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Autore: Akami92    03/01/2008    6 recensioni
«Che idiota. Che idiota! Come si può? È pazzo!» rimuginò incredula, riempiendo la tazza con l’acqua del rubinetto, per poi metterla a cuocere sul fornello. «Ma dico! Shikamaru è un ragazzo così intelligente e riflessivo, come può essergli saltata in mente una bravata del genere? E non mi ha nemmeno ancora risposto! Non ha aperto bocca da quando l’ho chiamato. La cosa è strana… che ci sia sotto qualcosa?»
Non era mai successo, in circa quindici anni che lo conosceva, che il suo compagno di squadra facesse una cosa tanto avventata e stupida.
«Insomma… è rimasto sotto la pioggia per non so quanto tempo e non ha battuto ciglio, accidenti!»

[Questa fanfiction ha partecipato al concorso indetto da Coco Lee]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Strategy – All Planned

 

 

La pioggia scrosciava sul selciato, mentre l’aria fredda s’insinuava meschina nei corpi delle persone, gelando loro il sangue.

Stava, seduto sul muretto del proprio giardino, un ragazzo che teneva penzoloni tra le labbra una sigaretta ormai spenta, sembrava che fosse lì senza un motivo ben preciso: quasi si divertisse a farsi una doccia non premeditata. Oltretutto, pareva perfettamente a suo agio; nessuno sarebbe stato calmo quanto lui se si fosse trovato nella medesima situazione.

La schiena ingobbita a causa di una crescita improvvisa, le mani gelate nascoste nelle tasche del giubbotto verdognolo, gli occhi rossi e lucidi per la febbre che osservavano spenti la strada davanti a lui.

«Shikamaru! Cosa diavolo ci fai qui fuori con questo tempo da cani?!» esclamò perplessa una voce acuta (fin troppo, a detta delle sue orecchie) ed estremamente femminile, mentre una ragazza si avvicinava a lui, saltellando con attenzione le pozzanghere che incontrava nel suo cammino per evitare di sporcarsi i sandali nuovi e la sua gonna pulita.

In risposta, il giovane scosse la testa, tanto che i suoi capelli, costretti in una coda disordinata, schizzarono gocciole di pioggia intorno a sé.

«Mio Dio!» continuò lei, avendolo ormai raggiunto e riparato sotto l’ombrello – di un terribile fucsia fosforescente – con cipiglio irritato. «Tu non devi avere tutte le rotelle a posto, Nara, ti pare il caso di buttarti a capofitto fuori con questa tempesta? Io sono uscita a portare un mazzo di fiori ad un cliente, e la pioggia mi ha sorpresa… ma tu?» domandò indispettita, mentre il suo tono si raddolciva, svelando quasi una punta di curiosità.

Shikamaru si limitò a scendere dal muretto, evitando accuratamente lo sguardo inquisitorio di Ino Yamanaka, grande esperta di perquisizioni mentali.

«Non vuoi rispondere? Bene! Al diavolo!» gridò la ragazza, ora adirata, voltando la schiena all’amico e con essa anche l’ombrello.

I rumori che poi udì – dei passi sull’acciottolato – le fecero intendere che quell’idiota era silenziosamente tornato alla sua precedente occupazione. Lo fulminò.

Raggiuntolo per la seconda volta e nuovamente protetto dal diluvio, cominciò a camminare, mentre lui la seguiva verso la propria casa calda ed accogliente.

La bionda, senza farsi molti scrupoli, aprì la porta dell’abitazione, entrandovi e sbattendo l’ombrello sull’uscio per poi ritirarlo nell’apposito portaombrelli situato nell’angolino adiacente all’entrata.

«C’è nessuno? Signori Nara? Yoshino-san? Shikaku-san?» si guardò intorno, non c’era proprio nessuno lì. Voltò lo sguardo verso Shikamaru. «Non dirmi che sei a casa da solo?! Disgraziato! Va’ subito a cambiarti e fila a letto! Ti preparo qualcosa di caldo! E non approfittare di questo mio nobile gesto e della mia sconfinata gentilezza!» così dicendo, indicò con l’indice la rampa di scale che conduceva alle stanze da letto, infastidita.

Il ragazzo obbedì senza convenevoli, trattenendo a stento uno starnuto che fece alterare la giovane Yamanaka ancora di più.

Ino si mosse accigliata verso la cucina e, una volta dentro, si mobilitò per cercare una tazza e le bustine di tè.

«Che idiota. Che idiota! Come si può? È pazzo!» rimuginò incredula, riempiendo la tazza con l’acqua del rubinetto, per poi metterla a cuocere sul fornello. «Ma dico! Shikamaru è un ragazzo così intelligente e riflessivo, come può essergli saltata in mente una bravata del genere? E non mi ha nemmeno ancora risposto! Non ha aperto bocca da quando l’ho chiamato. La cosa è strana… che ci sia sotto qualcosa?»

Non era mai successo, in circa quindici anni che lo conosceva, che il suo compagno di squadra facesse una cosa tanto avventata e stupida.

«Insomma… è rimasto sotto la pioggia per non so quanto tempo e non ha battuto ciglio, accidenti!»

Trovò la bustina da tè nella credenza – dentro un contenitore colorato insieme a qualche fogliolina di camomilla – e, una volta spento il fornello, lo mise a bagno nell’acqua scottante, sedendosi poi su una sedia in legno per attendere che gli aromi si sciogliessero al punto giusto.

Dalla tazza proveniva una gustosa fragranza di menta, merito del delizioso tè che aveva scelto fra mille diversi tipi.

«Ma questa è l’ultima volta che lo faccio, eh!» sbottò d’un tratto la bionda, battendo forte un pugno sul tavolo e sbuffando. «Meno male che stavo tornando a casa e l’ho visto, altrimenti… quel baka sarebbe rimasto sotto la pioggia per quanto tempo ancora? Kami-sama! Avrebbe potuto prendersi una polmonite… e sua madre chi la sentiva poi?» seguitò col suo monologo, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra, dove il temporale non accennava a smettere, anzi, sembrava peggiorare di attimo in attimo. «Se andiamo avanti di questo passo mi toccherà chiedere a Shikamaru se posso restare per cena, ormai sono le sette!» borbottò infine, guardando di sfuggita l’orologio della cucina con fare seccato, mentre la lancetta più corta toccava il numero sette.

Il pendolo del salotto risuonò, lugubre, scandendo l’ora con i suoi fastidiosi rintocchi. La schiena della ragazza si contorse in un brivido.

«Ehm… forse è meglio raggiungere quel baka!» detto ciò, si alzò istantaneamente dalla sedia, afferrò la tazza e si diresse verso le scale, con passo veloce e deciso.

Era stata infinite volte a casa di Shikamaru, per un motivo o per l’altro (la settimana scorsa, ad esempio, si erano ritrovati con il loro genitori per le consuete sfide padre-figlio ai giochi da tavolo) e non le era mai sembrata una dimora così triste; ma ora che la osservava da vicino e attentamente, convenne che, nel momento in cui Shikaku e Yoshino partivano per una missione, questa diventasse facilmente tetra.

Scosse la testa, Ino Yamanaka non poteva avere paura di un’abitazione! Dell’abitazione di uno dei suoi migliori amici, oltretutto! Era patetico!

Fermatasi davanti alla porta della camera del ragazzo, abbassò la maniglia ed entrò – sapeva che, se avesse bussato, non avrebbe ricevuto risposta –, trovandolo sdraiato sul letto a leggere un libro apparentemente noioso, le guance rosse e il colorito più pallido del solito.

“Ecco! Lo sapevo! Si è ammalato!” pensò la kunoichi, sbuffando.

«Come stai?» gli domandò, mostrando un’insolita premura nei confronti dell’amico.

«Mh.» fu la roca risposta, accompagnata da un attacco di tosse.

«Sì. Sì.» annuì Ino, imperturbabile. «Sei sano come un pesce.» ridacchiò, poggiando la tazza di tè sul comodino e sedendosi sul bordo del letto, guardandosi le mani imbarazzata.

La situazione non era delle migliori: non si era mai trovata sola, in una camera da letto, con un ragazzo. Si sentiva impacciata, a disagio.

Il giovane prese delicatamente la chicchera con due mani, soffiandoci sopra per raffreddare l’acqua, e poi se la portò alle labbra, bevendone un sorsetto.

L’allontanò quasi subito, si era scottato la lingua. Emise un gemito.

«Ti sei scottato? Razza di baka!» sospirò la ragazza, scuotendo la testa, ma sorridendogli affettuosamente come una madre sorride al suo bambino malato.

Shikamaru si accigliò, le faceva così pena vederlo in quello stato? Grugnì.

«Lo sai, Shikamaru? Questa situazione è tanto imbarazzante quanto tenera!» gli sorrise nuovamente, chiudendo gli occhi e mostrandosi in tutta la sua radiosa bellezza.

Il moro rischiò di strozzarsi con il tè.

«Fai attenzione! Se lo mandi giù bollente tutto d’un sorso, ti brucerai di nuovo!» esclamò Ino, alzandosi in piedi.

Cadde il silenzio, mentre la giovane rimaneva imbambolata, senza sapere cosa fare, o come muoversi.

Come si comportava suo madre quando lei era malata? Le preparava qualcosa di caldo e le misurava la febbre.

Le labbra della ragazza si poggiarono delicatamente sulla fronte del moro, mentre la mano destra andò a carezzare la guancia di lui, con fare materno.

Lo sguardo di Shikamaru si perse, rimanendo attonito con la bocca semiaperta e la tazza fumante ferma tra le mani, barcollante, in quanto i muscoli del giovane erano tutti vacillanti.

«Uhm… sei piuttosto caldo, ma non così tanto! Un po’ di riposo e guarirai perfettamente, ne sono sicura!» accertò Ino, allontanandosi da lui e tornando a sedersi sul ciglio del letto.

Trascorsero alcuni minuti, nessuno sapeva cosa dire, non fu proferita parola. L’unico rumore percepibile era il saltuario sorseggiare del malato e l’attrito delle gambe contro le coperte.

«Allora…» la bionda ruppe il silenzio, titubante, quasi avesse paura di spezzare con troppo vigore quel momento di pace dedicato esclusivamente a loro. «Perché hai fatto quella pazzia? Potevi ammalarti seriamente!»

Ma l’amico non aprì bocca, limitandosi a voltare la testa, travolgendo la sua compagna con una folata d’aria che odorava di shampoo maschile.

«Ma perché non vuoi dirmelo…» borbottò Ino, quasi ferita dal quel comportamento menefreghista, da quel silenzio. Infastidita, si sentiva come superflua in quella casa. «Sai, Shikamaru? Mi sono davvero stufata di rimanere qui, farti da crocerossina per ricevere in cambio solo silenzi e nient’altro!» fece per alzarsi rabbiosamente, lasciando il ragazzo a crogiolarsi nella sua triste solitudine, ma una mano la bloccò, calda e leggermente callosa come quella di ogni shinobi, intimandole di rimanere seduta.

Il sedicenne l’aveva trattenuta, impedendole di alzarsi.

«Che diavolo…?» Shikamaru scosse la testa, in segno di negazione. Yamanaka si risedette. «Voglio solo sapere che ti prende, accidenti!» esclamò, tirando un pugno piuttosto forte contro le coperte, il letto cigolò sinistramente.

Nara alzò le spalle, per nulla intimorito, e chiuse gli occhi. Non avrebbe parlato, ed Ino si convinse infine di non perseverare oltre.

Restarono rinchiusi in quel silenzio per qualche attimo, mentre il giovane riprendeva il suo libro per leggerlo e la ragazza andava alla libreria per trovare qualche titolo allettante, per poi sedersi sulla seggiola di legno e sfogliarlo.

All’improvviso, un fulmine squarciò il cielo plumbeo e il rimbombo che avvenne pochi secondi dopo spaventò la bionda che, senza farsi notare, tornò a sedersi sul letto dell’amico, leggermente intimidita.

[Davanti ad un temporale, anche i più coraggiosi perdono un poco di ardire.]

Ma il peggio doveva ancora succedere.

Come sempre durante un acquazzone di tali dimensioni e dopo l’avvento di tuoni e fulmini, era prevedibile cosa sarebbe avvenuto in pochi istanti: la luce saltò, e i due ragazzi rimasero intrappolati nel buio, l’unico barlume era l’altalenante illuminarsi del cielo ad ogni fulmine.

[Ma è davanti al buio, che i coraggiosi perdono il senno.]

Ino si sentì soffocare, sopraffatta da quella sensazione di “nulla” che l’avvolgeva, il terrore delle tenebre si fece sentire, forte e malvagio più che mai.

Shikamaru, tranquillissimo – era abituato a lavorare con le ombre –, percepì il repentino cambiamento di stato d’animo che la sua compagna aveva subito, intravedeva nell’oscurità una Ino Yamanaka atterrita e sconvolta, una Ino Yamanaka che aveva perso l’audacia che la contraddistingueva da sempre. E soltanto per un po’ di buio…

Cercò cautamente la mano della giovane, ispezionando l’intera superficie delle coperte e trovandola fredda e tremante. Appoggiò la propria su quella dell’amica e la strinse forte, in modo da scaldarla e ridonarle quel poco di vigore, sbuffando tediato.

La bionda sussultò, mentre un brivido – stranamente piacevole e quasi rassicurante – le percorreva tutta la schiena candida.

Aveva bisogno di quel contatto, di quel sentirsi amata e protetta, di quell’infinita gentilezza che la confortava. Quel tocco era stato tanto tenero quanto risoluto: dolce come una carezza, eppure deciso come uno schiaffo.

Riacquistata un po’ di vitalità, prese la mano dell’amico di rimando, avvicinandosi sempre di più a lui, facendogli capire che voleva ancora sentirsi difesa, che bramava ancora la pelle ruvida del ragazzo sulla sua (la sua, che era così morbida e candida: mani da medico, non da ninja).

Rimasero fermi immobili in quella posizione per molto tempo, incapaci di muoversi, di parlare. Troppo imbarazzati quasi di respirare in quella stanza così pregna di… nulla.

Ino voltava la testa a destra e sinistra velocemente, strabuzzando gli occhi di tanto in tanto per riuscire a vedere qualcosa, qualsiasi cosa; ma ovunque era circondata dal nulla. Nulla che le faceva mancare il respiro, la terra sotto i piedi, che le lasciava la testa leggera come si fosse appena ristabilita da una malattia e che le svuotava il cuore.

La stretta si fece più salda.

«Paura?» domandò una voce alla sua destra, una voce che era da troppo tempo che non udiva. Era roca, gutturale, flebile come un sussurro. Era la voce di Shikamaru.

«Ma figurati!» esclamò Ino, ignorando l’incrinazione terrorizzata delle sue parole. «Io non ho paura del buio! È una cosa così stupida ed infantile!»

«Ma non lo sei tu stessa? Un’infantile?» continuò il ragazzo, deglutendo sonoramente per via del mal di gola e dello sforzo al quale si sottoponeva articolando le parole.

E a quel punto, la bionda non seppe più cosa dire.

Era vero, più volte era stata considerata infantile per la sua età. Forse avere paura del buio poteva essere normale, allora? Il rombo di un tuono ruppe la calma che era venuta a crearsi, ma lei non lo temette.

«… forse.» rispose la ragazza, leggermente rincuorata. «E la cosa che più mi spaventa è il fatto che tu sia riuscito a leggermi dentro… erano anni che non succedeva! Ricordi, Shika?» rivolse lo sguardo verso l’amico, ora ci vedeva perfettamente. Probabilmente ci aveva sempre visto bene al buio, ma la paura l’accecava.

Il fruscio dei capelli di lui le fecero intendere che stava scuotendo la testa in segno di negazione. «Non rammenti? Ma insomma! L’ultima volta è stata quando hai scoperto che mi piaceva Sasuke-kun, ricordi ora? Eh? Eh?» gli afferrò anche l’altra mano con poco riguardo, stringendo entrambe tra le sue e sedendosi completamente sul letto, incrociando le gambe, presa dall’euforia di quel ricordo che pensava di aver seppellito. «Accidenti! Non mi rispondi? Ma sì, dai! Quando, prima che iniziasse la lezione all’Accademia, ti vidi tutto solo su un prato, mi sedetti con te e cominciai a fantasticare!» si fermò, riprendendo fiato. «Poi tu mi domandasti se era vero che mi piaceva Sasuke-kun!»

Ino cominciò a parlare, a ricordare dettagliatamente ogni attimo di quell’evento, rinfrescando la memoria a Shikamaru, il quale ostentava disinteresse e noia anche se, dopotutto, ascoltare la voce della compagna non gli dava per nulla fastidio.

I minuti passarono velocemente, scorrendo come un fiume in piena, l’orologio del salotto scandì le sette e mezza, ed infine rintoccò alle otto, prima che la luce tornasse a funzionare e il temporale si affievolisse un poco.

Quando, con uno crepitio, la lampada della camera di Nara si riaccese, la bionda strizzò gli occhi per riabituarsi al bagliore, accorgendosi solo in quell’istante che le mani del ragazzo erano ancora tra le sue.

Si separarono con una velocità fulminea – e l’espressione, detta in questo contesto, sembra un po’ comica – imbarazzati e a disagio.

Solo in quel momento, Ino si accorse dell’ora.

«Santo cielo! Sono già le otto! I miei saranno preoccupatissimi!» lanciò un’occhiata alla finestra, il vento aveva smesso di soffiare e la pioggia stava via via diminuendo. «Forse è meglio che vada! Ma… Shikamaru? Devo attendere l’arrivo dei tuoi genitori?»

Il moro scrollò la testa, anche se con poca fermezza, quasi avesse esitato prima di dare la risposta.

«D’accordo! Se sei sicuro di cavartela da solo… vado! Per qualsiasi cosa sai dove trovarmi!» si avvicinò alla porta che dava sul corridoio del primo piano. «Bene. Vado! Ciao, Shika!» abbassò la maniglia ed uscì, quasi malvolentieri, dalla camera dell’amico. Scese le scale e raggiunse il pianerottolo d’entrata per recuperare il suo ombrello. «E mi raccomando, se hai bisogno di me… copriti prima di uscire!» urlò, immaginando l’espressione che avrebbe fatto il sedicenne nel sentirla. Aprì il portone ed uscì, sorridendo allegra.

Quando sentì l’uscio sbattere, Shikamaru si lasciò andare in un sospiro di sollievo.

Era stato davvero difficile non parlare in quegli attimi, ma se avesse aperto bocca solo una volta di più avrebbe spifferato tutto ad Ino.

E non voleva sapere come avrebbe preso la ragazza scoprire che non era stato zitto solo per il mal di gola – piccolo, “fortuito” particolare che non aveva calcolato – e che lui non si era appostato fuori a prender acqua per niente, bensì perché aspettava qualcuno.

No, non avrebbe mai rivelato all’amica che la sua strategia era stata un successone, una tattica infallibile che gli aveva permesso di passare qualche ora col suo angelo biondo e di tenerle le mani, conoscendo la sua paura per l’oscurità.

«È una fortuna avere un Quoziente Intellettivo superiore alla media capace di prevedere più di cinquanta mosse di seguito…» gongolò, slegandosi i capelli ancora umidicci. Starnutì. «Ma questo dimostra che anche i più acuti sbagliano…» tirò su col naso. «Non avevo previsto di buscarmi veramente un raffreddore.»

 

 

 

A/N

Che dire… eccola!

Ci ho lavorato settimane e questo è il risultato! Questa fic non si è classificata al concorso (Primo Concorso sull'Interpretazione -InoShika Version-), ma copio ed incollo i giudizi di Coco Lee, l’organizzatrice del concorso e il giudice delle storie.

 

Punteggio totale  raggiunto: 21,5 su 30

Correttezza Grammaticale, Lessico ecc.. : 7,5
Originalità: 7,5
Attinenza: 6,5

La fanfic racconta di un simpatico episodio che avviene per strategia. Shikamaru infatuato di Ino, applica una strategia usando il suo famoso quoziente intellettivo sopra i 200 per passare un po’ di tempo con la ragazza, mettendosi come un pazzo sotto un temporale sapendo che Ino sarebbe passata di lì, prendendosi un malanno così che la ragazza preoccupata e scioccata dall’apparente stupidità del gesto del compagno, si prendesse cura di lui.
Una fic semplice, genuina e allegra che si distingue dalle altre proprio per questo tono allegro e spensierato, così dannatamente ingenuo e puro. L’ho dovuta penalizzare per quanto riguarda l’attinenza al tema dato: ovviamente tutto è descritto con la massima cura, ma solo per quanto riguarda la parte esterna dei personaggi, mentre per il tema che ho dato, un’analisi dei personaggi, uno sviluppare del rapporto (in qualsiasi campo: amore e odio che sia) sarebbe stato opportuno.

 

Voilà! Bene! Attendo con ansia i vostri commenti! ** E sono curiosa di sapere cosa ne pensano le altre partecipanti al concorso! **

D’accordo. Sono ammattita. Colpa del gelato. Mi ha congelato il cervello. **

Bene. Vo’, fuggo via! Vi libero dal mio essere insano! *scappa*

AtegeV/Akami

P.S. Un enorme ringraziamento va a Lee che si è presa cura delle nostre creaturine! ** ‘Accie.

P.P.S. Complimenti a tutte le partecipanti! **

P.P.P.S. Viva le mosche bianche!

 

   
 
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