Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: irispaper29    19/06/2013    1 recensioni
“Ma perché cerchi sempre di sorridere?”
“Perché sono i sorrisi ad illuminare il mondo”
Alexandra sembra una normalissima comune ragazza orfana, che studia e lavora tre stagioni su quattro, mentre l’estate la passa, nonostante ella abbia ben ventanni, al Campo Mezzosangue, un campo estivo che si paga le spese coltivando e vendendo fragole.
Invece la sua vita non era mai stata normale, ma almeno prima riusciva a fingere che lo fosse. Invece la sua vita viene stravolta e comparirà un piccolissimo dettaglio. Un dettaglio così piccolo che sembrerebbe insignificante, mentre invece è di grande valore, perché cambierà la sua vita. Sembrerebbe un dettaglio senza nome, ma non è così. È una persona. Una persona di nome Josh Hutcherson.
[Josh compare dal secondo capitolo, il primo è un prologo, una specie di "finestra" sul mondo della protagonista, che vi consiglio di leggere comunque, per capire la sua psicologia].
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi trovo in un luogo buio, talmente buio e privo di luce che perfino con i miei occhi da semidea rischio di inciampare continuamente.
Mi guardo intorno, confusa, tastando anche le superfici con le mani. L’aria è umida, c’è un forte odore di chiuso, il pavimento è parecchio scivoloso. Per caso muovo un sassolino con il piede, camminando, e si sente un forte rimbombo. Probabilmente è l’interno di una caverna, visto che c’è l’eco.
Sento un rumore strano, e così mi blocco, cercando di fare il meno rumore possibile, anche respirando. Tendo le orecchie e riconosco il rumore, una porta metallica che viene sbattuta. Quella di una cella.
 
Apro lentamente gli occhi, per abituarli alla  luce del sole che splende alto nel cielo. Dalla luce, saranno le nove passate. Controllo l’orologio, per essere sicura, ed, effettivamente, sono le nove e ventidue.
Mi guardo intorno, confusa e assonnata, faccio sempre molta fatica a svegliarmi, per quanto odi i sogni, e, soprattutto, ad orientarmi, appena sveglia. Mi stropiccio gli occhi e mi stiracchio come un gatto, insonnolita e dolorante. Evidentemente, stanotte ho dormito come un sasso, nonostante lo strano sogno che ho fatto. Mi fermo un attimo a rifletterci: è davvero uno strano sogno, senza dubbio. Ma, quello che m’interessa, è il senso. Che senso potrà avere un sogno del genere?
Accantono l’idea e mi faccio una doccia, come tutte le mattine, e mi accorgo dello strano silenzio che mi circonda, anche se, all’inizio, non ci faccio troppo caso. Ma, quando esco, in jeans e maglietta, con le mie converse rosse ai piedi, non posso fare a meno di non sentirmi a disagio. Insomma, nel Campo, non c’è mai il silenzio, il che è abbastanza strano.
Decido di correre ad una velocità supersonica fino alla Casa Grande, magari per parlarne con Chirone, ma mi accorgo, con mio remore, che non c’è nemmeno il signor D. Così provo alla dimora di Rachel, ma nemmeno lei è li.
Sento un po’ di paura salirmi nel petto, ho paura che centri con lo strano sogno che ho fatto, che sia successo loro qualcosa, perché, ormai, è evidente. Ma la vera domanda è: Cosa può essere successo?
Sto per riavviarmi alla casa undici, per prendere la mia Protezione e, magari, elaborare un piano, quando trovo, per puro caso, un foglietto svolazzante. È una foto, una foto di un bellissimo ed enorme parco che conosco fin troppo bene: Central Park. Ed è sporca, sul retro, ha una macchietta dorata. Lascio quasi cadere la foto per l’orrore: l’icore. Quindi, forse, centra qualche mostro. C’è un'altra scritta, ma non riconosco la mano: “Vieni a Central Park”. Probabilmente qualcuno avrà radunato un esercito di mostri, per portarsi via tutti. O forse sono stati costretti? Ma perché lasciarmi la? C’è una risposta, ne sono sicura, ma c’è una strana sensazione di nebbiolina che mi offusca il cervello e…costa stavo dicendo? Ah, si, dove sto andando.
Corro a prendere la mia spada protettrice, e chiamo un taxi, facendomi portare proprio lì davanti, mentre intanto io rifletto.
Perché quella foto svolazzante? È forse una trappola? Probabile. Ma se c’è una cosa da tagliare fuori direttamente, è l’idea di un esercito. Me ne sarei accorta sicuramente. Quindi sono stati costretti, magari da un qualche mostro con dei poteri psichici, o roba simile, tipo i ciclopi, che riescono a ricopiare le voci altrui. Ma, se è così, perché su di me non ha fatto effetto?
La risposta mi viene in mente da sola: stavo dormendo. Ero l’unica che dormiva, forse è per questo. Vorrei rifletterci un altro po’, ma mi sento così stanca…voglio solo rilassarmi un po’ e basta.
Il tassista interrompe le mie riflessioni e lo pago, per poi scendere proprio davanti Central Park. Comincio a passeggiare con disinvoltura in quel luogo immenso, e, dopo mezzora di ricerche, distratta, mi siedo su una panchina, su cui, stranamente, non siede nessuno, per cercare di cacciare via quella strana sensazione che ho addosso. Prendo un pezzo di pane e lo tiro ai piccioni, che se lo litigano avidamente. Poi un verso strano, acutissimo, attira la mia attenzione.
Alzo lentamente lo sguardo e mi ritrovo davanti degli strani uccelli, che sembrano piccioni, ma, stranamente, hanno gli occhi rossi. Se non fosse per quello, potrebbero benissimo passare per piccioni, agl’occhi mortali, e con l’aiuto della Foschia, sicuramente i mortali vedono dei normalissimi uccelli grigi.
Oh, no, non di nuovo. Non di nuovo gli uccelli di Stinfalo, per amore del cielo, per favore, no! Sono tra i mostri peggiori! Non ricordo nemmeno come li abbiamo sconfitti, ho uno strano senso di confusione…
Provo a fare quello che si fa con un mostro: nessun movimento azzardato e, anzitutto, non sguainare il bronzo celeste. Ma, ovviamente è inutile.
Mi viene di nuovo da piangere, quando si avventano su di me con i loro becchi, squarciando i miei jeans, perforando la maglietta, e strappandomi quasi la carne e un urlo di dolore. Ma, nonostante mi senti intontita, riesco ad alzarmi, cercando di non cedere al dolore acuto che quasi mi provoca un altro urlo.
Non ricordo ancora come ucciderli, ricordo solo che, ammazzandone uno, ne arriva un altro. Ma non mi arrendo, trafiggo uno con lo stiletto che ho nella borsa, uno di quelli che avevo sotto il letto, e questo si trasforma in polvere, andando al Tartaro, ma, immediatamente, ne arriva un altro, e un altro ancora, uno per ogni che ammazzo.
E così faccio l’unica cosa intelligente: fuggo, il più lontano possibile.
Dopo una lunga corsa, mi ritrovo al sicuro, e, anche se sono ormai lontanissima, si nota benissimo lo stormo di uccelli di Stinfalo che vola nel cielo, andandosene, per mia fortuna, da qualche altra parte. Così, stremata, dopo una corsa di ben due ore, riprendo la mia ricerca, ma, alla fine, non posso fare a meno di addormentarmi di nuovo. Ma prima di addormentarmi, il mio occhio sinistro nota qualcosa. Una sagoma, un corpo, coperto di sangue, la carne lacerata, graffiato in faccia, i vestiti coperti di sangue secco stracciati, beccato anche lui probabilmente da quei maledetti uccelli. Lo guardo con più attenzione, e lancio un urlo. Perché, prima di svenire, scopro che il corpo in quel lago di sangue è quello esangue di Josh.
 
Mi sveglio quasi urlando, ma non per la paura, bensì per il sollievo, perché mi sono svegliata. Scoppio immediatamente a piangere come una bambina, singhiozzando. “Tranquilla, è solo un sogno, tranquilla” mi ripeto. “ Era solo un sogno. Josh è vivo, non è morto”. “Ora ti alzi e guardi che ore sono”. È così che ho imparato a fare, ormai, con gli incubi strani di questo tipo: darmi dei semplici comandi da eseguire in modo meccanico, se necessario. Così mi alzo, prendo il telefono, e guardo che ore sono, e quasi mi prende un colpo: sono le undici meno un quarto. Cavolo, ho dormito fino alle undici!
Mi alzo in tutta fretta, lanciando insulti mentali a chiunque mi abbia disattivato la sveglia, e, con ìrapidità, indosso un paio di jeans e una maglietta.
Poi corro celere fino alla Casa Grande, e tiro un sospiro di sollievo, vedendo che ci sono tutti, compreso l’odioso Signor D.
“Era solo un sogno” mi ripeto. “Solo un maledettissimo sogno del cavolo”.
“Ma che giorno è oggi?” mi viene da chiedermi, all’improvviso. Guardo di nuovo il cellulare: 14 agosto. Bene, oggi è il 14 agosto, il mio compleanno, il che spiega il motivo per cui sono ancora qui, quando, normalmente, mi dovrei allenare.
Mi alzo, sorridente, perché oggi è il mio compleanno. Oggi è il giorno che attendo con pazienza ogni singolo anno, perché, in questo giorno, non mi vieto mai nulla. Se voglio abbuffarmi di cioccolata, lo faccio, punto e basta. Mi concedo ogni cosa umanamente possibile che mi passi per la mente. E il festeggiare ogni singolo anno con i miei amici, i miei fratelli, i miei cugini, Chirone…mi fa sentire a casa. Mi fa sentire parte di una famiglia.
E Josh…questo è il primo compleanno che passo con lui. E voglio che sia…il migliore. Questo è il compleanno che voglio potermi godere di più.
Il pensiero di lui, che mi fa sentire così apprezzata, speciale, amata mi fa sorridere.
Decido di andare da lui, per tranquillizzarmi un po’, anche perché non credo di essermi davvero calmata. Lo trovo intento a parlare al telefono, di nuovo.
Mi nota con un occhiata e chiude velocemente la telefonata, frettoloso, con l’aria di chi nasconde qualcosa.
:-Buongiorno-dice, dandomi un bacio a stampo. –Dormito bene?
:-Anche troppo-dico, mettendomi le mani sui fianchi, con aria un po’ severa. –Qualcuno ha disattivato la mia sveglia. Ne sai qualcosa, Josh?
:-No-mente lui. –Davvero, non ha suonato?
:-No, infatti mi sono svegliata adesso-dico, alzando un sopracciglio. –Sei sicuro di non saperne nulla?
:-Sicuro-mente di nuovo, ma credo ci sia il suo zampino. Lo capisco dalle rughe della fronte.
:-Con chi stavi parlando, se posso chiederlo?-chiedo, curiosa. –Di nuovo con Avan?
:-Si-dice, sorridendo.
:-Devo essere gelosa?-chiedo, ridendo. –Va avanti da più di una settimana.
:-No, tranquilla-dice, ridendo anche lui, e cingendomi le spalle con un braccio. –Non è male, ma non è il mio tipo.
:-Beh, che vuoi fare?-chiede. –Senti, mi insegneresti…la scherma, o qualcos’altro? Anche Chirone mi ha consigliato di…
:-Credo si possa fare-dico, sorridendo.
Ci dirigiamo all’armeria, per prendere una spada adatta a Josh, ma ha il mio stesso identico problema: qualunque spada è inadatta. Sono tutte troppo pesanti o troppo leggere, troppo lunghe o troppo corte.
:-Siamo due sfigati-borbotto. –Dovrai prenderne per forza una leggera.
Gliene do una non troppo pesante e andiamo ad allenarci, e la cosa mi pare subito evidente: è negato. Provo a insegnargli un paio di affondi facili, ma non ce la fa, glieli mostro anche dieci o undici volte, ma non riesce ad eseguirli. È negato, totalmente. Proprio come alcuni semidei come Percy, che non potrebbe mai scagliare una freccia senza ammazzare qualcuno, anche delle sue file,  per caso. È come chiedere ad un pesce di camminare fuori dall’acqua o ad un elefante di imparare a volare. Impossibile.
:-Lasciamo perdere-dico, constatando che è mezzoggiorno, ormai. –Sul serio, Josh. Non è per ferirti o altro ma…sei proprio…ecco…
:-Lo so, sono negato, eh?-chiede, sorridendo. –Pazienza.
:-Non sei…arrabbiato?-chiedo, timidamente.
Lui scuote la testa:-Non si può essere bravi in tutto, no?
:-Vuoi provare con qualcos’altro?-chiedo. –Ch’esso, magari con una lancia, o un arco?
:-Si-dice, sorridendo. –Magari con la lancia, sembra figa.
:-Ok, vieni-dico.
Torniamo all’armeria, e, almeno, riesco a trovargli una lancia quasi adatta a lui, e lo porto da Clarisse, figlia di Ares. Non è cambiata molto, fisicamente. Ha sempre quegli occhi piccoli da cinghiale e i capelli lunghi come spaghetti.
:-Alex-constata lei. –Che ti serve?
:-Ciao anche a te, Clarisse-dico, sorridendo, sarcastica.
:-Si, si, ciao-dice lei. –Sbrigati, che ho da fare.
:-Clarisse, smettila di fare la bulletta, sappiamo tutti che hai un cuore di burro-dico, sorridendo. –Qua nessuno ti giudica, puoi essere te stessa.
Lei tira un sospiro di sollievo:-Meno male, sai, devo pur mantenere un po’ di superiorità, sai, sennò sarebbe un casino.
:-Si, si, lo so-dico. –Senti, Clarisse, Josh vorrebbe imparare, ma io di lance non so molto. Potresti vedere se è negato o no?
:-Certo, non c’è problema-dice lei.
:-E questa sarebbe la pericolosa Clarisse di cui mi ha parlato Percy?-chiedo. –Me l’aspettavo più…
:-Lo so, ma è cambiata parecchio dalla morte di Silena. Ora è molto più gentile-dico.
Clarisse e Josh provano per un’altra ora, fino a l’una, ma, anche in questo, Josh è negato.
:-Lascia perdere, ragazzo-dice Clarisse. –Tanto varrebbe buttarti direttamente in un vulcano, fidati.
:-Beh, non era tanto male-dico, tentando di sollevargli il morale. –Vuoi provare con l’arco?
:-Non lo so, Alex…-dice lui, ancora un po’ giù di corda.
:-Dai, sarà divertente-dico, trascinandolo fino alla casa di Apollo, da Will, chiedendogli di insegnargli, ma non dura nemmeno un’ora, è ancor più negato che con la spada.
:-Sono un fallimento…-dice lui, ancora triste.
:-Non tutti sono portati per la guerra, Josh-dico, tentando di rincuorarlo. –Tu non sei fatto per uccidere.
Mi blocco, perché ho appena detto una balla. Lui è perfettamente in grado di uccidere. Ha ucciso una Dracena, un Iperboreo. E sempre con uno stiletto di bronzo.
:-Vieni, forse so cosa fa per te-dico, prendendolo per mano e trascinandolo di nuovo nell’armeria, per poi porgergli uno stiletto. Il suo stiletto.
:-Questo è quello che hai usato nella missione, ricordi?-chiedo. –Tu sei perfettamente capace di usarlo.
:-Non è vero-dice.
:-Oh, si che lo è. Ora vieni con me, andiamo da Annabeth, e gli mostri come lo usi, e lei ci dirà, ok?
Lui annuisce come un bambino poco speranzoso, e, finalmente, Annabeth ci da una buona notizia.
:-Lo usa come se lo facesse da sempre-dice, sorridendo. –Non ha bisogno di lezioni, segue l’istinto.
:-Bene, così si potrà difendere-dico.
Josh è abbastanza contento, gli ha sollevato su il morale per bene. E così lo vedo mangiare, contentissimo e sorridente.
:-Grazie, Alex-dice, dandomi un bacio sulla fronte. –Tu hai creduto in me quando nessuno, io compreso, ce la facevo. Senza di te, avrei mollato. Sei stata la mia speranza.
:-Smettila e mangia-dico, arruffandogli i capelli, ma, in realtà, sono un po’ contenta. Perché Josh mi ha appena paragonata alla sua speranza.
 
***Josh***
:-Pronto, Avan?-dico. –Sono sempre io. È tutto pronto?
:-Si, Josh-dice. –Hai fatto davvero le cose in grande.
:-Voglio che questo giorno per lei sia speciale-mi giustifico. –Oggi compirà vent’anni.
:-Ok-dice lui. –Voi, invece, siete pronti?
:-Si-confermo. –Dopo pranzo metteremo in atto il piano.
:-Ok-dice. –Ci vediamo qua.
:-Ora devo andare, sta arrivando-dico. –La intratterrò con qualche scusa fino alle due.
:-Ciao, Josh-dice. –Ci vediamo dopo.
Propongo ad Alex, dopo che mi ha messo in crisi con un po’ di domande, giusto per tentare di rovinare i miei piani, di insegnarmi la scherma, inventandomi una scusa, tanto per tenerla occupata.
Ma sono negato per moltissime cose: tiro con l’arco, scherma, lancia…e a pensare che ho fatto l’addestramento militare!
Però mi sollevo un po’ quando mi porge lo stiletto che ho usato in missione. È molto bello, semplice, con un’incisione sull’elsa, a mo’ di ghirigoro.
Dopo il verdetto di Annabeth, non posso fare a meno di sentirmi contento, probabilmente, se fossi un cane, scodinzolerei come un matto. Credo sia per il fatto che così lei non si dovrà più preoccupare, insomma, mi so difendere!
E la vedo sorridere, contenta quasi quanto me. E mi fa sentire ancor più felice. Lei è la persona migliore del pianeta. Ha creduto in me quando nemmeno io credevo più in me stesso. E questo dimostra che lei è quella giusta.
 
Nota dell’autore: Salve, ecco un nuovo capitolo.
Voglio scusarmi per l’inconveniente, ma ho dovuto cancellare tre capitoli, in quanto la presenza di persone idiote che fingono di conoscere Percy Jackson e mi confondono le idee (i miei cugini) ho sbagliato la data del compleanno di Percy, che è nato dopo Alex, e non prima. Non potevo cambiare la data di Alex, in quanto l’ho scelta per un motivo preciso. Mi scuso nuovamente.
Ma ci tengo a specificare che quello che avete letto nei capitoli precedenti è comunque valido, solo è posticipato di qualche capitolo, per rispettare di un minimo l’ordine cronologico dei fatti presenti, nonostante i continui flashback e i sogni, e verrà quindi ripubblicato.
Allora, Josh ha un piano preciso, a quanto abbiamo potuto constatare. Cosa succederà dopo pranzo? Cosa significa lo strano sogno di Alex? Ha davvero un significato o è solo un sogno comune?Lo scoprirete leggendo.
Beh, spero che vi piaccia. Un bacio, e recensite.
   
 
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