Nota autrice: storia scritta per l'AU Ziall fest del gruppo facebook Wanki!fic, psychiatric hospital!AU+medieval!AU. La storia è ambientata in un manicomio medievale, è una flashfic (o giù di lì) e il rating giallo è stato inserito per scene o tematiche (accenni ad allucinazioni causate da schizofrenia e a torture) che potrebbero turbare il lettore. Fatemi sapere che ne pensate!

Madhouse.

Niall non riesce a respirare: ha la gola rovente, la sua pelle è costellata da piaghe e ferite, e l’odore persistente del sangue e della carne bruciata lo trafigge fino ad inquinargli i pensieri, facendo tremare le voci che gli premono contro le orecchie e gli popolano la mente. Riesce a sentire dei passi trascinarsi lenti e, il corpo distrutto dalla sofferenza, non è neppure capace di aprire gli occhi: il religioso si china su di lui, gli sfiora il petto con le dita raggrinzite e mormora litanie sconosciute, mentre alle sue spalle le guardie tengono le mani sull’elsa delle spade.
“Obbedisci alla potenza divina, demonio!” la voce tuona fra le mura di rocce e, al di fuori di quelle porte maledette, risuonano pianti e strida acute, uomini in preda alla follia e al dolore che invocano aiuto.
Niall non riesce a far tacere la voce: gli sussurra di andar via, di tentare la fuga, di spalancare le ampie finestre e gettarsi giù fino a schiantarsi a terra. Preferirebbe morire piuttosto che continuare a subire quelle torture senza fine e, non appena scorge uno dei soldati compiere qualche passo reggendo i ferri roventi, spalanca la bocca e comincia a urlare.
“Torna sulla giusta via, peccatore! Rinnega Satana!”
Lui si contorce convulsamente alle parole di quegli uomini, scalcia, le catene che gli graffiano i polsi e le ustioni che gli bruciano le carni martoriate e, mentre stringe gli occhi e prega che la giustizia possa un giorno liberarlo da quei supplizi – la casa dei matti, la chiamano, la dimora dei figli del demonio – qualcosa illumina la sala, facendogli per un momento dimenticare l’arsura. Ora è lì, sì, lo vede! Non è più solo.
Zayn è rannicchiato in un angolo, a terra, la pelle scura deturpata dalle sue stesse ferite, gli occhi accesi d’oro e ricolmi di lacrime di vetro; solleva il viso fino a guardarlo, si morde forte le labbra – è sangue, quella goccia purissima che stilla? – e scuote il capo.
“Fuggi, Niall” lo supplica, prostrato. Lui vorrebbe rispondere, schiude la bocca e tenta, ma riesce solo a implorare che la sua pelle smetta di bruciare. “Va’ via da qui. Va’ via da questo mondo iniquo, loro non possono capirti…”
Niall tende verso di lui una mano sudicia, imbrattata di melma e sudore, e gli chiede sottovoce di avvicinarsi. Zayn si alza in piedi barcollando, inciampa sulle gambe stanche e crolla in ginocchio al suo fianco, il viso premuto contro il pagliericcio sporco, una smorfia di dolore a deformargli i lineamenti scolpiti nell’onice.
“Amor vincit omnia” bisbiglia Niall, anelando al suo tocco, le dita che si aggrappano invano alle sue, che cercano aria e soccorso. “Non lasciarmi, Zayn. Non abbandonarmi”.
Lui assentisce piano, sconfitto, e gli bacia i palmi sfregiati: le voci urlano più forte e non riesce a capire dove nascano, non sa se siano dentro di lui, se regnino fra le stanze chiazzate d’orrore, non sa se sia egli stesso che si divincola nei ceppi bollenti e scongiura pietà. Un istante dopo, la sua pelle è squarciata da una vampa e da quelle assordanti preghiere e, gli occhi sbarrati e rovesciati sulle pietre incastonate nel soffitto, perde i sensi.
Le voci sono ancora con lui. Ma Zayn, Zayn dov’è?