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Autore: Sundance    03/01/2008    6 recensioni
Non ha un nome, il Male, e non ha un cuore, sebbene il suo sanguini ogni volta che comprende a fondo l'orrore ch'ella è diventata, Vampira eterna, portatrice di morte per chiunque le attraversi il cammino...
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte, nera portatrice di sogni sereni e quieta solitudine, del giusto riposo dopo una lunga giornata faticosa. Ma questo giudizio non vale più per me.
Ecate a me reca solo amare riflessioni e tristi ricordi, intrisi di malinconica nostalgia.
Sfioro con le mie bianche dita la corteccia di un albero, percependone la linfa scorrere, riscaldandolo.
Un calore che non credevo mi sarebbe mancato, e che invece non mi appartiene più.
Tuttavia sono tranquilla, stasera: nessuno vorrà passeggiare nei dintorni, ed io potrò evitare di fare del male sia ad altri che a me. Nessuno, questa notte, rischierà di perdersi lo spettacolo di una nuova alba, ed io non aggiungerò altri rimorsi al mio cuore dilaniato.
Strano, non è vero? Per quanto non sia altro che una cosa ferma ed inutile, questo muscolo ancora si permette di provare il dolore. Dio – quale Dio? –, quanto è bello questo bosco! Quanto, anni fa, avrei desiderato con tutta me stessa di potervi cavalcare, attraversandolo dal primo all’ultimo albero! A dire il vero, potrei farlo anche ora… ma… non era questo il mio sogno. Io volevo un destriero nero… sì, mi ricordo! E gli avrei dato il nome Ramingo, in riferimento a… a cosa?… ad un libro che amavo quanto la vita che decisero di spezzare. E avrei voluto galoppare lungo la spiaggia, con il rosso del tramonto nei capelli e le gocce d’acqua sul volto. Sì, ecco come lo immaginavo. Ed ora? Sì, certo, potrei farlo anche ora. Ma a quale scopo? Il cavallo non sarebbe mio, non avrei riflessi solari né spruzzi salati con cui giocare. Solo… il buio, e le sagome di questi muti compagni che ormai conosco così bene. No, mi sembrerebbe di tradire uno dei più bei sogni della mia vita. Della mia vita… ho detto bene. Adesso infatti non sogno più. Non ne ho occasione. Il cervello rielabora sensazioni ed emozioni e poi, durante il sonno, le trasforma in visioni oniriche. Ma quali emozioni può provare un involucro vuoto? Cosa può sentire un pezzo di carne morta? Cosa… cosa…
Mi accascio contro un tronco, macchiandomi il volto di lacrime rosse, che con mio disgusto mi accorgo di voler bere, inconsciamente. In realtà, è una mezza verità: è solo il pensarci che mi ripugna, perché nell’inghiottire queste stille appago sia la sete che il mio bisogno disperato di benessere. E d’altro canto, o queste misere consolazioni, o il piacere profondo nell’assaporare il liquido vitale di un innocente, piacere seguito da altri rimorsi, altre sofferenze… altri ricordi tremendi. No, no… va bene così. Ora mi passa, ora mi passa…

Un rumore secco. Alzo la testa di scatto: quale ignara creatura si avvicina ad una probabile assassina? Mi alzo, tremando di tensione – e, mi rendo conto agghiacciata – di desiderio, un’ intensa bramosia di attaccare chiunque sia venuto a disturbare il silenzio del bosco… un solo, rinnovato, insistente pensiero… Di più…
Mi muovo sinuosa tra le ombre, diventando quasi una di esse, taciturna e scura, invisibile finché non sarò io a voler essere vista. Scruto tra le tenebre il visitatore: una bambina. Dio, quale viso innocente! E’ bellissima, nel suo essere viva, nella sua innocenza, nella sua paura. Sembra così dolce… i lunghi capelli biondi le coprono il volto pallido, su cui risaltano occhi azzurrissimi, come il mare di quest’isola… E’ davvero molto carina. Diventerà una ragazza splendida, crescendo. Mi blocco al pensiero: crescendo? La lascerò andare, dunque? Lascerò che abbandoni questo bosco e la presenza che lo abita… illesa? Sto imparando, infine, ad aver ragione della belva che è in me, da cacciatrice divento preda di umani sentimenti? Non è possibile… davvero, non la voglio! E’ vero, la sua carne non mi attira più! La gioia mi pervade, e dopo molto, molto tempo, sorrido di felicità.

Allontano lentamente le labbra scarlatte dal collo pallido di un corpo non più vitale, scruto con insistenza gli occhi semiaperti, di un azzurro ora più spento, opachi. Le ciocche bionde sono umide di sangue, il sangue ancora caldo che voglio finire di gustare. No, non l’ ho fermata, la mia bestia. E mentre bevo mi accorgo che poco mi importa. No, ora no, Rimorso, ora no… verrai dopo ad angustiarmi, adesso lasciami godere di questa sensazione… so cosa mi dirai, so che cosa mi porterai a pensare, ma come sempre non lascerò che il sole mi trafigga il petto con i suoi raggi. No, Rimorso, perché vedi… nella mia atrocità, resto comunque più forte di te, arma della compassione, troppo spesso usata per far fare del bene, e non per farlo in prima persona. Ed ora, lasciami: ho una sete da placare, io. Tu và pure dove altri siano pronti ad ascoltarti. Per stanotte, il mio corpo e la mia mente saranno colmi solo di rossa, cruenta lussuria.
  
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