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Autore: Notperfect    19/06/2013    5 recensioni
Queen ha 17 anni e da quasi otto anni convive con un peso angoscioso e costante: suo padre. La maltratta fisicamente e psicologicamente e tutto ciò che Queen riesce a fare è chiudersi in se stessa. Riuscirà qualcuno a salvarla da questa situazione e da se stessa?
***
Ogni volta che lo guardo è come se i suoi occhi mi dicessero 'Ti dichiaro in arresto…cardiaco’.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12.
 


I due baci –quasi tre- da parte di Justin, sono motivo della mia riflessione continua.
È strano di come improvvisamente abbia avuto l’istinto e soprattutto la voglia di farlo. È strano anche che io non mi sia tirata indietro nonostante al primo abbia esitato un po’.
È stata una sensazione così piacevole quando le nostre lingue si sono scontrate che forse ricorderò quel momento per tutta la mia vita, pure se Justin non ne farà più parte.
Sono abbastanza esaltata per ciò che è successo quasi sicuramente perché in questo campo, ragazzi, ho pochissima esperienza, quasi inesistente. Ho avuto solo un ragazzo in tutta la mia breve vita ma sinceramente non ricordo neanche più il suo volto o il suo modo di baciare.
A proposito, Justin è un ottimo baciatore e questo mi fa pensare a quanta esperienza ha lui più di me. Chissà quante ragazze ha avuto con cui è stato a letto.
Vado in bagno sciacquandomi la faccia per scacciare via questi pensieri. Non ho intenzione di farmi milioni di film mentali degni di oscar per qualcosa che forse ha significato molto solo per me. Inoltre Justin è bellissimo, ma non lo vedrei mai accanto a me come…come più che un semplice amico.
Come ogni mezzogiorno della domenica, resto chiusa in camera mia. Se scendessi in cucina per mangiare, molto probabilmente mio padre utilizzerebbe le stoviglie per picchiarmi. Anche mia madre non pranza mai e questo può essere notato dal fatto che ormai si è ridotta ad essere pelle e ossa. La sua pelle è consumata su tutto il corpo soprattutto sulle braccia e la mancanza di sonno ha creato due grandi borse sotto i suoi magnifici occhi.
Ho ereditato i miei occhi azzurri da lei. Sono fortunata a non essere neanche lontanamente uguale a mio padre anche se devo ammettere che è un bell’uomo.
Bellezza sprecata.
 
-Queen-.
 
Mamma sporge la sua testa nella mia camera aprendo leggermente la porta in legno. Mi sorride premurosa per poi entrare completamente e chiudere la porta alle sue spalle.
Si avvicina al letto e si siede su di esso mentre mi osserva dal bagno. Ho la porta aperta in modo tale che riesca a vedermi. Io osservo il suo volto dal riflesso dello specchio mentre sono intenta a lavarmi i denti.
 
-La signora Backy ci ha invitate a pranzo a casa sua-. Annuncia abbastanza felice. -Ti andrebbe?-.
 
Sputo il dentifricio nel lavandino per poi alzare la testa allo specchio.
Seppure l’idea di passare qualche ora a casa della signora Backy mi lascia pensare che saranno momenti abbastanza noiosi, noto l’espressione entusiasta di mia madre. È forse la prima volta che qualcuno la invita a pranzo da quando mio padre ha iniziato a massacrarci. Sono felice che stia nuovamente avendo a che fare con le persone e la signora Backy è davvero una brava persona seppure di età avanzata.
Annuisco sorridendole.
 
-D’accordo. Ma devo cambiarbi-.
 
-Oh, no. Stai bene così e poi Backy mi ha detto che è già pronto in tavola-.
 
Sospiro sollevata, scrollando le spalle.
Mamma mi fa cenno col capo di uscire dalla stanza e così faccio. Insieme ci incamminiamo al piano di sotto e quando sbattiamo la porta di ingresso alle nostre spalle, mi giro per notare la figura di mio padre avvicinarsi alla finestra e sbirciare fuori. Probabilmente vuole conoscere la nostra destinazione.
Ritorno a guardare dritto davanti a me e attraversiamo cautamente la strada guardando prima a destra e poi a sinistra.
Suoniamo il campanello sul quale vi è un’etichetta sulla quale è inciso il nome ‘Rebecca Flatcher’. La signora Backy non si è mai sposata ed è sempre stata sola circondata da alcuni nipoti che solitamente passavano a trovarla per qualche giorno. Molto probabilmente erano figli dei suoi fratelli.
 
-Oh, pensavo non veniste più-. Esclama la signora Backy aprendo la porta.
 
Le inviamo dei sorrisi amichevoli mentre lei si sposta sul lato della porta per lasciarci entrare. Chiude la porta e posa una mano sul fianco di mia madre, spingendola delicatamente per farle raggiungere la cucina.
Questo gesto mi ricorda quello di Justin.
Dopo aver sentito mia madre e la signora Backy chiacchierare per circa dieci minuti, ci sediamo a tavola quando ormai tutto il cibo è pronto.
Mamma e Backy mangiano lentamente le loro portate mentre io a stento tocco il primo piatto.
 
-Non ti piace?-. Domanda la signora Backy.
 
-Si, mi piace. Ma non ho molta fame-.
 
-Non vuoi provare neanche il secondo? È delizioso e non lo dico perché l’ho cucinato io stessa-. Ride dolcemente, rivolgendomi uno sguardo premuroso.
 
Esito qualche secondo, riflettendo.
Ci ha invitate a casa sua per pranzare e non mangiare sarebbe davvero irrispettoso da parte mia. Controvoglia, alzo lo sguardo su di lei e annuisco flebilmente sorridendole.
 
-No, no. Il secondo vorrei mangiarlo-.
 
Mi sorride soddisfatta alzandosi da tavola e andando in cucina. Dopo circa due minuti ritorna da noi con tre piatti tra le mani. Li appoggia degnamente ai nostri rispettivi posti come fosse un’esperta in questo campo. Presumibilmente lo è davvero.
Consumo lentamente il mio pasto e quando inghiotto l’ultimo boccone, quasi a farlo apposta mi arriva un messaggio da parte di Justin.
Afferro il cellulare prontamente, curiosa. Lo sblocco e visualizzo il messaggio.
 
Da: Justin
Dove sei?
 
Aggrotto le sopracciglia.
Non mi ha mai posto una domanda del genere neanche in persona e questo è strano. Rivolgo un’occhiata alle due donne che parlano tranquille mentre tra una parola e l’altra mandano giù il cibo e dell’acqua fresca, per poi abbassare lo sguardo sul cellulare. Digito la mia risposta velocemente.
 
A: Justin
A  pranzo dalla mia vicina di casa
 
Da: Justin
Quando sarai libera?
 
A:Justin
Tra qualche ora.
 
Sospiro pesantemente poggiando il cellulare sul tavolo. Mi sento osservata così immediatamente alzo lo sguardo. Mi ritrovo quattro occhi chiari guardarmi in modo curioso e divertito come se si aspettino da me una spiegazione a qualcosa. Bofonchio qualche parola, incerta e insicura.
 
-Cosa…cosa c’è?-. Domando spaesata.
 
-Cos’è questo improvviso interesse per il tuo cellulare? Non l’hai mai usato per più di un secondo-. Spiega mamma.
 
-Io…stavo parlando con Cece. È fuori per il fine settimana e mi aggiorna su ciò che fa-.
 
La signora Backy attorciglia la bocca, forse insoddisfatta della mia risposta. Se fossi stata al loro posto, avrei considerato le mie parole poco credibili.
Sorrido debolmente per convincerle di cessare lì quell’argomento e con mia grande sorpresa e sollievo, smettono di farmi domande.
Il cellulare mi vibra nuovamente e questa volta mi alzo andando verso la finestra. Mi appoggio ad essa e visualizzo il messaggio.
 
Da: Justin
Sii pronta per le otto. Voglio farti vedere una cosa.
 
A: Justin
Cosa?
 
Da: Justin
Regola numero uno!
 
***
 
Quando io e la mamma ritorniamo a casa, l’orologio segna le sei del pomeriggio.
Ci siamo intrattenute parecchio a casa della signora Backy chiacchierando. In realtà le due donne hanno parlato per ore mentre io ho guardato la tv e di tanto in tanto rispondevo a stupidi messaggi che mi inviava Cece.
Ha detto che lì fa molto caldo a differenza di Stratford e che non vede l’ora di ritornare qui. Ha detto anche che ci sono anche moltissimi ragazzi che girano per le vie di Orlando in costume ed hanno un corpo fantastico ma sono molto noiosi.
Ho riso parecchio leggendo quei messaggi. Non vedo l’ora che domani torni così che possa abbracciarla e passare del tempo con lei. Devo ammettere che mi è mancata.
Chiudo a chiave la porta della mia stanza per evitare che mio padre entri di soprassalto. Vado bagno e accendo l’acqua della doccia per farla riscaldare.
Nel frattempo mi spoglio e getto i vestiti nel cesto accanto al lavandino. Alzo lo sguardo allo specchio e tutto ciò che riesco a fare è un’espressione disgustata e angosciata. Dei lividi ricoprono le mie gambe così come il mio addome. Sullo stomaco oltre ad esserci delle macchie violacee vi sono anche delle croste di sangue secco, segno dei calci potenti di mio padre. Tutte le sue scarpe hanno la punta in metallo e questo sicuramente non migliora la situazione.
Scuoto la testa, trasalendo dai miei pensieri ed entro poi in doccia sperando che l’acqua calda mi allontani dalla mia realtà almeno per un po’.
Faccio fatica a passare la spugna imbrattata di bagnoschiuma sui punti in cui vi sono i segni della violenza di mio padre, praticamente su tutto il corpo. Solo quando l’acqua fa scivolare via il bagnoschiuma dal mio corpo, mi sento rilassata.
Resto sotto il getto d’acqua per circa un quarto d’ora. Succede sempre quando mi lavo. La doccia mi sembra un posto sicuro e mi tiene al caldo.
Esco da lì e cingo il mio corpo con un asciugamano abbastanza grande. In realtà mi arriva fino alla punta dei piedi e quasi striscia sul pavimento.
La mia statura non è sicuramente qualcosa di cui vado fiera.
Mi siedo sul letto per riposarmi un attimo ma improvvisamente mi sdraio completamente su di esso presa da un’inconsueta botta di sonno


 
JUSTIN’S PV
Sono a casa di Ryan, giocando alla playstation. È alquanto infantile da parte nostra, soprattutto da parte di Ryan che ha due anni in più a me.
Possiede una casa tutta sua e questo è davvero utile per me, soprattutto quando porto le fortunate ragazze che rimorchio a qualche festa o in qualche locale. Ciò non succede da circa due settimane e ne conosco la causa. Ha a che fare con una ragazza dagli occhi azzurri.
Riemergo dai miei pensieri quando Ryan emette un urlo di gioia e soddisfazione: mi ha di nuovo battuto.
 
-Amico, sei davvero scarso!-. commenta euforico.
 
Lancio lo stick sul divano in modo menefreghista, abbandonandomi con la schiena sullo schienale morbido e grande del divano.
Caccio una sigaretta dal pacchetto che ho solitamente in tasca e la porto alla bocca. Afferro l’accendino sul tavolino di fronte alla tv e faccio in modo che la sua fiamma tocchi la punta della mia sigaretta.
Queen è sempre nella mia testa ultimamente anche se non lo vorrei. Il suo pensiero mi distrae da qualunque cosa io faccia ed ora non riesco a togliermi dalla testa la sua espressione confusa e imbambolata quando l’ho baciata questa mattina. Non penso di aver mai baciato in quel modo. Intendo dire che solitamente quando bacio una ragazza non provo nulla, oltre alla sua lingua tra la mia; stamattina invece ho sentito un brivido alla schiena e una scintilla di piacere nel mio stomaco.
 
-Justin! Mi hai sentito?-. Chiede Ryan aguzzando la vista verso di me.
 
-Si, ti ho sentito-.
 
-Ti ho offeso. Di solito mi attacchi-. Ride confuso.
 
-Non sono in vena oggi-.
 
Aggrotta le sopracciglia e si fa più vicino a me. Mi guarda perplesso e confuso e sembra quasi che abbia paura di parlare e di porgermi qualche domanda.
Lui sa di Queen, è stato lui a farmi compagnia quando sono andata sotto casa sua alle tre del mattino. Ryan è solo a conoscenza della mia curiosità nei confronti della sua situazione. Gli ho raccontato di quanto alcune volte sia strana e dei momenti in cui l’ho vista coprirsi la pelle violacea. Ma non è al corrente che c’è qualcosa che mi spinge ad essere protettivo e premuroso nei suoi confronti. È come se qualcuno me l’abbia fatta incontrare con un unico scopo: proteggerla.
 
-E’ per via di quella ragazza? Queen?-. Domanda improvvisamente facendomi trasalire.
 
-Cosa? No, sono solo…confuso su…una cosa-.
 
-Oh, andiamo. Non sei convincente come speri ed io non sono cretino-.
 
-Sulla seconda affermazione avrei dei dubbi-. Rido.
 
Mi da un colpetto sulla spalla, lamentandosi del mio commento acido. Dal canto mio, continuo a ridere prendendomi gioco di lui. È più grande di me ma è molto più stupido. Però è l’unico di cui mi fido ed è l’unico per cui rischierei la mia stessa vita. Ultimamente però c’è un’altra persona che sta iniziando a far parte di questa cerchia.
 
-Non farmi domande, ti prego. Sai quanto le odio-.
 
Tronco l’argomento sul nascere, prima che mi riempia di domande impertinenti. Non mi piace rispondere e non mi piace che qualcuno si interessi alle mie azioni e ai miei pensieri anche se Ryan è sempre il primo a conoscere le situazioni in cui mi ritrovo.
Con mia sorpresa, comprende il mio disagio e decide di acconsentire la mia richiesta.
 
-D’accordo, ma se vuoi parlarmi di qualcosa, anche se si tratta di questa ragazza, sai dove trovarmi-.
 
Gli rivolgo uno sguardo pieno d’affetto e gratitudine mentre lui appoggia una mano sulla mia spalla. È un contatto amichevole ma so già che sta per dirmi qualcos’altro, lo capisco dai suoi occhi.
 
-Ma ora porta via il tuo culo moscio da qui. Kyla sta arrivando e per arrivare in camera da letto dovremmo passare di qui. Tu non sei bello da vedere mentre…insomma, hai capito-.
 
-Ti scopi ancora Kyla?-. Esclamo stupito e divertito.
 
-E’ una ragazza molto…molto…disponibile-. Ride.
 
Rido anch’io mentre mi alzo dal divano. Spengo la sigaretta nel portacenere sul tavolino per poi rivolgerli un saluto. Raggiungo la porta ed esco di casa ispirando la fredda aria che invade l’atmosfera invernale di Stratford.

***

Alle otto meno un quarto circa sono già pronto. Carico in macchina tutto ciò che servirà per stasera per poi avviarmi col mio fuoristrada verso casa di Queen.
Ogni volta che devo vederla, mi sento entusiasta e felice. Non mi è mai successo prima d’ora si sentirmi in questo modo prima di un appuntamento.
Accosto con l’auto al solito posto di fronte casa sua. Guardo l’orologio e sono ancora le otto meno dieci. Non vorrei che pensi sia ossessionato da lei tanto da presentarmi prima sotto casa sua.
Esito un po’ prima di scendere dall’auto e incamminarmi verso il retro della casa.
È già buio qui così i lampioni sono già accessi e fanno luce sulla strada scura.
Guardo verso l’alto e il mio sguardo arriva fino al balcone al secondo piano dove l’ho vista affacciarsi piangente.
Rifletto su ciò che sto per fare per considerare nuovamente l’idea. Non penso sia opportuna ma non ho mai rispettato le regole. Basta pensare che riempio sempre di domande Queen nonostante vi sia la Regola Numero Uno.
Poggio un piede sullo steccato della casa e man mano salgo fino al balcone. Una volta arrivato su quella piattaforma in alto, noto che la veranda in vetro è socchiusa forse per rinfrescare la stanza all’interno.
Quando la chiudo alle mie spalle l’attenzione cade immediatamente su un piccolo corpo avvolto in un asciugamano bianco in spugna sdraiato sul letto. Mi avvicino maggiormente e vedo le sue palpebre chiuse e la bocca socchiusa. Il suo naso è leggermente rivolto verso l’alto mentre i capelli sono sparsi sul cuscino disordinatamente. Tutto il corpo è coperto dall’asciugamano che non permette di vedere nulla al di fuori delle sue dita dei piedi e le sue spalle.
Mi mordo il labbro inferiore pensando a ciò che potrei osservare se non ci fosse quel tessuto a coprire il corpo di Queen.
Ha un’aria davvero angelica e innocente. Sembra così tranquilla e felice quando dorme e mi viene voglia di darle un bacio.
Mi accascio lentamente sul suo corpo e accarezzo la sua guancia.
C’è ancora quel brutto livido sotto l’occhio ma non gli do molto peso.
Avvicino le mie labbra e stampo un piccolo e tenero bacio all’angolo della sua bocca.
A questo contatto strizza gli occhi e fa una strana smorfia. Ciò mi fa ridere leggermente così sospiro pesantemente sul suo viso.
Improvvisamente le sue palpebre si schiudono permettendomi la visuale di due occhioni azzurri confusi e sonnolenti. Sembra mettermi a fuoco prima di sgranare gli occhi e alzarsi immediatamente a mezzo busto, allibita.
 
-Che…che cosa ci fai qui?-. Chiede allarmata.
 
Tira l’asciugamano sul suo petto anche se copre già abbastanza.
Rido a questa sua reazione, allontanandomi da lei per darle spazio.
 
-Sono venuto a prenderti-.
 
-Pensavo aspettassi fuori in macchina-.
 
Scrollo le spalle divertito, guardandomi attorno. È una stanza normale in rosa e legno e vi sono dei libri e dei pupazzi tra gli scaffali sopra la scrivania che precede la porta di ingresso. Ciò che noto è che non ci sono fotografie ma non dico nulla.
Quando ritorno a guardarla, vedo le sue guance rossastre e i suoi capelli arruffati mentre riflette su qualcosa.
È adorabile.
 
-Come hai fatto ad entrare?-. Domanda spaesata.
 
-Dovresti sapere che sono una persona molto agile-.
 
Indico il balcone e la veranda semi aperta.
La vedo mentre segue con gli occhi la direzione da me indicata e poi assume un’espressione rassegnata e seccata.
Mi avvicino al letto e mi siedo sulla punta di esso girando lo sguardo verso di lei.
 
-Pensa al lato positivo: se non fossi entrato ora, non ti saresti svegliata in tempo-.
 
Alza lo sguardo all’orologio appeso alla parete centrale della stanza e alza le sopracciglia quando nota che sono già le otto. 
Si alza freneticamente in piedi e sta per entrare in bagno quando la fermo, tirando l’asciugamano.
Subito appoggia le mani sull’asciugamano per mantenerlo lungo il suo corpo. Sorrido divertito poggiando una mano sulla fine della sua schiena e avvicinandola a  me.
È ancora umida e mi guarda confusa e intimidita quando fa qualche passo verso di me per assecondare il mio gesto.
Sposto entrambe le mie mani sui suoi fianchi, strofinandole lievemente. Socchiude la bocca ai miei movimenti e sembra quasi rilassarsi.
Mi alzo in piedi e il mio bacino sfiora il suo. Eccitato l’avvicino ancora di più al mio corpo ora che le faccio ombra con la mia altezza.
Avvicino il mio viso al suo e accarezzo una guancia.
 
-Potresti vestirti qui, davanti a me. Non mi lamenterò, giuro-. Sorrido sghembo.
 
Cerco di catturare il suo sguardo ma non ci riesco. Continua ad avere lo sguardo basso sui suoi piedi e sento il suo piccolo corpo tremare tra le mie braccia.
Fermo la mia mano sulla sua mascella e la stringo delicatamente, alzandola verso di me. I miei occhi finalmente incontrano i suoi e sento il suo disagio crescere sempre di più.
Rimaniamo a fissarci per minuti fin quando decido di fare un primo passo.
Poso la mia mano sull’orlo dell’asciugamano che copre il suo seno. Accarezzo con l’indice tutta la lunghezza per poi arrivare al punto quasi sotto l’ascella dove gli estremi dell’asciugamano si incontrano per far in modo che rimanga su a coprire il suo corpo.
Esito qualche secondo su questo punto ma quando sto per sfilare i due estremi del tessuto, la piccola mano di Queen si posa sulla mia.
La stringe forte e di sua spontanea volontà fa centro nei miei occhi con i suoi.
 
-No-. Sussurra.
 
Capendo il suo disagio, decido di lasciar perdere.
Annuisco debolmente con il capo e lascio l’orlo dell’asciugamano. Alzo la mano sul suo viso e stringo l’area dietro il suo collo prima di posare le mie labbra sulle sue.
Si lamenta sulle mie labbra emettendo dei piccoli gemiti. Anche se non vuole baciarmi, faccio pressione e alla fine è costretta a concedermi l’entrata nella sua bocca.
Proprio come qualche ora prima, sento una sensazione piacevole allo stomaco e capisco che questo non è sicuramente un bacio sbagliato.
Le sue mani si poggiano sul mio petto e fanno forza per allontanarmi. Nonostante non siano forti abbastanza, decido di allontanarmi di mia volontà per acconsentire la sua richiesta.
Mantiene gli occhi chiusi per un po’ fin quando non sfioro il mio naso con il suo.
 
-Dovresti andare a vestirti-. Le sussurro.
 
Ingoia pesantemente la saliva e acconsente con il capo. Si gira timidamente dall’altro lato e va verso il bagno chiudendosi la porta alle spalle.
Mi siedo sul suo letto appoggiandomi con la schiena al capezzale del letto. Mi passo una mano tra i capelli e sospiro pesantemente.
Dopo qualche minuto Queen esce dal bagno vestita. Ha i capelli sistemati che le cadono lunghi e ondulati dietro la schiena e noto un filo di trucco sul suo volto.
Le sorrido soddisfatto dopo aver posato il mio sguardo lungo tutto il suo corpo e mi alzo dal letto.
Le stampo un bacio sulla guancia mentre lei si allontana da me. Rido alla sua reazione.
Non mi da fastidio che lei non assecondi i miei baci perché so che lo fa per timidezza e imbarazzo.
 
-Tu dovresti scendere di nuovo da qui-. Mi indica il balcone.
 
-Lo so. Ci vediamo fuori. La mia macchina è al solito posto-.
 
Le sorrido prima di aprire la veranda e scavalcare il balcone. Scendo lentamente da lì e quando metto piede a terra, quest’ultimo si piega. Emetto un leggero ruggito gutturale per impedirmi di urlare dal dolore. Una storta è l’unica cosa che posso desiderare in questo momento.
Nonostante sento dolore, a passo lento mi dirigo verso la strada principale dove Queen è già accanto alla mia auto. L’immagine di lei appoggiata distrattamente alla portiera della mia macchina mi fa sorridere.
Quando i suoi occhi cadono su di me si forma un tenero sorriso sulle sue labbra mentre è evidentemente imbarazzata.
Tento in tutti i modi di camminare normalmente senza farle notare che ho un dolore atroce alla caviglia.
Sono sicuro che il mio piano non ha funzionato in quanto mi guarda confusa con la fronte corrugata.
 
-Che ti succede?-. Domanda preoccupata.
 
-Nulla. Sto bene. Perché?-.
 
Esita prima di avvicinarsi a me con mia sorpresa. Non l’ha mai fatto prima d’ora in modo spontaneo, solamente quando eravamo alla pista ghiacciata, ma in quel caso era per mantenersi in equilibrio sui pattini.
Non sembra essere convinta della mia risposta, così ritenta.
 
-Ti sei fatto male scendendo dal balcone?-.
 
-No, cioè…si. Ho semplicemente preso una storta. Non è nulla di che-.
 
Vedo i suoi lineamenti indurirsi, allarmata dalla mia risposta. Sembra essere preoccupata per me e questo mi risulta strano ma al tempo stesso piacevole. È davvero carina quando si preoccupa.
Si avvicina maggiormente e si inginocchia a terra mantenendosi su un solo ginocchio. Abbassa la testa verso la caviglia, alza l’orlo dei miei jeans e abbassa il tessuto della scarpa.
Sgrana leggermente gli occhi quando vede una macchia violacea coprire la zona in cui il piede e la gamba si uniscono. Strizzo gli occhi e mantengo il labbro inferiore tra i denti, seccato che abbia visto quel livido. Non pensavo si fosse già formato.
 
-Justin è un livido enorme-.
 
Commenta alzando la testa verso di me. Dopo qualche secondo la riabbassa, iniziando a palpare leggermente la zona dolorante.
Gemo flebilmente quando le sue dita fredde accarezzano la mia pelle violacea. Notando la mia reazione, ritira immediatamente la mano e si alza.
Nonostante si sia nuovamente alzata in piedi, è sempre più bassa di me di parecchio e sono costretto ad abbassare la testa per guardarla negli occhi.
 
-Dovresti farti dei controlli per accertarti che non abbia nulla di slogato-. Aggiunge intimidita.
 
Sembra essere insicura delle sue parole e questo mi rattrista. Non dovrebbe dubitare così tanto di se stessa, nessuno merita di sentirsi in questo modo.
Abbasso l’orlo dei jeans e sistemo la scarpa, sbuffando e girandomi dal lato opposto a quello di Queen. Successivamente ritorno a guardarla.
 
-Non mi fa tanto male e non ho nulla di slogato-.
 
-Ma…-.
 
-Queen, ti prego. Sto bene-. La interrompo scocciato.
 
Chiude la bocca in una linea sottile e abbassa lo sguardo. Inizia a contorcersi le mani e mi maledico mentalmente per aver usato questo tono nei suoi confronti.
Dovrei già sapere che ogni volta che appaio brusco, lei si chiude in se stessa e non mi rivolge l’attenzione.
 
-Adesso andiamo-.
 
La vedo incerta nei movimenti e non mi dice nulla. Alza di poco lo sguardo, guardandomi con espressione che io non riesco a decifrare.
Notando la sua indecisione, le afferro una mano e la trascino verso lo sportello del sedile del passeggero.
Le apro la porta e senza che le dica o le accenni nulla, sale tranquillamente. Chiudo la porta dell’auto e vado dall’altro lato, sedendomi sul sedile dell’autista.
Metto in moto l’auto e velocemente esco dal viale di casa sua. Sulla strada principale accelero maggiormente e la vedo mentre fa una smorfia quasi impaurita. Sorrido a quest’immagine mentre lei si gira confusa verso di me.
 
-Perché ridi?-. Domanda timidamente.
 
Scrollo le spalle. -Sei buffa-.
 
Sussulta alle mie parole e mi scruta ancora per un po’ prima di voltarsi verso il suo finestrino. Dal riflesso riesco a vedere mentre osserva attentamente le altre auto che corrono sulla corsia opposta alla nostra ma per non rischiare di scontrarmi con una di loro, ritorno a guardare fisso davanti a me.
 
-Ti fa male?-. Chiede. -Intendo la caviglia. Ti fa male quando guidi?-.
 
Resto stupito dalla sua preoccupazione e del suo interesse nei miei riguardi e mi scappa un sorrisetto. Mi giro verso di lei e incollo i miei occhi ai suoi.
Il blu risplende luminoso, sembra quasi scintillare. Il mio sguardo scende poi sul suo naso e infine sulle sue labbra carnose e rosee. Le ha semi aperte, aspettando impaziente una mia risposta.
 
-No, non preoccuparti-.
 
Annuisce incerta, ritornando a guardare di fronte a sé.
Alle nove circa arriviamo in un ristorante poco distante dal lago ghiacciato. Scendo dall’auto e lei imita i miei movimenti prima che possa raggiungerla e aprirle la porta.
I suoi atteggiamenti sono strani, sono impacciati e sicuri, autonomi e incerti al tempo stesso.
Fa una smorfia confusa mentre si guarda attorno, io sorrido non facendomi notare. In effetti la capisco: le ho detto che le avrei mostrato una cosa e sicuramente un ristorante non arreca sorpresa quando lo si osserva.
Naturalmente ho qualcosa in serbo per lei questa sera.
 
  










Grazie mille a chi recensisce questa ff ogni volta che pubblico
i capitoli. Un ringraziamento va anche a chi ha questa ff tra le preferite, le ricordate
o le seguite. Spero che continuerete a leggerla!
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto e anche se non è stato
così, mi piacerebbe conoscere la vostra opinione!
Come avrete potuto vedere, il rapporto tra Queen e Justin diventa sempre
più intimo ma ci saranno tantissimi colpi di scena durante la narrazione di questa
storia, perciò non perdetela!
Un bacio, notperfect xx
   
 
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