Vorrei proteggerci ma non so se ti fidi,
a volte non ti sento, nemmeno quando gridi.
India non la capisci. Non sai il colore esatto dei suoi capelli – Megan dice che sono biondo cenere, ma Candice continua a ripetere che tendono al grano -, non riesci a capire le sfumature dei suoi occhi, quando è seria e quando scherza, se una persona la fa ridere perché è divertente o perché le fa pena, non riesci a comprendere quando e perché ha pianto e il motivo delle sue uscite notturne. Non sai perché ha le mani perennemente fredde, se le piace il nero come colore o solo sui vestiti, quante sigarette fuma al giorno e se è la nottata adatta per una canna in balcone. Non riesci a darle un nome, non la sai paragonare ad una persona diversa, nei suoi lineamenti non riesci a trovarci qualcun’altra, non puoi regalarle un braccialetto senza il timore di aver sbagliato il colore o il ciondolo, non puoi proporle un film con la convinzione di essere innovativo, perché lei, puntualmente, spalancherà appena gli occhi e, semplicemente, ti dirà: “Già visto”.
Con quel tono di voce lento e calcolatore, la bocca un po’ storta mentre pronuncia il minimo indispensabile che deve bastarti, il sorriso obliquo che non coinvolge gli occhi ghiacciati. Sai che ha un cuore che batte, duecentosei ossa, due polmoni e due reni, cinque dita per ogni mano e le gambe un po’ storte e magre.
Sai che trascina i suoi anfibi sull’asfalto, che apre la porta di casa infilando sempre le chiavi al contrario, che le piace la Coca-Cola anche più di una bottiglia di birra – birra vera, e non quella che Candice continua a comprare al supermarket dietro casa -, sai che socchiude gli occhi perché non porta quasi mai le lenti a contatto e che non riesce a tenere lo smalto per più di una settimana. Ma questo comunque non basta, ed è una cosa che fa tremendamente incazzare Harry. Una cosa così esasperante e frustrante da farlo imprecare almeno una ventina di volte al giorno, farlo sbuffare, tremare, stringere denti e pugni, fumare fino alla nausea e bere fino al voltastomaco. Lui non è un tipo che si accontenta, non gli piacciono i secondi posti e la tombola di consolazione, non sopporta il silenzio e quando India, nella loro stanza, lo guarda, senza dire una parola.
In realtà, ama quei momenti. Ama lei, più che altro. La ama per tutte le Diet Coke che le ha visto bere come acqua, per quella volta che sono rimasti a piedi con la macchina, per le sue ginocchia appuntite e per i capelli che non hanno un colore ma sono i più belli che abbia mai visto. Il fatto è che non riesce a gestirla, i suoi silenzi non li riesce ancora ad interpretare e quando si fissano, nel buono della loro stanza, in piedi e immobili, le sue gambe tremano come il Giappone e la California. Insieme.
Sono situazioni che Harry non riesce a gestire, perché quegli occhi, gli occhi di India, quelli a cui non puoi dare un nome o un colore, lo fanno sentire nudo, lo fanno deglutire, infuriare, tremare, imprecare, stringere i pugni e sussurrare, e magari in casi anche più estremi, pregarla.
Harry non si piega, non si arrende e soprattutto non perde, ma India lo rende fragile, lo fa piangere e gli fa tirare pugni alle pareti della casa. Perché non si accontenta, e India parla quel poco che comunque sai deve bastarti. Perché dopo due anni che stanno insieme, Harry ancora non capisce quale cazzo sia il colore dei suoi occhi, non capisce perché ogni tanto la trova piangere in bagno, perché non si sente sicuro a saperla fuori con le sue amiche – specie se le amiche coinvolgono Megan, e anzi, Megan e basta -, non sa perché sente il cuore esplodergli nelle orecchie quando l’abbraccia e quale sia il motivo dei loro litigi della mattina. Non ha ancora capito perché trema di rabbia – e cosa? Paura? – ogni qualvolta che le bacia o le accarezza la cicatrice che ha sul collo.
Harry è la persona che la conosce meglio di chiunque altro – ne è orgoglioso -, la conosce da cima a fondo, ogni suo neo sulla pelle, la piega che prendono i suoi capelli con l’umidità, la forma esatta della sua cicatrice sul collo liscio, il gesto delle sue mani quando è nervosa, il profumo del suo bagnoschiuma – kiwi e mango – le quello dei suo shampoo – mandorle e miele –.
India lo provoca, è nella sua natura. Lo fa quando non risponde ai suoi messaggi, quando non si fa trovare in casa, quando esce di notte senza dire nulla, quando non spiaccica parola per giorni, quando piange nascosta in bagno, quando non gli apre la porta e quando sta in silenzio.
Se fosse una canzone, India sarebbe la più distruttiva. Una di quelle dei Radiohead o di Jeff Buckey. Sarebbe sussurrata, con parole semplici ma letali, esattamente come le sue.
Ed Harry l’ascolterebbe a ripetizione, con un pacchetto di sigarette vicino e la mente annebbiata. Stringerebbe i pugni, la sentirebbe entrare nelle duecentosei ossa che anche lui possiede, tremerebbe come il Continente Giallo e bestemmierebbe fino a sentirsi un peccatore.
India non la capisci, e nemmeno Harry, che la conosce come la sua canzone preferita di Niall Horan – ne è diventato fan dopo che Dalia lo ha completamente assillato -, riesce a comprenderla fino in fondo. Lei non si fida delle persone, scansa le mani estranee, non accetta le carezze improvvise, chiude gli occhi quando lui le bacia quella cicatrice che Harry sa farle male più che qualsiasi altra cosa. Le ha stretto le mani quando lei ha provato a scappare, le ha detto: “Resto” – gliel’ha giurato – quando lei si è chiusa in bagno, le ha leccato le ferite per alleviarle il dolore, l’ha stretta per scaldarla dal gelo dei suoi stessi occhi.
La verità è che Harry ha più paura di India. Perché lei è di quelle che un giorno ci sono e il giorno dopo non ci sono più, perché non ne trovi di ragazze così, col suo umorismo tagliente, la risata bassa e la voce piatta. Non ci sono altre gambe spigolose come le sue, mani affusolate che sappiano stringerlo con la stessa intensità, labbra che riescano a parlare così piano da fargli venire i brividi, occhi di quel – non – colore che gli facciano così paura.
Ed è una cosa che lo fa incazzare, perché la tombola e soprattutto le parole di consolazione, a lui non sono mai piaciute. E nel loro appartamento, quello in centro, ogni tanto ci sono quei silenzi che Harry proprio non riesce a sopportare perché, cazzo, lui è lì e ci sarà sempre.
India s’è fatta le ossa da sola, s’è spezzata, è caduta, ha rotto gli anfibi e qualche ventricolo. Non si fida di nessuno perché la gente è anche più bastarda di lei, non parla perché le parole non dicono nulla e scappa perché, prima o poi, qualcuno arriverà per toglierle il respiro.
E l’unica certezza, nel buio della loro stanza, nel buio della notte, nel buio di ogni cosa, sono gli occhi di Harry, che sì, il colore definito loro ce l’hanno, ma comunque non se ne trovano uguali.
questa è la seconda delle 5 one shot che ho in mente di pubblicare prima della vera e propria long. la prima è Gli occhi rimangono.
spero che india vi sia entrata nel cuore, e che il mio harry vi sia piaciuto. non so se ha molto senso, ma io li ho immaginati così e così sono.
ringrazio di cuore chi si è fermato a leggere e chi mi farà sapere il proprio parere. se volete, mi trovate su ask.fm :)
una montagna di baci e abbracci,
caterina