Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: HisLovelyVoice    19/06/2013    2 recensioni
Un battito.
Ho bisogno di un battito.
Ho bisogno di un battito del mio cuore per provare a me stessa che sono viva.
Ma questo battito non lo sento. Dentro sono morta davvero. Sono solo un involucro di pelle senza anima che si trascina avanti tutti i giorni da ormai un mese. Uno schifoso mese che avrei preferito passare con la mia famiglia.
Credo che ormai non ci sia nulla da fare. Non penso che ritroverò mai la felicità. [...]
«Come ti chiami?» Mi chiede inclinando la testa da un lato.
«A cosa ti serve sapere il mio nome se domani lo avrai già dimenticato, insieme al nostro incontro?» Domando seria.
«Non ti dimenticherò facilmente. Sei impressa nella mia mente da ieri.»
________________________________________________________________
STORIA SOSPESA PER MOTIVI PERSONALI. SCUSATE.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Caro diario,
un’altra schifosa giornata è iniziata.
Ma perché continuo a scriverti?
Tanto farlo non potrà alleviare il dolore immenso che provo.
Non ricucirà la voragine nel mio petto.
Non guarirà le cicatrici sui miei polsi.
Perché allora continuo a farlo? Non lo so.
Sono in lacrime. Non c’è nessuno qui pronto a consolarmi. Non c’è nessuno che tiene veramente a me.
Sto piangendo silenziosamente e fa male, perché è come se tentassi di comprimere tutto questo dolore dentro il mio fragile cuore.
Sono già passati due giorni da quando sono andata nel bosco e non ho il coraggio di andarci di nuovo. Sentire la voce di Elizabeth mi ha fatto solo male. Ha riaperto le poche ferite che si erano rimarginate, facendo entrare nuovamente quel freddo pungente dentro di me. Ha colpito le ossa, e poi è entrato sempre più dentro, fino a raggiungere il cuore. Ed è lì che ora stanzia, insieme a tutta questa maledetta sofferenza che non mi lascia in pace. Vorrei solo che qualcuno venisse da me dicendomi: tranquilla, andrà tutto bene.
Perché non c’è nessuno? Chissà, magri nella nuova scuola incontrerò qualcuno.
Dicono che sperare non costi nulla, ma non è vero. Sperare fa soffrire, perché la speranza risulterà sicuramente vana, e la delusione prenderà il sopravvento, facendo soffrire.
Sono troppo pessimista? Non credo, sono solo realista.
Non vivo più di sogni, tutti quelli che avevo sono caduti a terra, rompendosi in mille pezzi. Mi hanno ferito, ma ora non potranno più farlo: non ne ho più.
Credo che sto morendo. Si, perché ormai non sento quasi più nulla, solo il dolore.
Un battito.
Ho bisogno di un battito.
Ho bisogno di un battito del mio cuore per provare a me stessa che sono viva.
Ma questo battito non lo sento. Dentro sono morta davvero. Sono solo un involucro di pelle senza anima che si trascina avanti tutti i giorni da ormai un mese. Uno schifoso mese che avrei preferito passare con la mia famiglia.
Credo che ormai non ci sia nulla da fare. Non penso che ritroverò mai la felicità.

 

Chiudo la penna e prendo un respiro profondo.
Oggi non potrò farmi nulla, mia nonna rimarrà tutto il giorno in casa e potrebbe scoprirmi. È un vero peccato, ne ho bisogno. Magari poteri uscire e chiudermi da qualche parte a tagliarmi...
Si, è un idea. Ma dove?
Mi alzo dal letto e vado in cucina da mia nonna. Sta preparando il pranzo.
«Eleanor, come stai?» Mi chiede dolcemente. Le sorrido.
«Tutto bene.» Mento. «Sai, avevo pensato di andare in giro. Anche se vivo qua da un mese non ho mai visitato tutto questo paesino, volevo cogliere al volo questa bella giornata.» Mia nonna mi sorride, felice di ciò che le ho appena detto.
«Mi farebbe veramente molto piacere se uscissi, ma io non posso accompagnarti.» Disse rabbuiandosi un po’.
«Tranquilla, andrò da sola. In teoria non dovrei perdermi.» Dico fingendo di ridere.
«Mmmm… non so. Ora che ci penso, qui vicino a noi abita una coppia di coniugi. Hanno un figlio, dovrebbe avere la tua età. Perché non vai con lui?» Propose. Cosa? Spero stia scherzando.
«Nonna, posso andare da sola.» Cerco di dirle, ma mi interrompe.
«Vado subito a chiedergli se ti può accompagnare.» Provo a fermarla, ma non ci riesco, è già uscita di casa. Rimango in cucina, tanto seguirla non servirà a nulla. Posso solo sperare che quel ragazzo stia ancora a scuola.
Ma ora che ci penso è domenica, non può stare a scuola.
Dannazione!
Guardo il ragù che la nonna stava girando fino a pochi secondi fa. È rosso, molto rosso. Mi ritrovo a pensare che è come il sangue, e questo mi fa solo venire ancora più voglia di tagliarmi. Mi accarezzo il polso che inizia a prudere come per farlo smettere. Non posso ancora farlo, ma tra poco si. Ma se quel ragazzo viene? Non potrò più farmi male. Spero vivamente che rifiuti.
Corro in camera mia e prendo la mia solita borsa. Infilo dentro diario, penna, cellulare e mp3.
Poi vado al bagno e prendo la mia amata scatola, infilandola sempre nella borsa.
Quando scendo giù, sento mia nonna parlare con qualcuno. Mi affaccio in salone tenendomi un po’ nascosta e la vedo seduta sul divano vicino ad un ragazzo. Mi colpisce particolarmente. Non so, ha qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri ragazzi. Sembra alto, ha le spalle larghe e i capelli neri, come la pece.
Mi appoggio alla porta cercando di guardarlo meglio, ma questa fa rumore. Così entrambi alzano lo sguardo su di me. È a questo punto mi perdo nei suoi meravigliosi occhi color zaffiro che mi lasciano senza fiato.
«Eleanor, non ti avevo sentito arrivare.» La voce di mia nonna mi riporta alla realtà. Le sorrido falsamente, come ormai ho imparato a fare, e mi sistemo meglio la tracolla.
«Sono appena scesa.» Rispondo tranquillamente.
Sento lo sguardo di quel ragazzo addosso. Cerco di far finta di nulla e continuo a guardare mia nonna.
«Beh, lui è David, il figlio dei vicini. È disposto ad accompagnarti a fare un giro per il paese.»
«Oh, ma non ce n’è bisogno! Vado da sola, non serve che lui venga con me.» Mi affretto a dire.
«Ma Eleanor, è venuto solo per te.» Dice mia nonna, pensando di riuscire a farmi cambiare idea.
Mi volto verso David. È un bel ragazzo, non ci sono dubbi, ma non mi sembra anche un bravo ragazzo. Mi sembra più uno che è stato costretto dai genitori a venire qui, e che avrebbe preferito rimanere a drogarsi davanti al computer o alla playstation.
Gli sorrido, cercando di essere cordiale, ma lui si limita ad alzare un sopracciglio scettico. Non c’è niente da fare, non ha nemmeno parlato ma già lo odio.
«Nonna, tranquilla, vado da sola.» Lui se ne può anche tornare da dove è venuto. Evito di aggiungere l’ultima parte, altrimenti una punizione non me la toglie nessuno.
Dopo aver detto ciò, mi giro e inizio ad andare verso l’uscita. Sento dei passi seguirmi. Poco dopo qualcuno mi prende per il polso, e gliene sono grato, poiché mi sta causando quel dolore che tanto stavo agognando.
Mi giro e mi trovo quasi attaccata al petto di David. Si, è veramente alto.
«Senti un po’», Mi sussurra con tono minaccioso, stringendo la presa, mentre mi allontano un po’, «I miei mi hanno costretto a venire qua, e se non ti accompagno mi hanno detto che mi toglieranno il computer. Non ho voglia di badare ad una mocciosetta come te, ma è l’unica soluzione che ho. Quindi vedi di venire, altrimenti non avrai un’esistenza facile qui.» Disse a denti stretti. Come se la mia esistenza fosse facile…
Annuisco, anche se non vorrei andare.
«Vado a dire a mia nonna che andiamo.» Borbotto strattonando il polso per farmi lasciare andare.
Avverto mia nonna e poi ritorno all’ingresso. Passo avanti a David e apro la porta uscendo prima di lui.
Quando siamo fuori prendo una boccata d’aria fresca.
Libera.Penso. Ma non lo sono così tanto.
Mi giro a guardare David e noto, con mio grande disgusto, che si sta accendendo una sigaretta.
«Che vuoi?» Mi chiede sgarbato. Mi limito a scrollare le spalle e ad allontanarmi.
«Vai dove vuoi. Non lo dirò né ai tuoi genitori, né a mia nonna. Ma per favore, lasciami sola.» Chiedo chiudendo gli occhi.
«Cosa?» Chiede meravigliato. Mi giro verso di lui.
«Hai capito bene, puoi andartene dove ti pare.» Ripeto, cercando di rimanere calma.
«Okay, ma adesso andiamo dalla stessa parte, almeno i miei non lo capiranno.» Aggrotto la fronte, non capisco. «Ci stanno spiando, tonta!» Esclama, alzando gli occhi al cielo.
«Oh.» Mormoro meravigliata. «Va bene.»
Ci incamminiamo senza neanche rendercene conto verso il bosco. Appena entriamo ho un tuffo al cuore. E se dovessi sentire di nuovo la voce di Elizabeth? Se mi sentissi nuovamente male? Mi fermo di colpo.
«Non ci riesco.» Sussurro.
Si che ci riesci, non è difficile.
Eccola, di nuovo. La sua voce ritorna nella mia mente.
David mi guarda.
«Vuoi camminare?!» Urla, facendomi sentire ancora più male. Mi porto una mano al cuore, tentando di calmare il battito. Non ce la faccio, non posso andare avanti. La sua voce continuerà ad assillarmi e io non resisterò a lungo.
«Ti prego.», Mormoro così piano che quasi non mi sento, «Vai avanti, lasciami sola. Non riesco ad entrare.»
«Perché, hai paura?» Mi prende in giro lui.
Vieni a prendermi!
Chiudo gli occhi tentando di non pensare a nulla. Come faccio?
Forza, sono qui!
«No, non sei più qui…» Mormoro accasciandomi a terra e Iniziando a piangere silenziosamente. Non mi importa se lui mi sta guardando, che se ne vada anche al diavolo.
«Eleanor, stai bene?» Mi chiede con un tono che sembra quasi preoccupato.
«Si, sto bene.» Dico, cercando di convincere più me stessa che lui. Sento i suoi passi che si avvicinano.
«Tu non stai bene.» Mi dice posando una mano sulla mia spalla, ma mi scanso velocemente.
«Lasciami! Lo hai detto tu che non vuoi badare ad una mocciosetta come me, quindi vattene e lasciami sola!» Urlo tra le lacrime.
Lui si allontana, forse spaventato dalla mia reazione.
«Tu hai qualche problema…» Borbotta prima di allontanarsi.
Ma non mi importa, voglio solo rimanere sola.
Tu non sei sola, io sono con te.
Prendo un respiro profondo e cerco di calmarmi.
Ma è difficile…
Così prendo nervosamente la borsa e tiro furi la scatola. La apro e tiro fuori la lametta. Non ce la faccio più ad aspettare. Non mi importa se mi prenderò un’infezione per tutta la terra che c’è qui, voglio solo farmi male. Voglio far uscire dal mio corpo tutto questo dolore.
Tolgo frettolosamente i bracciali e la garza e faccio il primo taglio. Il sangue inizia ad uscire immediatamente, cadendo a terra e mischiandosi con la terra.
Continuo a piangere. Gli occhi mi bruciano, deve esserci entrata anche della polvere. Ma che importa?
Poco dopo sento qualcuno che prende le mie braccia e le allontana. Forse è David, ma non lo so e non mi importa più di tanto.
«Che fai, sei matta?» Mi rimprovera spaventata una voce maschile. No, non è David. La voce di questo ragazzo è dolce, non fredda.
Apro gli occhi, che non ricordo di aver chiuso, e mi ritrovo davanti un ragazzo moro con gli occhi grigi. Nei suoi occhi vedo molta paura.
«Si, sto impazzendo…» Mormoro. Il ragazzo butta a terra la lametta e mi abbraccia. «Sto sanguinando, ti sporco la maglia.» Dico, ma lui scuote la testa.
«Non mi importa.» Dice stringendomi più forte. Ha un profumo dolce, mi piace.
Rimaniamo per un po’ abbracciati, non saprei dire quanto. Quando si allontana prende velocemente la garza dalla mia scatola e dal suo zainetto una bottiglia d’acqua. Pulisce i tagli e li fascia delicatamente, stando attento a non premere troppo forte. Sembra un esperto.
«Perché lo stavi facendo?» Mi chiede preoccupato.
«Voglio solo mia sorella e i miei genitori.» Ammetto ricominciando a piangere. Lui si riavvicina e mi riabbraccia.
Mi piace quel contatto, mi piace stare tra le sue grandi braccia.
«Cosa gli è successo?» Chiede.
«Sono morti.» Sussurro.
Lui non dice più niente, si limita a stringermi più forte. Sono felice che non mi abbia detto un banalissimo mi dispiace. Nessuno capisce che quella è l’ultima cosa che una persona vuole sentirsi dire.
Quando ci allontaniamo, noto che indossa molti braccialetti. Troppi per un maschio.
«Anche tu...? » Provo a chiedere, ma mi interrompe.
«Un tempo, ora non più, ma le cicatrici sono ancora troppo visibili.» Mi spiega.
«Oh.»
«Come ti chiami?» Mi chiede inclinando la testa da un lato.
«A cosa ti serve sapere il mio nome se domani lo avrai già dimenticato, insieme al nostro incontro?» Domando seria.
«Non ti dimenticherò facilmente. Sei impressa nella mia mente da ieri.» Ammette. Sgrano gli occhi.
«Mi spiavi?»
«Si, mi dispiace. Ma non riuscivo a toglierti gli occhi di dosso.»
«Mi hai sentito parlare da sola?»
«Non stavi parlando da sola. Non so con chi, ma non da sola.»
«È vero, stavo parlando con mia sorella, che però come ti ho già detto è morta.»
«Nessuno muore veramente, se è vivo nel cuore di chi resta.»
Rimango colpita da quelle parole. Sono vere, perché Elizabeth e i miei genitori saranno sempre nel mio cuore.
«Quindi come ti chiami?» Mi domanda poco dopo.
«Non te lo voglio dire. E non voglio nemmeno sapere il tuo nome.»
«Va bene. Come posso chiamarti?»
«Perché dovresti farlo?»
«Perché tengo a te.»
«Non mentire.»
«E tu non fare conclusioni affrettate.»
«Perché?»
«Non ti sto mentendo, sono serio.»
«Davvero?»
«Certo. Allora, come posso chiamarti?»
Ci penso un po’ prima di rispondere alla sua domanda.
«Julie.»
«Julie? Perché?» Chiede curioso.
«Mai letto Quando ho aperto gli occhi
«Nicholas Sparks?»
«Esatto.»
«Si, almeno cinque volte.»
«Per questo voglio essere chiamata Julie. In questo momento mi sento come lei all'inizio del libro. Sola, triste, vuota, in attesa di una svolta capace di cambiarmi la vita.»
«Va bene. Allora tu chiamami Taylor.»
«Un cuore in silenzio? »
«Si.»
«E perché?»
«Perché ti salverò da questa tempesta di dolore che ti circonda.»
«Ma non mi conosci nemmeno.»
«Allora dammi la possibilità di farlo.»





HEI! :D
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate xxx
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: HisLovelyVoice