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Autore: SoltantoUnaFenice    19/06/2013    4 recensioni
Touma aveva una busta in fondo al cassetto del comodino. Era una busta di carta gialla, un po' ruvida, e conteneva qualche decina di fotografie. Per prenderla bisognava spostare un po' di cose – la scatola che conteneva l'orologio di suo padre, un blister di compresse per il mal di testa, un quadernetto nero tutto sgualcito e anche due o tre caramelle mezze sciolte che avevano troppi anni per essere ancora commestibili. - ma non era importante, perchè non gli capitava di tirarla fuori molto spesso.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Touma aveva una busta in fondo al cassetto del comodino. Era una busta di carta gialla, un po' ruvida, e conteneva qualche decina di fotografie. Per prenderla bisognava spostare un po' di cose – la scatola che conteneva l'orologio di suo padre, un blister di compresse per il mal di testa, un quadernetto nero tutto sgualcito e anche due o tre caramelle mezze sciolte che avevano troppi anni per essere ancora commestibili - ma non era importante, perchè non gli capitava di tirarla fuori molto spesso.

Le foto dentro la busta erano tra le cose più preziose che aveva. Anche se non le riguardava quasi mai, le voleva lì, vicino a sé mentre dormiva. Il letto era il luogo in cui riusciva a pensare meglio, ad essere il più possibile sé stesso. Di giorno la confusione delle cose quotidiane lo teneva ancorato a terra. Ma la sera, nel silenzio della propria stanza, riusciva a librarsi con la mente al di sopra di tutto, e i pensieri erano meno dolorosi.
Dopo che suo padre era morto, due anni prima, Touma aveva lasciato la casa in cui era cresciuto – anche se non riusciva a decidere se venderla o meno – e si era trasferito in quell'appartamento, al settimo piano di un palazzo di nuova costruzione.
Era un appartamento semplice, ma aveva una bellissima terrazza rivolta ad est, in cui soffiava sempre il vento.
Se nella propria camera era Touma, in piedi al centro della terrazza lui era Tenku.
Da molto tempo aveva smesso di cercare di scindere questi due concetti, e viveva sempre oscillando, come un equilibrista che cammina su un filo sospeso a grandi altezze, ed in continuazione deve spostare il proprio baricentro ad ogni cambio di vento.
Quel giorno aveva girato attorno al cassetto del comodino già un paio di volte. Era stato tentato di estrarre la busta gialla, sfogliare una per una le sue foto e metterle via, ma entrambe le volte aveva rinunciato. A volte trovava davvero faticoso il modo in cui funzionava il proprio cervello, benchè sapesse di essere migliorato molto. Associargli la saggezza, un tempo, non era facile. Era così contraddittorio, così difficile di carattere, che spesso si era chiesto perchè mai fosse quella la sua virtù. Ma per fortuna la saggezza è una cosa che si accresce con l'età, e pian piano vi si era riconosciuto sempre di più.
In questo si riteneva piuttosto fortunato: la fiducia di Shin, ad esempio, era una virtù molto più difficile da coltivare. Essere fiduciosi – nel futuro, negli altri – è una cosa facile per un bambino o un ragazzino. Ma con il tempo le delusioni, i brutti ricordi... la vita stessa, soprattutto la vita di un guerriero, soffoca la fiducia quasi fino a farla scomparire.
Per questo motivo Shin era quello che più di tutti aveva rischiato di perdere sé stesso. Ma l'acqua è l'elemento più istintivo, quello più facile da percepire, da cui farsi avvolgere. Quando aveva smesso di opporsi al proprio destino, ed era tornato a vivere vicino al mare, l'acqua l'aveva sempre protetto dal dolore più forte.
Touma pensò ai suoi nakama, ancora una volta lontani. Era almeno un mese che non vedeva nessuno di loro, non avrebbero tardato molto a ritrovarsi.
Dopo tanti dubbi, dopo aver rifiutato le armature e con esse tutto ciò che li legava, avevano capito di non poter vivere gli uni senza gli altri. E anche se vivevano in città diverse, il loro legame era ormai così tangibile e forte da non farlo sentire mai solo.
C'era stato un tempo in cui la paura e la sofferenza portate dalle Yoroi li avevano portati a fuggire l'uno dall'altro. Erano così provati da rifiutare il loro legame, come se fosse tutt'uno con la battaglia, il dolore, il mondo delle armature.
Dopo che le Yoroi erano state riformate avevano deciso di accettare ciò che erano. C'erano state altre battaglie, altro dolore... ma non erano tornati più indietro.
Touma sospirò. Per la terza volta passò davanti alla camera, gettò uno sguardo obliquo al comodino, poi si diresse in bagno per prepararsi per la notte.
Lo specchio sopra al lavandino gli restituì un'immagine immutata. Quell'anno avrebbe compiuto trentanove anni, ma non ne dimostrava più di ventidue o ventitré.
Il suo aspetto aveva smesso di cambiare da moltissimo tempo, ormai. Tutti loro erano cresciuti fino a raggiungere la maturità fisica, poi si erano come cristallizzati. La prima volta che se ne era reso conto era stato una sera, mentre passeggiava in un parco. Aveva riconosciuto una vecchia compagna di scuola che giocava con una bambina. Si era avvicinato per salutarla, e lei era rimasta di sasso.
“Touma Hashiba! - aveva esclamato – non sei cambiato di una virgola!” E lui aveva pensato che lei invece era cambiata molto. Era sposata, aveva una bimba. Portava una pettinatura un po' fuori moda e sembrava un po' appesantita, un po' stanca... Avevano ventotto anni, allora, e lei gli disse di essere di nuovo in cinta: ancora non conoscevano il sesso del bambino, ma era molto felice.
Tornato a casa si era guardato allo specchio, proprio come stava facendo ora, e si era reso conto della differenza incredibile tra il suo aspetto e quello della sua coetanea.
Allo stupore era seguita la consapevolezza che solo le Yoroi potevano aver prodotto una cosa simile. E la spiegazione era una sola: le armature volevano che essi vivessero a lungo, forse per sempre, per poterli vestire e portarli a combattere ancora e ancora...
Si erano incontrati, e ne avevano parlato. Tutti erano arrivati alla stessa conclusione di Touma, ma in fondo erano convinti già da tempo di non poter sfuggire a questo destino. Solo, si erano illusi che prima o poi la morte li avrebbe liberati, ed ora non sapevano neanche più se sarebbe stato così.
Il loro incontro aveva portato anche ad un'altra decisione. Avevano parlato, più di una volta, di provare a vivere tutti assieme. Se non nella stessa casa, almeno nella stessa città, o quasi. Non era facile essere separati da chilometri e chilometri dalle uniche persone con cui si può condividere il proprio destino.
Ma se erano destinati a vivere a lungo, forse per sempre, se dovevano sopravvivere a tutti i loro cari... allora era giusto che si godessero le proprie famiglie finchè era possibile, e si ricongiungessero alla fine, quando ognuno di loro non avrebbe avuto nient'altro che gli altri quattro.
Touma si sciacquò velocemente la faccia. Indossò il pigiama, tornò in camera e si arrese all'impulso di tirar fuori quelle fotografie. Afferrò una coperta e ci si avvolse, poi uscì in terrazza. Erano i primi giorni di ottobre. Quell'anno l'autunno stava arrivando presto, e l'aria della sera era quasi fredda.
Tirò fuori le foto e guardò la prima. Erano Ryo e Shu, spalla contro spalla, su una riva sabbiosa. Sullo sfondo della foto si vedeva anche Shin, decisamente imbronciato.
L'avevano scattata a marzo del '97, sulla riva del lago Suwa. Si erano trovati tutti a casa di Ryo, per festeggiare il compleanno di Shin.
Il giorno precedente avevano cominciato ad organizzare la gita sul lago, e Ryo e Shu erano saltati su a parlare di pesca, erano tutti esaltati all'idea di pescare e poi grigliare tutto il pesce per fare un bel pranzo all'aperto. Naturalmente era tutto uno scherzo: Shin amava profondamente tutte le creature dell'acqua, e non mangiava pesce quasi mai. Seiji aveva lanciato loro più di un'occhiata di avvertimento, mentre il Samurai dell'acqua si inbronciava sempre più, e gli altri due continuavano imperterriti nella loro farsa. Touma aveva cercato di farli smettere, almeno all'inizio. Poi si era lasciato prendere, e aveva finito col fare peggio degli altri.
Erano arrivati al lago pieni di borse e zaini, e per rendere tutto più credibile si erano persino fatti prestare da un vicino del padre di Ryo l'attrezzatura per pescare. Alla fine del sentiero Shin era talmente serio e silenzioso che avevano avuto paura di aver esagerato.
Ma poi lo avevano mandato a cercare un po' di legna per accendere un fuoco, e lui aveva accettato subito, probabilmente per non dover assistere allo scempio dei poveri pesci. Ma quando era tornato era rimasto di sasso. Niente pesci e niente grigliata. Sulla riva del lago i suoi Nakama avevano allestito uno spettacolare pic nic, con tovaglie colorate, coperte, ogni genere di squisitezza (nemmeno un grammo di pesce) e persino decorazioni di carta colorata tra i rami degli alberi!
“Buon compleanno!!!” avevano gridato saltando fuori da dietro ad un cespuglio, e Shin era rimasto immobile, senza riuscire a dire una parola. Poi gli occhi gli erano diventati lucidi, e se il loro legame non fosse stato così forte da fare sentire a tutti quanto era felice, avrebbero di certo pensato che era offeso. Lo avevano abbracciato tutti, mentre lui continuava a mormorare “grazie...” sottovoce, e poi si erano lanciati sul cibo, allegri e un po' imbarazzati.
Era stata una giornata bellissima. Era ancora troppo freddo per rimanere fuori a lungo, e il sole era tramontato presto. Ma la sera si erano raccolti tutti attorno al fuoco del camino, nella sala della casa di Ryo, e avevano riso e parlato fino a tardi, addormentandosi tutti insieme sui divani e per terra, vegliati da Byakuen.
C'erano altre due foto di quel giorno. In una c'era Shin che bisticciava con Shu, ma Touma non riusciva a ricordare il perchè... Nell'altra si vedeva Ryo, accovacciato davanti al camino ad accendere il fuoco. Alle sue spalle Seiji, che sistemava sul divano un po' di coperte, e lui sull'altro divano, già mezzo addormentato.
La bocca gli si piego in un sorriso un po' sghembo. Quanto lo avevano preso in giro, ogni volta che era crollato addormentato in giro, o che si era svegliato ore dopo tutti gli altri! Quando ripensava al suo sé stesso adolescente, non poteva fare a meno di provare un po' di imbarazzo. Per fortuna con il tempo il suo fisico era maturato, il metabolismo adulto lo rendeva più energico, e una volontà più matura gli aveva permesso orari più sensati ed una vita più regolare.
Solo i suoi Nakama avevano potuto accettarlo per quello che era allora, senza farsi respingere da tutti i suoi difetti e la sua scontrosità. Era soprattutto per loro che aveva sempre cercato di migliorare, grazie a loro che non era diventato una persona astrusa come suo padre, sempre perso altrove.
La foto successiva era meno allegra. L'avevano scattata in ospedale, pochi giorni dopo che Seiji si era risvegliato dal coma, dopo l'incidente. Era una delle foto più vecchie tra quelle che aveva, e non la guardava mai troppo a lungo. Risaliva ad un periodo piuttosto negativo, in cui non riuscivano a restare vicini senza provare inquietudine. E il dolore e la spaventosa paura che aveva provato quando Seiji era stato in bilico tra la vita e la morte gli facevano bruciare gli occhi ancora adesso dopo tutti quegli anni.
Nella foto c'era Seiji, magrissimo e ancora più pallido del solito, ma ugualmente serio e infastidito dalle buffonate di tutti loro, che scherzavano davanti alla macchina fotografica, un po' per sdrammatizzare ed un po' per il sollievo incredibile provato quando finalmente avevano saputo che ce l'avrebbe fatta.
C'erano altre foto. Alcune gli strappavano sempre un sorriso. In altre si fermava incuriosito a guardare uno dei suoi Nakama, a stupendosi di come potesse scorgere ogni volta qualcosa di diverso, come un riflesso cangiante e sempre nuovo in ognuno di loro, e di come gli bastasse pensarli per decidere che alla fine era valsa la pena di tutto, che il loro destino forse era duro e faticoso, ma non poteva davvero dirsi infelice. Scorse ad una ad una tutte le foto, le rimise nella busta, lisciando con le dita il bordo adesivo che aveva smesso di restare attaccato molto tempo prima, e rientrò in casa.
Si mise a letto, e decise che il giorno dopo li avrebbe chiamati e li avrebbe invitati tutti a casa sua. Era davvero troppo che non si vedevano, e il suo compleanno era un ottimo pretesto per ritrovarsi insieme ancora una volta...

  
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