Strategy – All Planned
La pioggia scrosciava sul selciato, mentre l’aria fredda s’insinuava
meschina nei corpi delle persone, gelando loro il
sangue.
Stava,
seduto sul muretto del proprio giardino, un ragazzo che teneva penzoloni tra le
labbra una sigaretta ormai spenta, sembrava che fosse lì senza un motivo ben
preciso: quasi si divertisse a farsi una doccia non premeditata. Oltretutto,
pareva perfettamente a suo agio; nessuno sarebbe stato calmo quanto lui se si
fosse trovato nella medesima situazione.
La
schiena ingobbita a causa di una crescita improvvisa, le mani gelate nascoste
nelle tasche del giubbotto verdognolo, gli occhi rossi e lucidi per la febbre
che osservavano spenti la strada davanti a lui.
«Shikamaru!
Cosa diavolo ci fai qui fuori con questo tempo da cani?!» esclamò perplessa una
voce acuta (fin troppo, a detta delle sue orecchie) ed estremamente femminile,
mentre una ragazza si avvicinava a lui, saltellando con attenzione le
pozzanghere che incontrava nel suo cammino per evitare di sporcarsi i sandali
nuovi e la sua gonna pulita.
In
risposta, il giovane scosse la testa, tanto che i suoi capelli, costretti in una
coda disordinata, schizzarono gocciole di pioggia intorno a
sé.
«Mio
Dio!» continuò lei, avendolo ormai raggiunto e riparato sotto l’ombrello – di un
terribile fucsia fosforescente – con
cipiglio irritato. «Tu non devi avere tutte le rotelle a posto, Nara, ti
pare il caso di buttarti a capofitto fuori con questa tempesta? Io sono uscita a
portare un mazzo di fiori ad un cliente, e la pioggia mi ha sorpresa… ma tu?»
domandò indispettita, mentre il suo tono si raddolciva, svelando quasi una punta
di curiosità.
Shikamaru
si limitò a scendere dal muretto, evitando accuratamente lo sguardo inquisitorio
di Ino Yamanaka, grande esperta di perquisizioni mentali.
«Non
vuoi rispondere? Bene! Al diavolo!» gridò la ragazza, ora adirata, voltando la
schiena all’amico e con essa anche l’ombrello.
I
rumori che poi udì – dei passi sull’acciottolato – le fecero intendere che quell’idiota era silenziosamente tornato alla
sua precedente occupazione. Lo fulminò.
Raggiuntolo
per la seconda volta e nuovamente protetto dal diluvio, cominciò a camminare,
mentre lui la seguiva verso la propria casa calda ed accogliente.
La
bionda, senza farsi molti scrupoli, aprì la porta dell’abitazione, entrandovi e
sbattendo l’ombrello sull’uscio per poi ritirarlo nell’apposito portaombrelli
situato nell’angolino adiacente all’entrata.
«C’è
nessuno? Signori Nara? Yoshino-san? Shikaku-san?» si guardò intorno, non c’era
proprio nessuno lì. Voltò lo sguardo verso Shikamaru. «Non dirmi che sei a casa
da solo?! Disgraziato! Va’ subito a cambiarti e fila a letto! Ti preparo
qualcosa di caldo! E non approfittare di questo mio nobile gesto e della mia
sconfinata gentilezza!» così dicendo, indicò con l’indice la rampa di scale che
conduceva alle stanze da letto, infastidita.
Il
ragazzo obbedì senza convenevoli, trattenendo a stento uno starnuto che fece
alterare la giovane Yamanaka ancora di più.
Ino si
mosse accigliata verso la cucina e, una volta dentro, si mobilitò per cercare
una tazza e le bustine di tè.
«Che
idiota. Che idiota! Come si può? È pazzo!» rimuginò incredula, riempiendo la
tazza con l’acqua del rubinetto, per poi metterla a cuocere sul fornello. «Ma
dico! Shikamaru è un ragazzo così intelligente e riflessivo, come può essergli
saltata in mente una bravata del genere? E non mi ha nemmeno ancora risposto!
Non ha aperto bocca da quando l’ho chiamato. La cosa è strana… che ci sia sotto
qualcosa?»
Non
era mai successo, in circa quindici anni che lo conosceva, che il suo compagno
di squadra facesse una cosa tanto avventata e stupida.
«Insomma…
è rimasto sotto la pioggia per non so quanto tempo e non ha battuto ciglio,
accidenti!»
Trovò
la bustina da tè nella credenza – dentro un contenitore colorato insieme a
qualche fogliolina di camomilla – e, una volta spento il fornello, lo mise a
bagno nell’acqua scottante, sedendosi poi su una sedia in legno per attendere
che gli aromi si sciogliessero al punto giusto.
Dalla
tazza proveniva una gustosa fragranza di menta, merito del delizioso tè che
aveva scelto fra mille diversi
tipi.
«Ma
questa è l’ultima volta che lo faccio, eh!» sbottò d’un tratto la bionda,
battendo forte un pugno sul tavolo e sbuffando. «Meno male che stavo tornando a
casa e l’ho visto, altrimenti… quel baka
sarebbe rimasto sotto la pioggia per quanto tempo ancora? Kami-sama!
Avrebbe potuto prendersi una polmonite… e sua madre chi la sentiva poi?» seguitò
col suo monologo, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra, dove il temporale
non accennava a smettere, anzi, sembrava peggiorare di attimo in attimo. «Se
andiamo avanti di questo passo mi toccherà chiedere a Shikamaru se posso restare
per cena, ormai sono le sette!» borbottò infine, guardando di sfuggita
l’orologio della cucina con fare seccato, mentre la lancetta più corta toccava
il numero sette.
Il
pendolo del salotto risuonò, lugubre, scandendo l’ora con i suoi fastidiosi
rintocchi. La schiena della ragazza si contorse in un
brivido.
«Ehm…
forse è meglio raggiungere quel baka!»
detto ciò, si alzò istantaneamente dalla sedia, afferrò la tazza e si diresse
verso le scale, con passo veloce e deciso.
Era
stata infinite volte a casa di Shikamaru, per un motivo o per l’altro (la
settimana scorsa, ad esempio, si erano ritrovati con il loro genitori per le
consuete sfide padre-figlio ai giochi da tavolo) e non le era mai sembrata una
dimora così triste; ma ora che la osservava da vicino e attentamente, convenne
che, nel momento in cui Shikaku e Yoshino partivano per una missione, questa
diventasse facilmente tetra.
Scosse
la testa, Ino Yamanaka non poteva avere paura di un’abitazione! Dell’abitazione
di uno dei suoi migliori amici, oltretutto! Era patetico!
Fermatasi
davanti alla porta della camera del ragazzo, abbassò la maniglia ed entrò –
sapeva che, se avesse bussato, non avrebbe ricevuto risposta –, trovandolo
sdraiato sul letto a leggere un libro apparentemente noioso, le guance rosse e
il colorito più pallido del solito.
“Ecco! Lo sapevo! Si è ammalato!” pensò la kunoichi,
sbuffando.
«Come
stai?» gli domandò, mostrando un’insolita premura nei confronti
dell’amico.
«Mh.»
fu la roca risposta, accompagnata da un attacco di tosse.
«Sì.
Sì.» annuì Ino, imperturbabile. «Sei sano come un pesce.» ridacchiò, poggiando
la tazza di tè sul comodino e sedendosi sul bordo del letto, guardandosi le mani
imbarazzata.
La
situazione non era delle migliori: non si era mai trovata sola, in una camera da
letto, con un ragazzo. Si sentiva impacciata, a disagio.
Il
giovane prese delicatamente la chicchera con due mani, soffiandoci sopra per
raffreddare l’acqua, e poi se la portò alle labbra, bevendone un
sorsetto.
L’allontanò
quasi subito, si era scottato la lingua. Emise un gemito.
«Ti
sei scottato? Razza di baka!» sospirò la
ragazza, scuotendo la testa, ma sorridendogli affettuosamente come una madre
sorride al suo bambino malato.
Shikamaru
si accigliò, le faceva così pena vederlo in quello stato?
Grugnì.
«Lo
sai, Shikamaru? Questa situazione è tanto imbarazzante quanto tenera!» gli
sorrise nuovamente, chiudendo gli occhi e mostrandosi in tutta la sua radiosa
bellezza.
Il
moro rischiò di strozzarsi con il tè.
«Fai
attenzione! Se lo mandi giù bollente tutto d’un sorso, ti brucerai di nuovo!»
esclamò Ino, alzandosi in piedi.
Cadde
il silenzio, mentre la giovane rimaneva imbambolata, senza sapere cosa fare, o
come muoversi.
Come
si comportava suo madre quando lei era malata? Le preparava qualcosa di caldo e
le misurava la febbre.
Le
labbra della ragazza si poggiarono delicatamente sulla fronte del moro, mentre
la mano destra andò a carezzare la guancia di lui, con fare
materno.
Lo
sguardo di Shikamaru si perse, rimanendo attonito con la bocca semiaperta e la
tazza fumante ferma tra le mani, barcollante, in quanto i muscoli del giovane
erano tutti vacillanti.
«Uhm…
sei piuttosto caldo, ma non così tanto! Un po’ di riposo e guarirai
perfettamente, ne sono sicura!» accertò Ino, allontanandosi da lui e tornando a
sedersi sul ciglio del letto.
Trascorsero
alcuni minuti, nessuno sapeva cosa dire, non fu proferita parola. L’unico rumore
percepibile era il saltuario sorseggiare del malato e l’attrito delle gambe
contro le coperte.
«Allora…»
la bionda ruppe il silenzio, titubante, quasi avesse paura di spezzare con
troppo vigore quel momento di pace dedicato esclusivamente a loro. «Perché hai
fatto quella pazzia? Potevi ammalarti seriamente!»
Ma
l’amico non aprì bocca, limitandosi a voltare la testa, travolgendo la sua
compagna con una folata d’aria che odorava di shampoo
maschile.
«Ma
perché non vuoi dirmelo…» borbottò Ino, quasi ferita dal quel comportamento
menefreghista, da quel silenzio. Infastidita, si sentiva come superflua in
quella casa. «Sai, Shikamaru? Mi sono davvero stufata di rimanere qui, farti da
crocerossina per ricevere in cambio solo silenzi e nient’altro!» fece per
alzarsi rabbiosamente, lasciando il ragazzo a crogiolarsi nella sua triste
solitudine, ma una mano la bloccò, calda e leggermente callosa come quella di
ogni shinobi, intimandole di rimanere seduta.
Il
sedicenne l’aveva trattenuta, impedendole di alzarsi.
«Che diavolo…?» Shikamaru scosse la testa, in segno di negazione.
Yamanaka si risedette. «Voglio solo sapere che ti prende, accidenti!» esclamò,
tirando un pugno piuttosto forte contro le coperte, il letto cigolò
sinistramente.
Nara
alzò le spalle, per nulla intimorito, e chiuse gli occhi. Non avrebbe parlato,
ed Ino si convinse infine di non perseverare oltre.
Restarono
rinchiusi in quel silenzio per qualche attimo, mentre il giovane riprendeva il
suo libro per leggerlo e la ragazza andava alla libreria per trovare qualche
titolo allettante, per poi sedersi sulla seggiola di legno e
sfogliarlo.
All’improvviso,
un fulmine squarciò il cielo plumbeo e il rimbombo che avvenne pochi secondi
dopo spaventò la bionda che, senza farsi notare, tornò a sedersi sul letto
dell’amico, leggermente intimidita.
[Davanti
ad un temporale, anche i più coraggiosi perdono un poco di
ardire.]
Ma il
peggio doveva ancora succedere.
Come
sempre durante un acquazzone di tali dimensioni e dopo l’avvento di tuoni e
fulmini, era prevedibile cosa sarebbe avvenuto in pochi istanti: la luce saltò,
e i due ragazzi rimasero intrappolati nel buio, l’unico barlume era
l’altalenante illuminarsi del cielo ad ogni fulmine.
[Ma è
davanti al buio, che i coraggiosi perdono il senno.]
Ino si
sentì soffocare, sopraffatta da quella sensazione di “nulla” che l’avvolgeva, il
terrore delle tenebre si fece sentire, forte e malvagio più che mai.
Shikamaru,
tranquillissimo – era abituato a lavorare
con le ombre –, percepì il repentino cambiamento di stato d’animo che la sua
compagna aveva subito, intravedeva nell’oscurità una Ino Yamanaka atterrita e
sconvolta, una Ino Yamanaka che aveva perso l’audacia che la contraddistingueva
da sempre. E soltanto per un po’ di buio…
Cercò cautamente la mano della giovane, ispezionando l’intera superficie
delle coperte e trovandola fredda e tremante. Appoggiò la propria su quella
dell’amica e la strinse forte, in modo da scaldarla e ridonarle quel poco di
vigore, sbuffando tediato.
La
bionda sussultò, mentre un brivido – stranamente piacevole e quasi rassicurante
– le percorreva tutta la schiena candida.
Aveva
bisogno di quel contatto, di quel sentirsi amata e protetta, di quell’infinita
gentilezza che la confortava. Quel tocco era stato tanto tenero quanto risoluto:
dolce come una carezza, eppure deciso come uno schiaffo.
Riacquistata
un po’ di vitalità, prese la mano dell’amico di rimando, avvicinandosi sempre di
più a lui, facendogli capire che voleva ancora sentirsi difesa, che bramava
ancora la pelle ruvida del ragazzo sulla sua (la sua, che era così morbida e
candida: mani da medico, non da ninja).
Rimasero
fermi immobili in quella posizione per molto tempo, incapaci di muoversi, di
parlare. Troppo imbarazzati quasi di respirare in quella stanza così pregna di…
nulla.
Ino
voltava la testa a destra e sinistra velocemente, strabuzzando gli occhi di
tanto in tanto per riuscire a vedere qualcosa, qualsiasi cosa; ma ovunque era circondata dal nulla. Nulla
che le faceva mancare il respiro, la terra sotto i piedi, che le lasciava la
testa leggera come si fosse appena ristabilita da una malattia e che le svuotava
il cuore.
La
stretta si fece più salda.
«Paura?»
domandò una voce alla sua destra, una voce che era da troppo tempo che non
udiva. Era roca, gutturale, flebile come un sussurro. Era la voce di
Shikamaru.
«Ma
figurati!» esclamò Ino, ignorando l’incrinazione terrorizzata delle sue parole.
«Io non ho paura del buio! È una cosa così stupida ed
infantile!»
«Ma
non lo sei tu stessa? Un’infantile?» continuò il ragazzo, deglutendo sonoramente
per via del mal di gola e dello sforzo al quale si sottoponeva articolando le
parole.
E a
quel punto, la bionda non seppe più cosa dire.
Era
vero, più volte era stata considerata infantile per la sua età. Forse avere
paura del buio poteva essere normale, allora? Il rombo di un tuono ruppe la
calma che era venuta a crearsi, ma lei non lo temette.
«…
forse.» rispose la ragazza, leggermente rincuorata. «E la cosa che più mi
spaventa è il fatto che tu sia riuscito a leggermi dentro… erano anni che non
succedeva! Ricordi, Shika?» rivolse lo sguardo verso l’amico, ora ci vedeva
perfettamente. Probabilmente ci aveva sempre visto bene al buio, ma la paura
l’accecava.
Il
fruscio dei capelli di lui le fecero intendere che stava scuotendo la testa in
segno di negazione. «Non rammenti? Ma insomma! L’ultima volta è stata quando hai
scoperto che mi piaceva Sasuke-kun, ricordi ora? Eh? Eh?» gli afferrò anche
l’altra mano con poco riguardo, stringendo entrambe tra le sue e sedendosi
completamente sul letto, incrociando le gambe, presa dall’euforia di quel
ricordo che pensava di aver seppellito. «Accidenti! Non mi rispondi? Ma sì, dai!
Quando, prima che iniziasse la lezione all’Accademia, ti vidi tutto solo su un
prato, mi sedetti con te e cominciai a fantasticare!» si fermò, riprendendo
fiato. «Poi tu mi domandasti se era vero che mi piaceva
Sasuke-kun!»
Ino
cominciò a parlare, a ricordare dettagliatamente ogni attimo di quell’evento,
rinfrescando la memoria a Shikamaru, il quale ostentava disinteresse e noia
anche se, dopotutto, ascoltare la voce della compagna non gli dava per nulla
fastidio.
I
minuti passarono velocemente, scorrendo come un fiume in piena, l’orologio del
salotto scandì le sette e mezza, ed infine rintoccò alle otto, prima che la luce
tornasse a funzionare e il temporale si affievolisse un
poco.
Quando,
con uno crepitio, la lampada della camera di Nara si riaccese, la bionda strizzò
gli occhi per riabituarsi al bagliore, accorgendosi solo in quell’istante che le
mani del ragazzo erano ancora tra le sue.
Si
separarono con una velocità fulminea – e l’espressione, detta in questo
contesto, sembra un po’ comica – imbarazzati e a disagio.
Solo
in quel momento, Ino si accorse dell’ora.
«Santo cielo! Sono già le otto! I miei saranno preoccupatissimi!» lanciò
un’occhiata alla finestra, il vento aveva smesso di soffiare e la pioggia stava
via via diminuendo. «Forse è meglio che vada! Ma… Shikamaru? Devo attendere
l’arrivo dei tuoi genitori?»
Il
moro scrollò la testa, anche se con poca fermezza, quasi avesse esitato prima di
dare la risposta.
«D’accordo!
Se sei sicuro di cavartela da solo… vado! Per qualsiasi cosa sai dove trovarmi!»
si avvicinò alla porta che dava sul corridoio del primo piano. «Bene. Vado!
Ciao, Shika!» abbassò la maniglia ed uscì, quasi malvolentieri, dalla camera
dell’amico. Scese le scale e raggiunse il pianerottolo d’entrata per recuperare
il suo ombrello. «E mi raccomando, se hai bisogno di me… copriti prima di
uscire!» urlò, immaginando l’espressione che avrebbe fatto il sedicenne nel
sentirla. Aprì il portone ed uscì, sorridendo allegra.
Quando
sentì l’uscio sbattere, Shikamaru si lasciò andare in un sospiro di sollievo.
Era
stato davvero difficile non parlare in quegli attimi, ma se avesse aperto bocca
solo una volta di più avrebbe spifferato tutto ad Ino.
E non
voleva sapere come avrebbe preso la ragazza scoprire che non era stato zitto
solo per il mal di gola – piccolo,
“fortuito” particolare che non aveva calcolato – e che lui non si era appostato
fuori a prender acqua per niente, bensì perché aspettava
qualcuno.
No,
non avrebbe mai rivelato all’amica che la sua strategia era stata un successone, una tattica infallibile
che gli aveva permesso di passare qualche ora col suo angelo biondo e di tenerle
le mani, conoscendo la sua paura per
l’oscurità.
«È una fortuna avere un Quoziente Intellettivo superiore alla media capace di prevedere più di cinquanta mosse di seguito…» gongolò, slegandosi i capelli ancora umidicci. Starnutì. «Ma questo dimostra che anche i più acuti sbagliano…» tirò su col naso. «Non avevo previsto di buscarmi veramente un raffreddore.»
A/N
Che
dire… eccola!
Ci ho
lavorato settimane e questo è il risultato! Questa fic non si è classificata al
concorso (Primo
Concorso sull'Interpretazione -InoShika Version-), ma
copio ed incollo i giudizi di Coco Lee,
l’organizzatrice del concorso e il giudice delle
storie.
Punteggio totale raggiunto: 21,5 su 30
Correttezza Grammaticale, Lessico ecc.. : 7,5
Originalità: 7,5
Attinenza: 6,5
La fanfic racconta di un simpatico episodio che avviene per strategia.
Shikamaru infatuato di Ino, applica una strategia usando il suo famoso quoziente
intellettivo sopra i 200 per passare un po’ di tempo con la ragazza, mettendosi
come un pazzo sotto un temporale sapendo che Ino sarebbe passata di lì,
prendendosi un malanno così che la ragazza preoccupata e scioccata
dall’apparente stupidità del gesto del compagno, si prendesse cura di lui.
Una fic semplice, genuina e allegra che si distingue dalle altre proprio per
questo tono allegro e spensierato, così dannatamente ingenuo e puro. L’ho dovuta
penalizzare per quanto riguarda l’attinenza al tema dato: ovviamente tutto è
descritto con la massima cura, ma solo per quanto riguarda la parte esterna dei
personaggi, mentre per il tema che ho dato, un’analisi dei personaggi, uno
sviluppare del rapporto (in qualsiasi campo: amore e odio che sia) sarebbe stato
opportuno.
Voilà! Bene! Attendo con ansia i vostri commenti! ** E sono curiosa di
sapere cosa ne pensano le altre partecipanti al concorso!
**
D’accordo. Sono ammattita. Colpa del gelato. Mi ha congelato il cervello.
**
Bene. Vo’, fuggo via! Vi libero dal mio essere insano!
*scappa*
AtegeV/Akami
P.S. Un enorme
ringraziamento va a Lee che si è presa cura delle nostre creaturine! **
‘Accie.
P.P.S.
Complimenti a tutte le partecipanti! **
P.P.P.S.
Viva le
mosche bianche!