore, e mi pare di riuscirci abbastanza bene. Sto morendo di freddo, e mi concedo un minuto per aspirare l'aria calda della casa, in modo che mi riscaldi un po'.
Tolgo il cappotto; ora non ne ho più bisogno. Mi sfilo anche le scarpe, per non fare rumore, poi percorro silenziosamente le stanze fino ad arrivare alla camera di Alan. Mi faccio luce con il cellulare, e riesco a vedere che Alan sta dormendo. Che faccio? Adesso più che mai non posso davvero più tornare indietro... tuttavia sono terrorizzato. Lascio stare il cellulare e provo a scuotere dolcemente Alan. Ma lui non si sveglia, e provo ad accarezzargli il viso, parlandogli vicino e sottovoce.
«Alan... Alan...»
«Eh... Morgan?» risponde con voce flebile e appena udibile. Ma nel silenzio della stanza è l'unico suono.
«Sì... sono io... posso dormire con te?»
«Mh... Morgan?»
«Sì?»
«Morgan...»
«Eh?»
«... che cazzo ci fai qui in piena notte?»
«Scusa... sei arrabbiato?»
«No, ma... che ore sono?»
«Due e mezza.»
«Oh... ecco. Sei vestito? E i tuoi?»
«Non ti preoccupare... piuttosto, posso dormire con te?»
«Sì... spogliati pure, ti scaldo.»
Faccio come Alan mi ha detto, e mi sento il cuore che batte in modo terribilmente forte, tanto che mi sembra che stia per uscirmi fuori dal petto... ma Alan lo sente quando mi stendo abbracciandomi a lui.
«Stai tranquillo... come mai sei venuto?»
Le nostre voci sono basse, anche se non c'è un vero motivo, dato che siamo completamente soli. Però a me sembrano altissime in questo momento.
«Non riuscivo a dormire, scusa... e ti pensavo...»
«Certo, non preoccuparti.» dice lui baciandomi la fronte. «Stai bene, così? Hai freddo?»
«Sto bene, non ho freddo... però tu stringimi...»
Alan comincia a darmi qualche piccolo bacio sul viso, mentre mi abbraccia e mi accarezza, e mi sento emozionatissimo. Eppure non riesco a capire: cosa c'è di diverso rispetto al solito? Mi sento così... così... non so come!
«Morgan, stai tremando...»
«Sto bene, sto bene... mi sembra quasi di impazzire per la gioia...»
«Oh, Morgan...»
Se potessi descrivere questo momento, lo farei. Lo farei per poterlo capire, ma tutto sommato non mi importa. So solo che questo è il bacio più bello che ci sia mai stato tra me e Alan, e non riesco a capacitarmene. Ci baciamo lentamente, senza fretta, con dolcezza e allo stesso tempo desiderio, voglia di stare insieme. Dopo questo ci abbracciamo più forte e piango un po', mentre Alan mi accarezza il viso e i capelli, baciandomi ogni tanto la testa. Questi istanti non hanno valore... e se ce l'hanno, è inestimabile e impossibile da dire.
---
---
Il mio compleanno (Alan)
Morgan è accanto a me; sento il suo respiro tranquillo e regolare, il calore del suo corpo contro il mio, e la dolcezza che tutto questo mi provoca dentro al cuore. Lo stringo dolcemente a me, percependo forse per la prima vera volta la paura che ho di perderlo. Provo tenerezza verso di lui, e rabbia verso il mondo, verso tutta questa situazione, perché so che presto o tardi dovrò parlare con Morgan, e non sarà facile... né per me, né per lui, e capisco che è una cosa necessaria.
Non voglio fargli capire che sto soffrendo, non proprio adesso che ho deciso di regalargli quel che ho scoperto e ritrovato. Non si è ancora svegliato, ed io ho questo tempo per ammirare il suo viso rilassato, tranquillo, palesemente sereno nel sonno. Pare più bello del solito, indescrivibile nella sua emblematicità, imprescindibile da quel che provo per lui. Alla fine però arriva anche il momento in cui si sveglia. Apre gli occhi, e mi sento sull'orlo della pazzia. Potrei sbagliare tutto...
«Ehi, buongiorno.»
Ma che buongiorno? E con quel sorriso poi? Lo bacio, invece di dargli il buongiorno a parole... e non ne sembra affatto dispiaciuto.
«Come va?»
«Magnificamente, adesso.»
«Ci alziamo?»
«Okay.»
Mentre ci vestiamo, mi concedo del tempo per osservare i suoi movimenti, cercando di non apparire troppo esplicitamente perso nei miei pensieri. Morgan, per fortuna, non si accorge di nulla. Poi mi salta addosso all'improvviso e si aggrappa al mio collo, ridendo.
«Che hai?»
«Niente, è solo che sono contento. E poi sei così bello!»
«Mh... e dire che l'anno scorso ti sentivi in soggezione! Ricordi?»
«Sì che ricordo! Ma adesso è diverso.»
«Anche tu sei bello.»
«Ma va'!»
«Mica scherzo, scemo.»
Passiamo un buon quarto d'ora a giocare innocentemente sul letto, ridendo come ragazzini... beh, dopotutto Morgan ancora lo è. Oppure sono io che lo penso? Alla fine siamo quasi più stanchi di ieri sera, ma dobbiamo proprio alzarci. Morgan deve tornare a casa, e io...
«Allora io vado.»
«Tutto okay per la settimana romantica?»
«Romantica? Eh... mh...»
«Eh, mh, ah! Insomma! Cosa?»
«Scherzavo! Certo che è tutto okay...»
«Stronzo! Te la faccio pagare!»
«No, aspetta, accidenti!»
Non ricordo più l'ultima volta che mi sono divertito così tanto.
---
Quattro gennaio.
Inutile dire che Capodanno è stato stupendo... ma adesso, proprio in questo momento, ho ben altro a cui pensare.
Quest'anno Morgan mi farà un regalo? Credo proprio di sì, dato che quello passato sembrava dispiaciuto di non avermelo fatto... e ora siamo ancora più legati che allora. Cosa mi avrà preso? Ci sto pensando su da un po', ma non mi viene in mente nulla. L'anno scorso per Natale mi ha preso quegli scoiattolini talmente adorabili, che in questo momento si trovano sulla mia scrivania e che osservo ogni giorno mentre preparo le lezioni, correggo i compiti in classe, eccetera.
Per un certo periodo di tempo avevo smesso di festeggiarlo, per via di tante cose, di tanta tristezza... e nessuno mi fa un regalo da almeno cinque annetti, direi! L'ultima volta dev'essere stato proprio con Nick. Chissà cosa starà facendo in questo momento? E cosa starà facendo mia madre? ... e mio padre? Ma è inutile chiederselo, loro non sono qui con me.
Morgan deve avermi comprato... qualsiasi cosa mi abbia comprato, prima di trasferirsi da me. Se fosse uscito me ne sarei accorto, e più che altro gli ho proibito di andare in giro, per ovvi motivi; se qualcuno lo vedesse, che penserebbe? Per tutti lui è su in montagna con i Delozier.
«A che pensi?»
«Che non puoi muoverti di casa senza di me, e se usciamo, usciamo in macchina.»
«Perché ci stai pensando?»
Ma... avrà capito qualcosa?
«Perché è mia abitudine controllare la situazione, sai com'è.»
«Okay...»
Accidenti... spero proprio che non sospetti nulla, altrimenti addio sorpresa! Eppure sembra la cosa migliore da fare, la più giusta, la più bella, la più...
«Senti...»
Come faccio a chiedergli se si ricorda del mio compleanno? Sento che lo sa... e poi è così vicino al suo. Possibile che ancora non mi abbia dato il regalo? Che avrà in mente?
«Eheh... poi dici a me che mi comporto in modo infantile!»
«Che dici?»
«Sei teso, si vede lontano un miglio, e poi stai cercando di farmi notare che non mi sono ricordato il tuo compleanno, no?»
Come ha fatto?! Cazzo, siamo già a questi livelli? Qui si esagera!
«... beh, scusa tanto. Io non festeggio da un sacco di tempo, quindi ora mi sento un po' strano.»
«Aspe', che vado a prenderlo...»
«Sbrigati!»
«Un attimo, un attimo... ma quanto sei impaziente.»
Questa minuscola scatola? Sopra c'è solo un bigliettino con scritto "al mio Alan, con amore". Un anno fa tutto questo mi avrebbe dato fastidio, mentre adesso lo trovo tenero. Sono i sentimenti che fanno questo effetto? Però mi piacevano tutti quei regalini che mi faceva Nick.
«Un disco?»
«No, non è uno... sono tanti. Dunque... Mark mi ha aiutato, perché io non ho il computer, e abbiamo cercato canzoni d'amore in tutte le lingue, da tutto il mondo... e la prima traccia spero ti piaccia, perché ci ho messo Something pretty...»
«Cavoli... grazie... sicuro che reggerò tutta 'sta roba lagnosa?»
«Alan! Non è lagnosa! E poi in una cartellina ti ci ho messo anche tutti i testi stampati... hai idea di quanto ho dovuto dare a Mark? Ora ti picchio, sai?»
«No, no, per carità! Scherzavo...»
«Beh, vedi di scherzare di meno e baciarmi di più...»
Credo proprio che sia stato il compleanno più bello di tutta la mia vita. Semplice, ma speciale.
---
Finalmente è sei gennaio.
Qualche nota: è sabato, e già lunedì si torna a scuola... maledetta scuola. Non l'ho mai trovata insopportabile, per carità... però ora avrei proprio voglia di andarmene via per un po' con Morgan. Forza, coraggio, devo resistere fino a questa estate, e se tutto va bene, andrà come dico io.
«Perché non ti fai crescere un po' i capelli?» dice Morgan accarezzandomi un po' la testa mentre guido.
In questo momento siamo in macchina, diretti nel posto dove festeggeremo... e di cui Morgan ovviamente non sa nulla.
«Mh... sai che qualche anno fa li portavo un po' tipo i tuoi? Però i miei si fanno disordinati quando crescono.»
«Davvero? Non l'avei mai detto... e come sono? Lisci o ricci?»
«Sono... un casino! Sono disordinati, ecco. Insomma, si arruffano troppo.»
«Ahah, chissà che divertente!»
«Cosa ridi?»
«Sì, dicevo, chissà com'eri buffo...»
«C'era a chi piacevo.»
«Oh, non ne dubito. Penso che piaceresti anche a me...»
«Mh... bene, ci penserò su.»
Canticchio un po' mentre siamo in macchina, dove ho messo uno dei dischi di Morgan. Non ci sono affatto grandi lagne come avevo pensato, anzi, per ora ho sentito solo belle canzoni. Morgan sembra contento e si concede qualche nota ogni tanto anche lui, mentre per il resto mangia i baci che gli ho comprato: non pensavo gli piacessero tanto i cioccolatini... e dire che è talmente in forma! E non mi pare proprio che faccia qualcosa di particolare per mantenersi, a parte forse andare e venire da casa mia...
«Accidenti... ma dobbiamo cenare qui? Sembra costoso!»
«Sì, non ti preoccupare... vedrai che ci faranno un buon prezzo.»
«Conosci il proprietario?»
«Beh... più o meno...»
In realtà non so più se lo conosco... soprattutto in questo periodo. Comunque, è tutto preparato in modo che questa serata sia perfetta. Va beh, facciamo non perfetta, ma memorabile...
«Alan...»
«Morgan. Dai, sediamoci.»
«Ehm... ma dove siamo? Non abbiamo fatto molta strada, mi pare...»
«Sta' tranquillo, non c'è alcun pericolo. Oggi rilassati, okay? Ho già pensato a tutto io.»
«Okay.»
Morgan, non ti sei davvero accorto di niente? Accidenti...
«Ti sta piacendo la cena?»
«Sì, grazie... certo che ci siamo proprio tirati a lucido questa sera, no?»
«Diciassette anni, no? Bisogna festeggiare finché sei ancora piccolo e innocente...»
«Ma che piccolo e innocente?! E poi per colpa tua!»
C'è una bella atmosfera, rilassata e allegra; io e Morgan siamo contenti e ci troviamo piuttosto in sintonia ultimamente.
«Ma va'... tu eri già maniaco da prima.»
«Non è affatto vero.»
«Invece sì. Ti ricordo che sei stato tu a buttarti su di me.»
«Io?! Ma se sei tu che mi sei venuto dietro per primo...»
«Solo perché tu eri troppo timido. Ma ho capito quasi subito che mi sbavavi dietro.»
«Cosa... che stronzo che sei!»
«Eh, lo so, la verità è dura da accettare...»
E pensare che se avessi detto queste cose l'anno scorso, Morgan se la sarebbe presa a morte...
«Anche tu però... insomma, quella cazzata dell'orecchino te la potevi risparmiare!»
«Davvero? Se è così, perché penso che tu non l'abbia tolto più da quel giorno? Non mi pare di averti mai visto senza.»
«Beh... okay, è vero. Contento?»
«Aspetta che vado a pagare.»
«Perché? Non vuoi farmi vedere quanto paghi?»
«Sta' zitto e comportati da festeggiato, dai...»
In effetti, quando si fa un regalo non è che si fa vedere quanto è venuto a costare... e la stessa cosa vale per la cena. Morgan ed io usciamo dal ristorante e ci ritroviamo per strada, ma tutto sommato non fa poi tanto freddo. Lo prendo per mano e lo trascino con me.
«Dove mi porti?»
«Non l'hai capito, ancora?»
«No...»
«Questo perché non pensi e soprattutto non ti guardi un po' intorno...»
«Oh, Alan... non... non può essere!»
E invece è proprio così.
Il più bel compleanno della mia vita (Morgan)
«È incredibile! Alan, davvero...»
«Mi è sembrato il posto migliore, per noi due.»
«E quindi... tu...»
«Quindi ora andremo a fare una bella passeggiata su quella spiaggia dove ci siamo conosciuti, e poi andiamo a casa mia... non trovi sia perfetto?»
«Perfetto? Oh, sì, è fantastico!»
«Tu sei fantastico...»
«Ma va'...»
Ci togliamo le scarpe e i calzini, anche se rischiamo di congelarci i piedi, perché non ci importa... vogliamo passeggiare a piedi nudi sulla sabbia, in questo luogo che ha visto i nostri primi incontri, i nostri primi sguardi...
Come ho fatto a non capire che eravamo a Sundale? Certo, è vero che la città non c'entra niente con come è durante l'estate, però... avrei dovuto capirlo, da tante piccole cose. È stata davvero una bella sorpresa, comunque, e poi Alan sembra molto contento. Mi ha preso per mano e non sembra pensare a nient'altro che a me, e mi guarda, e mi guarda, e sorride...
«Sei contento? A che stai pensando?»
«Sì... ma perché mi fissi?»
«Perché sei bello.»
Ma perché deve dire sempre queste cose che mi mettono in imbarazzo? Non è tanto quel che dice in sé a farmi sentire così... ma il modo in cui lo dice. Stringe di poco gli occhi, addolcisce lo sguardo, e la sua voce diventa delicata e quasi impalpabile, bassa ed emozionata. Possibile che tutto questo stia succedendo a me?! È la vita reale, questa, oppure è un sogno? Non voglio svegliarmi; e se devo farlo, uccidetemi.
«Ehm... ora andiamo a casa?»
«Sì, certo...»
Mi sento un formicolio sul collo... cosa sarà? Ho uno strano presentimento, e credo di non riuscire a respirare a sufficienza per l'eccitazione che sento addosso. Alan ha qualcosa di strano, ma non riesco a capire cosa. Sembra fin troppo rilassato, ecco; forse è questo, o che altro? Siamo arrivati a casa sua, e sta già girando le chiavi nella porta. Mi viene un po' da sorridere vedendo che tutto sommato non è tanto calmo, dato che gli tremano leggermente le mani.
«Eccoci.»
«Già...»
Lascia cadere a terra le chiavi e mi abbraccia all'improvviso, togliendomi quel poco fiato che mi era rimasto. Ci abbracciamo con forza, guardandoci intensamente negli occhi per un lungo e brevissimo istante in cui sono certo che niente ha più significato, se non questo istante, qui e adesso con Alan. Dopo ci baciamo, stringendoci sempre di più, e come potrei descrivere quello che provo? È assolutamente impossibile.
«Oh, Alan...»
Mi trascina giù con sé aiutandomi a sostenermi, e se non fossi così terribilmente spaventato da tutta questa situazione, forse sarei anche capace di ridere per la gioia.
«Morgan... io...»
«Alan...»
«... devo dirti una cosa...»
Cosa? Cosa vuole dirmi? Quello che non mi ha mai detto, quello che lo fa stare male?
«Alan, aspetta...»
«... io ti amo...»
«Eh? Scusa?»
«Hai sentito, no... ? Dai...»
Sì che ho sentito, cazzo. Non ci credo, non ci credo, è impossibile. Le cose sono troppo perfette, troppo belle. Credo di aver sognato questo istante fin da quando ho capito di amarlo, ma non immaginavo che sarebbe stato adesso... e soprattutto non credevo che sarebbe stato ancora più bello di quanto lo avessi desiderato.
«Oh, Alan, Alan... anche io, anche io ti amo, lo sai...»
«Morgan...»
«Alan, amore, tesoro mio... amore...»
Mio, mio, mio. Amore mio. Ti bacio il viso, le labbra, gli occhi, il collo, le labbra, e vorrei che potessimo diventare per sempre uno, come una sola persona. E tu ricambi allo stesso modo, sfiorandomi per certi versi, divorandomi per altri.
«Morgan, voglio fare... l'amore... con te...»
Perché quel che provo è così forte? Non credo di riuscire a farcela, il mio cuore non può sopravvivere... però devo assolutamente rispondere, no?
«Anche io...»
Non è il tempo delle parole, ora. Adesso è il momento di fare l'amore, Alan... freniamo di poco il nostro desiderio per spogliarci con un minimo di calma, e mi aiuti a farlo dato che mi stai addosso, ed io faccio lo stesso con te. Sento solo i nostri respiri, e quasi sento le voci dei nostri corpi e delle nostre anime che si chiamano, si parlano.
Ci rigiriamo per un po', sorridendo nei baci, e mi ritrovo sopra di te, che hai gli occhi lucidi per l'eccitazione, il respiro corto quanto il mio. Mi prendo un minuto per osservarti, e ne approfittiamo entrambi per riprenderci un istante, e nel frattempo ti accarezzo il viso e i capelli, il collo, il petto...
«Morgan, dai... sto morendo dalla voglia...»
«Io sto morendo dalla paura...»
«... perché?»
«Perché... perché è tutto così bello... e tu... insomma, non mi sembra vero.»
«Ehi... ehi... dici che piangi?»
«No, ma... insomma, ho così tanta paura...»
Ce l'ho fatta a dirtelo, finalmente... ma tu sorridi e mi prendi il viso tra le mani, le tue mani così calde...
«Non ti preoccupare, Morgan... va tutto bene. Ti ho fatto soffrire tanto, vero?»
Tanto? Tantissimo... ma io non sono arrabbiato, perché ti amo. Anche se non capisco i motivi del tuo comportamento, non posso fare a meno di amarti ancora e sempre di più, e ogni attimo sembra più forte e più grande...
«... non fa niente... io... ecco, io... insomma...»
«Shhh... non devi dire nulla, Morgan.»
Mi lascio stringere piano e mi rilasso un po'. Le tue mani che mi accarezzano la schiena mi tranquillizzano, ed ora mi sento molto più sereno. Mi rialzo sui gomiti e sento sciogliersi quel nodo in gola che prima mi aveva paralizzato, e finalmente rido. Poi ridi anche tu e ci baciamo, senza nessun altra esitazione. Mi trovo davvero in una situazione fantastica.
Il modo in cui ci dimostriamo amore tra di noi è veramente stupendo, intimo, profondo, e ancora questo momento mi sembra irreale. Perché tu sei così tremendamente pieno di attenzioni per me, adesso? Non voglio dimenticare queste sensazioni, il calore che provo dentro al cuore mentre mi rendi ancora una volta tuo, né la dolce ansia e foga che mi assale nell'avere casa tra le tue braccia e nel tuo corpo.
«Ora dormiamo qui, vero?»
«Sì... però andiamo a letto, okay?»
«Mi prendi in braccio?»
«Sì che ti prendo in braccio... domani mattina torniamo a casa e ti accompagno da Mark.»
«Mh...»
---
È di nuovo mattino, ma è un mattino nuovo per me. Per me e per Alan... per noi. Non credo che potrò mai più dimenticarlo, perché ogni singolo istante è stato impresso indelebilmente nella mia mente e nella mia memoria, e soprattutto ancor più nel mio cuore. Ho l'impressione che quello che è accaduto ieri non resterà fine a se stesso, ma anzi avrà delle conseguenze sulla mia vita.
Certamente percepisco un cambiamento interiore, ma c'è anche un qualcosa che non riesco ad afferrare e che mi impedisce di rilassarmi completamente. Ma guardo Alan e tutti i pensieri svaniscono. È placidamente addormentato, e osservo il lento e regolare movimento del suo petto, vedo le sue labbra socchiuse, i nei sul suo corpo, sento il battito del suo cuore con la mano che tengo su di lui.
È talmente... talmente Alan.
«Alan...»
«Eh...»
«Sveglia, dai, che è tardi.»
«Tardi quanto?»
«Le nove...»
«Potevi farmi dormire un altro po', no?»
«Non volevo correre rischi... e poi avevo troppa voglia di guardare i tuoi occhi.» dico sorridendo.
«Ahah, quanto sei bellino...»
«Bellino, io?»
«Ahah, dai, che scherzo... sei stupendo.»
«... mi ridici quella cosa?»
«Cosa?»
«Alan, hai capito!»
«Sì, ma se tu non mi spieghi decentemente potrei anche non dirti quanto ti amo...»
«Ma... ma che dici, eh?»
«Niente... però io non sono mica come te. Insomma, non ti aspettare che stia ogni due minuti a dirtelo, okay?»
«Accidenti, che buffo sei... si vede che ti vergogni. Forse perché non l'hai detto a molta gente, no?»
«E tu, allora? Non mi risulta che tu lo abbia detto a qualcun altro...»
«Appunto, ma visto che per me è la prima volta, ho proprio voglia di dirlo, ecco. Cioè, credo sia così. Oppure è solo che mi piaci troppo, boh!»
Ci vestiamo mandandoci baci e linguacce, e per lo più ci sorridiamo in maniera intima, senza però avvicinarci, altrimenti credo che non riusciremmo a tornare a casa, per oggi... Alan chiude la casa e saliamo in macchina, dove quasi automaticamente accende la musica con uno dei dischi che gli ho regalato.
«Hai fatto bene a portarti quei vestiti fin da prima.»
«Ma va'... che vorresti dire? Sono i miei vestiti...»
«Sì, scusa, ma che hai capito? Volevo dire che quelli che ti ho regalato io li devi portare solo con me, chiaro?»
«Oh... agli ordini!»
«Ci è rimasto solo un giorno... e neanche intero.»
«Beh, questa notte è stata... insomma, non so come dire...»
«Idem. Ma forse non c'è bisogno di definirla in qualche modo, no?»
«Appunto, ecco, è stata indescrivibile.»
«Emblematica.»
«Ti amo.»
«... idem.»
«Dici sempre idem, oggi?»
«Uff... ti amo, okay? Ti amo, ti amo, ti amo...»
«Ahah, dai, non c'è bisogno che fai così...»
«Sei completamente rosso, te l'hanno detto?»
«Dai, adesso pensa a guidare e basta...»
«Tu accarezzami un po' la testa che io guido...»
«Ti rilassa?»
«Sì. Penso che farò crescere un po' i capelli, dopotutto...»
Questo è davvero il mio fidanzato? Che parola strana da pensare... fidanzato. È proprio vero che i sentimenti sono impagabili. Non voglio che niente ci separi, che niente ci ostacoli... ma credo proprio che le cose non saranno semplici. Non lo erano prima, quando Alan non mi aveva parlato dei suoi sentimenti, e non lo sono adesso, perché niente di ciò che è intorno a noi è cambiato. Comunque vadano le cose, ieri è stato il più bel compleanno della mia vita.
Sofferenze, problemi, casini... (Morgan)
«E quindi ti ha detto... insomma, proprio quello?!»
«Sì... è stato fantastico, davvero, stupendo... indescrivibile...»
«Accidenti! Sono davvero... ehm, davvero contento. Solo, non sembra il tipo da dire queste cose...»
«Ma non lo è! Però quando si provano queste cose... beh, si dicono, no? Però ha detto di non aspettarmi che me lo dica ogni giorno...»
«Quindi gli è piaciuta la musica?»
«Sì, certo...»
Non ne ho parlato con nessun altro, ma avevo proprio voglia di gridarlo al mondo. Però Mark meritava di saperlo; dopotutto, siamo amici!
«Sei... sei felice?»
«Sì... tantissimo... ehm... scusa se mi comporto un po'... boh, così...»
«No, ma figurati, è comprensibile...»
«Volevo chiederti come va con Sally...»
«Ah, beh, ecco... veramente... ci siamo lasciati una settimana fa...»
«Ops...»
Accidenti.
«No, ma figurati. C'è un'altra che mi viene dietro, e mi piace di più... e poi già da un po' le cose non andavano...»
«Ah... sei popolare, eh?»
«Più o meno...»
«Come si chiama?»
«Janet...»
---
Alan sta correggendo dei compiti in classe, di nuovo. Come può voler fare dei compiti a gennaio? Sapendo che poi dovrà correggerli... è da pazzi. Certo, se li avesse fatti prima, non avremmo avuto vacanze complete insieme. No, è una scemenza!
Quanto è bello. Sembra così tranquillo nella sua concentrazione, e come sottofondo ad ogni giornata che passiamo insieme, pare esserci un disco di quelli che gli ho regalato per il compleanno. Lo osserverei per ore, beandomi della sua vista, senza esserne però mai sazio. Lo adoro... lo amo.
«Non è giusto.»
«Cosa?»
«Il regalo che mi hai fatto tu per il compleanno era molto più bello del mio...»
«Non è vero.» risponde tranquillamente. «Io dovevo rifarmi rispetto all'anno passato, per come mi sono comportato... ehm... e poi, mi è piaciuto molto il tuo regalo.»
«Mark ha lasciato Sally.»
«Ah.»
«Non te ne frega niente, lo so.»
«Beh, non conosco Mark. Ma se me ne parli, non mi darà fastidio.»
«Davvero?»
«Certo.»
«Senti... piuttosto, c'è un'altra cosa di cui vorrei parlare.»
«Quale?»
«Quel giorno... quando sono venuto a dormire da te. Cioè, dopo, quando me ne sono andato...»
«Vuoi sapere che ho fatto?»
«Sì.»
«Ah... accidenti.»
«Non vuoi dirmelo?»
«Ma perché pensi che abbia fatto qualcosa di importante?»
«Più tardi sono tornato a casa tua... e non c'eri. Non mi avevi detto che uscivi.»
«Va beh, che c'entra... mica è... merda, non guardarmi a quel modo.»
Ma cosa gli passa per la testa? Io non riesco proprio a capirlo!
«Quale modo? Tu non ti vuoi fidare di me...»
«Non è così, è solo... lasciami mettere in ordine le cose, okay?»
«Ma quali cose? C'entra tutto quello di cui non mi vuoi parlare, lo so. E io sto aspettando, ma mi pare che tu non abbia alcuna intenzione di coinvolgermi. Eppure sembra che sia una parte della tua vita molto importante.»
«Parte della mia vita? Morgan... non sai di che parli...»
«Appunto. Se non me lo spieghi, come faccio a saperlo?»
«Ma non posso parlarti... perché... è difficile...»
«Non mi sembra che tu ci stia provando!»
Che cos'ha Alan? Perché non capisce che io voglio aiutarlo, voglio stargli vicino, di qualsiasi cosa si tratti?
«Io...»
«Perché non provi a fidarti di me, per una volta?»
«Morgan... vuoi proprio sapere perché?»
«Sì.»
Io voglio sapere. Quanto ci vuole a capirlo?
«... ho paura.»
«Che?! Di cosa?»
«Lo so che mi ami, ma... ho paura che tu non la prenda bene, che mi lasci...»
«Ma sei pazzo?! Insomma, me lo dici o no? Non c'è niente di cui aver paura.»
Mi sento triste. Alan non si fida di me... altrimenti mi parlerebbe. Il suo sguardo affranto è terribile, e vorrei non avergli mai visto quest'espressione sul volto. Mi pento di averlo spinto fino a questo punto. Che devo fare? Mi avvicino di più a lui e lo stringo dolcemente a me, mentre Alan posa il capo sulla mia spalla, sospirando. Mi sembra di tenere tra le braccia un bambino... che ha bisogno di tanto affetto e amore.
Senza fretta gli sollevo il viso, notando i suoi occhi ancora adombrati da un pizzico di sofferenza, e lo bacio cercando di trasmettergli tutta la forza dei miei sentimenti. Alan sembra capirlo, perché finalmente mi abbraccia anche lui, portandomi a scivolare con sé giù dal divano, e lontano dai fogli di quei compiti in classe ormai dimenticati.
Spinge più lontano il tavolo, continuando a baciarmi piano e accarezzandomi con un desiderio che mi sembra, nonostante tutto, per certi versi, più violento del solito.
«Morgan...»
«Ehi... aspetta.» dico alzandomi un po'. «Non mi va... non così.»
«Uff...» Sembra seccato. «Volevo fare pace...»
«Beh, non c'è bisogno di farlo... non mi sono offeso. Quando vuoi... quando vorrai... me lo dirai, vero?»
«Sì.» I suoi occhi, che sfuggono ai miei, così pieni di...
«Non smetterò di amarti...»
---
«Si può sapere dove sei stato tutto il giorno?»
«Da Mark.»
«Davvero? Guarda che lui è venuto a cercarti...»
Oh. Merda. Oh cazzo.
«Va beh, prima sono stato da lui però!»
«Questo lo so, me l'ha detto. Ha detto che hai dimenticato una cosa da lui.»
«Cos'è?»
«Non lo so. Ha detto che te la porta un'altra volta. Non ha voluto lasciarmela.»
Provo a far finta di nulla, ma non riesco a mangiare molto mentre lei mi scruta in quel modo. Anzi, non è che mi scruti... mi guarda apertamente.
«Insomma, che c'è?!»
«Lo sai. Non mi hai risposto. Sai che ore sono? Le nove e mezza. E per essere più precisi, è martedì sedici gennaio.»
«Sì, sì...»
«Sì un corno, Morgan. Oppure vuoi che parli con tuo padre, quando torna dal lavoro?»
«No! Cioè... oh, dannazione. Come se non avessi già abbastanza a cui pensare.»
«Ah, sì?! A cosa pensi?»
A quel che potrebbe avere Alan, a come riuscire a convincerlo a fidarsi di me e del mio amore, a come sopportare tutta questa situazione, che da quando Alan mi ha detto quelle cose sembra ancor più complicata di prima... assurdo!
«A tante cose.»
«La scuola va bene, no?»
«Sì che va bene...»
«E mi sembra che tu sia fin troppo libero di gironzolare qua e là... non è che frequenti cattive compagnie?»
«Oh, per favore! Sembra proprio una domanda fatta!»
«Sì o no?»
«No! Assolutamente no! Non ti devi preoccupare.»
«E invece mi preoccupo, soprattutto se mi dici di non farlo. Non capisci che sono tua madre e che mi preoccupo per te?»
Sì che lo capisco, ma io non posso... cazzo! Non posso fidarmi di mia madre?! E poi mi lamento perché Alan non vuole fidarsi di me... mi sento uno schifo, oggi. Mi passo una mano sul viso, esasperato dalla pressione che mi sento addosso, e sospiro cercando di restare calmo.
«Sì, mamma. È solo che... sinceramente io... ho paura che tu lo dica a papà.»
«Se non c'è niente di grave, non gliene parlerò.»
«No, non è che è grave...» ... oppure sì? Forse bisognerebbe fare il conto dei casini... minorenne... professore... ripetizioni all'alunno... omosessualità... bugie su bugie... sembra che non ci siano punti a nostro favore.
«E allora qual è il problema?»
«Il fatto è che...»
«Parlami.»
Forse, se io cominciassi a fidarmi di più delle persone che mi amano, anche Alan lo farebbe...
«Ma... insomma, so che tu non approveresti. Cioè, non condivideresti le mie idee.»
«Perché no?»
Cazzo, no, non ce la faccio. Non adesso.
«Ti prego... lasciami un po' di tempo... lasciami mettere in ordine le cose, okay?»
Bene, adesso arrivo anche ad usare le stesse espressioni di Alan. Ma funzionerà, con mia madre? Io mi sento davvero molto fragile... e cerco di farle capire col mio sguardo quanta paura ho. Mi guarda attentamente, e nei suoi occhi c'è amore, e alla fine sospira con comprensione.
«Va bene, ma il discorso non è chiuso...»
Almeno per un po', è tutto rimandato. Alan, io, mia madre... mio padre.
Giornata impegnativa (Alan)
Dieci febbraio, sabato.
I giorni passano, le settimane si susseguono con placida e fredda indifferenza, inconsapevoli dell'effetto che il tempo ha sulle persone. Il mondo non è affatto clemente con la gente: la sottopone ad ogni tipo di tortura mentale... senza rendersene conto, perché non ha coscienza. Gli uomini la hanno, ma quando fanno del male agli altri, spesso non lo capiscono pienamente, il più delle volte neanche se ne accorgono, e purtroppo per buona parte lo fanno di proposito.
«Non hai potuto farne a meno, vero?»
«Già... e scusami, perché oggi è sabato...»
«Niente. Piuttosto, perché non vai a trovare tua madre?»
«No... non voglio.»
«Mi ha chiesto di te proprio l'altro giorno, sai?»
«Che le hai detto?»
«La verità. Che ti ho visto a Natale e sembravi felice della tua vita.»
«Felice...»
«Non lo sei, vero?»
«... in parte. Ma non so bene cosa fare con Morgan.»
«Cosa vuoi fare? Sei tremendamente serio, no?»
«Esattamente... ed è per questo che non riesco a decidermi e a parlargli.»
E lui pensa, giustamente, che io non mi fidi abbastanza... ed io lo ferisco, ancora...
«Beh... in effetti, dovresti farlo. Anche per una questione di correttezza, intendo. Quant'è che vi conoscete?»
«Circa un anno e mezzo...»
«Appunto... ma accidenti, quanti anni aveva? Ora quanti ne ha?»
«Sì, ehm... ne aveva quindici, e ora ne ha diciassette.»
«Non credevo ti piacessero i ragazzini.»
«Neanche io. Ma è stato un puro caso.»
«Che ti ha fatto innamorare...»
Accidenti, perché mi sento così in imbarazzo? Odio parlare di queste cose, già è complicato farlo con Morgan, figuriamoci con un ex...
«Ehm...»
«Sì, sì, lo so che sei un timidone! Non ti preoccupare.»
«Allora, quando possiamo vederci?»
«Quando sei libero. Visto il lavoro che fai, ti consiglio di prenderti una bella vacanza... oppure, quest'estate.»
«Quest'estate assolutamente no.»
Devo passarla con Morgan. Tutta, completamente...
«Okay, allora prenditi una pausa dal lavoro...»
«Bene, lo farò.»
«Non ci vorrà molto.»
«Lo so.»
«Mi fa piacere che tu sia venuto da me, questa volta.»
«Già...»
«Mi sento quasi... boh... solo... quando ho saputo... è stato così difficile parlartene...»
«Lo so. Per favore, ora... lasciamo perdere, okay?»
---
«Sei andato da Nick?»
«Sì. Pensi che abbia sbagliato?»
«No, per carità. Solo... boh, forse mi pare strano.»
Sono con Paul, seduto ad un bar vicino casa. Si sta abbastanza bene qui dentro, è sufficientemente caldo. C'è un'atmosfera abbastanza tranquilla, che parla di intimità e di amicizia.
«Non so... però... forse un po' mi mancava. Anche se mi ricorda quel periodo.»
«Capisco. Ne hai parlato con... ?»
«No! No che non gliene ho parlato... ancora non sa nulla.»
«E se gli parli di Nick, dovrai spiegargli perché sei andato da lui...»
«Esattamente.»
Non so perché, ma mi sento un po' a disagio. Mi guardo intorno con un filo di nervosismo, incapace di individuare l'elemento che mi impedisce di rilassarmi. In fondo, sto parlando con un amico... anche se non propriamente di argomenti piacevoli.
«Che hai?»
«Non lo so, ma... c'è una persona...»
«Chi?»
Abbassiamo la voce, ma non ci avviciniamo, in modo che non sembri che stiamo quasi sussurrando.
«Sai... credo di averlo già visto...»
«Chi?!»
«Mi sembra... suo padre.»
«Di chi?»
«Oh, Paul! Di chi puoi immaginare...»
«Ah... oh!»
Non fiatiamo. Appena si avvicina la cameriera, le pago quel che le devo, e implicitamente faccio capire a Paul di seguirmi, e così fa. Una volta fuori tiro un sospiro di sollievo.
«Mi sentivo osservato.»
«Dai! Non è possibile che sospetti qualcosa, no?»
«Non so...»
«No, sul serio, è impossibile! Magari, in realtà, gli piaci...»
«Scemo! Non dire cazzate, per favore...»
«Okay, calmati. Ma sei sicuro che fosse lui?»
«Abitiamo quasi a due passi. Questo lo sai, vero?»
«Sì... quindi è normale che vi vediate in un bar vicino casa...»
«Sono quasi certo che fosse lui. Meglio stargli alla larga, anche se non sospetta niente.»
---
«Cosa? Hai visto mio padre?»
Ora sono con Morgan. Oggi è stata davvero una giornata stressante. Impegnata, diciamo così. Alla fine sono anche andato a casa... nel senso che ci sono passato davanti. L'ho osservata, e avevo voglia di scendere, di sapere come stanno i miei genitori, di parlare con loro... ma mi sentivo troppo triste, e amareggiato dal loro comportamento passato. Così ho ripreso il mio cammino, tornando in quest'altra casa.
Dove c'è Morgan, dove non sono più solo. Tuttavia, mi mancano mia madre e mio padre, a volte. Vorrei che potessero aiutarmi... se solo...
«Sì. Era al bar qua all'angolo, questo pomeriggio.»
«Immagino... in effetti, so che il sabato gli piace andare lì. Non sapevo che tu ci andassi.»
«Ero lì con Paul.»
«Ah... tutto okay?»
«Sì, perché?»
«Niente, boh.»
«Mi dispiace per quello che è successo il mese scorso.»
«Ah. No, non devi scusarti. Io... io ho capito.»
«Davvero?»
«Sì, perché... io amo tanto i miei genitori, anche mio padre... ma non riesco a dir loro tutto. Quindi, ecco, insomma... credo di capirti.»
«Morgan...»
Incredibile... non pensavo che Morgan mi avrebbe detto delle cose simili. Mi sento crescere dentro uno strano sentimento, e d'impulso abbraccio Morgan, senza nessuna voglia di lasciarlo andare. Lui ricambia e mi stringe, parlando sottovoce al mio orecchio.
«Ti amo tanto...»
Che cosa farò? Gli sto nascondendo qualcosa che vorrei davvero dirgli, nonostante quello che provo. Ma adesso forse non è il momento... di dire tutto...
«Cosa non riesci a dire ai tuoi genitori?»
«Di... di noi.»
«Non puoi farlo... cioè... ti rendi conto...»
«Va beh, ma almeno... intendo... lo sai!»
«Cosa?!»
«Che sto con un uomo, no?!»
«Se dici così...»
«Sì, lo so! Mi chiederanno chi è... sempre che la prendano bene. E mio padre non sembra proprio il tipo. Comunque, so che non posso parlarne, per ora.»
«Anche se lo facessi dopo...»
«Sarebbe lo stesso, lo so. Anzi, forse pure peggio.»
Infatti, proprio quello che pensavo. Provo ad immaginare Morgan che parla con i suoi genitori... e sento un brivido freddo che mi attraversa la schiena.
«Accidenti.»
«Che casino, eh?»
«Sì! Va beh... che importanza ha, adesso?»
«Adesso, forse, nessuna...»
«Ti amo.»
«Idem...»
«Vorrei poter andare lontano, insieme a te... e fuggire da tutto...»
«Ah... che bel sogno... ma è un sogno!»
«Se lo dici tu, e se lo dico io, lo è...»
«Non si può fuggire da tutto, e non per sempre.»
Lo so, è così. L'ho desiderato talmente tante volte... e ci ho provato strenuamente, senza ottenere dei buoni risultati.
«Già... a marzo mi prenderò una settimana di vacanza.»
«Eh? Perché?»
«Devo fare una cosa... della quale non posso parlarti.»
«Non vuoi parlarmi, cioè!»
«Sì, infatti. Però volevo dirtelo, perché tu non ti preoccupi.»
Morgan mi osserva, lievemente seccato. Oppure molto? Credo sia impossibile capirlo... sembra combattuto tra l'essere comprensivo e l'arrabbiarsi.
«Alan...»
«Non ti arrabbiare, per favore. Proprio ora hai finito di dire che capivi...»
«Che palle! E va bene, non mi arrabbio, però sono triste.»
«Ti prometto che ne parleremo.»
«Ma quando?»
«Presto.»
«Presto quanto?»
«Presto...»
Ma non so quanto. Se tutto va bene, temo di non riuscire più a farcela... mentre se tutto va male, credo di non avere altra scelta. Sembra che le cose si stiano accavallando contro di me... spingendomi verso l'inevitabile verità. La verità che va detta, a qualsiasi costo, anche perché sono consapevole del fatto che Morgan deve... deve assolutamente sapere.
Occasioni inaspettate (Alan)
---
Miagolii d'amore (Morgan)
Alan è accanto a me, e sta guidando. I suoi capelli sono davvero cresciuti, in questi ultimi mesi. E ho notato che a volte li guarda in modo strano, quasi malinconico. Che rimpianga i vecchi tempi? Ma dopotutto, lui è talmente giovane... a me sembra perfetto. E se so che non è perfetto, è comunque fantastico. Ovviamente, mia madre non sa che sto con lui, ma ultimamente mi ha concesso di uscire per sempre meno tempo. Che palle, ho diciassette anni! Se ripenso a quel che mi ha detto...
«Morgan... cerca di capire che... insomma, non è una cosa facile da accettare...»
«E per me allora? Pensi sia stato facile?»
Beh, in realtà non mi sono sentito così male. Credo di averlo capito in modo abbastanza naturale.
«Quindi... ti vedi con un ragazzo?»
«Sì, esatto.»
Dopo il primo momento di incertezza, mi è parso più facile parlare. Insomma, ormai sapeva, quindi io dovevo solo cercare di spiegarle meglio... anche se non so proprio cosa ci fosse da spiegare.
«E questo ragazzo... non sarà Mark, vero?»
«No! Figurati... Mark è il mio migliore amico, e poi lui non è come me.»
«Morgan?»
La voce di Alan mi riporta al presente, a questo momento.
«Sì?»
«A che stavi pensando?»
«Alla discussione che ho avuto con mia madre... uffa.»
«Come ti senti dopo averglielo detto?»
«Beh, mi sento più libero, ma... praticamente sospetta che quest'estate io continui a vedermi con quel certo ragazzo... di cui lei non sa nulla. E credo che sospetti che Mark ne sappia qualcosa! Accidenti a me!»
«Su, coraggio... comunque, è meglio così, piuttosto che farti scoprire casualmente.»
«A te come è successo? Allora ti ha scoperto per caso...»
«Già, ma fosse stata solo mia madre... è stato terribile, davvero.»
«Anche tuo padre?»
«Dati i loro impegni sul lavoro, non hanno mai festeggiato il mio compleanno insieme a me, se non a sera tardi. Invece, quando ho compiuto vent'anni, hanno deciso di farmi una sorpresa...»
«Ed eri con un ragazzo?»
«Sì, il mio ragazzo di allora... sai, quello a cui piaceva Something pretty...»
«E allora? Come la presero?»
«Malissimo. Mio padre cacciò via il mio ragazzo, e dopo una lunga discussione tutti insieme trovammo un accordo. Non dovevo farlo sapere in giro, ovviamente... ma c'ero arrivato già da solo. Per un po' le cose andarono bene, ma fin dall'inizio erano tese. Praticamente, ci costrinsero a separarci, perché non riuscivamo più ad avere un rapporto decente. Ci vedevamo sempre meno.»
Sembra così triste... povero Alan. Mi dispiace davvero un sacco. Certo, chissà che imbarazzo...
«Mi dispiace.»
«No, non preoccuparti. Ormai è passato del tempo.»
«Non significa che non ne soffri! E poi... ehm, amavi quel ragazzo?»
«Amare a vent'anni è una parola grossa... ma diciamo che ero profondamente legato a lui. Forse, se le cose fossero andate diversamente, saremmo potuti rimanere insieme... sinceramente, non lo so.»
«Io ho diciassette anni e ti amo...»
«Lo so. Ma io non credo di essere stato abbastanza maturo per amare, a vent'anni.»
«E io lo sono?»
«Non ne sono sicuro... ti sto ancora scoprendo!»
«Fantastico... quanto ti adoro, Alan!»
«Attento a non farmi urtare...»
«Ti ho solo dato un bacino sulla guancia!»
Vedo Alan che sorride soddisfatto, mentre io comincio ad accarezzargli la testa. Possibile che un uomo fantastico come questo stia insieme a me, stupido moccioso di diciassette anni? Ma non ha senso, visto che prima ne avevo sedici, e prima ancora quindici... devo essere davvero irresistibile, per Alan... anche se non ne capisco il motivo!
«Ormai manca poco.»
«Sundale, arriviamo!»
---
Ho detto anche a Mark e a suo padre che ho parlato con mia madre, e Mark ne è rimasto molto stupito. Ha detto che sono stato davvero coraggioso... mentre suo padre ha sorriso, consapevole del fatto che non ho potuto dire tutta la verità in una volta sola.
«E ora? Non lo dirà a tuo padre?»
In effetti, anche io mi sono preoccupato di questo, quindi ho cercato di essere sicuro del fatto che mia madre non avrebbe parlato con mio padre durante la mia assenza.
«Hai promesso che non l'avresti detto a papà.»
«Sì, lo so...»
«Non sembri decisa...»
«Sì, Morgan, okay. Prima, comunque, ho bisogno di un po' di tempo per capire...»
«Non c'è niente da capire, ma'... sono così e basta. Non capisci che è come se ti stessi dicendo che ho gli occhi blu invece che verdi?»
«O come se mi dicessi che hai un braccio invece di due!»
«Mamma! Cazzo... senti... per favore, non darmi addosso...»
«Scusa, Morgan, scusa... davvero, mi dispiace... vieni qui, tesoro mio...»
Mi sono sentito morire, in quel momento. Mi ha abbracciato e ci siamo messi a piangere tutti e due, lasciando da parte tutti i dettagli, ricordandoci che semplicemente siamo madre e figlio. Mi sono liberato di un peso, e di tutte le cose non dette o nascoste nel corso del tempo. Riguardo a mia madre, certo, non riguardo a mio padre...
«Pensate che sia stato giusto? Io... credo di sì.»
«Morgan» inizia il padre di Mark con quel suo tono saggio, «se tu credi che sia stato giusto, certamente lo è. Credo che tu sia molto maturato, ed è una cosa positiva. Inoltre, se pensi che per te il fatto che lei lo sappia sia importante...»
«Sì che lo è! Cioè... è una cosa importante, nella mia vita.»
«Allora hai fatto bene!» si è intromesso subito Mark.
«Le vacanze le passi... ?»
«Sì, sì...»
Sembrava che stessero facendo a gara a chi mi appoggiasse di più... sono stati davvero gentili, come sempre. Un'altra famiglia per me... sembra che tutti si prendano cura di me! Sono circondato da persone meravigliose, Alan aveva proprio ragione, solo che fino ad ora non me ne sono mai reso conto. Devo imparare a guardare meglio chi mi sta intorno, e devo sapermi fidare di più...
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«Allora, Morgan, andiamo in spiaggia?»
«Siamo appena arrivati!»
Come può pensare che io non abbia notato quel che è accaduto? Anzi, per essere precisi, quel che non è accaduto! Oppure lui non se n'è accorto? No, mi rifiuto di pensarlo...
«E allora?» dice con un sorrisetto.
Okay, ora è certo che lo sa. Altrimenti non farebbe quell'espressione. Ma io non mi arrendo!
«Sai da quanto tempo non lo facciamo? Da una settimana intera!»
«Oh... accidenti, cos'abbiamo qui? Un ragazzino con squilibri ormonali, e decisamente in calore!»
«Scemo! E dai...»
Alan si avvicina a me, con un portamento tale che se non lo conoscessi avrei paura. Mette i brividi per quant'è bello. Vorrei lanciarmi su di lui, ma resisto per non dargliela vinta. No, non dovrà dire che gli sbavo dietro come un ragazzino, anche se è praticamente vero. Mi gira intorno, studiandomi, ed io non mi muovo, mentre la spirale che ha deciso di percorrere si stringe sempre di più, di più... finché si ritrova accanto a me.
Allora mi afferra i fianchi con decisione e mi attira a sé con foga, e non perde tempo mettendomi subito in trappola tra le sue braccia. Credo proprio che potrebbe spezzarmi in due, se volesse... ma ovviamente non lo fa. Sento tutta la forza dell'attrazione che prova per me, ma lo respingo ridendo.
«Che cazzo fai?»
«Alan? Non ero io quello in calore?»
Gliel'ho fatta, accidenti. Infatti vedo dal suo sguardo stupito che non se l'aspettava. Poi ride anche lui.
«Sei un cretino! Lo sai che non so resisterti! Hai vinto, contento?»
Lo abbraccio e gli metto le mani nei capelli, facendolo quasi miagolare dal piacere. Cavoli, sembra davvero un gatto, da come reagisce.
«Sì... sono contento. Fai le fusa?»
«Se me lo chiedi, potrei anche farle...»
Oh cazzo, credo proprio di essere arrossito. Cioè, erano mesi che non arrossivo con Alan. Ma se mi guarda in quel modo, e mi dice certe cose imbarazzanti... mi sento... così strano!
«Le hai mai fatte con qualcun altro?»
«No, mai.»
«Giura!»
«Giuro.»
«Allora sì, magari... è così strano pensarci! Però... è anche eccitante.»
«Vieni più vicino, e ti farò vedere come mi struscio su di te...»
Non credevo che l'avrebbe fatto sul serio, ma... accidenti, possibile che sia così bello? Ho l'impressione di non essermi mai sentito eccitato in questo modo. Alan fa davvero quel che ha detto, e la sua voce mi fa morire... credo che potrei venire anche solo sentendolo.
«Alan...»
«Adesso chi è che miagola, eh?»
«Stronzo... ti sei preso la rivincita per prima, vero?»
«Più o meno... comunque sono contento, e mi diverto.»
«Anche io... ti amo tanto...»
Inutile cercare di spiegare quel che stiamo facendo, perché è troppo complesso; so solo che è stato ancora più bello di tutte le altre volte, e sembra che ogni volta sia nuova, e più dolce, e più intensa, più speciale... è l'amore?
«Idem...»
In questo momento non so nulla, e forse neanche mi importa, perché voglio solo una cosa: Alan...